30 agosto, 2024

Cartesio e la Chiesa

 

Cartesio e la Chiesa

Nessuno può porre un fondamento diverso

da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo

I Cor 3,11

Nel 1663 le opere di Cartesio furono messe all’Indice; ma la Chiesa non ha mai fatto un elenco degli errori di Cartesio. Ciò fu fatto da allora fino ai nostri giorni dai tomisti, come per esempio Giovanni di San Tommaso, Zigliara, Liberatore, Gredt, Fabro, Schwalm, Olgiati, Cordovani, de Tonquédec, Kuiper, Simon, Zacchi, Toccafondi, Maritain, Gilson, Tyn, Livi.

L’attrattiva che suscita Cartesio è data dal fatto che i cartesiani, sin dal sorgere della sua filosofia, con una costante ed abile campagna propagandistica sono riusciti ad accreditare presso molti le sue idee come la «filosofia moderna», facendo credere, quindi che la precedente filosofia tomista fosse superata per non dire falsa e illusoria. 

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L’astuzia di Cartesio fu quella di convincere molti che la sua filosofia sostituiva Aristotele nella fondazione della metafisica e della verità, dando ad intendere che forniva le vere prove dell’esistenza di Dio e dell’immortalità dell’anima. Dunque una filosofia definitiva applicando la quale – così prometteva Cartesio - l’uomo avrebbe potuto diventare pienamente signore della natura.

In effetti siamo debitori a lui degli immensi progressi moderni della tecnica. Ma a prezzo della perdita del senso dell’essere.

Ma per accorgersi dell’impostura della sua proposta filosofica sarebbe bastato considerare la stoltezza del motivo che aveva spinto Cartesio a farla: la sua convinzione che fino al suo tempo l’umanità non aveva trovato il vero fondamento primo della certezza e quindi della verità e del sapere, ma era vissuta nelle apparenze e nelle illusioni.

Chi esamina quindi con attenzione la filosofia di Cartesio si accorge che essa non solo non ha fatto progredire la filosofia, ma l’ha fatta retrocedere all’epoca della sofistica greca di Protagora, a suo tempo confutato da Aristotel.

La vera filosofia moderna, conciliabile con la fede cattolica, ed auspicata dal Concilio Vaticano II, non si costruisce su base cartesiana e neppure utilizzando l’idealismo tedesco nato da Cartesio, come crede di poter fare Rahner, ma si costruisce su base tomistica, di un tomismo, come prescrive il Concilio, che sappia assumere i valori della modernità scartandone e confutandone gli errori.


Immagine da Internet: - Ravenna, Basilica di Sant'Apollinare Nuovo, Civitas Classis, particolare

27 agosto, 2024

Il “Papa Emerito” secondo Papa Benedetto XVI

 

 Il “Papa Emerito” secondo Papa Benedetto XVI

Pubblico la traduzione, fatta nel 2020 dal famoso vaticanista Luigi Accattoli, di una interessantissima intervista, concessa da Benedetto XVI al giornalista Peter Seewald. In tale intervista il Papa illustra con una argomentazione da par suo la novità assoluta del titolo di “Papa Emerito”, che Dio gli ha fatto comprendere come un aspetto essenziale del Papato fino ad allora sconosciuto.

Qui il Pontefice Emerito si sofferma a mostrare non solo il significato dottrinale del Papato Emerito, ma racconta anche come, da grande teologo qual era, egli, attraverso una rigorosa meditazione, con riferimento alla figura del “vescovo emerito” suggerita dal Concilio Vaticano II, aveva scoperto questo aspetto spirituale del Papato Emerito, che comporta l’assenza dell’esercizio effettivo e giuridico del governo della Chiesa, che nel frattempo aveva assunto Papa Francesco.

