Basta con la Terza Roma - Prima Parte (1/2)

 

Basta con la Terza Roma

La guerra in Ucraina cesserà

quando Mosca si assoggetterà a Roma

Prima Parte (1/2)

 

Quae sunt Caesaris, Caesari;

           quae sunt Dei, Deo

 Le origini del Concetto di Mosca Terza Roma

Come sappiamo dalla storia, il monaco russo Filofej di Pskov della fine del 15° sec. e principio del 16° sec., fu il creatore della dottrina, formulata in un messaggio inviato al gran duca di Moscovia Basilio III, di "Mosca terza Roma" quale centro di un impero cristiano, cioè della successione russa a Bisanzio. Secondo questa dottrina la Roma dei Papi, chiamata da Filofej «prima Roma», la quale, decaduta a causa della fine dell’Impero Romano d’Occidente nel 454, era stata sostituita e sorpassata dalla «seconda Roma», Costantinopoli.  

Ma caduta anche questa a causa del crollo dell’Impero d’Oriente nel 1453 sotto il dominio ottomano, ecco sorgere una Terza Roma, la Chiesa di Mosca, a raccogliere l’eredità della Prima Roma e portarla a definitiva perfezione, sicchè il Patriarcato di Mosca si presenta come luce e guida di tutti i discepoli di Cristo in tutto il mondo fino alla fine dei secoli.

L'idea di Mosca come Terza Roma ebbe fortuna sin dall'antica Russia zarista. A pochi anni dalla conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II (sovrano dell'Impero ottomano), avvenuta il 29 maggio 1453, alcuni nominarono Mosca Terza Roma o Nuova Roma; uno degli storici appellativi di Costantinopoli è infatti Seconda Roma.

L'idea si sviluppò durante il regno di Ivan III di Russia, detto Ivan il Grande,  Gran Duca di Mosca, che sposò Sofia Paleologa. Sofia era nipote di Costantino XI, l'ultimo Imperatore di Costantinopoli, e Ivan reclamò l'eredità storica, religiosa e imperiale della città che si definiva Seconda Roma sin dalla fondazione voluta dall'imperatore Costantino come Νέα Ῥώμη (Nuova Roma). E il fatto che numerosi nobili, vescovi, scienziati, matematici, filosofi e altre persone di alto rango dell'Impero romano d'Oriente fossero emigrate proprio in Russia rafforzò l'immagine e l'idea della Russia come erede dell'Impero romano d'Oriente e, di conseguenza, dell'Impero romano. Ivan IV, nipote di Ivan III, proclamò durante la sua incoronazione a zar di Russia: Due Rome sono cadute ma non Mosca! E non vi sarà una quarta Roma!

È sbalorditivo come l’idea balzana di Filofej abbia avuto tanto successo nella storia della Chiesa Ortodossa moscovita fino ai nostri giorni. Infatti il carisma di Pietro vescovo di Roma, Pastore universale della Chiesa è stato voluto da Cristo stesso. Ma l’idea di Filofej non solo non ha alcun fondamento biblico, ma contraddice apertamente alla volontà di Cristo che tutti da 2000 anni conoscono.

La differenza fra la Seconda e la Terza Roma

La discriminante fra la Prima Roma e le altre due è la data del 1054.  La Terza Roma dal punto di vista dei contenuti dogmatici non aggiunge nulla alla Seconda Roma. La Terza Roma invece è sorta per la volontà della Chiesa russa di prevalere sulla Chiesa ortodossa di Costantinopoli nell’idea che il popolo e lo Stato russo – ecco il nazionalismo russo - sia stato chiamato da Dio a illuminare e dominare il mondo con la luce del Vangelo in maniera superiore e definitiva rispetto alle altre due Rome. E tuttora il Patriarca Cirillo mantiene questa convinzione[1].

Tuttavia il ginepraio nella quale egli si è cacciato col qualificare addirittura come «guerra santa» l’invasione russa dell’Ucraina e «Putin uomo mandato da Dio», ha scandalizzato ed allontanato da sé molti dei suoi sudditi in Ucraina inducendoli a passare tra i fedeli della Chiesa ucraina indipendente da Mosca e legata a Costantinopoli.

