Il problema del panteismo. Se tutto è Dio, niente è Dio.

 

 

Il problema del panteismo

Se tutto è Dio, niente è Dio

Panteismo e ateismo

Il magistero pontificio postconciliare, riprendendo la condanna dell’ateismo fatta dal Concilio, ha molto insistito sul danno che l’ateismo provoca alla dignità della persona e all’ordine morale, rendendo l’uomo ribelle a Dio, falsando il valore della libertà, facendo dell’uomo un idolo, distruggendo il valore della fratellanza umana, scalzando le basi della scienza, della virtù e della religione,  nonché la ragion d’essere della giustizia e della misericordia e dando luogo ad ogni falsità, malizia, violenza, ingiustizia e disordine morale con la conseguenza di condurre l’uomo all’eterna dannazione.

Un altro grave errore, però, concernente la verità su Dio e la dignità umana, oggi assai diffuso soprattutto in ambienti della cultura e negli stessi ambienti teologici, ma che in forma volgarizzata si sta diffondendo anche tra la gente, è quello del panteismo, che fu già denunciato da S.Pio X come aspetto del modernismo.

Ora il panteismo è strettamente collegato all’ateismo. Ciò è evidente nel caso emblematico del passaggio da Hegel a Marx: l’ateismo marxista si pone in esplicita opposizione al cristianesimo corrotto di Hegel e nel contempo ne esplicita l’implicito ateismo celato nel panteismo del Dio che nel divenire storico prende coscienza di Sé nell’uomo e dell’uomo che prende coscienza del suo essere Dio.

Nell’ambito della confutazione dell’ateismo e di una rinnovata dimostrazione dell’esistenza di Dio adatta alla cultura e agli uomini del nostro tempo, è auspicabile che il nuovo Pontefice si rifaccia anche a Pio XII e in particolare alla sua grande enciclica Humani generis del 1950, la quale, oltre a proporre la dimostrazione dell’esistenza di Dio mediante la ragione, ci mette in guardia nei confronti dell’idealismo e di quella concezione del rapporto fra la natura umana e la grazia, per la quale, pur salvando la trascendenza di Dio rispetto alla natura umana, l’attività umana era concepita in una nuova scuola teologica detta «théologie nouvelle» come finalizzata al solo fine soprannaturale della vita di grazia, cosicchè sembrava che la grazia non fosse aggiunta da Dio gratuitamente alla natura così da ottenere alla natura di superare i suoi limiti, ma sembrava che la grazia fosse uno sviluppo intrinseco della natura, confondendo così natura e vita divina.

Papa Francesco ha respinto anche lui l’idealismo[1]

In realtà la grazia non ha la funzione di attuare le esigenze naturali e neppure quella di contrastarle, ma al contrario di perfezionare la natura, di guarire le ferite del peccato e di elevare l’uomo allo stato soprannaturale di figlio di Dio. Così la grazia sanante è la grazia della salvezza; la grazia elevante è la grazia della gloria celeste dei figli di Dio.

La natura umana necessita certo della grazia per essere liberata dal peccato, ma non tende di per sé alla vita cristiana in modo attivo. Essa invece possiede una conformità o disponibilità passiva, detta da San Tommaso «potenza obbedienziale» all’impulso della grazia. Tuttavia l’uomo avrebbe potuto esser felice anche realizzando il suo semplice fine naturale. Il desiderio di vedere la Santissima Trinità sorge solo quando all’uomo è stato rivelato questo superiore ineffabile destino, peraltro inaudito e assolutamente impensabile, se Cristo non ce lo avesse rivelato.

La prospettiva cristiana aggiunge quindi alla prospettiva della perfezione umana quella di una superiore perfezione: diventare figli di Dio ad immagine del Figlio del Padre, mossi dallo Spirito Santo, ed eredi della vita eterna. Il cristianesimo, dunque non è un semplice umanesimo, ma è una cristificazione dell’uomo; è un esser figli di Dio Padre, partecipi della stessa Figliolanza del Figlio.

L’errore della théologie nouvelle nasce dalla confusione tra il fine naturale e quello soprannaturale della vita umana e quindi dalla confusione fra ciò che sul fine ultimo risulta dalla semplice ragione e ciò che risulta dalla rivelazione cristiana. Ciò implicava una confusione tra religione naturale e religione rivelata.

