Il serpente mi ha ingannata
Il problema delle insidie del demonio
Prima Parte (1/2)
È menzognero e padre della menzogna
Gv 8,44
Da dove vengono le nostre idee?
Le nostre azioni coscienti e volute e quanto noi coscientemente e volontariamente esprimiamo con le nostre opinioni e i nostri propositi provengono dal nostro intimo, dalla nostra mente, dalla nostra ragione, dalla nostra coscienza. Vengono sempre da una riflessione su noi stessi, sui nostri ricordi, su di un sapere precedente, vengono sempre dall’intimo di noi stessi, magari dall’inconscio o possono venire dal dialogo con un tu, un altro io presente e parlante a noi nel nostro intimo.
Le nuove idee, le nuove iniziative, i nuovi progetti o desideri da dove vengono? Sono conclusioni che abbiamo tratto noi o ci vengono da un tu nell’intimo del nostro io? È qualcuno che ci parla, ci suggerisce o ci propone o siamo noi che parliamo a noi stessi, con noi stessi? Per usare un linguaggio fichtiano, il non-io interiore che a volte mi appare e mi parla, me lo pongo io davanti a me, dipende da me o compare in me senza che io l’abbia concepito o voluto e forse l’ha posto un altro io?
Il permanere nei secoli di dottrine perverse che seducono le folle, ostinatamente contrarie all’insegnamento di Cristo, non fanno pensare ad un influsso del demonio? Del resto, come non temere o sospettare che scienziati, filosofi, uomini di cultura, intellettuali, letterati, artisti e addirittura teologi, che non credono all’esistenza del diavolo, non siano esposti a essere vittime dei suoi inganni o strumenti forse inconsapevoli della sua azione?
D’altra parte, siccome tutti siamo chiamati alla salvezza, dobbiamo pensare che Dio dà a tutti i lumi e la forza necessari per riconoscere e sventare le insidie del demonio. Anche coloro che non credono all’esistenza del diavolo vengono illuminati dallo Spirito Santo. Sta poi a loro rifiutare, se vogliono, questa luce benedetta e mettersi da sé stessi a disposizione di Satana o rendersi con la loro stoltezza schiavi di Satana.
Ma Dio non manca di illuminare gli animi onesti e di buona volontà, che vogliono salvarsi ed essere difesi dalle insidie del demonio. Infatti, per salvarsi occorre riconoscere i suoi inganni, per cui non è da pensare che Dio, che vuol salvare tutti, non dia a tutti il discernimento sufficiente per accorgersi dei suoi tranelli, per non cedere alle sue seduzioni e per non spaventarsi dei suoi terrori e delle sue minacce.
Stupisce come Lutero, che tanto era consapevole della presenza di Satana nella nostra vita, poi sia rimasto miseramente vittima dei suoi inganni col cadere in tante eresie. Si ha l’impressione in lui di un duplice contradditorio atteggiamento nei confronti del demonio: da una parte, un energico atteggiamento di ripulsa battagliera nei confronti del nemico di Cristo e al tentatore, ma dall’altra un accostarsi al demonio con una specie di perversa simpatia o connivenza come verso colui del quale in fin dei conti Dio stesso si serve per realizzare i piani della sua provvidenza, fino al punto di lasciarsi convincere, come egli stesso riferisce, della inanità della Messa.
Lutero confessa l’impossibilità che aveva a volte di distinguere Dio dal demonio. E di fatti ci si può chiedere che Dio è quello che dà il permesso di peccare perché il peccato è invincibile, cosicchè il peccato viene coperto e non tolto. È vera misericordia quella di lasciare il peccatore nella colpa facendo finta che sia innocente? Che Dio è quello che ti fa sentire a posto con lui mentre la coscienza ti rimprovera? Non è forse piuttosto il demonio? E che Dio è quello che ti accusa di essere colpevole mentre ti senti innocente, se non il demonio?
Il paradigma dell’inganno diabolico è il colloquio del serpente con Eva. Come mai Eva crede al serpente e non a Dio? Perché Eva ha un moto di superbia lasciandosi persuadere dal serpente, il quale le prospetta di essere come Dio.