Cirillo dovrebbe interrogarsi seriamente una buona volta se la qualifica di Terza Roma che Mosca si è arrogata nel sec. XV ha veramente un fondamento divino ed evangelico o si stia rivelando una tragica trappola sottesa dal demonio al popolo russo facendo leva sulla sua ambizione e sul suo orgoglio nazionalista. La teoria della Terza Roma si sta rivelando non il baluardo ma la rovina del popolo russo, oggi biasimato e condannato per la sua guerra all’Ucraina dallo stesso mondo dell’ortodossia. 

Bisogna allora che una buona volta la Chiesa ortodossa e il popolo russo si convincano che non è affatto con la strenua difesa della Terza Roma che essi compiono la volontà di Dio, adempiono alla missione che Dio ha dato loro, mettono in opera le loro buone attitudini, correggono i loro difetti, affermano e difendono la propria identità e le loro peculiari tradizioni religiose cristiane, morali, culturali e civili, ma al contrario è proprio rinunciando a quel folle mito che ha istillato ai Russi solo successi effimeri e controproducenti, illusioni e manìe di grandezza, e li ha spinti a prepotenze e crudeltà, nonché  ha procurato disastri, sconfitte e tragedie, non ultima l’attuale guerra in Ucraina.

Nessuno nega la grandezza e l’originalità del popolo russo e la ricchezza delle sue doti. Nessun nega la sincerità delle sue tradizioni religiose e di santità. Nessuno nega la responsabilità della Russia come grande potenza nel consesso delle grandi potenze dell’umanità per l’assicurazione di una coesistenza pacifica e giusta internazionale. La vera Santa Russia non è affatto la Terza Roma, ma è la Russia del primo millennio della Santa Chiesa, una, santa, apostolica e cattolica. 

Ed è chiaro se la Russia ha saputo fermare Napoleone non lo ha fatto certamente in nome della Terza Roma, ma è stato per la forza delle insistenti fiduciose preghiere dei monaci come lo canta con toni appassionati e commoventi e così bene il grande compositore russo Ciaicovsky nella splendida Sinfonia 1812.

E similmente nel corso della seconda guerra mondiale, quando la Patria era in pericolo, sono state le suppliche dei cristiani, ai quali l’ateo Stalin, in quel momento oscuramente conscio della potenza della religione, aveva chiesto soccorso, a dare ai soldati la forza di cacciare il nemico e non certo l’ideologia atea di quella Russia sovietica, che quattro anni prima aveva stipulato un patto scellerato con Hitler, Unione Sovietica che sarebbe ingloriosamente crollata 50 anni dopo. E non è stata nemmeno la Terza Roma a vincere, ma il recupero delle più autentiche radici cristiane della Russia, di quando era in comunione con l’unica vera Roma, quella dei Papi.

Infatti i valori più belli del popolo russo hanno sfolgorato nella storia nella misura in cui essi non sono stati guastati dalla superbia e dalla voglia tartara di dominare, ma dalla volontà evangelica di servire l’umanità e Dio nella giustizia, nell’osservanza dei suoi comandanti e nella comunione con la Chiesa cattolica.

In realtà il popolo russo ha sue qualità spirituali peculiari[2] e una sua propria missione a favore della Chiesa universale[3], una sua propria millenaria tradizione di ortodossia e di santità[4], anche a prescindere dallo scisma costantinopolitano,  le quali, lungi dall’esigere  un ruolo spropositato e sacrilego di Terza Roma al di sopra della Roma di Pietro, opportunamente e vitalmente poste nell’alveo della Chiesa cattolica, possono e devono dare un contributo essenziale e insostituibile  allo sviluppo generale della Chiesa e alla salvezza del mondo.

L’equivoco di Calcedonia

Per fare qualche lume nella balorda teoria di Filofej e spiegarci in qualche modo come mai essa possa essergli venuta in mente, dobbiamo retrocedere molto indietro nel tempo e osservare che la dottrina della Terza Roma appare essere un effetto dello scisma di Costantinopoli del 1054, che a sua volta fu la conseguenza nefasta di una tendenza che compare addirittura al Concilio di Calcedonia del 451, allorchè una parte cospicua dei Padri decretò il famoso canone XXVIII, che poi non fu riconosciuto dal Papa Leone, dove con espressione equivoca si parla già di una «Nuova Roma»[5], Costantinopoli, distinta da un’«Antica Roma», quella del Papa, la quale in passato aveva posseduto l’imperatore, mentre adesso l’imperatore si trova a Costantinopoli.