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Immagine da Internet:

- Luigi Accattoli

26 agosto, 2024

Sui suicidi nelle carceri - Bisogna che nei penitenziari si ritrovi il valore della penitenza

 

Sui suicidi nelle carceri

Bisogna che nei penitenziari si ritrovi il valore della penitenza

Un pregio della concezione moderna dei diritti umani è la pratica della moderazione delle pene carcerarie e la loro funzione rieducativa, ma un valore che sembra essersi perduto è il significato penitenziale-espiativo della pena. La società edonista e godereccia non vuol più sentir parlare di espiazione come se si trattasse di una lugubre superstizione pagana. La sofferenza va respinta con ogni mezzo, come se fosse il massimo dei mali, anche a costo di peccare o di far del male agi altri.

Ciò avviene in concomitanza con un indebolimento della pratica cristiana, che, dando forma di virtù alla penitenza come esigenza spontanea dell’animo pentito, era riuscita in passato ad animare cristianamente anche il diritto penale civile, umanizzando gli usi pagani ancora presenti nell’alto medioevo e inserendo vitalmente la situazione del carcerato nel mistero di Cristo crocifisso. 

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Si tratta della sopravvivenza della vita civile ed ecclesiale. Se infatti  noi relativizziamo i valori morali e i divini comandamenti col pretesto della coscienza e della libertà individuale; se noi continuiamo a disprezzare la pratica penitenziale, se rifiutiamo il valore espiativo del sacrificio di Cristo e della Messa, se ci ostiniamo a dire che Dio non castiga nessuno e che tutti sono perdonati e si salvano, … e continuiamo ad  irridere all'ira divina, non solo la situazione nelle carceri, ma nell'intera società e nella Chiesa, diventerà sempre più tragica e insolubile e le cose andranno di male in peggio.

Se la giustizia umana può difettare nel riparare ai suoi falli, la giustizia divina non fallisce e al momento giusto si fa viva per regolare i conti con coloro che hanno debiti in sospeso. Nel contempo chi ha patito ingiustizia, certo della giustizia divina ma anche della misericordia, dispone il proprio animo al perdono qualora chi gli ha fatto torto sia pentito.

Saper perdonare e adoperarsi per ottenere giustizia sono due gesti che non si escludono ma si richiamano a vicenda, anche se il secondo è più nobile del primo e più conforme ai costumi di Dio.

Immagine da Internet

25 agosto, 2024

Il cristianesimo insipido - Seconda Parte (2/2)

 

Il cristianesimo insipido

Seconda Parte (2/2)

Come ha fatto il Medioevo a edificare l’Europa cristiana?

Come è riuscito il Medioevo a creare l’Europa cristiana dal Portogallo alla Russia? E com’è che a partire dal sec. XIV l’Europa cristiana ha cominciato a decadere e a disgregarsi? L’esperienza cristiana è fallita? Ha deluso l’Europa? Essa ha trovato qualcosa di meglio? L’Unione Europea guidata dalla Von der Leyen? La massoneria?

Certo nel frattempo la Chiesa non ha cessato di progredire e nuovi paesi del mondo hanno accolto il cristianesimo. Tuttavia resta il fatto che occorre rimediare all’attuale decadenza dell’Europa cristiana, per cui bisogna che l’Europa scopra il modo per ritrovare la strada di casa prima che sia troppo tardi. Il Concilio ha svolto questo servizio all’Europa, alla Chiesa e all’umanità.

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Una questione sulla quale oggi occorre far chiarezza è il concetto di Europa. Su quale concetto di Europa si basa l’attuale Unione Europea? Che idee stanno alla base di un’Unione Europea che ha rifiutato la proposta di San Giovanni Paolo II di citare nella sua Costituzione le sue radici di cristiane e nel contempo considera l’aborto, la sodomia e l’eutanasia come diritti?

Nel buio abbiamo bisogno di luce. Infatti nel buio non vediamo niente. Occorre una fiaccola che faccia luce. Il cristiano è questa fiaccola. La cecità ci è insopportabile.

