Basta con la Terza Roma
La guerra in Ucraina cesserà
quando Mosca si assoggetterà a Roma
Prima Parte (1/2)
Quae sunt Caesaris, Caesari;
quae sunt Dei, Deo
Le origini del Concetto di Mosca Terza Roma
Come sappiamo dalla storia, il monaco russo Filofej di Pskov della fine del 15° sec. e principio del 16° sec., fu il creatore della dottrina, formulata in un messaggio inviato al gran duca di Moscovia Basilio III, di "Mosca terza Roma" quale centro di un impero cristiano, cioè della successione russa a Bisanzio. Secondo questa dottrina la Roma dei Papi, chiamata da Filofej «prima Roma», la quale, decaduta a causa della fine dell’Impero Romano d’Occidente nel 454, era stata sostituita e sorpassata dalla «seconda Roma», Costantinopoli.
Ma caduta anche questa a causa del crollo dell’Impero d’Oriente nel 1453 sotto il dominio ottomano, ecco sorgere una Terza Roma, la Chiesa di Mosca, a raccogliere l’eredità della Prima Roma e portarla a definitiva perfezione, sicchè il Patriarcato di Mosca si presenta come luce e guida di tutti i discepoli di Cristo in tutto il mondo fino alla fine dei secoli.
L'idea di Mosca come Terza Roma ebbe fortuna sin dall'antica Russia zarista. A pochi anni dalla conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II (sovrano dell'Impero ottomano), avvenuta il 29 maggio 1453, alcuni nominarono Mosca Terza Roma o Nuova Roma; uno degli storici appellativi di Costantinopoli è infatti Seconda Roma.
L'idea si sviluppò durante il regno di Ivan III di Russia, detto Ivan il Grande, Gran Duca di Mosca, che sposò Sofia Paleologa. Sofia era nipote di Costantino XI, l'ultimo Imperatore di Costantinopoli, e Ivan reclamò l'eredità storica, religiosa e imperiale della città che si definiva Seconda Roma sin dalla fondazione voluta dall'imperatore Costantino come Νέα Ῥώμη (Nuova Roma). E il fatto che numerosi nobili, vescovi, scienziati, matematici, filosofi e altre persone di alto rango dell'Impero romano d'Oriente fossero emigrate proprio in Russia rafforzò l'immagine e l'idea della Russia come erede dell'Impero romano d'Oriente e, di conseguenza, dell'Impero romano. Ivan IV, nipote di Ivan III, proclamò durante la sua incoronazione a zar di Russia: Due Rome sono cadute ma non Mosca! E non vi sarà una quarta Roma!
È sbalorditivo come l’idea balzana di Filofej abbia avuto tanto successo nella storia della Chiesa Ortodossa moscovita fino ai nostri giorni. Infatti il carisma di Pietro vescovo di Roma, Pastore universale della Chiesa è stato voluto da Cristo stesso. Ma l’idea di Filofej non solo non ha alcun fondamento biblico, ma contraddice apertamente alla volontà di Cristo che tutti da 2000 anni conoscono.
La differenza fra la Seconda e la Terza Roma
La discriminante fra la Prima Roma e le altre due è la data del 1054. La Terza Roma dal punto di vista dei contenuti dogmatici non aggiunge nulla alla Seconda Roma. La Terza Roma invece è sorta per la volontà della Chiesa russa di prevalere sulla Chiesa ortodossa di Costantinopoli nell’idea che il popolo e lo Stato russo – ecco il nazionalismo russo - sia stato chiamato da Dio a illuminare e dominare il mondo con la luce del Vangelo in maniera superiore e definitiva rispetto alle altre due Rome. E tuttora il Patriarca Cirillo mantiene questa convinzione[1].
Tuttavia il ginepraio nella quale egli si è cacciato col qualificare addirittura come «guerra santa» l’invasione russa dell’Ucraina e «Putin uomo mandato da Dio», ha scandalizzato ed allontanato da sé molti dei suoi sudditi in Ucraina inducendoli a passare tra i fedeli della Chiesa ucraina indipendente da Mosca e legata a Costantinopoli.
