Anima forma sostanziale del corpo
Intelligenza umana e intelligenza artificiale
Prima parte (1/2)
Un importante documento della Chiesa
In occasione della recente memoria liturgica di San Tommaso d’Aquino il Dicastero per la dottrina della fede congiuntamente al Dicastero per la cultura e l’educazione hanno pubblicato una Nota sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana dal titolo Antiqua et nova[1], dove viene riproposta la dottrina dogmatica della Chiesa circa l’importantissimo tema del rapporto nell’uomo fra anima e corpo, un insegnamento essenziale per la salvezza, circa il quale purtroppo all’interno stesso della Chiesa si registra da molti decenni un doloroso conflitto fra due posizioni estremiste, entrambe eretiche, e cioè una tendenza idealista, che intendendo l’essere come coscienza, riduce la materia a spirito e una materialista, che considera lo spirito come il vertice dell’evoluzione della materia.
Queste due eresie sono ad un tempo opposte l’una all’altra e trapassano l’una nell’altra, perché confondendo spirito e materia, si può dire parimenti che la materia è spirito e che lo spirito è materia, per cui se tutto è spirito, allora tutto è materia.
Ora sappiamo bene come uno degli articoli del Credo dice che Dio è creatore delle cose visibili e di quelle invisibili (visibilia et invisibilia). Il Concilio Lateranense IV del 1215 spiega dicendo che si tratta dei corpi e degli spiriti, e quindi anche dell’uomo, composto di spirito e corpo. I puri spiriti sono gli angeli, mentre al sommo di tutti gli spiriti c’è Dio purissimo Spirito, assolutamente distinto dalla materia, benché sia creatore della materia.
Il documento della Chiesa tocca a un certo punto questo tema del rapporto nell’uomo tra spirito e corpo e benché citi San Tommaso e il Catechismo, manca di una certa chiarezza e sembra lasciare aperta la possibilità sia di un’interpretazione materialista che di un’interpretazione idealista.
Bisogna allora far presente che per interpretare bene la Nota occorre leggerla alla luce del precedente insegnamento dogmatico della Chiesa, la quale tra le sue massime preoccupazioni dottrinali ha sempre avuto quella di spiegarci qual è la natura e dignità dell’anima umana in se stessa e rispetto alle forme di vita superiore ed inferiore, nonché rispetto al corpo umano e al mondo materiale nel quale viviamo, ed inoltre rispetto agli stessi prodotti dell’operare umano (ecco la questione dell’intelligenza artificiale), se è vero che lo scopo della pastorale della Chiesa è la salvezza delle anime.
Poste queste premesse l’interesse di questo mio articolo si concentra allora sul n.16, che si esprime come segue:
«16. Nella persona umana, spirito e materia «non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un’unica natura»[2]. In altri termini, l’anima non è la “parte” immateriale della persona contenuta nel corpo, così come questo non è l’involucro esterno di un “nucleo” sottile e impalpabile, ma è tutto l’essere umano ad essere, allo stesso tempo, sia materiale che spirituale».
Osserviamo anzitutto che la citazione del n. 365[3] del Catechismo non è esatta. Il Catechismo dice così: «L’unità dell’anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l’anima come la “forma del corpo”[4]; ciò significa che grazie all’anima il corpo composto di materia è un corpo umano e vivente». E per l’espressione «forma del corpo» il Catechismo rimanda in nota al Concilio di Viennes del 1312: «substantia animae rationalis seu intellectivae vere ac per se humani corporis est forma» (Denz.902).
Dunque da questi insegnamenti della Chiesa abbiamo che nella persona viva anima e corpo, spirito e materia formano certamente un’unica natura, un’unica sostanza, benché composta di due nature eterogenee ed enormemente differenti, come lo spirito e il corpo.
Qui per due nature non si intende la natura del tutto o della persona, ma due componenti naturali, che assieme formano l’unica natura umana composta di anima e corpo.
