La martoriata Ucraina non è del tutto innocente - Prima Parte (1/2)

 

La martoriata Ucraina

non è del tutto innocente

 Prima Parte (1/2)

 Un rivolgimento storico

Pochissimo tempo dopo l’invasione del Donbas da parte dei Russi la loro operazione militare suscitò per la sua evidente potenza distruttiva una reazione di condanna da parte della grande maggioranza dei Paesi membri dell’ONU. Lo sdegno per questa barbarica impresa militare aumentò successivamente per le notizie di danni gravissimi inferti dai Russi in varie città dell’Ucraina compresa la capitale con l’uccisione di numerosi civili e la distruzione di infrastrutture necessarie alla vita del Paese.

L’invasione russa ha procurato all’Ucraina immense sofferenze e più volte il Santo Padre ha parlato della «martoriata Ucraina», ma ha parlato anche di «guerra tra fratelli» ed ha esortato l’Ucraina a deporre le armi e a dialogare con la Russia.

Ancor oggi da tre anni i Russi occupano militarmente territori ucraini. C’è tra Ucraina e Russia una controversia territoriale che dev’essere risolta con la diplomazia e non con le armi, come abbiamo fatto noi Italiani con l’Alto Adige, gli Spagnoli con i Baschi, gli Inglesi con gli Irlandesi o con l’Argentina o i Francesi con l’Algeria. Gli Ucraini devono trattare con giustizia i russofoni residenti nel territorio ucraino.

Occidente e Oriente non devono tirare l’Ucraina ciascuno dalla propria parte, ma rispettarla nella sua identità, indipendenza e libertà. Non devono contendersi questa Nazione per sfruttarla, ma devono fare a gara nel promuoverne il progresso ed aiutarla a risolvere i propri conflitti interni, così che essa possa essere una Nazione serena, tranquilla, democratica e atta a dare il suo contributo al bene comune della Comunità internazionale.

Poco prima dell’intervento militare Putin dichiarò ufficialmente le sue ragioni: liberare il Donbas da elementi «nazisti» ostili alla Russia. In Ucraina effettivamente da diversi anni dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, era sorto un forte movimento antirusso, desideroso di vendicarsi delle gravissime sofferenze patite dal popolo ucraino durante il regime sovietico.

Col venir meno della dipendenza politica dalla Russia sovietica, si diffuse tra gli Ucraini una reazione al collettivismo comunista suggerita da gruppi di potere occidentali vogliosi di approfittare della ribellione degli Ucraini alla Russia per dominare sull’Ucraina.

Così con lo scioglimento dell’URSS nel 1989 le forze del liberalismo soggettivista, del capitalismo sfrenato e dell’edonismo individualista occidentali di stampo liberale, introdussero in larga parte dell’Ucraina i vizi dell’Occidente, con ciò stesso attirando a sé questa parte dell’Ucraina sedotta dal suo influsso corruttore.

Nel contempo l’Ucraina, libera dal giogo sovietico, aveva l’opportunità di imparare le regole di quel regime democratico rispettoso dei diritti umani, regime del quale la Russia non è mai mostrata maestra per la sua endemica tendenza al dispotismo e all’autocrazia, tipico difetto della mentalità orientale.

Un’altra chance che è stata offerta all’Ucraina con la sua autonomia nazionale dalla Russia è stata quella di imparare finalmente le regole del pluralismo religioso e della convivenza fra cristiani di confessioni diverse. Su questo punto delicato della convivenza umana e civile bisogna dire che purtroppo gli Ucraini non hanno mai imparato le lezioni della storia e le regole di convivenza pacifica nate nell’Europa occidentale già nel sec. XVII dopo le terribili guerre di religione del secolo precedente, regole perfezionate dal Concilio Vaticano II.

Dal canto loro, gli ortodossi fanno una particolare fatica a praticare l’ecumenismo a causa del difetto insito nella stessa ortodossia, per il quale, mancando il riferimento al Papa, la Chiesa è divisa in Chiese nazionali, ognuna dipendente dal regime politico della nazione di appartenenza e tutte sempre con la segreta aspirazione ad essere «autocefale», ossia a non aver alcuna Chiesa al di sopra di essa. La stessa Costantinopoli non ha una supremazia giuridica, ma solo convenzionale.

L’Ucraina nacque al cattolicesimo nel sec. X, ma, con lo scisma del sec. XI, legata com’era a Costantinopoli, seguì Costantinopoli nello scisma contro Roma. Ma c’è di peggio: quando nel sec. XVI Mosca si separò da Costantinopoli con la pretesa di costituire la Terza Roma, gli Ucraini seguirono Mosca, e fu per questo che il Patriarca di Mosca governa su «tutte le Russie», ossia la Russia, la Bielorussia e l’Ucraina.  

