Chi è l’ateo?[1]
Che cosa intendiamo con la parola «Dio»?
Si dice comunemente che l’ateo è chi nega che Dio esista. Che cosa s’intende con la parola «Dio»? Se guardiamo nel vocabolario, troveremo: «ente supremo». Una volta che abbiamo chiarito il significato della parola, nasce un’altra domanda: chi è Dio? Qual è il vero Dio? A chi conviene il predicato «Dio»? Come dev’essere un ente per essere convenientemente chiamato Dio? Perché meriti il nome «Dio»? Infatti c’è la possibilità di chiamare «Dio» ciò che non è Dio.
L’ateo si rifiuta di usare la parola Dio e si chiude alla comprensione di questa parola. Per lui è una parola vuota di senso, un termine per designare qualcosa che non esiste e che quindi non offre alcun interesse. Altri associano a questa parola i significati più diversi: l’uomo, la coscienza, l’io, l’essere, il pensiero, il mondo, l’universo, l’assoluto, l’infinito, l’indeterminato, il mistero, la totalità, l’evoluzione, la storia.
L’ateo, nel rifiutare ciò che è veramente assoluto e divino, finisce per assolutizzare il relativo e il creato. Il suo bisogno di assoluto, di eterno, di infinto lo soddisfa invano col relativo, col finito, col temporale. Costruisce sulla sabbia anziché sulla roccia. Il suo Dio diventa il vento che tira, la moda del giorno. Si appoggia su ciò che passa come se non passasse.
L’ateo non è senza Dio, ma contro Dio. L’ateismo non è una posizione teoretica, ma pratica. Non dipende dall’intelletto, ma dalla volontà. L’ateo capisce le prove dell’esistenza di Dio, ma si rifiuta di considerarle. Sa che Dio esiste, ma non ci pensa.
Un conto è definire il senso della parola Dio e un conto è chiedersi chi è Dio? La Bibbia qui si chiede qual è il «nome» di Dio, perché per «nome» intende l’essenza di Dio. Quindi è come se si chiedesse qual è l’essenza di Dio. Si può dare una definizione dell’essenza di Dio?
La parola Dio non è necessaria per nominare l’ente supremo, per nominare Dio. Nella lingua cinese, per esempio, Dio è nominato con la parola Tien, che significa «cielo». Ma come sappiamo che si riferisce a Dio? Perché il cielo richiama a ciò che è alto, grande, vasto, potente, immutabile, trasparente, eterno, luminoso, attributi divini. La stessa parola Dio deriva dalla radice sanscrita dib, che vuol dire «luce», immagine della conoscenza o della verità.
Il nome più proprio è il nome ebraico Jahvè, contrazione da ehièh escer ehièh «Colui Che È». Nella Bibbia Dio nomina se stesso e si definisce: «Io Sono». Dunque Dio, conclude San Tommaso, è «lo stesso essere per sé sussistente» (ipsum esse per se subsistens).
Una volta che abbiamo chiamato Dio ente supremo, oppure, come fa Sant'Anselmo: «ciò di cui nulla si può pensare di maggiore» (id quo nihil maius cogitari potest), oppure, come fa il Catechismo di San Pio X, «l’ente perfettissimo», possiamo dire: certo, un ente di tal fatta è immaginabile, è ipotizzabile, non è impossibile.
Ma esiste? Come facciamo a saperlo? Come è stato ottenuto questo concetto? C’è qualcosa di reale, di esistente, che possiamo nominare col nome Dio? La risposta è sì, perché, interrogandoci sulle cause delle cose, scopriamo che esiste effettivamente un ente supremo e perfettissimo, massimo, altissimo ed ottimo, la causa prima.
Se dunque chiamiamo Dio l‘ente supremo e perfettissimo, dobbiamo dire che avendo scoperto e dimostrato l’esistenza di una causa prima, ci accorgiamo che questa causa non può essere se non ciò che chiamiamo Dio, ente supremo. Infatti, dire ente supremo, altissimo o perfettissimo e dire causa prima è la stessa cosa.
Per questo San Tommaso, dopo aver dimostrato che esiste una causa prima, dice che questa è Dio e la può chiamare Dio, partendo dal fatto che con la parola Dio intendiamo l’ente supremo e la causa prima è appunto l’ente supremo.