Per questo Gesù Cristo da una parte è il maestro premuroso e misericordioso, nei confronti di coloro che, pentiti dei loro peccati, vogliono gustare il buon cibo, ma dall’altra parte è il cavaliere dell’Apocalisse, che non scherza, ma è quel cavaliere che combatte con giustizia, dalla cui bocca «esce una spada affilata per colpire con essa le genti» (Ap 19,15), ossia nei confronti dei ribelli e dei superbi.

 Immagini da Internet: San Pietro, Roma

24 agosto, 2024

Il cristianesimo insipido - Prima Parte (1/2)

 

Il cristianesimo insipido

Prima Parte (1/2)

Se il sale perdesse il sapore,

  con che cosa lo si può render salato?

Mt 5,13

Un’esistenza sapida

La sapienza, dal lat. sapere, aver sapore, dar sapore, dà sapore alla vita. Il sapiente è persona sapida, che ha sapore e dà sapore alle cose e alla vita, persona che a sua volta sa distinguere e valutare i sapori. Cristo chiede ai suoi discepoli che siano così: non devono essere persone insipide, ma saporite, come un cibo gustoso.

In tal senso Santa Caterina ci teneva ad essere «mangiatrice di anime». La carità fraterna e soprattutto quella sacerdotale pastorale richiede nell’agente una forte attitudine a riconoscere, apprezzare e gustare il valore delle singole anime, una diversa dall’altra, ciascuna con propri doni, così come ogni piatto preparato da un ottimo cuoco presenta una particolare gustosità, l’una diversa dall’altra.

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Il cristianesimo dà senso e sapore ad una vita, che altrimenti sarebbe insipida e senza senso. Un cristianesimo che non dà sapore alla vita, ma un sapore celeste e non meramente terreno, è un cristianesimo fasullo e spregevole, «degno di essere calpestato dagli uomini».

Ciò vuol dire che il cristiano dev’essere un sapiente o quanto meno un amante della sapienza, un filo-sofo. Dal che vediamo quale stretto legame esiste fra il cristianesimo e la filosofia, anche se resta il problema di sapere qual è la vera sapienza. Cristo è la Sapienza del Padre. E lo Spirito Santo è lo spirito della sapienza.

Secondo San Tommaso il dono della sapienza, il più alto dei sette doni dello Spirito Santo, alto effetto della carità, è quello che ci rende intenditori e buongustai delle cose divine, è quello che ce ne fa innamorare, è il dono proprio di coloro che sanno gustare le cose di Dio e, come tale, è il principio dell’esperienza mistica.

Il Concilio ha riconosciuto il dovere del cristiano di risolvere i grandi problemi umani, filosofici e morali del nostro tempo e di essere di esempio nella pratica della giustizia e della misericordia. Ma ha anche ricordato le esigenze del vero umanesimo che solo Cristo può assicurare. C’è però da notare – e ciò è stata una carenza - che ha condannato l’ateismo, ma non ha pensato di condannare lo gnosticismo, il panteismo e la falsa mistica dell’idealismo tedesco e delle filosofie orientali.

Vi ha provveduto Papa Francesco col ribadire la condanna dell’idealismo e col pronunciare la condanna dello gnosticismo, cosa che nessun Papa aveva mai fatto prima di lui. 

Immagini da Internet: Cattedrale di Notre Dame, Parigi

23 agosto, 2024

Gregorio Rasputin - La tragedia della mistica scismatica - L’illusione della mistica modernista - Seconda Parte (2/2)

 

Gregorio Rasputin

La tragedia della mistica scismatica

L’illusione della mistica modernista

 
Seconda Parte (2/2)

Tutto ebbe inizio, come egli stesso raccontò, dall’aver avuto una visione della Madonna di Kazan, protettrice della Russia, che appunto gli dava questa missione profetica di salvezza e santificazione del prossimo. Prese allora contatti col vicino monastero di Verothur che custodiva le reliquie di San Simeone, al quale rimase devoto per tutta la vita. Decidette così di intraprendere una severa vita ascetica obbedendo ad un impulso interiore per il quale si sentì portato alla missione di padre spirituale, chiamato staretz dai Russi. Si dette allo studio della Scrittura e della vita dei Santi russi, ad aspre penitenze, a lunghe preghiere nella solitudine, alla frequentazione degli uffici religiosi e a pellegrinaggi.