Duplice errore: primo, quello di parlare di una «nuova Roma», Costantinopoli, come se questa fosse più progredita e migliore dell’antica e, secondo, il fare dipendere la presidenza della Chiesa universale dall’importanza della città nella quale tale presidenza risiede.

Come a dire: se la guida della Chiesa prima spettava al Vescovo di Roma, adesso che l’imperatore è passato da Roma a Costantinopoli, la guida della Chiesa spetta al Vescovo d Costantinopoli, trascurando il fatto che Cristo non ha affatto legato la sede della guida della Chiesa ad una città di particolare importanza, ma ha voluto che questa guida, il Papa, fosse il Vescovo di Roma, indipendentemente dal fatto che Roma potesse diventare territorialmente o politicamente meno  importante di altre città.

Nel piano di Cristo il Papa sta sempre a Roma in quanto Vescovo di Roma. Dio avrebbe potuto benissimo stabilire che il Papa fosse Vescovo di Ravenna o di Aquileia oppure che fosse Vescovo ora di tale città ora di tal altra. Invece lo ha voluto Vescovo di Roma fino alla fine dei secoli. Perché? Tenendo conto dell’importanza della città di residenza? Niente affatto. Sta qui lo sbaglio della Seconda e della Terza Roma. Certo, Pietro risiedette a Roma al massimo del suo splendore imperiale. Ma ciò non significa nulla. Non è quindi che, se qualche città diventa più importante di Roma, egli debba trasferirsi là. Buenos Aires è più popolosa di Roma. Eppure Bergoglio, una volta eletto Papa, è venuto a Roma. Non era Papa anche se faceva il Vescovo di Buenos Aires?

Perchè Papa Francesco, quando è stato fatto Papa non è rimasto là ed è venuto a Roma? Ricordiamo che quando i Papi si sono trasferiti ad Avignone, sono rimasti sempre Vescovi di Roma, perchè, per dirla con Dante, «Cristo è romano» e non costantinopolitano nè tanto meno moscovita.

Inoltre è falsissima la tesi protestante-ortodossa secondo la quale la teoria del primato romano sarebbe un’invenzione dei Papi per dare una parvenza di giustificazione alla loro voglia di dominare su tutta la Chiesa e la stessa società civile. Se qualche Papa, come Bonifacio VIII, ha potuto cedere in qualche misura a questa tentazione, Dio glie l’ha fatta pagare cara e nessun Papa da allora ha mai avuto questa tentazione, per quanto autoritari. Ma si sono limitati alle loro competenze di maestri della fede e capi della Chiesa. Quello che semmai si può rimproverare a certi Papi è appunto di trascurare il loro dovere di custodi della fede e di pastori zelanti e coraggiosi.

In realtà è stata la Chiesa stessa, il popolo di Dio – ecco la sinodalità della Chiesa - sin dagli inizi, a vedere nel Papa il suo padre, guida e maestro, difensore dei suoi diritti, consolatore nelle sofferenze, suprema istanza giudiziale per risolvere le controversie, definitore delle verità di fede, garante dell’unità, promotore dell’evangelizzazione, correttore degli errori, custode del deposito rivelato, infallibile interprete della Scrittura e della Tradizione.

Il dissenso nei confronti del Papa e a volte lo stesso rimprovero – come vediamo nei Santi riformatori, una Santa Caterina da Siena, un San Pier Damiani, un San Bernardo – possono essere leciti o addirittura utili e doverosi solo per quanto riguarda il governo della Chiesa, la condotta morale o pastorale del Papa, non il magistero dottrinale e le leggi canoniche.

L’ufficio di Pietro e quello di Cesare

Quando Costantino si convertì, si prese molto a cuore il dovere di imperatore cristiano, ma per un eccesso di zelo, finì quasi nella pretesa di mettersi nei panni di un Vescovo o dello stesso Papa, non come soggetto al Papa, ma come se il Papa fosse un suo rappresentante. Era la stessa mentalità dei precedenti imperatori romani. Essi distinguevano certo il potere temporale da quello sacerdotale, ma pretendevano di avere nelle loro mani e l’uno e l’altro.