Il dato rivelato appariva come un’esigenza della natura, mentre alla tendenza della natura verso Dio era concesso troppo, come se l’essere in grazia o il vedere il Dio Trinitario fosse un’esigenza della natura. L’etica cristiana giace allora su due piani dell’agire: il piano della ragion pratica, che il cristiano in quanto uomo, ha in comune con tutti gli uomini. Questa è l’etica della fratellanza, dell’uguaglianza e della libertà, della legge e del diritto naturale. È l’etica del cristiano in quanto cittadino e membro dello Stato o della società civile. Su questa base, poi, il cristiano, illuminato dalla fede, edifica l’etica specificatamente cristiana o soprannaturale o teologia morale, che è l’etica dei figli di Dio o della carità, etica del cristiano in quanto cristiano, membro della Chiesa.

La théologie nouvelle concede troppo alla natura e troppo poco alla grazia. Col primo errore tende al panteismo e allo gnosticismo; col secondo errore tende al secolarismo e al naturalismo. Il cattolico del primo tipo rischia di diventare un hegeliano; il secondo, un massone.

Esiste dunque nella théologie nouvelle un certo pelagianesimo, che permane ancora oggi nella teologia di Rahner e che Papa Francesco ha avuto cura di segnalare e confutare. Ma questo errore sembra ancora aver influsso, cosicchè credo che sia bene che Papa Leone ribadisca la questa condanna di Francesco ha fatto dell’idealismo[2].

Le forme del panteismo

Esiste un panteismo spiritualista e idealista per il quale l’essere è l’io, è coscienza, spirito e persona, per cui il mondo, la materia, la natura e Dio stesso sono visti come posti dall’io, idee o pensieri dell’io, il quale pone e trascende sé stesso.  Sono fondati sull’io, ordinati all’io, immanenti all’io, determinazioni dell’io, manifestazioni dell’io. Non è Dio che crea l’io, ma è l’io che pone Dio immanente all’io. L’io non è elevato da Dio a sé, ma eleva sé stesso diventando Dio.

Secondo questo panteismo l’essere non trascende il pensiero, ma il pensiero è intrascendibile. L’essere è l’essere pensato. L’essere è coscienza di essere. L’essere è spirito.  La materia è la materia pensata. L’azione è l’azione pensata. Ma allora la materia può pensare.

Quindi Dio non è Essere sussistente che trascende il pensiero umano, ma è immanente al pensare umano, che coincide con l’essere, perché per questo panteismo l’essere coincide col pensiero non solo in Dio, ma in generale e in particolare nel pensare umano. 

Certamente l’ateo o chi si professa ateo o agnostico o materialista o non parla mai di Dio o il bestemmiatore o l’empio resta sempre una persona con la sua propria dignità, dotata di buone qualità morali, delle quali può far uso, consapevole comunque che Dio esiste perché un giorno dovrà renderGli conto del suo operato. Tuttavia è chiaro che mentre quanto c’è di buono nella sua condotta morale proviene dal fatto che egli obbedisce alla legge e alla volontà di Dio, mentre i suoi peccati e le sue malefatte sono causati dalla superbia e dall’odio contro Dio caratteristici dell’ateismo.

Tuttavia la storia della filosofia, della teologia e delle religioni dimostra lo stretto nesso che esiste fra ateismo, irreligione, empietà da una parte e panteismo e monismo dall’altra. Panteismo, infatti, significa credere che tutto sia Dio ovvero che tutto è uno, appunto Dio, e quindi che il mondo e ogni cosa sono Dio o apparizione di Dio e quindi che l’uomo sia Dio o che l’uomo diventi Dio o Dio diventa uomo mutando la sua natura.

Panteismo, quindi, è credere che esista solo Dio e che il mondo non è fuori di Dio, ma in Dio identico a Dio. L’essere non è uno e molteplice, non è analogico, ma unico o univoco: l’essere, come in Parmenide, è uno solo ed è Dio. La molteplicità non è una molteplicità di enti o di sostanza create da Dio, ma sono diversi modi di essere Dio.