Così decise di raggiungere i centri della vita russa per predicare là il Vangelo e svolgere la sua missione profetica. Giunse effettivamente a Mosca e a San Pietroburgo è diventò un’apprezzata guida e un saggio consigliere spirituale, con una notevole capacità di intuire la situazione interiore delle persone essendo così in grado di confortarle, illuminarle e dar loro buoni consigli.

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Gregorio Rasputin si sentì mandato dalla Madonna di Kazan a svolgere la sua missione per la grandezza della Santa Russia. Lo zar Nicola II, pochi giorni prima del suo martirio, consacrò la Russia alla veneratissima Vergine di Kazan. Sorprendente coincidenza e incontro nel nome della Madonna dei due personaggi chiave della tragedia che avrebbe condotto alla rivoluzione atea comunista del 1917: Rasputin, al quale viene addebitata la colpa di aver fatto cadere la dinastia Romanov e lo zar Nicola, uomo di fede ma debole e irresoluto nei confronti del dissoluto, eretico e falso mistico Rasputin. Nicola però si riscattò perdonando ai suoi assassini e rifiutando di essere liberato dall’Armata Bianca per evitare uno spargimento di sangue. 

Per questo atto eroico finale, anche se la vita precedente di Nicola non fu del tutto edificante, la Chiesa russa lo ha canonizzato come martire («colui che ha sofferto la passione di Cristo»), mentre l’attuale governo russo lo ha riabilitato dichiarando illegittimo il processo che lo condannò a morte insieme con la sua famiglia. Un presagio di pace per la Russia e per il mondo?

Immagine da Internet: Famiglia Romanov

22 agosto, 2024

Gregorio Rasputin - La tragedia della mistica scismatica - L’illusione della mistica modernista - Prima Parte (1/2)

 

Gregorio Rasputin

La tragedia della mistica scismatica

L’illusione della mistica modernista

Prima Parte (1/2)

 

                            Allontanatevi da me, voi operatori di iniquità!

Mt 7,23

                Dai loro frutti li potrete riconoscere

Mt 7,20

Premessa

Carenza di studi sulla falsa mistica

ed urgenza di una sapiente opera educativa

La Chiesa a cominciare dai primi secoli e a partire dallo stesso Nuovo Testamento ha sempre avuto la forte preoccupazione nella sua dottrina ed azione pastorale e formativa  di distinguere i veri dai falsi mistici, espressione di vari movimenti come l’ermetismo, lo gnosticismo,  la magia, i culti orgiastici e dionisiaci, l’occultismo, il satanismo, movimenti che trovarono espressione negli euchiti, negli encratiti, negli acemeti, nei  messaliani, nei montanisti, per passare successivamente nel Medioevo agli almariciani, ai flagellanti, ai catari, ai fraticelli e falsi spirituali medioevali, fino ai lassisti, ai quietisti e ai giansenisti del ‘600, ai teosofi, ai romantici e alla massoneria esoterica del sec. XIX e ai modernisti dei tempi della Pascendi di San Pio X. 

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La mistica di Rasputin nasce da un inquinamento morale proveniente dalla concezione kabbalistica e luterana del peccato inteso non come atto da evitare, ma come fattore di redenzione, per quanto questa idea possa apparire assurda ed ipocrita. Essa suppone l’invincibilità della concupiscenza e nel contempo la possibilità di essere salvati e perdonati.

La soluzione è ben nota: il peccato non è cancellato, ma «coperto». «Non ti preoccupare! Pecca tranquillamente! Dio è buono e ti perdona!». Come Lutero, Rasputin confondeva la condizione di peccatore, certo incancellabile in questa vita, con gli atti del peccato, che possono e devono essere soppressi di volta in volta, anche se poi, effettivamente, data quella condizione, essi purtroppo si ripetono.