Cirillo dovrebbe interrogarsi seriamente una buona volta se la qualifica di Terza Roma che Mosca si è arrogata nel sec. XV ha veramente un fondamento divino ed evangelico o si stia rivelando una tragica trappola sottesa dal demonio al popolo russo facendo leva sulla sua ambizione e sul suo orgoglio nazionalista. La teoria della Terza Roma si sta rivelando non il baluardo ma la rovina del popolo russo, oggi biasimato e condannato per la sua guerra all’Ucraina dallo stesso mondo dell’ortodossia.
Bisogna allora che una buona volta la Chiesa ortodossa e il popolo russo si convincano che non è affatto con la strenua difesa della Terza Roma che essi compiono la volontà di Dio, adempiono alla missione che Dio ha dato loro, mettono in opera le loro buone attitudini, correggono i loro difetti, affermano e difendono la propria identità e le loro peculiari tradizioni religiose cristiane, morali, culturali e civili, ma al contrario è proprio rinunciando a quel folle mito che ha istillato ai Russi solo successi effimeri e controproducenti, illusioni e manìe di grandezza, e li ha spinti a prepotenze e crudeltà, nonché ha procurato disastri, sconfitte e tragedie, non ultima l’attuale guerra in Ucraina.
Nessuno nega la grandezza e l’originalità del popolo russo e la ricchezza delle sue doti. Nessun nega la sincerità delle sue tradizioni religiose e di santità. Nessuno nega la responsabilità della Russia come grande potenza nel consesso delle grandi potenze dell’umanità per l’assicurazione di una coesistenza pacifica e giusta internazionale. La vera Santa Russia non è affatto la Terza Roma, ma è la Russia del primo millennio della Santa Chiesa, una, santa, apostolica e cattolica.
Ed è chiaro se la Russia ha saputo fermare Napoleone non lo ha fatto certamente in nome della Terza Roma, ma è stato per la forza delle insistenti fiduciose preghiere dei monaci come lo canta con toni appassionati e commoventi e così bene il grande compositore russo Ciaicovsky nella splendida Sinfonia 1812.
E similmente nel corso della seconda guerra mondiale, quando la Patria era in pericolo, sono state le suppliche dei cristiani, ai quali l’ateo Stalin, in quel momento oscuramente conscio della potenza della religione, aveva chiesto soccorso, a dare ai soldati la forza di cacciare il nemico e non certo l’ideologia atea di quella Russia sovietica, che quattro anni prima aveva stipulato un patto scellerato con Hitler, Unione Sovietica che sarebbe ingloriosamente crollata 50 anni dopo. E non è stata nemmeno la Terza Roma a vincere, ma il recupero delle più autentiche radici cristiane della Russia, di quando era in comunione con l’unica vera Roma, quella dei Papi.
Infatti i valori più belli del popolo russo hanno sfolgorato nella storia nella misura in cui essi non sono stati guastati dalla superbia e dalla voglia tartara di dominare, ma dalla volontà evangelica di servire l’umanità e Dio nella giustizia, nell’osservanza dei suoi comandanti e nella comunione con la Chiesa cattolica.
In realtà il popolo russo ha sue qualità spirituali peculiari[2] e una sua propria missione a favore della Chiesa universale[3], una sua propria millenaria tradizione di ortodossia e di santità[4], anche a prescindere dallo scisma costantinopolitano, le quali, lungi dall’esigere un ruolo spropositato e sacrilego di Terza Roma al di sopra della Roma di Pietro, opportunamente e vitalmente poste nell’alveo della Chiesa cattolica, possono e devono dare un contributo essenziale e insostituibile allo sviluppo generale della Chiesa e alla salvezza del mondo.
L’equivoco di Calcedonia
Per fare qualche lume nella balorda teoria di Filofej e spiegarci in qualche modo come mai essa possa essergli venuta in mente, dobbiamo retrocedere molto indietro nel tempo e osservare che la dottrina della Terza Roma appare essere un effetto dello scisma di Costantinopoli del 1054, che a sua volta fu la conseguenza nefasta di una tendenza che compare addirittura al Concilio di Calcedonia del 451, allorchè una parte cospicua dei Padri decretò il famoso canone XXVIII, che poi non fu riconosciuto dal Papa Leone, dove con espressione equivoca si parla già di una «Nuova Roma»[5], Costantinopoli, distinta da un’«Antica Roma», quella del Papa, la quale in passato aveva posseduto l’imperatore, mentre adesso l’imperatore si trova a Costantinopoli.