Così lo spirito è distinto dalla materia e l’anima è distinta dal corpo, tanto è vero che al momento della morte lo spirito, cioè l’anima si separa dal corpo o dalla materia e continua a sussistere nella sua immaterialità. Il Concilio Lateranense V del 1513 (Denz.1440) definisce come dogma il fatto che l’anima umana è immortale. Infatti la morte consiste nel fatto che nel composto di forma e materia, la forma cessa di vivificare o animare la materia ovvero il corpo e quindi si separa dalla materia. Il corpo non è più animato e quindi muore. Ora però, dato che il corpo è una componente essenziale dell’uomo, si può e si deve dire che l’uomo stesso muore.
Ma non muore interamente; non muore del tutto, perché resta in vita l’anima spirituale, diversamente da quanto avviene alla morte degli animali e delle piante, quando al momento della morte l’anima sensitiva e vegetativa, che non ha alcuna indipendenza dal corpo e non attinge al livello dello spirito come la nostra, si disgrega e dissolve col corpo nella materia dalla quale era stata edotta dalla forza generativa che l’aveva generata.
Come disse un antico pagano, «non omnis moriar» e come dice la liturgia: «vita mutatur, non tollitur». Ciò però non vuol dire necessariamente che l’anima diventi beata: occorre per questo che il soggetto muoia in grazia di Dio.
Bisogna allora fare attenzione che quando la Chiesa insegna l’immortalità dell’anima si riferisce all’immortalità in senso ontologico, non a quella immortalità che è propria della vita eterna promessa da Cristo ai suoi fedeli.
Non bisogna infatti confondere l’immortalità ontologica con la «vita eterna» della quale parla Cristo come il vivere in eterno presso Dio nella beatitudine celeste. Anche l’anima del dannato nell’inferno è immortale, benchè egli non possegga la vita eterna. Per questo, a proposito dei dannati, si può parlare di una «morte eterna» o di morte spirituale o, come si esprime San Francesco al seguito dell’Apocalisse, di «seconda morte», essendo quella fisica la prima morte.
Ma, come ricorda Pio XII nell’enciclica Humani generis del 1950 e come insegna il Catechismo (n.366), l’anima umana è creata immediatamente da Dio al momento della formazione dello zigote.
Ora, come avevano definito i Concili precedenti, l’anima è spirito, è pura forma e la pura forma non può separarsi da se stessa. Da qui il fatto che con la corruzione e la morte del corpo, l’anima continua ad esistere e a vivere e non può morire per il suo essere pura forma.
Infatti, quando il corpo umano al momento della morte non è più informato e vivificato dall’anima, il corpo resta inanimato e da corpo vivo diventa corpo morto, cioè cadavere. Qui abbiamo veramente due cose o nature distinte: l’anima immortale e il cadavere.
La nota 23 rimanda all’articolo della Summa Theologiae di San Tommaso, dove la questione è se l’anima sia l’uomo e Tommaso risponde con Sant’Agostino il quale dice che l’uomo non è né la sola anima né il solo corpo, ma il solo composto di anima e corpo. Effettivamente la natura umana completa è il composto di anima e corpo. Tuttavia non è sbagliato dire che noi siamo un corpo, purchè precisiamo: animato da un’anima spirituale.
Ma allora è evidente che anima e corpo sono le due parti della natura umana, la prima immateriale e la seconda materiale. Se non si vuole dire che anima e corpo sono due nature distinte, bisogna dire almeno che sono due cose distinte, se non vogliamo confondere l’una con l’altro.
Quando la Nota dice che la natura umana è una e non è l’unione di due nature, intende col termine «natura» ciò che costituisce l’essenza di una cosa. Così la natura umana è una sola: quella di essere un’animalità ragionevole, composta di anima e corpo. Tuttavia anima e corpo non sono la stesa cosa: sono due cose realmente distinte. Per questo il Concilio Lateranense IV del 1215 dice che la «creatura humana est quasi communis ex spiritu et corpore constituta» (Denz.800).
Certamente l’«anima non è contenuta nel corpo» come il nocciolo è contenuto nella pesca, ma è l’anima che contiene il corpo. lo tiene unito impedendogli di disperdersi, cosa naturale alla materia. Volendo usare il termine «involucro» diremo allora che è l’anima ad avvolgere il corpo e a conferirgli le sue fattezze esteriori, la sua sagoma o figura visibile e sensibile, proprie per ciascun individuo maschio o femmina e diverse dall’uno all’altro. L’anima manifesta il corpo, per cui il corpo che vediamo è manifestazione sensibile dell’anima.