Abbiamo dunque la parola Dio e il concetto di Dio. Con la parola significhiamo il concetto e col concetto la realtà di Dio. Ebbene, quando l’ateo dice che Dio non esiste, intende dire che Dio non è una realtà, ma una semplice immaginazione, è un ente immaginario e puramente mentale, senza riscontro nella realtà esterna, un’entità mentale inventata dall’uomo. Per l’ateo, il teista crede esistente qualcosa che non esiste, per cui scambia la realtà con l’immaginazione.
Tutti sanno che Dio c’è
La ragione umana normalmente funzionante, spontaneamente e necessariamente, come ha esperienza delle cose, come si accorge che esse sono causate, ossia appena percepisce l’effetto, s’interroga sulla sua causa sufficiente e proporzionata, ossia dall’effetto risale alla causa.
Kant non riesce a dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio perché parte da un concetto sbagliato di ragione, cioè da una ragione che non riesce ad andare al di là dei fenomeni, non sa applicare il principio di causalità partendo dall’esperienza delle cose ed elevandosi a quella dello spirito, giacchè Dio è spirito.
Come dice invece San Paolo, la nostra ragione, considerando le opere di Dio, da queste risale alle perfezioni invisibili di Dio contemplandole con l’intelletto (cf Rm 1,20).
Oppure, come dice il libro della Sapienza, «dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore» (Sap 13,5). Si tratta di risalire «dai beni visibili a Colui che è», cioè di capire che l’ente visibile è la prova dell’esistenza di Colui che esiste per essenza. Si tratta di risalire dalle opere all’artefice.
Ciò vuol dire che secondo Sap 13,5 tutti sanno applicare il principio di causalità in senso analogico, sicchè, come dalla considerazione di un’opera umana capiscono che esiste l’artefice che l’ha prodotta, così per analogia dalla considerazione delle cose capiscono che sono create da Dio. In tal modo secondo la Scrittura, tutti sanno che Dio esiste e che devono render conto a Lui del loro operato per ricevere il premio eterno o il castigo eterno.
In questo passo la Scrittura chiarisce innanzitutto quale ente merita di essere chiamato «Dio»: non basta il semplice ente visibile, non bastano l’uomo, il mondo, i viventi, la volta celeste. Questi enti non sono ancora Dio, non sono l’ente supremo, perché non sono la causa prima.
La Bibbia non parla di causalità divina come Aristotele, ma è chiaro che il verbo barà corrisponde al concetto analogico di causalità, che comprende sia il causare creato (fare) che il causare divino (creare).
In secondo luogo la Bibbia ci fa capire che la causa prima, cioè Dio va concepito come spirito, come persona dotata di intelletto e volontà, persona che concepisce un’opera, vuole produrre un’opera e la realizza con la sua libera volontà.
In terzo luogo la Bibbia ci fa capire che l’artefice divino produce l’opera nella sua totalità, ossia dal nulla, a differenza di noi uomini che produciamo le nostre opere servendoci di materiali precedenti o presupposti, che non abbiamo prodotto noi.
In quarto luogo la Bibbia fa presente che l’opera dell’artefice ha un’analogia, cioè assomiglia all’artefice stesso. Per questo dice che Dio crea l’uomo a sua immagine e somiglianza, per cui conoscendo l’uomo si scopre Dio suo creatore.
Ciò comporta la possibilità di un dialogo fra l’uomo e Dio, così come dialogano tra di loro due persone. L’ateo si trova a dialogare solo con altri uomini e rifiuta il dialogo con Dio. Ma con quale saggezza, se Dio è il suo creatore e salvatore?
Occorre però non esagerare la stima per l’uomo e non credere che egli stesso sia Dio. L’ateismo, come per esempio quello di Marx, può configurarsi come una falsa divinizzazione dell’uomo.
È un errore gravissimo, che conduce all’ateismo, credere che Dio sia contro l’uomo, così che gli impedisce con la sua legge di essere libero e legge a se stesso. L’ateo non capisce che la vera libertà sta proprio nell’obbedire a Dio, così come una macchina funziona bene quando fa ciò che ha stabilito il suo costruttore, anche se se ovviamente l’uomo è un agente libero e non meccanico.