Duplice errore: primo, quello di parlare di una «nuova Roma», Costantinopoli, come se questa fosse più progredita e migliore dell’antica e, secondo, il fare dipendere la presidenza della Chiesa universale dall’importanza della città nella quale tale presidenza risiede.
Come a dire: se la guida della Chiesa prima spettava al Vescovo di Roma, adesso che l’imperatore è passato da Roma a Costantinopoli, la guida della Chiesa spetta al Vescovo d Costantinopoli, trascurando il fatto che Cristo non ha affatto legato la sede della guida della Chiesa ad una città di particolare importanza, ma ha voluto che questa guida, il Papa, fosse il Vescovo di Roma, indipendentemente dal fatto che Roma potesse diventare territorialmente o politicamente meno importante di altre città.
Nel piano di Cristo il Papa sta sempre a Roma in quanto Vescovo di Roma. Dio avrebbe potuto benissimo stabilire che il Papa fosse Vescovo di Ravenna o di Aquileia oppure che fosse Vescovo ora di tale città ora di tal altra. Invece lo ha voluto Vescovo di Roma fino alla fine dei secoli. Perché? Tenendo conto dell’importanza della città di residenza? Niente affatto. Sta qui lo sbaglio della Seconda e della Terza Roma. Certo, Pietro risiedette a Roma al massimo del suo splendore imperiale. Ma ciò non significa nulla. Non è quindi che, se qualche città diventa più importante di Roma, egli debba trasferirsi là. Buenos Aires è più popolosa di Roma. Eppure Bergoglio, una volta eletto Papa, è venuto a Roma. Non era Papa anche se faceva il Vescovo di Buenos Aires?
Perchè Papa Francesco, quando è stato fatto Papa non è rimasto là ed è venuto a Roma? Ricordiamo che quando i Papi si sono trasferiti ad Avignone, sono rimasti sempre Vescovi di Roma, perchè, per dirla con Dante, «Cristo è romano» e non costantinopolitano nè tanto meno moscovita.
Inoltre è falsissima la tesi protestante-ortodossa secondo la quale la teoria del primato romano sarebbe un’invenzione dei Papi per dare una parvenza di giustificazione alla loro voglia di dominare su tutta la Chiesa e la stessa società civile. Se qualche Papa, come Bonifacio VIII, ha potuto cedere in qualche misura a questa tentazione, Dio glie l’ha fatta pagare cara e nessun Papa da allora ha mai avuto questa tentazione, per quanto autoritari. Ma si sono limitati alle loro competenze di maestri della fede e capi della Chiesa. Quello che semmai si può rimproverare a certi Papi è appunto di trascurare il loro dovere di custodi della fede e di pastori zelanti e coraggiosi.
In realtà è stata la Chiesa stessa, il popolo di Dio – ecco la sinodalità della Chiesa - sin dagli inizi, a vedere nel Papa il suo padre, guida e maestro, difensore dei suoi diritti, consolatore nelle sofferenze, suprema istanza giudiziale per risolvere le controversie, definitore delle verità di fede, garante dell’unità, promotore dell’evangelizzazione, correttore degli errori, custode del deposito rivelato, infallibile interprete della Scrittura e della Tradizione.
Il dissenso nei confronti del Papa e a volte lo stesso rimprovero – come vediamo nei Santi riformatori, una Santa Caterina da Siena, un San Pier Damiani, un San Bernardo – possono essere leciti o addirittura utili e doverosi solo per quanto riguarda il governo della Chiesa, la condotta morale o pastorale del Papa, non il magistero dottrinale e le leggi canoniche.
L’ufficio di Pietro e quello di Cesare
Quando Costantino si convertì, si prese molto a cuore il dovere di imperatore cristiano, ma per un eccesso di zelo, finì quasi nella pretesa di mettersi nei panni di un Vescovo o dello stesso Papa, non come soggetto al Papa, ma come se il Papa fosse un suo rappresentante. Era la stessa mentalità dei precedenti imperatori romani. Essi distinguevano certo il potere temporale da quello sacerdotale, ma pretendevano di avere nelle loro mani e l’uno e l’altro.
