Il pensiero dei deboli è il pensiero forte

 

Il pensiero dei deboli è il pensiero forte

Hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti

e le hai rivelate ai piccoli

Mt 11,25

Ho provato una viva gioia nel trovare nell’Avvenire di ieri, 26 febbraio 2025, un ottimo articolo di Francesco Totaro “La metafisica non ha pretese sulla verità”, in riparazione all’articolo di Pierfrancesco Tagi dell’11 febbraio in lode alla filosofia di Vattimo contro la «metafisica cattolica e tomista» accusata di fomentare la violenza e i regimi autoritari, quando, se c’è un pensiero che all’ombra di Nietzsche e di Heidegger è fattore di violenza è proprio quello di Vattimo, che, simile ad un lupo travestito da agnello, vorrebbe proporre una carità nel disprezzo della verità.

Vattimo non capisce che è proprio la saldezza ben fondata dell’obbedienza al vero, nonchè la convinzione e la certezza assolute di conoscere i valori non-negoziabili, è proprio il pensiero che aderisce con forza e coraggio alla verità assoluta della sana ragione e del messaggio di Cristo,  quel pensiero che, vissuto nella carità, consente di superare le prove della vita, di non cedere alle minacce dei tiranni, di dominare la passione e di evitare la violenza, di operare le necessarie rinunce, di piegarsi misericordiosamente sulle fragilità e sulle sofferenze del prossimo, di consolare gli afflitti e di dar forza agli sfiduciati, di operare eroicamente per il prossimo sacrificando, se occorre, per esso la vita, di vincere le astuzie del demonio che vuole metterci contro Dio e causare la nostra eterna rovina.

La metafisica, prima di essere il perfectum opus rationis, il raffinato sapere delle accademie delle università, la scuola della sapienza, la regina delle scienze e la luce che, illuminata dal Vangelo, ha fatto dell’Europa cristiana la civilizzatrice e la speranza dell’umanità, è la scienza dei bambini, di quei bambini dei quali Cristo ha detto «lasciate che i bambini vengano a me», quei bambini circa i quali Cristo ci raccomanda di essere come loro per entrare nel regno dei cieli, quei  piccoli ai quali è riservata la conoscenza dei misteri più alti e più segreti della salvezza.

Nulla c’è di più elevato nel campo della ragione del sapere metafisico, nessun pensare puramente razionale esalta tanto il potere del pensiero umano, nessun pensare assimila tanto il pensare umano a quello divino.

Nessun sapere umano come la metafisica ci fa capire perchè la Bibbia dice che l’uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio. Per questo nessun sapere tenta tanto l’uomo alla superbia. E tuttavia la vera metafisica nasce dalla massima umiltà, dalla piccolezza e dallo spirito d’infanzia evangelico. 

Quanto più ci abbassiamo davanti a Dio, e riconosciamo il nostro nulla e il nostro totale dipendere da Lui, tanto più Egli benevolmente scende verso di noi, ci potenzia e ci assimila a Lui. Ma chi si esalta da sè, privo com’è di reale altezza, cade rovinosamente in basso da quel cielo immaginario che si è costruito da sé senza esservi realmente salito per non essersi lasciato innalzare.

Diciamo allora ancora che nessun pensare è così saldo, certo, robusto, resistente come quello metafisico. Esso è superato solo dal sapere di fede, il cui oggetto sono i misteri della salvezza, verità divine sovraumane, soprannaturali e sovrarazionali, rivelate da Dio stesso, che, in quanto tali, non avremmo mai potuto cogliere da soli se non ci fossero state rivelate da Cristo.

Ma nulla c’è anche di più basilare, elementare, universale, comunemente condiviso, intuitivo, evidente, certo, spontaneo, inconfutabile, facile da sapere delle nozioni prime della metafisica, come la nozione di essere, esistere, niente, cosa, qualcosa, realtà, diventare, mutare, principio, fine, perché, causa, questo, uguale, lo stesso, diverso, altro,  potere, sapere, pensare, volere, amare, fare, uno, molti, vero,  buono, meglio, peggio, bello, sempre, mai, forse, tutto, intero, infinito, parte, alto, basso mio, tuo, io, tu, sì, no e simili.

La metafisica dotta, scolastica e accademica non è altro che lo sviluppo e l’esplicitazione di queste nozioni delle quali tutti sanno il significato spontaneamente fin da bambini non appena giunti all’età di ragione.

Le cose si complicano quando appaiono al ragionamento o alla riflessione o nell’apprendimento nuove e più precise nozioni come ente, Dio, eternità, creazione, perfezione, assoluto, relativo, essenza, natura, soggetto, sostanza, accidenti, ragione, esperienza, universale, concetto, idea, intelletto, volontà, conoscenza, astrazione, coscienza, persona, libertà, spirito, materia, forma, fondamento, trascendenza, trascendentale, immanenza e simili. Qui appaiono i contrasti e le divergenze, che però sono in linea di principio solubili, come dimostra la storia della metafisica.

Per questo Cartesio, Kant, Hegel, Husserl, Heidegger e Nietzsche sbagliarono nel credere che fino ai loro tempi l’umanità in campo metafisico avesse vagato nell’illusione e nelle apparenze e non fosse arrivata alla verità e alla certezza metafisica, per cui si sentirono in dovere di decidere loro una buona volta quali sono le basi inconcusse e primordiali del sapere.

La carità è il vincolo della perfezione. In ciò Vattimo ha ragione. Ma che cosa è la carità?  Non è la verità che nasce dalla carità, ma è la carità che nasce dalla verità, anche se è vero che con la carità conosciamo meglio la verità e siamo persuasivi se insegniamo la verità con carità.

Resta comunque che la carità è la pratica della verità. Veritatem facientes in caritate (Ef 4,15). Non è la volontà ma l’intelletto che coglie il vero, anche se io non posso cogliere il vero se non amo la verità. È vero che io non posso credere se non voglio credere, ma l’atto di fede è un atto dell’intelletto. E quanto più la certezza teoretica o di fede è forte e la convinzione è salda, tanto più la carità sarà generosa, grande e fervente.

Non nego che possa accadere che chi possiede delle certezze metafisiche, religiose, morali o teologiche sia tentato di imporle agli altri con durezza ed impazienza, pretendendo più di quanto possono capire o attuare. Se Vattimo si riferisce ad atteggianti ipocriti e violenti di questo genere, ha ragione a condannarli.

Ma il mio fondato timore è che egli voglia basare la carità sullo scetticismo e il soggettivismo. E siccome lo scettico, al, suo stesso dire, nega la possibilità di una certezza oggettiva, succede poi che per affermare e divulgare il suo pensiero, non disponendo di ragioni persuasive di ciò che dice, non potrà che far ricorso alla violenza. E questa allora è non è carità, ma ipocrisia, opportunismo e vigliaccheria.

P. Giovanni Cavalcoli      

Fontanellato, 27 febbraio 2025




Da "Avvenire" del 26 febbraio 2025, pagina 19

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