Immagine da Internet: Grigórij Efímovič Raspútin

21 agosto, 2024

Continua ancora la discussione sulle dimissioni di Papa Benedetto XVI

 

Continua ancora la discussione

sulle dimissioni di Papa Benedetto XVI

Continuano a giungermi numerosi messaggi di commento alle dimissioni di Benedetto XVI, con particolare riferimento alle tesi del Dott. Andrea Cionci e alle mie posizioni che da tempo vado esponendo.

Riporto buona parte della corrispondenza avvenuta tramite la mia Pagina Facebook: https://www.facebook.com/giovanni.cavalcoli/, a seguito degli articoli pubblicati dal 7 al 13 agosto scorso.

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Immagine da Internet:
- Andrea Cionci

17 agosto, 2024

Il Servo di Dio Padre Tomas Tyn - Un conservatore progressista

 

Il Servo di Dio Padre Tomas Tyn

Un conservatore progressista

 La vigna del Signore invasa dalle bestie

 

La devasta il cinghiale del bosco

E se ne pasce l’animale selvatico

Sal 80,14

 

Prima del Concilio Vaticano II la Chiesa era troppo chiusa nei confronti del mondo. Adesso una falsa interpretazione del Concilio l’ha resa troppo aperta.  Come una casa senza recinzioni, senza porte e senza difese, entrano i ladri e le bestie e gli inquilini si sentono a disagio e in pericolo. Si è formata una classe di prepotenti autonominatisi araldi del Concilio ma in realtà falsificatori, che nella Chiesa vogliono far da padroni intralciando, manipolando, strumentalizzando e limitando lo stesso potere del Papa.

È quella che è stata chiamata la «dittatura del relativismo». Padre Tomas Tyn nacque in Boemia, dove la Chiesa era allora oppressa dal comunismo. Egli offrì la sua vita per la liberazione della Patria da questo regime anticristiano e ottenne la grazia, e il Signore accolse il suo sacrificio, perché morì nel 1990 proprio in concomitanza con lo scioglimento dell’Unione Sovietica. 

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Padre Tomas, con la sua dottrina e la sua vita ci insegna come uscire dal tragico vicolo cieco nel quale ci siamo cacciati con lo sterile e deleterio conflitto fra passatisti e modernisti, per una vera attuazione del Concilio, dove ogni cattolico sia libero di optare o per una maggiore attenzione alla tradizione o per una maggiore attenzione al progresso nella piena comunione col Papa e con la Chiesa.

P. Tomas Tyn, Roma, 1975

Conservazione e progresso sono fatti per stare assieme perché sono le due leggi fondamentali ed essenziali della vita a qualunque livello del creato. Solo la vita divina, perfezione assoluta della vita, non ha bisogno di progredire o migliorare e tanto meno correggersi, perché è pura conservazione di se stessa, perché è bene infinito e il bene non ha altro bisogno che di essere conservato, praticato e affermato.

Padre Tomas era molto sensibile all’aspetto agonistico della vita cristiana e se aborriva l’idea marxista della rivoluzione, apprezzava sommamente la buona battaglia della quale parla San Paolo contro il mondo, la carne e Satana. Aveva preso a modello i grandi Santi combattenti della fede della tradizione domenicana.

Padre Tomas sapeva bene che la fermezza sui princìpi non comporta assolutamente un fermarsi nel cammino verso il regno di Dio e d’altra parte sapeva bene che progredire e avanzare non significa, col pretesto del «dubbio metodico», distruggere tutte le verità conosciute per ripartire da zero con la menzogna, ma accrescere e migliorare ciò che già si possiede.