Quando infatti l’imperatore Costantino si convertì al cristianesimo, non intese la sua autorità in senso meramente temporale, ma prese spunto dai precedenti imperatori romani, i quali consideravano sé stessi non semplicemente come sovrani temporali, ma come rappresentanti di Dio, mediatori fra Dio e il popolo. Non dimentichiamo che il titolo di summus pontifex deriva dal pontifex optimus maximus dell’imperatore romano.
Per questo nell’antica Roma esiste certamente la figura del sacerdote. Ma questi non è affatto il rappresentante di Dio in forma superiore al ruolo giocato dall’imperatore, come nel cristianesimo; ma al contrario, il sacerdote era semplicemente un rappresentante dell’imperatore nelle sue funzioni di mediatore di Dio.
Fine Prima Parte (1/2)
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 25 luglio 2024
San Giacomo Apostolo
Ivan IV, nipote di Ivan III, proclamò durante la sua incoronazione a zar di Russia: Due Rome sono cadute ma non Mosca! E non vi sarà una quarta Roma!
È sbalorditivo come l’idea balzana di Filofej abbia avuto tanto successo nella storia della Chiesa Ortodossa moscovita fino ai nostri giorni. Infatti il carisma di Pietro vescovo di Roma, Pastore universale della Chiesa è stato voluto da Cristo stesso. Ma l’idea di Filofej non solo non ha alcun fondamento biblico, ma contraddice apertamente alla volontà di Cristo che tutti da 2000 anni conoscono.
San Tommaso, dal canto suo, in pieno secolo XIII, quando il Papato dominava non solo spiritualmente, ma anche politicamente su tutta l’Europa cattolica, fedele alla distinzione evangelica fra potere politico e potere religioso, sosteneva che il principe secolare o capo dello Stato non è vicarius Christi, ma vicem gerens multitudinis e in tal modo anticipò di sette secoli la dottrina della democrazia, che del resto riprendeva da Aristotele, mentre evitò quel difetto della Chiesa ortodossa di essere troppo ossequente al potere politico lasciandogli in mano un potere sacrale, che non appartiene all’imperatore, ma al Vescovo e al Papa.
Quando infatti l’imperatore Costantino si convertì al cristianesimo, non intese la sua autorità in senso meramente temporale, ma prese spunto dai precedenti imperatori romani, i quali consideravano sé stessi non semplicemente come sovrani temporali, ma come rappresentanti di Dio, mediatori fra Dio e il popolo. Non dimentichiamo che il titolo di summus pontifex deriva dal pontifex optimus maximus dell’imperatore romano.
Immagini da Internet:
- Ivan IV di Russia
- Costantino, Imperatore Romano
[1]Vedi Giovanni Codevilla, La nuova Russia (1990-2015), Jaca Book, Milano 2016, p.128.
[2] Alexander Schmemann, I fondamenti della cultura russa, Lipa, Roma 2023; Tomas Spidlik, L’idea russa. Un’altra visione dell’uomo, Lipa Roma 1995.
[3] Vladimir Soloviev, Russia and the unversal Church, Catholic Resources, Chattanooga, 2013.
[4] Ivan Kologrivov, Santi Russi, La Casa di Matriona, Milano 1977; Tomas Spidlik, I grandi mistici russi, Lipa, Roma 2016.
[5] Decisioni dei Concili ecumenici, a cura di Giuseppe Alberigo, UTET, Torino 1978, p.174.
Forse è buffo quello che sto per dire, ma non posso fare a meno di dirle, Padre Cavalcoli, che il modo enormemente sorprendente in cui si svilupparono quelle idee fantasiose del monaco Filoféi sulla Terza Roma fino a Ivan IV il Terribile, e fino ad oggi, con Cirillo e Putin, mi ha fatto venire in mente il modo sorprendente in cui le idee fantasiose di Karl Rahner sulla fede cristiana si sono sviluppate negli ultimi sessant'anni...
RispondiEliminaQuesto non c'entra niente con il suo articolo, se non il semplice fatto che un'illusione, una fantasia, un romanzo, potrebbero avere conseguenze enormi sulla vita degli uomini... Che esseri stupidi a volte siamo noi esseri umani!