Occorre inoltre tener presente che in Ucraina col crollo del regime sovietico, da una parte la Chiesa cattolica ha potuto rafforzarsi ma dall’altra è sorto tra gli ortodossi un movimento di simpatia per l’ortodossia di Costantinopoli, vicino all’Occidente, e di ripugnanza per l’ortodossia moscovita precedentemente soggetta al regime sovietico.

Ho la netta impressione che la Russia, a seguito dello scioglimento del regime sovietico, constatando il permanere ed anzi il rafforzamento della NATO, sia stata presa dal panico e dall’idea che adesso l’Occidente avrebbe approfittato della debolezza della Russia per dominarla. Per questo ritengo che la decisione di Putin di invadere l’Ucraina non sia stata presa con lucidità ma sotto l’impulso di quella paura.

Aggiungiamo che l’intervento dei Russi fa seguito a un precedente tormentato periodo di guerra civile con migliaia di morti causata dal fortissimo dissenso tra Ucraini circa la scelta da fare se allearsi con la Russa o con l’UE.

Molti si sono domandati se era proprio necessario un intervento armato in territori che sono abitati da russofoni, le due Repubbliche del Donesk e del Luhansk, staccatesi dall’Ucraina in seguito a un referendum, non però riconosciuto dalla Comunità internazionale o non si poteva piuttosto risolvere la vertenza in sede di Nazioni Unite o trattando con la NATO.

La cosa che stupisce ed addolora è come tra Ucraina e Russia, due popoli nati da un solo popolo, abbia potuto scavarsi un solco così profondo di reciproca ostilità da arrivare fino alla guerra, due popoli derivanti attorno al secolo IX da un unico ceppo etnico che aveva abbracciato la fede cristiana.

Purtroppo lo scoppio della guerra è stato il punto culminante di un processo storico che durava da secoli, legato all’evoluzione della Chiesa ortodossa dei due Paesi, nonché dei rispettivi regimi politici.

C’è da notare che le Chiese ortodosse non riescono a trovare l’unità fra di loro, perché hanno perduto il legame col Papa, che è il principio dell’unità fra le Chiese e della loro concordia. Ogni Chiesa ortodossa si considera «autocefala» se non di fatto almeno di diritto. E se non lo è, aspira a diventarlo come maturazione normale del suo essere Chiesa.

Ora l’autocefalia non è una relativa autonomia, che entro certi imiti, è del tutto lecita e normale, ma è la pretesa di guidarsi da sé in modo giuridicamente indipendente, un concetto del tutto estraneo alla Scrittura e alla Tradizione, nonchè allo stesso buon senso, giacchè qual è quell’associazione, quella comunità o quella società che non abbia un capo e dei subordinati, che da lui  dipendono e al quale debbono obbedienza. Il concetto di autocefalia non proviene né dalla Rivelazione né dalla sana ragione, ma è un concetto del paganesimo greco.

Ma la cosa curiosa è che anche nell’ortodossia esiste la gerarchia diacono-presbitero-Vescovo, per cui non si capisce perché mai la scala si ferma al Vescovo e non sale fino al vertice stabilito da Cristo.

Quanto alla questione dell’etica ortodossa, dobbiamo dire che essa, mancando degli sviluppi che in Occidente l’etica ha avuto con l’Umanesimo e la Riforma Tridentina, è rimasta sia pur quella assai solida Santi Padri Orientali, soprattutto San Basilio, il quale concepisce la vita sociale cristiana sul modello della vita monastica, dove l’aspetto della fraternità è certamente presente, e tuttavia ciò che appare in primo piano è la comunione e l’obbedienza all’egumeno, che rappresenta Cristo. È la visione bizantina dell’Imperatore sacerdote in sinfonia col Vescovo rappresentante dell’Imperatore, che appare già a Bisanzio con Giustiniano.

Qui non abbiamo un vero riflesso del principio evangelico Caesari quae sunt Caesaris, Deo quae sunt Dei, ma c’è una reciprocità allo stesso livello che impedisce la trascendenza dello spirituale sul politico, come invece è realizzata dalla Chiesa cattolica, dove il Papa è guida spirituale che trascende il potere politico e lo guida al regno di Dio.

Mosca è figlia di Kiev

La domanda che possiamo porci è: come mai il popolo russo, che nel sec. XII ha tratto origine con la capitale Mosca dal popolo ucraino con capitale Kiev, attualmente si trova in conflitto con  quel popolo stesso dal quale è nato? Che cosa è successo nei secoli seguenti perché oggi siamo a questo punto? Dobbiamo tener conto di due fattori: quello etnico e quello religioso.