15 agosto, 2024

La luce di Fontanellato - Un aiuto a Papa Francesco

 

La luce di Fontanellato

Un aiuto a Papa Francesco

 

O lumen Ecclesiae, doctor veritatis,

aquam sapientiae propinasti gratis

Nella Chiesa sono sempre esistiti centri di irraggiamento del Vangelo, promotori di carità, di evangelizzazione, di formazione cristiana, di ravvivamento della fede e della speranza, scuole di spiritualità o di teologia, fautori di pace e conciliazione nelle anime, nelle famiglie, negli ambienti della scuola, del lavoro, della politica e della cultura, nella società e nella Chiesa, tra le nazioni e nel mondo.

Così possiamo pensare a comunità come a quella di Taizè o di Bose o di Sant’Egidio, possiamo pensare a centri come quello di Collevalenza di Madre Speranza o di Loppiano dei Focolarini o di Camaldoli dei Monaci Camaldolesi o ai Meeting di Rimini. Possiamo pensare alle settimane filosofiche di Padre Bertuzzi del Centro domenicano San Domenico di Bologna o agli incontri fra docenti universitari e domenicani sul tema “Scienza e metafisica” annualmente organizzati da più di quarant’anni da Padre Sergio Parenti, vivente qui in comunità con me. 

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Fontanellato, 12 luglio 2024  

Madonna del Rosario - Fontanellato


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14 agosto, 2024

Il concetto dell’essere in San Tommaso ed Heidegger - Parte Seconda (2/2)

 

Il concetto dell’essere in San Tommaso ed Heidegger

Parte Seconda (2/2)

Distinzioni tomistiche

L’essere può essere sostanziale o accidentale. L’essere è «l’attualità della sostanza o dell’essenza»; «dico che l’essere sostanziale non è un accidente, ma è l’attualità di qualunque forma sussistente (existentis.

L’essere può essere materiale o spirituale. «Ciò che è primariamente materiale è la materia prima e ciò che è primariamente formale è l’essere»; «non c’è nulla di più formale e più semplice dell’essere»; «lo stesso essere è il complemento della sostanza sussistente (existentis); «ogni cosa infatti è in atto per il fatto che ha l’essere»; «le perfezioni di tutte le cose riguardano la perfezione dell’essere. In tanto infatti qualcosa è perfetto in quanto ha l’essere»: «lo stesso essere è ciò che vi è di più perfetto in tutte le cose: si rapporta infatti a tutte le cose come a loro atto; per cui lo stesso essere è l’attualità di tutte le cose ed anche delle stesse forme. Per cui non è comparato ad esse come il ricevente al ricevuto, ma piuttosto come il ricevuto al ricevente; quando infatti dico l’essere dell’uomo o del cavallo, lo stesso essere è considerato come formale e ricevuto, non invece come ciò a cui compete l’essere»; «l’essere è più intimo a qualunque cosa di quanto ciò per cui essa è determinata, per cui, esso rimane anche se quelle cose sono rimosse». Tommaso vuol dire che l’essere è così importante che può restare da solo anche senza un’essenza o un soggetto da lui distinti.

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Tommaso dice che l’essere è così importante che può restare da solo anche senza un’essenza o un soggetto da lui distinti. L’essere è analogico e non univoco. All’analogato sommo corrispondono gli analogati inferiori. Ossia, come dice Aristotele, «si dice in molti modi». Il concetto dell’essere è polisenso, ha molti significati simili o diversi fra loro, senza con ciò cadere nell’equivoco, perché tale polisemìa avviene secondo una proporzionalità, per cui tutti i significati sono coordinati e convergono verso un uno solo, imperfettamente uno, che è appunto il concetto dell’essere come atto dell’ente. Uno in senso assoluto è solo l’uno di numero e un singolo ente e soprattutto Dio il sommo ente (monoteismo), come dice il Concilio Vaticano I: «una singularis substantia».

Il bambino sa che cosa è l’essere perché usa il verbo essere, ma non ha la nozione esplicita dell’ente e ciò è testimoniato dal fatto che non sa usare la parola «ente». Nessuno spiega al bambino che cosa è l’essere, ma lo capisce da solo.