Caro Domenico.
EliminaLei tocca un tema misterioso e della massima importanza riguardante la storia umana e della Chiesa e cioè il sorgere ogni tanto di personaggi dotati di uno straordinario potere di influire negativamente sulla gente, tanto che queste idee vengono trasmesse nei secoli, senza che mai accada un ravvedimento.
Quanti esempi si potrebbero fare! Come è possibile una cosa del genere?
Bisogna proprio dire che la pazienza del Signore è grande nei nostri confronti. La Scrittura ci fa presente gli inganni del demonio.
E poi ci sono le conseguenze del peccato originale. Infine c’è un’altra considerazione da fare e cioè che tanti possono essere in buona fede e quindi sono scusabili.
Caro Padre, mi sembra di aver letto in un altro suo articolo che Pietro e i suoi successori sono a Roma in missione, e che potrebbero essere in un'altra città... E che la città definitiva sarà Jesuralem.
RispondiEliminaCaro Anonimo,
Eliminauna cosa che mi colpisce nella Bibbia è che Gerusalemme è l’unica città il cui destino escatologico è un dato rivelato. Questo fatto è certamente un segno della predilezione di Dio per il Popolo di Israele.
Certamente il Papa è Vescovo di Roma, per cui se dovesse anche trasferire la sua sede in un’altra città, resta Vescovo di Roma.
Ribadisco la mia convinzione che Pietro sia andato a Roma in missione o perchè egli stesso si è sentito mandare da Dio o, come è possibile, perché mandato da Cristo stesso Risorto durante i quaranta giorni di permanenza tra noi.
Infine ribadisco la mia opinione che in ogni caso Gerusalemme sia più importante di Roma, in quanto essa è la città dell’Apocalisse, mentre mi sembra evidente che Roma manterrà anch’essa in cielo un posto speciale, in quanto anch’essa nominata nel Nuovo Testamento.
Caro padre Giovanni,
RispondiEliminaIl tema toccato dal Sig. Domenico, è estremamente interessante. Ho riflettuto un po' sulla questione.
Lei menziona come cause del ostinato mantenimento delle eresie l'emergere di personaggi con grande potere di convinzione, o le conseguenze del peccato originale... Se mi permettete, io aggiungerei un altro elemento di carattere psicologico, come l'autosuggestione, o quella che si potrebbe chiamare, in mancanza di un nome migliore, la suggestione comunitaria che si ripercuote successivamente tra i membri della comunità suggestioniti dalle idee sbagliate.
Tra noi, nella Chiesa, e attualmente, potremmo menzionare l'autosuggestione o la suggestione comunitaria negli ambienti modernisti, e particolarmente gli indietristi, i cui adepti danno l'impressione di passare il loro tempo visitando blogs e pagine internet, in cui vedono confermate le loro idee, ripetute più e più volte da altri, con il quale mantengono viva la loro autosuggestione, ostinatamente attaccata alle eresie.
Questo fenomeno psicologico mi ha fatto ricordare quello che ho letto in un vecchio trattato di Cristologia qualche decennio fa, il cui autore, per cercare di spiegare la distinzione tra la natura umana di Cristo e la persona divina del Verbo, la intendevo come centro e radice ultima di responsabilità di tutti gli atti del soggetto, ricorreva a ciò che verosimilmente avviene nel fenomeno dell'ipnosi, nell'ambito della psicologia sperimentale. Apparentemente, l'ipnotizzato produce un fenomeno di parentesi o sospensione della "personalità", e allora gli atti dell'individuo ipnotizzato, proprio per suggestione, non diventano atti di persona, per cui sono atti dei quali non è responsabile.
Paragonando questo con il fenomeno sociale della suggestione comunitaria, certamente non voglio dire che tutti gli eretici sono irresponsabili delle loro eresie in quanto vittime di suggestione comunitaria (la loro responsabilità, la loro eventuale buona fede, non possiamo giudicarla con certezza). Semplicemente quello che voglio dire è che, al modo dell'ipnosi, può esserci un fenomeno di perdita di personalità, nei fenomeni di suggestione comunitaria.
Non ho dubbi, da parte mia, che l'autosuggestione comunitaria è uno strumento efficace nelle mani del demonio.