Essendo lui il mentitore e l’invidioso, ribelle a Dio, vuol presentare Dio come mentitore e invidioso, il quale, temendo la possibilità che Eva mangiando il frutto scopra la sua grandezza divina, vuole invece tenerla soggetta. Il serpente si presenta pertanto come un benefattore, si direbbe il vero Dio al posto del Dio creatore; appare come un liberatore, che smaschera la menzogna di Dio e le apre gli occhi persuadendola che disobbedendo a Dio sarebbe diventata come Dio.
Quelle teologie che si limitano a parlare di Dio e non ci dicono come e perché Satana può assumere ingannevoli sembianze divine, non aiutano a sufficienza ad essere soggetti al vero Dio e rischiano di renderci schiavi del demonio scambiato per Dio. E per questo San Paolo chiama il demonio «Dio di questo mondo» (II Cor 4,4), mentre Cristo lo chiama «principe del mondo» (Gv12, 30).
Satana è il
nemico di Dio e dell’uomo
L’inganno col quale Satana – in ebraico Satàn è il nemico – ci vuol sedurre, occasione del peccato originale, è l’abilità con la quale, pur essendo il nostro nemico e pur odiandoci, vuol mostrarsi amico e mettere Dio in cattiva luce, così da farci apparire Dio come nostro nemico. Tutte le forme di ateismo nascono dall’idea che Dio sia nostro nemico.
Occorre infatti ricordare che il pensiero non dev’essere antinomico, ossia dev’essere coerente, onesto e rispettare il principio di non-contraddizione, altrimenti non può essere fautore di pace e i conflitti potranno essere coperti, ma non risolti. Il pensiero dev’essere realistico: saper vedere i conflitti, ma deve anche saper proporre soluzioni che portano alla riconciliazione e alla pace.
L’zione viceversa dev’essere combattiva, perché per raggiungere il nostro fine ultimo, Dio, dobbiamo opporci a forze contrarie, che vogliono la nostra morte, per cui dobbiamo assolutamente vincere, con l’aiuto di Dio, molti ostacoli e molti nemici, tra gli uomini e anche tra i demòni. L’amore del nemico vale per gli uomini, ma non per il demonio. Nel nemico umano, infatti ci sono lati buoni sui quali possiamo far leva per correggerlo. Invece il demonio è incorreggibile. Non che dobbiamo odiarlo, perchè è pur sempre creatura di Dio assai più nobile e potente della nostra. Dobbiamo odiare il peccato che ci propone e contrastare la sua volontà con tutte le nostre forze opponendo ad essa quella di Dio.
Il piano della divina provvidenza prevede una vittoria finale sul male non nel senso di farlo scomparire, come credeva Origene, ma di sottomettere i nemici impedendo loro di peccare o di nuocerci. Resta dunque il male di pena, a testimoniare la giustizia e la potenza di Dio, ma il male di colpa viene cancellato, benché resti la cattiva volontà dei dannati, angeli e uomini.
Credere di poter spendere la vita senza combattere, è un’illusione, che ci rende solo schiavi del nemico. Possiamo convertire il prossimo per mezzo del dialogo; ma il demonio va soltanto smascherato, confutato, combattuto e vinto. La stessa passione dell’ira, dovutamente moderata, è utile a vincere il nemico. Satana dev’essere rispettato come creatura di Dio, ma con lui nessun accordo, nessun patto, nessuna collaborazione.
Dobbiamo ricordare altresì che il demonio è un angelo, ossia una persona puramente spirituale, senza corpo. Già Aristotele si era accorto dell’esistenza di quella che egli chiama «forma separata» (usìa coristè). Aristotele infatti distingue la sostanza composta di materia e forma (yle e morfè), che è la sostanza corporea – uomo, mondo e viventi fisici inferiori – dal puro spirito, appunto la pura forma, che egli chiama anche intelletto (nus).