Certamente il bambino, allorchè comincia a pensare, forma il concetto dell’ente, che, come insegna San Tommaso, è il primo dei concetti che formiamo, spontaneamente, senza che gli venga spiegato, concetto implicito nel concetto della quiddità della cosa materiale. È il più ampio, il più vasto ed universale di tutti i concetti, nel quale tutti si risolvono. Il bambino non usa il termine «ente», ma usa l’equivalente «cosa», nozione anche questa che egli concepisce spontaneamente non perché gli venga insegnata.

Per Heidegger invece la nozione dell’essere non la formiamo a seguito dell’atto del giudizio di esistenza di qualcosa, giudizio col quale affermiamo l’essere o l’esistere di qualcosa e separiamo in questo giudizio l’essere materiale dall’essere spirituale, dal che formiamo la nozione analogica, gerarchica e partecipativa dell’essere, che può essere sia materiale che spirituale, sia pura forma (il nus di Anassagora, l’idea platonica e il pneuma di San Paolo) che composto di materia e forma. 


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13 agosto, 2024

Il concetto dell’essere in San Tommaso ed Heidegger - Parte Prima (1/2)

 

Il concetto dell’essere in San Tommaso ed Heidegger

Parte Prima (1/2)

Io Sono Colui Che È

Es 3,14

Prima che Abramo fosse, Io Sono

 Gv 8,58

 

Introduzione

Il tema dell’essere è oggi oggetto d’interesse per alcuni, mentre per molti altri è totalmente estraneo al loro interesse ed anzi è considerato con disprezzo una vuotaggine priva di senso e il prestarvi attenzione è una perdita di tempo e il segno di cervelli che si pascono di astrazioni e non vivono nella realtà.

Non capiscono che l’interesse per l’essere è segno della massima attenzione e considerazione per la realtà più concreta, oggettiva ed immediata, è segno di realismo e di schietto amore per la verità. Non capiscono che l’astrattezza massima di questo concetto è proprio ciò che permette alla nostra mente di abbracciare, benché assai imperfettamente e implicitamente, la totalità del reale e comprendere ogni cosa, giacchè è evidente che ogni cosa esistente è un ente che ha l’essere o in atto l’essere.

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Nati per pensare l’essere, ci dimentichiamo dell’essere. Nati per contemplare la verità dell’essere, ci chiudiamo nel nostro soggettivismo, nella quotidianità, nella chiacchiera, ci annulliamo nel nichilismo, nell’esistenza inautentica. Fatti per l’essere ci disperdiamo fra gli enti. Benchè l’essere appaia, si sveli, ci illumini e si manifesti, ci sottraiamo alla sua presenza e al suo appello. 

Quello che purtroppo in Heidegger ci fa cadere le braccia è il fatto che dopo queste constatazioni verissime ed importantissime, quando gli chiediamo di chiarirci che cosa intende quando parla della relazione dell’uomo con l’essere, chi è per lui l’uomo e che cosa per lui è l’essere, proviamo un’enorme delusione.

Infatti, Heidegger pone tra l’uomo e l’essere una reciprocità, che non corrisponde alla realtà: in realtà è l’uomo che dipende dall’essere e non l’essere che dipende dall’uomo. Se il nostro destino è nelle nostre mani e non in quelle dell’essere, ossia di Dio, l’uomo prende il posto di Dio, ma nasce un dio fasullo.

La giusta risposta alle giuste constatazioni di Heidegger, il vero rimedio, li troviamo invece nella concezione tomista dell’essere, sorgente di una teologia che ci presenta un Dio veramente al suo posto, non come proiezione dell’uomo, ma come creatore e salvatore dell’uomo.

Tommaso ci avverte che non possiamo ridurre l’essere a un’essenza o concepirlo come fosse un’essenza, perché allora non distingueremmo più l’essenza dall’essere, che è l’atto dell’essenza. L’essenza è ciò che l’ente è, ciò per cui l’ente è ciò che è. L’essere è ciò per cui l’ente è o è in atto. Un ente o essenza senza l’essere è semplicemente possibile; con l’essere è attuale.

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