Caro Don Silvano,
Eliminaoccorre che qui facciamo una importante distinzione tra quello che è il rapporto in Cristo tra la volontà divina e la volontà umana e i grandi ben noti fenomeni di suggestione collettiva, che possono anche sconfinare in forme di psicosi o fanatismo collettivi, che si verificano per l’influsso di personalità eccezionali, capaci di influire in tale modo quasi ipnotico sulle masse. Esempi ben noti di personaggi di questo tipo sono Hitler e Mussolini. Non sono alieno dal ritenere che un potere simile sul piano spirituali e non politico lo abbiano avuto anche grandi personaggi religiosi, come Maometto o Lutero.
Per quanto riguarda invece la Persona di Cristo, essa dà certamente sussistenza alla natura umana, ma bisogna fare attenzione a non considerare la Persona come il centro di responsabilità della condotta morale di Cristo, altrimenti rischiamo di cadere nella eresia del cosiddetto monotelismo, il quale, col pretesto dell’unicità della Persona di Cristo, dimentica che Cristo non ha soltanto una volontà divina, ma ha anche una volontà umana, che non è una semplice irradiazione della prima, ma è un’entità ontologicamente distinta, benchè subordinata.
Caro Padre Giovanni,
RispondiEliminasono riuscito a trovare da dove proveniva il ricordo della somiglianza con l'ipnosi. Il passaggio -che cerco di tradurre in italiano- appartiene a: Jesús Montánchez, "Jesús Verbo Encarnado", editoria Poblet, Buenos Aires 1949, pp. 70-71.
Poiché so che a lei interessa molto la cristologia (come a me) trascrivo il passaggio, che non ha altro scopo che quello di comprendere la tesi dell'autore secondo cui: "Nelle azioni e negli atti umani la natura umana è il principio efficiente; la persona non è principio efficiente; è solo principio di unificazione, dignità e responsabilità". Con ciò, a mio avviso, la tesi è lontana da ogni sospetto di monotelismo.
Il passaggio che mi interessa mostrargli è il seguente:
"Troviamo, dunque, e non solo in Cristo, ma anche in ciascuno degli uomini, due principi di operare: 1. L'esecutore o elicitivo, costituito da potenze, facoltà e natura. 2. Quello di attribuzione o di collegamento o di dignificazione, costituito dalla personalità.
Principio elicitivo di operazione si chiama colui che con la sua attività propria e intervento reale e fisico, avvia, dirige ed esegue l'atto; il intelletto è il principio elicitivo delle idee, l'apparato digestivo quello della digestione. Principio di attribuzione, imputazione e collegamento è il centro, che non esegue da sé l'atto, lo realizza mediante il principio elicitivo, ma in modo tale che l'azione gli viene imputata; tale è in tutti gli atti umani la personalità.
Dove forse con maggiore approssimazione e somiglianza noi palpiamo questo è nella suggestione o nell'ipnosi. Essa stabilisce, tra il suggestionante e il suggestionato, una comunicazione tale che, in talune operazioni, diluisce e sfumi la connessione, l'imputazione e la responsabilità proprie della personalità del suggestionato, comunicazione che lo riduce alla condizione di strumento quasi automatico della personalità del suggestionante, che in realtà e in relazione a tali operazioni fa da persona, io; per questo il fenomeno si chiama sospensione di personalità".
Caro Don Silvano,
Eliminabisogna fare attenzione quando distinguiamo la persona dalla natura. La persona, secondo la definizione di Boezio accolta da San Tommaso, nozione utilizzata dal dogma cattolico, è “rationalis naturae individua substantia”.
Quindi la persona umana propriamente è la sussistenza di una natura umana, la quale è un principio efficiente per il fatto che in essa si radicano le potenze proprie della natura umana: quelle spirituali, quelle sensitive e quelle vegetative. L’azione responsabile quindi è effetto della natura, mediante la volontà, e non della persona. Questo è il punto di vista ontologico.
Io avevo citato il monotelismo non a proposito della persona umana, ma della Persona di Cristo, perché monotelismo significa una sola volontà. Allora, perché il monotelismo è un’eresia? Perchè pone in Cristo la sola volontà divina, mentre, per quanto riguarda noi, non c’è questione di monotelismo, perché noi per natura abbiamo una sola volontà.