Per il panteista, quindi, il mondo non è creato da Dio, ma è Dio o l’apparire di Dio, sicchè Dio non è Dio senza il mondo. Il Dio del panteista non è il Dio dei cieli, ma il dio di questo mondo. Ciò porta come conseguenza l’identità di essere e non-essere, di vero e di falso, di bene e di male. Se nel mondo c’è il male, il panteista pone il male in Dio. Oppure, se Dio è buono, allora tutto è bene e il male non esiste.

L’ateo non parla di Dio. L’ateo non è necessariamente il bestemmiatore.  Anzi si può considerare ateo non solo chi nega o disprezza Dio, ma anche chi ha un falso concetto di Dio, per esempio il Dio dei buonisti o il Dio relativo  al mondo.

Viceversa il panteista ha spesso in bocca la parola «Dio». ma il suo Dio è il suo io, il suo Dio è il mondo o l’uomo o la storia o la natura o la materia; non è il vero Dio. Non si può dire che non abbia un dio. Egli nega e rifiuta Dio nel senso che non adora il vero m Dio. È un idolatra.

La tematica e i valori che riguardano il problema del teismo

Osserviamo anzitutto che nessuno può fare a meno di un assoluto, anche i relativisti. Il problema è che abbiamo la possibilità infausta di considerare come assoluto ciò che non lo è veramente, giacchè solo Dio è il vero assoluto. Tutte le cose sono relative a Lui.

E invece per il relativista tutto è per me, nulla in sé. La persona non è una sostanza, ma un essere relativo alla società. Gli altri sono relativi a me. La verità non è al di sopra del tempo, ma relativa al tempo. Non c’è un bene morale universale, ma il bene è relativo a ciò che ognuno giudica esser bene per lui.

Ma lo stesso Comte si contraddice quando afferma che il principio «tutto è relativo» è l’unico principio assoluto. Senonchè il relativo è relativo all’assoluto. L’assoluto potrebbe esistere da solo, ma il relativo non esiste senza l’assoluto, perché gli mancherebbe ciò a cui è relativo. Se non esistesse l’assoluto, non esisterebbe niente. Ciò vuol dire che il vero assoluto dev’essere distinto dal relativo. Il relativismo, che assolutizza il relativo, come fa Comte, conduce dunque al nichilismo.

Nessuno inoltre manca dell’idea del tutto o dell’uno o dell’infinito o del sempre o del mai, che rappresenta l’immutabile. Pochi però sanno che cosa è lo spirito e ne apprezzano il valore, soprattutto se si tratta di concepire uno spirito senza corpo. A loro pare che l’immateriale non esista. Da qui il loro ateismo.

Coloro che invece sostengono che tutto si risolve nel soggetto, nel pensiero, nella coscienza e nell’io parlano di Dio, ma in realtà sono atei o criptoatei perchè il loro Dio non è il Dio dei cieli creatore dl cielo e della terra, ma è il loro proprio io elevato all’ennesima potenza.

Osserviamo inoltre che pochi credono oggi all’esistenza di una realtà o verità immutabile. La storia sostituisce la metafisica. La narrazione sostituisce il ragionamento. L’immaginazione sostituisce l’intellezione. L’induzione sostituisce la deduzione. L’esperienza sostituisce il concetto. Il concreto sostituisce l’astratto. L’emozione sostituisce il pensiero. La libertà sostituisce la verità.  Per molti nostri contemporanei tutto muta, anche Dio. Dio è il vertice dell’evoluzione della materia.

Non è facile distinguere il necessario dal contingente. Non tutti apprezzano l’idea dell’eterno, ma credono che tutto si risolva nel tempo. Nessuno manca dell’idea dell’ottimo e del massimo. Alcuni ammettono un’origine, un fondamento, un principio. Ma che cos’è che considerano tali?

Alcuni faticano ad ammettere un ente supremo o una causa prima o un fine ultimo. Non riescono infatti a farsi un concetto dell’ente contingente bisognoso di una causa. E neppure riescono a formare un concetto di causa assoluta e sufficiente. Vedono le cause solo come cause dei fenomeni, come Kant. Mancano del concetto analogico e metafisico di causalità. E così credono che nella retrocessione delle cause si possa andare all’infinito e non riescono a farsi un  concetto di creazione dal nulla. Per loro è il mondo stesso che è infinito e quindi non occorre chiedersi qual è la causa.