Dal punto di vista etnico, il popolo russo ha cominciato a differenziarsi da quello ucraino da quando il popolo russo perse con l’invasione mongola, il suo carattere puramente slavo e assunse elementi dell’indole mongola, portata a un’accentuata crudeltà.  

Il Russo aumentò la sua forza di carattere, la tendenza al dominio e il culto del capo, caratteristica dei mongoli. Per questo convivono oggi paradossalmente nel popolo russo da una parte la tendenza alla mistica e alla fratellanza evangelica insieme con improvvise esplosioni di spietata crudeltà, come testimonia l’attuale invasione dell’Ucraina.

La stessa esperienza sovietica è stata un’esperienza di fraternità e una volontà di giustizia sociale non basate su di una religiosità che si mostrava incapace di dar frutto di giustizia sociale, ma basate sull’illusione che quei frutti potessero venire dalle sole forze umane.

Il 1989 è stata un’onesta presa di coscienza del popolo russo del fallimento del programma marxista, per cui i Russi sono tornati ad attingere ai valori della santa Russia, senza per questo, ahimè, tornare alla comunione con la Chiesa Romana, ma mantenendo la fallace dottrina della Terza Roma, che adesso sostituisce l’imperialismo sovietico, ma pur sempre d’imperialismo si tratta, vizio che, se i Russi non se ne liberano, rischia di condurre la Russia insieme col resto del mondo a una catastrofe apocalittica. 

Viceversa occorre dire che i due popoli nei secoli seguenti alla differenziazione suddetta, mantennero l’indole slava della tendenza alla tenerezza, alla compassione, a commuoversi, all’umiltà che conduce al pentimento e alla penitenza, all’apprezzamento per la vita sobria e semplice, al senso della fratellanza e della solidarietà, al senso del sacro e del divino. 

Il popolo ucraino, dal canto suo, associò questi caratteri comuni allo slavismo ad altri, che assunse a contatto con i popoli latini dell’Europa occidentale: un’indole mite e moderata, il senso del diritto, l’apprezzamento per la libertà, la disciplina delle passioni, l’autorità come servizio, non come dominio.

Invece il fattore religioso che ha portato all’attuale conflitto è la storia delle due Chiese. Come riferisce Wikipedia «la Chiesa russa fa risalire le sue origini al battesimo del principe Vladimir I di Kiev nel 988. La Cronaca degli anni passatio riferisce che nel 987, dopo una consultazione con i boiardi, Vladimir inviò dei messi nelle nazioni confinanti, i cui rappresentanti lo avevano invitato ad abbracciare le rispettive fedi, al fine di valutare quale fosse la religione migliore per il proprio regno. Il risultato è descritto nella seguente legenda apocrifa. Gli inviati riferirono che tra i musulmani della Bulgaria del Volga non c'era letizia ma solo tristezza e una grande puzza e che la loro religione era da evitare a causa dei suoi divieti contro il consumo d'alcool e di carne di maiale; a questi Vladimir aveva allora risposto "Bere è la gioia della Russia"[1].

Le fonti russe descrivono anche l'incontro del Principe con gli inviati ebraici (che potevano essere Cazari). Dopo averli interrogati a fondo sulla loro religione rifiutò di convertirsi alla stessa con il pretesto che la perdita di Gerusalemme evidenziava che i fedeli ebraici erano stati abbandonati da Dio. Per ultimo Vladimir chiese dei cristiani. Nelle cupe chiese tedesche i suoi emissari gli riferirono che non c'era bellezza, ma dell'Hagia Sophia di Costantinopoli riferirono: "Noi non sapevamo se fossimo in cielo o sulla terra". Vladimir convertì il proprio popolo alla religione cristiana di rito greco ortodosso.

Kiev divenne capoluogo di una nuova provincia ecclesiastica, posta sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli. Successivamente il metropolita di Kiev dovette trasferirsi a Vladimir (1299) e quindi a Mosca (1325). L'ultimo metropolita fu destituito ed esiliato nel 1441, a seguito del rifiuto da parte del sinodo dei vescovi della Chiesa russa di accettare l'Unione di Firenze.

Nel 1448 il sinodo dei vescovi, che rappresentava tutto il popolo di Dio inteso come unione di clero e laicato, sancì la separazione della Chiesa russa dal Patriarcato di Coistantinopoli. Da allora essa divenne autocefala. Il vescovo di Rjazan', Giona, fu eletto Metropolita di Mosca e di tutta la Russia senza chiedere l'approvazione di Costantinopoli. Solo nel 1589 il Patriarca di Coistantinopoli Geremia II Tranos formalizzò l’autocefalia del Patriarcato di Mosca»[2].