Se ho ben capito, lei distingue la natura come principio di azione dalla persona come principio unificante. È bene comunque distinguere il concetto di persona in senso ontologico dalla persona in senso psicologico. Da come ho capito, il principio operativo n. 2 fa riferimento ad un concetto psicologico di persona.
Se ho ben capito, lei attribuisce alla persona in senso psicologico l’atto elicito dell’intelletto e della volontà, e alla natura gli atti imperati dalla volontà, concernenti la vita psicoemotiva.
A questo punto posso capire in che cosa consiste l’azione dello ipnotizzatore. Egli, mediante la suggestione, riesce in qualche modo a dominare la personalità psicologica dell'ipnotizzato, in modo tale da sostituire la sua azione responsabile con una condotta psicologica non imputabile, che viene indotta nell’ipnotizzato dall’ipnotizzatore, il quale solo resta il responsabile della condotta dell'ipnotizzato.
Ho capito bene?
Caro padre Giovanni,
Eliminai testi del mio intervento precedente non sono miei, ma dell'autore del suddetto libro, J.Montánchez, che ho tradotto in italiano.
Concordo con la sua interpretazione di tali testi, e noto che l'autore sembra coniugare un concetto ontologico di persona (che è lo stesso di Boecio, con alcune sfumature aggiunte) e il concetto fenomenico o psicologico di persona (Il che mi confonde un po').
Ma l'interesse di Montánchez non è in definitiva antropologico, ma cristologico. Infatti indica prima del testo che prima gli ho citato:
"Quanto è importante tenere conto di questo per focalizzare adeguatamente ciò che è Cristo e come opera Cristo! Infatti, le azioni di Cristo in quanto tale sono tutte umane, cioè tutte provengono e sono realizzate dalla natura umana di Cristo, dal suo corpo e dalla sua anima; nessuna di esse è eseguita dalla persona del Verbo in quanto tale, ma queste azioni umane di Cristo sono, sì, unificate e dignificate dalla divina persona del Verbo. Se in questo si introducono confusioni equivale a monofisitear o a monotelizzare, o ad alterare, o a distruggere Cristo".
Ora, l'autore, cercando di rendere comprensibile ai suoi lettori in modo complementare la distinzione tra natura e persona, è quando include l'esempio dell'ipnosi, dove sembrerebbe esistere una sospensione dell'azione personale del suppositum, in quanto questo suppositum (che è persona per essere razionale) cessa di agire come persona in quanto opera privato di libertà e quindi di responsabilità.
Il fatto che attraverso la suggestione, cioè l'ipnosi, potesse prodursi questa mancanza di responsabilità dell'ipnotizzato (in quanto non opera come persona libera) mi ha portato ad assimilare (mutatis mutandis) quella situazione del suggestionato per mezzo dell'ipnosi, con i suggestionati dalla suggestione collettiva.
Grazie per l'interesse nel mio argomento.
Caro Don Silvano,
Eliminala distinzione tra persona e natura si basa sul fatto che, mentre la persona riguarda la sussistenza della natura, la natura è principio di azione proprio di quella natura.
Per esempio la natura del cane è ciò per cui il cane abbaia, la natura del gatto è ciò per cui il gatto miagola e la natura della rosa è ciò che per cui la rosa profuma.
Per quanto riguarda la Persona di Cristo la Chiesa nel Concilio di Firenze del 1442 ha detto che la Persona di Cristo non è sostanza sussistente, ma è una relazione sussistente, cioè la Persona di Cristo è una relazione di figliolanza nei confronti del Padre, cioè è il Figlio di Dio.
Ricordiamo inoltre che Cristo ha due nature e quindi due volontà. Il che esclude l’eresia monotelista, che ammette solo la volontà divina.
Per quanto riguarda il concetto di persona umana nel senso fenomenico-psicologico, si tratta delle manifestazioni e relazioni della natura umana nei confronti dell’ambiente e delle altre persone umane. Questa materia è di competenza dello psicologo sperimentale.
Per quanto riguarda Cristo, bisogna fare molta attenzione, perché, se consideriamo la Persona in senso ontologico, Egli è Persona nel senso di relazione sussistente, è la Seconda Persona della Santissima Trinità e non è una persona umana.