Ora, l’esistenza degli angeli, come si sa, è confermata dalla Scrittura, ed è verità di fede insegnata dal Concilio Lateranense IV del 1215, che li vede come creature assai superiori all’uomo. Da qui il rischio che l’uomo li consideri come divinità. E da qui il rischio del culto del demonio.
La mira di Satana è quella di ottenere il dominio sul nostro cuore al posto di Dio. E noi purtroppo, a seguito del peccato originale, abbiamo acquistato un’inclinazione perversa ad assoggettarci a lui, a fidarci di lui piuttosto che di Dio. Siamo inclini a fare di lui il nostro Dio e non il vero Dio.
Cristo segnala il demonio come il mentitore per eccellenza. Espressioni raffinate della sua falsità sono due: primo, l’accusarci quando siamo innocenti, istillandoci falsi sensi di colpa e scrupoli. In questo senso l’Apocalisse lo qualifica come «accusatore» (Ap 12.10). Secondo, lo scusarci quando siamo colpevoli.
Pare qui di notare una curiosa corrispondenza con l’etica luterana, quando afferma che siamo ipocriti se ci sentiamo innocenti, perché in ogni nostro atto si cela il «vizio occultassimo dell’orgoglio»: crediamo di essere innocenti, ma non lo siamo. Oppure, se abbiamo fede, il peccato è coperto, ma non cancellato. Non par di vedere qui le astuzie del demonio mascherate da finta umiltà e finta misericordia divina?
Il demonio è detto diabolos, da dia-ballo, divido, metto discordia. Il demonio ci suggerisce falsi sospetti, pensieri di odio e rancore verso il prossimo, ce lo mette sotto una cattiva luce, ci fa vedere solo i difetti. ci suggerisce che gli altri ci disprezzano, suscita moti di ira, di crudeltà, di invidia e di vendetta. Eccita gli omicidi, le violenze, le aggressioni e le guerre.
Il demonio ci spinge all’ira, suscita la dialettica agitata e aggressiva del conflitto, tipica della dialettica hegeliana, demolitrice e sempre intenta a negare quello che viene affermato. Interessante, fra l’altro, questa vicinanza fra il dia-lego e il dia-ballo. Ma non si tratta di quella dialettica serena, costruttiva e pacifica, che è la dialettica aristotelica, l’arte del dia-logos. Questa dialettica è suggerita dagli angeli.
Il demonio, con sottile adulazione, soprattutto se siamo pastori o teologi, ci spinge alla sordità e al disprezzo verso coloro, sudditi o colleghi o superiori, che ci rimproverano e ci richiamano alle nostre responsabilità, che si difendono dalle false accuse che a loro facciamo, che mettono in luce i nostri errori e i nostri peccati.
E d’altra parte, consci di aver torto, sapendo di non avere buone ragioni a nostro sostegno, ma non volendolo riconoscere, il demonio ci spinge a tacere davanti alle loro richieste di un dialogo chiarificatore, nel quale dovremmo riconoscere i nostri torti e chiedere perdono, sicchè noi, chiusi nel nostro ostinato orgoglio, rischiamo seriamente la perdizione.
Satana ci inganna altresì presentandosi sotto le apparenze di Dio, come il nostro liberatore e garante della nostra dignità. Egli ci vuol convincere che noi siamo Dio a noi stessi, che Egli non è il nostro creatore, ma che esistiamo in forza di noi stessi, che non abbiamo alcun bisogno di un Dio nei cieli, ma che possiamo da soli, col suo aiuto e obbedendo a lui raggiungere la felicità, perchè è lui il nostro Signore a nostro servizio. Ci vuol convincere che è lui e non Dio a renderci felici.
Il diavolo ci parla in due modi. Ad alcuni promette dopo la morte una gloria eterna. Dice loro: forse che, come dice lui, morirete se gli disobbedite? Per nulla! Tutto il contrario: diventerete Dio stesso! Alla morte si rivelerà la nostra divinità, il vostro Io assoluto, per adesso nascosto nell’umiltà dell’io empirico. Tutto è Uno, tutto è Dio e voi siete diverse eterne apparizioni di Dio.