San Tommaso, dal canto suo, in pieno secolo XIII, quando il Papato dominava non solo spiritualmente, ma anche politicamente su tutta l’Europa cattolica, fedele alla distinzione evangelica fra potere politico e potere religioso, sosteneva che il principe secolare o capo dello Stato non è vicarius Christi, ma vicem gerens multitudinis e in tal modo anticipò di sette secoli la dottrina della democrazia, che del resto riprendeva da Aristotele, mentre evitò quel difetto della Chiesa ortodossa di essere troppo ossequente al potere politico lasciandogli in mano un potere sacrale, che non appartiene all’imperatore, ma al Vescovo  e al Papa.

Quando infatti l’imperatore Costantino si convertì al cristianesimo, non intese la sua autorità in senso meramente temporale, ma prese spunto dai precedenti imperatori romani, i quali consideravano sé stessi non semplicemente come sovrani temporali, ma come rappresentanti di Dio, mediatori fra Dio e il popolo. Non dimentichiamo che il titolo di summus pontifex deriva dal pontifex optimus maximus dell’imperatore romano.

Per questo nell’antica Roma esiste certamente la figura del sacerdote. Ma questi non è affatto il rappresentante di Dio in forma superiore al ruolo giocato dall’imperatore, come nel cristianesimo; ma al contrario, il sacerdote era semplicemente un rappresentante dell’imperatore nelle sue funzioni di mediatore di Dio.

Fine Prima Parte (1/2)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 25 luglio 2024

San Giacomo Apostolo

 

Ivan IV, nipote di Ivan III, proclamò durante la sua incoronazione a zar di Russia: Due Rome sono cadute ma non Mosca! E non vi sarà una quarta Roma!

È sbalorditivo come l’idea balzana di Filofej abbia avuto tanto successo nella storia della Chiesa Ortodossa moscovita fino ai nostri giorni. Infatti il carisma di Pietro vescovo di Roma, Pastore universale della Chiesa è stato voluto da Cristo stesso. Ma l’idea di Filofej non solo non ha alcun fondamento biblico, ma contraddice apertamente alla volontà di Cristo che tutti da 2000 anni conoscono.

San Tommaso, dal canto suo, in pieno secolo XIII, quando il Papato dominava non solo spiritualmente, ma anche politicamente su tutta l’Europa cattolica, fedele alla distinzione evangelica fra potere politico e potere religioso, sosteneva che il principe secolare o capo dello Stato non è vicarius Christi, ma vicem gerens multitudinis e in tal modo anticipò di sette secoli la dottrina della democrazia, che del resto riprendeva da Aristotele, mentre evitò quel difetto della Chiesa ortodossa di essere troppo ossequente al potere politico lasciandogli in mano un potere sacrale, che non appartiene all’imperatore, ma al Vescovo  e al Papa.

Quando infatti l’imperatore Costantino si convertì al cristianesimo, non intese la sua autorità in senso meramente temporale, ma prese spunto dai precedenti imperatori romani, i quali consideravano sé stessi non semplicemente come sovrani temporali, ma come rappresentanti di Dio, mediatori fra Dio e il popolo. Non dimentichiamo che il titolo di summus pontifex deriva dal pontifex optimus maximus dell’imperatore romano.

 Immagini da Internet:
- Ivan IV di Russia
- Costantino, Imperatore Romano



[1]Vedi Giovanni Codevilla, La nuova Russia (1990-2015), Jaca Book, Milano 2016, p.128.

[2] Alexander Schmemann, I fondamenti della cultura russa, Lipa, Roma 2023; Tomas Spidlik, L’idea russa. Un’altra visione dell’uomo, Lipa Roma 1995.

[3] Vladimir Soloviev, Russia and the unversal Church, Catholic Resources, Chattanooga, 2013.

[4] Ivan Kologrivov, Santi Russi, La Casa di Matriona, Milano 1977; Tomas Spidlik, I grandi mistici russi, Lipa, Roma 2016.

[5] Decisioni dei Concili ecumenici, a cura di Giuseppe Alberigo, UTET, Torino 1978, p.174.

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