Ci si può domandare: si può parlare di personalità umana in senso psicologico riguardo a Gesù Cristo? La risposta è sì, in quanto la personalità intesa in questo senso è manifestazione della natura umana, ma non però della Persona del Verbo o Figlio di Dio, perché questa dà solo la sussistenza alla natura umana, cioè è solo la natura divina che agisce; ma la Persona divina non ha una propria azione, oppure potremmo dire che la sua azione è l’azione divina, in quanto la Persona del Figlio è Dio. Naturalmente in Cristo, oltre all’attività divina c’è anche l’attività umana.
Per quanto riguarda la volontà umana di Gesù essa è soggettata nella sua natura umana, composta di corpo generato da Maria e di anima spirituale creata.
In base a quanto ho detto sopra, le azioni di Cristo appartengono ad un duplice ordine: ad un ordine divino, in quanto Cristo è Dio; e ad un ordine umano, in quanto Cristo è uomo.
Come ho già detto la Persona divina come tale non agisce, ma è semplice sussistenza di una relazione. Tuttavia, in quanto la Persona divina è Dio, si può dire che agisce, non però in quanto Persona, ma in quanto Dio.
Per quanto riguarda le azioni umane di Cristo, esse sono unificate e dignificate in forza della natura umana di Cristo, non della Persona divina.
Proprio al fine di evitare il monofisismo e il monotelismo bisogna fare questa distinzione tra le azioni umane, che provengono dalla natura umana, e le azioni divine, che provengono dalla natura divina.
In questo dinamismo delle nature, che parte ha la Persona? La Persona divina del Figlio sussiste da Sé stessa, come Persona divina, e poi dà sussistenza alla natura umana, la quale, in Cristo, non ha una propria sussistenza umana, non è una persona umana come tutti noi, ma sussiste grazie alla sussistenza della Persona divina del Figlio di Dio. Questa unione della natura umana di Cristo con la Persona divina si chiama unione ipostatica.
(Continuazione)
EliminaLa persona umana soggetta all’azione ipnotica, non agisce più come persona, ossia coscientemente, volontariamente, liberamente e responsabilmente, ma quello che fa lo fa in modo deterministico, sotto il comando dell’ipnotizzatore, il quale diventa egli stesso il responsabile di quello che dice o fa l’ipnotizzato.
Per quanto riguarda la questione della nostra persona umana, possiamo die che noi siamo persone per il fatto di essere razionali, inquantoché in noi la persona, come dice Boezio, è il sussistere di una natura razionale.
Ma in Cristo, come abbiamo visto, le cose vanno diversamente, perché la sua Persona non è il sussistere di una natura umana o divina, ma è, come ho detto più volte, il sussistere di una relazione di figliolanza divina. Ciò vuol dire che in Cristo l’azione non è effetto della Persona, come da noi, ma è solo effetto della natura divina o umana.
Per quanto riguarda l’azione umana di Cristo, bisogna dire allora che essa è sempre comunque libera e che non ha alcun senso ipotizzare che Cristo possa agire come se fosse un ipnotizzato. Infatti l’atto libero di Cristo come uomo, cioè l’atto di una facoltà dell’anima umana di Cristo, è effettivamente causato, ma è causato dalla volontà della natura divina, causato proprio nella sua natura di atto umano libero, in quanto libero.
Per quanto riguarda certe sette indietriste, io non parlerei di ipnosi, benchè io ritenga che possano esistere forme di ipnosi collettive, ma preferirei parlare di fanatismo, intendendo con questo concetto un atteggiamento mentale, per il quale il soggetto sta fermo in una data convinzione o in un dato comportamento, non per motivi razionali, ma per una decisione arbitraria della volontà dovuta alla superbia.
Tuttavia io credo che in alcuni casi l’origine dell’atteggiamento fanatico sia dovuto a una malattia mentale. In questo caso è chiaro che l’atteggiamento di ostinazione non dipende da cattiva volontà, ma da un fatto degenerativo di tipo neuropsichico, indipendente dalla volontà del soggetto.
Sono molto grato per questo profondo e stretto riassunto teologico della distinzione di persona e natura, applicata alla cristologia.
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