L’inferno? Ma quale inferno! Siete tutti scintille del fuoco divino: uscite da questo fuoco, in esso tornate. Siete gocce che uscite dall’oceano e all’oceano tornate. Da Dio venite e a Dio tornate. Siete raggi di un sole che non si spegne. Siete parti e componenti dell’Intero. Voi siete Dio e in Dio perchè tutto è Dio ed esiste solo Dio.
Ad altri fa sapere il destino che li attende dopo la morte disobbedendo a Dio: alla morte avrete il piacere di confermarvi per sempre nel vostro odio verso Dio. Vi attende per questo una pena eterna; ma che vi importa? L’importante è che potrete restare per sempre lontano da Dio. La superbia è un vizio talmente seducente, che alcuni accettano tale eventualità. A loro basta la soddisfazione di aver fatto la loro volontà e del castigo e dell’ira di Dio si fanno beffe.
La Scrittura ci narra come Adamo ed Eva, dopo il peccato, ben lungi dall’essere diventati Dio, si ritrovarono in una spaventosa miseria. Ed effettivamente andarono soggetti a quella morte fisica e spirituale che Dio aveva minacciato se Gli avessero disobbedito. Alla loro morte precipitarono negli inferi. Dunque, se leggiamo la Scrittura, sappiamo che cosa ci aspetta se disobbediamo a Dio. Ma sempre di nuovo il demonio tenta di convincerci che la Bibbia mente e che è lui ad insegnarci la via della verità, della libertà e della nostra grandezza.
Per questo il demonio convince l’uomo di essere, per usare un’espressione di Heidegger, un «essere-per-la-morte», ispira all’uomo una volontà omicida, un istinto di morte, spegnere la ragione nell’assurdo, estinguere il pensiero nel dubbio, estinguere la volontà e il desiderio di vivere, trovare indifferente il vivere o il morire, provar ripugnanza per la verità, gusto nell’illudersi, nel soffrire e far soffrire, nel conflitto, nel contraddire, nel disobbedire, nel mentire, nella discordia, nella violenza, nella guerra, nella distruzione e nell’annientamento.
Fine Prima Parte (1/2)
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 3 dicembre 2024
Il permanere nei secoli di dottrine perverse che seducono le folle, ostinatamente contrarie all’insegnamento di Cristo, non fanno pensare ad un influsso del demonio? Del resto, come non temere o sospettare che scienziati, filosofi, uomini di cultura, intellettuali, letterati, artisti e addirittura teologi, che non credono all’esistenza del diavolo, non siano esposti a essere vittime dei suoi inganni o strumenti forse inconsapevoli della sua azione?
Da queste considerazioni appare quanto è importante formarsi un giusto concetto di Dio, che non sia inquinato da attributi propri di Satana. Il rischio infatti è quello che, se non abbiamo un concetto giusto di Dio, rischiamo di obbedire a Satana anziché a Dio.
Quelle teologie che si limitano a parlare di Dio e non ci dicono come e perché Satana può assumere ingannevoli sembianze divine, non aiutano a sufficienza ad essere soggetti al vero Dio e rischiano di renderci schiavi del demonio scambiato per Dio. E per questo San Paolo chiama il demonio «Dio di questo mondo» (II Cor 4,4), mentre Cristo lo chiama «principe del mondo» (Gv12, 30).
Come ci insegna Cristo, il demonio è omicida fin da principio e per principio. Odia l’uomo perché odia Dio suo creatore.
Per questo il demonio convince l’uomo di essere, per usare un’espressione di Heidegger, un «essere-per-la-morte», ispira all’uomo una volontà omicida, un istinto di morte, spegnere la ragione nell’assurdo, estinguere il pensiero nel dubbio, estinguere la volontà e il desiderio di vivere, trovare indifferente il vivere o il morire, provar ripugnanza per la verità, gusto nell’illudersi, nel soffrire e far soffrire, nel conflitto, nel contraddire, nel disobbedire, nel mentire, nella discordia, nella violenza, nella guerra, nella distruzione e nell’annientamento.
Immagini da Internet: Adamo ed Eva, Cappella Sistina, Roma
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