L’ateismo nasce dal fatto che la ragione non applica sufficientemente il principio di causalità: invece di ricavare la causa prima dalla causa seconda, il necessario dal contingente, identifica la causa prima con la causa seconda e il necessario col contingente affermando così la simultaneità dei contradditori e respingendo il principio di non-contraddizione, con la conseguenza di confondere tutto con tutto, ogni cosa con ogni cosa: l’infinito col finito, il relativo con l’assoluto, il tempo con l’eternità, la materia con lo spirito, l’uno con i molti, l’essere col non-essere col divenire, col pensare e con l’agire; il vero col falso, il bene col male.

Sono atei pertanto anche coloro che concepiscono Dio in modo contradditorio, i fideisti che oppongono la fede come un absurdum alla ragione, che confondono il possibile con l’impossibile, il pensabile con l’impensabile, il mistero con l’assurdo.

Sono quanto meno criptoatei coloro che credono che noi concepiamo e conosciamo Dio in modo originario e immediato, all’inizio del nostro sapere, e non come risultato di un precedente ragionamento, che passa dall’effetto alla causa.

Infatti le verità iniziali della ragione, di immediata ed irrefutabile evidenza, sensibili e intellegibili, sono semplici dati ontologici che riguardano il reale in generale e non certo Dio stesso. Dio non è l’essere in generale o l’essere in quanto essere, ma lo stesso Essere sussistente. Non è l’essere ma un essere: quel preciso inconfondibile essere che è Lui e non altri.

Il nesso fra ateismo e panteismo dipende dal fatto che ateismo e panteismo hanno una comune radice: l’uomo che, invece di adorare Dio, si fa Dio, ossia l’uomo che al teocentrismo sostituisce l’antropocentrismo, mette il proprio io al posto di Dio, l’uomo che non vuol fare la volontà di Dio, ma la propria.

Un nuovo slancio missionario

Bisogna inoltre far presente che per poter annunciare Cristo, occorre che davanti a un mondo che spesso non fa attenzione ai valori dello spirito, un mondo che non si pone le domande di fondo della vita e dell’esistenza, non crede in Dio o non sa chi è Dio o equivoca sulla natura di Dio, o è irritato con Dio, ci rendiamo credibili con opportune prove e testimonianze nell’annunciare l’esistenza di Dio, percepibile dalla sola ragione, la sua provvidenza, la sua bontà, la sua sapienza, la sua giustizia, la sua misericordia, la sua trascendenza, il suo mistero. 

Come possiamo dire al mondo, agli ebrei, ai musulmani, ai massoni che Gesù di Nazaret è il Messia, è il Cristo, è il Signore, è il Salvatore, è il Figlio di Dio, Dio da Dio se non abbiamo, come San Giovanni Battista, preparato il terreno col persuadere i nostri contemporanei che esiste Dio e che solo in Lui possiamo trovare felicità e salvezza?

Ciò allora vuol dire che per un’efficace confutazione dell’ateismo e la riproposizione del valore del teismo e della religione, necessarie condizioni per la rivitalizzazione del cristianesimo, bisogna che il magistero pontificio anche oggi, accanto alla confutazione dell’ateismo, ci proponga una confutazione del panteismo, che assume diverse forme anche molto seducenti, accogliendo influssi dell’induismo o del buddismo o dell’idealismo tedesco o mascherandosi sotto l’apparenza dell’esperienza mistica.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 11 maggio 2025

 

 

Il dio Pan e il dio Apollo, messi assieme, sono il simbolo del panteismo. 

Infatti Pan rappresenta il Tutto; Apollo rappresenta l’Uno, perché Apollo viene dal greco a-pollòn, che vuol non molti. 

Ora appunto l’Uno Tutto è il motto fondamentale del panteismo.

 

 

 

 

 


 

 

Immagini da Internet:
- Apollo del Belvedere
- Statua del dio Pan esposta al Louvre di Parigi

 



[1] Vedi il mio articolo La dipendenza dell’idea dalla realtà nell’Evangelii gaudium di papa Francesco, in PATH, 2014/2 pp.287-316.

[2] Vedi il mio articolo La dipendenza dell’idea dalla realtà nell’Evangelii gaudium di papa Francesco, in PATH, 2014/2 pp.287-316.

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