Tuttavia il modo di esprimersi comune per cui l’anima è nel corpo ha una sua certa motivazione, in quanto è facile vedere l’anima come una forza intima e nascosta sotto il corpo, una forza intima che si manifesta all’esterno con le forme, i tratti e i movimenti del corpo. Il corpo è un fenomeno fisico facilmente rilevabile e conoscibile; ma come indagare e conoscere il segreto e il mistero delle anime? Come in una persona andare al di à di ciò che di lei immediatamente appare per conoscere le sue intime intenzioni e i suoi intimi pensieri?
Fine Prima Parte (1/2)
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 30 gennaio 2025
E’ evidente che il Concilio suppone la dottrina della sostanza creata che può essere o composta di materia e forma, ed abbiamo la sostanza materiale o essere pura forma ed abbiamo il puro spirito. Il Concilio riconosce che la natura umana è composta di materia e forma, ossia di spirito e corpo, come aveva insegnato il Lateranense IV, ma precisa che l’anima è forma del corpo, cosa che il precedente Concilio non aveva detto.
Dunque da questi insegnamenti della Chiesa abbiamo che nella persona viva anima e corpo, spirito e materia formano certamente un’unica natura, un’unica sostanza, benché composta di due nature eterogenee ed enormemente differenti, come lo spirito e il corpo.
Qui per due nature non si intende la natura del tutto o della persona, ma due componenti naturali, che assieme formano l’unica natura umana composta di anima e corpo.
Propriamente parlando, anche se ciò non suona bene, non è l’anima ad essere nel corpo, come un contenuto nel contenitore, come l’acqua in un bicchiere, ma è il corpo che è nell’anima ed è contenuto nell’anima. Come la forma del fuoco dà forma al fuoco, così ciò che dà forma e vita al vivente, lo sostiene e lo sorregge, è l’anima, che è ciò per cui il vivente vive, ciò da cui è formato per vivere e da cui il vivente per vivere riceve vita.
Tuttavia il modo di esprimersi comune per cui l’anima è nel corpo ha una sua certa motivazione, in quanto è facile vedere l’anima come una forza intima e nascosta sotto il corpo, una forza intima che si manifesta all’esterno con le forme, i tratti e i movimenti del corpo.
[1] DICASTERO PER LA DOTTRINA DELLA FEDE - DICASTERO PER LA CULTURA E L'EDUCAZIONE
ANTIQUA ET NOVA - Nota sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana
[2] n. 23: Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 365. Cf. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 75, a. 4, resp.
[3] 365 L'unità dell'anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l'anima come la « forma » del corpo; ciò significa che grazie all'anima spirituale il corpo, composto di materia, è un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia, nell'uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un'unica natura.
https://www.vatican.va/archive/catechism_it/p1s2c1p6_it.htm#I.%20%C2%ABA%20immagine%20di%20Dio%C2%BB
[4] (475) Cf Concilio di Vienne (anno 1312), Cost. « Fidei catholicae »: DS 902.
Caro Padre Cavalcoli, ho letto il suo post con una certa preoccupazione. Perché dal modo in cui ci parli sempre dell'interpretazione del Magistero della Chiesa, ho capito che -e lo hai detto tante volte, se non sbaglio- la Tradizione magisteriale deve essere interpretata a partire dalle tappe più recenti, cioè dalle espressioni nuove o più recenti del Magistero, e non il contrario.
RispondiEliminaTuttavia, lei ci dice ora che per comprendere correttamente questa Nota del Magistero pontificio (attraverso le sue rappresentazioni nei Dicasteri), ciò che viene insegnato deve essere interpretato a partire dalle fasi precedenti del Magistero.
Non c'è una contraddizione nella sua proposta?
Inoltre, non cessa mai di sorprendermi che un Documento al quale il Dicastero per la Dottrina della Fede ha partecipato come principale redattore contenga inesattezze dottrinali.
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