Ma intanto  questa Chiesa, fondata a suo tempo da quella di Kiev, come accade spesso nell’ortodossia, non era rimasta in un atteggiamento di figliolanza nei confronti della Chiesa madre, come invece è normale per noi cattolici dove la diocesi di New York o di Parigi di Los Angeles o di Città del Messico non è che sono giuridicamente superiori o alla pari di quella di Roma o da essa indipendenti perchè quelle città hanno più abitanti e importanza politica che non  Roma, ma Roma resta sempre la Chiesa madre, alla quale sempre siamo giuridicamente soggetti, come Cristo ha voluto.

Invece nell’ortodossia con l’istituto della cosiddetta «autocefalia», capita ed è capitato ogni tanto che una Chiesa ubicata in un centro cittadino più importante è considerata egemone di quella ubicata in un centro politico meno importante.

 Lo stesso scisma di Costantinopoli è nato così: siccome la splendida Bisanzio era diventata la capitale dell’Impero Romano d’Oriente, mentre la sventurata città di Roma nel sec. X era spaventosamente decaduta e aveva avuto un Papato miserando e corrotto (non tenevano conto del fatto che comunque restava Vicario di Cristo), allora i grandiosi Patriarchi di Costantinopoli cominciarono  a credere che le guide della Chiesa d’ora innanzi non potevano più essere i miserandi Papi di Roma, non più capaci di governare la Chiesa universale in un centro rozzo, imbarbarito e in mano a barbari, ma dovevano loro prendere in mano le redini della Chiesa. La questione del Filioque, di per sé solubilissima[3], fu solo il pretesto per accusare i Papa di eresia e prendere il suo posto nella guida della Chiesa.

Bisogna dire che è stato ben clemente lo Spirito Santo con gli ortodossi conservando in essi l’episcopato e quindi la successione apostolica e la validità dei sacramenti, nonostante il loro scisma, mentre bisogna notare come i luterani, benché abbiano mantenuto i dogmi fondamentali della fede, col loro irrazionalismo fideistico e col negare il valore divino dei sacramenti tranne il Battesimo, misero in moto un processo di dissoluzione spirituale, che è arrivato agli estremi con la relativizzazione dei valori morali, l’arroganza dell’incredulità.  la sfrontatezza del panteismo e dell’egocentrismo, l’empietà dell’ateismo e la demenza del nichilismo.

C’è da notare inoltre che la stessa parte che Costantinopoli fece con Roma (chi la fa, l’aspetti), l’ha fatta la Chiesa di Mosca nei confronti di quella ortodossa di Kiev: siccome a partire dal sec. XIV il Ducato di Mosca diventò più importante del Principato di Kiev, allora la Chiesa russa cominciò ad assumere un tono di comando anche dispotico nei confronti di Kiev. La cosa divenne ancor più chiara sotto il regime sovietico. Questo fatto è all’origine di una secolare oppressione di Mosca nei confronti di Kiev, che è all’origine dell’attuale guerra in Ucraina.

Oggi, dopo la caduta del regime sovietico, a mio parere i comunisti in Ucraina non appoggiano affatto Putin, ma parteggiano per gli Stati Uniti e per la NATO, similmente alla nostra sinistra italiana, che non è più per la Russia non più comunista ma per gli Stati Uniti e l’UE, che pur sostengono il capitalismo. Ai comunisti non interessa affatto la santa Russia, ma godere dei beni di quaggiù.

Fine Prima Parte (1/2)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 10 marzo 2025 


 

Nell’ortodossia con l’istituto della cosiddetta «autocefalia», capita ed è capitato ogni tanto che una Chiesa ubicata in un centro cittadino più importante è considerata egemone di quella ubicata in un centro politico meno importante.

C’è da notare inoltre che la stessa parte che Costantinopoli fece con Roma (chi la fa, l’aspetti), l’ha fatta la Chiesa di Mosca nei confronti di quella ortodossa di Kiev: siccome a partire dal sec. XIV il Ducato di Mosca diventò più importante del Principato di Kiev, allora la Chiesa russa cominciò ad assumere un tono di comando anche dispotico nei confronti di Kiev. La cosa divenne ancor più chiara sotto il regime sovietico. Questo fatto è all’origine di una secolare oppressione di Mosca nei confronti di Kiev, che è all’origine dell’attuale guerra in Ucraina.

Immagine da Internet: Cattedrale di Santa Sofia, Kiev

[2] Notizie prese da Wikipedia.

[3] San Tommaso ne spiega le ragioni in un solo articolo della Summa Theologiae: I, q.36, a.2.

1 commento:

  1. Grazie mille, reverendo Padre. Articolo molto interessante che ripercorre tante vicissitudini. E, cosa rara oggi, molto equilibrato

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