S.Tommaso per dimostrare l’esistenza di Dio, introduce la questione del processo all’infinito: la ragione si domanda sulla causa della causa ed esclude che si possa andare all’infinito, per cui, come già aveva osservato Aristotele, bisogna fermarsi su di una causa prima. Ora – egli osserva - è vero che gli enti causati sono cause, ma per spiegare la totalità delle cose e delle cause, occorre una causa sufficientemente esplicativa, ossia una causa prima non causata. Dio causa tutto è non è causato da nessuno.
L’ateo pone solo cause causate e si accontenta di esse, come se fossero sufficientemente esplicative. Egli ferma o blocca la sua ragione a metà strada, impedendole di arrivare fino al temine del suo cammino, che è la scoperta di Dio, dove soltanto la ragione trova pace e piena soddisfazione.
Quanto alla Scrittura, non ci presenta la sottile questione del processo all’infinito, che non è strettamente necessaria. La Scrittura, che è fatta per tutti e non solo per i filosofi, va all’essenziale e ci mostra un cammino che tutti possono e debbono comprendere e percorrere. Essa cioè ci ricorda semplicemente che l’artefice produce un’opera, per cui, alla vista dell’opera noi comprendiamo che deve avere un autore che l’ha fatta. Tutto qui. Da qui la prima proposizione della Scrittura: Dio ha creato il cielo e la terra, ossia tutte le cose, tutto dipende da lui.
Una questione molto importante è sapere chi è e qual è, tra le proposte di varie religioni e filosofie, il vero Dio, colui che soltanto e pienamente merita di essere chiamato con questo nome unico e sacro, questo «nome al di sopra di ogni altro nome», come dice la Bibbia. È la questione dei nomi o attributi divini. In base a quale criterio giudicare?
Che cosa conviene e che cosa non conviene a Dio? Che cosa dobbiamo o possiamo dire di Lui e che cosa non dobbiamo o non possiamo dire? È la questione della teologia, del parlare di Dio. O forse è meglio tacere, come dicono Dionigi l’Areopagita, Heidegger e i buddisti? E se Dio parlasse di Sé stesso?
Dio è solo in noi o anche in sè fuori di noi? Dio muta? Diviene? È solo spirito o anche materia? Vuole solo il bene o anche il male? Dio soffre? Dio può stare senza il mondo? Dio s’identifica col mondo? Produce necessariamente il mondo? Il mondo è l’apparire di Dio o Dio è distinto dal mondo? S’identifica con l’uomo? A seconda di come si risponde a queste domande sorgono concetti più o meno giusti o più o meno difettosi di Dio. L’ateo è colui che nega tutti gli attributi, perché ne nega il soggetto stesso.
Per la Bibbia l’ateo non è uno che non sa in buona fede che Dio esiste, né è uno che, per limiti intellettuali, non sa accorgersi mediante il ragionamento che Dio esiste. E non è neppure uno che si sbaglia involontariamente in questo ragionamento scambiando senza volere, per errore, la creatura col creatore. No; se lo fa, lo fa apposta, perché gli piace più la creatura che Dio.
Ciò non significa che non esistano errori concernenti Dio. Tuttavia ognuno è in grado di correggersi da sé per potersi presentare davanti al giudizio di Dio, dove lo riconoscono nella sua identità – Dio è perfettamente riconoscibile, identificabile e distinguibile da qualunque altro ente - senza rischio di far confusione o di scambiarlo per un’altra persona o entità.
Nella storia del pensiero umano esistono bensì tante dottrine ingannevoli su Dio, tante forme di ateismo, lo scetticismo, l’idealismo, il materialismo, l’idolatria, il politeismo, il panteismo, il panenteismo, l’agnosticismo. Ma nel nostro intimo ognuno di noi è in rapporto con Dio, Lo ami o non Lo ami.
Una sottile ma importante questione di discernimento di ordine eminentemente pratico in campo teologico è quella di saper distinguere l’ispirazione divina da quella diabolica. Il diavolo stesso può suggerire la validità dell’ateismo. L’ateo crede di seguire la propria coscienza, ma in realtà può capitare che egli segua il demonio senza accorgersene. Gli dèi dei pagani, secondo la Scrittura, sono demòni, Daimon in greco vuol dire sia «Dio» che demonio. L’idolatria, per la Scrittura, è sì un’adorazione della creatura al posto del creatore, ma è chiaro che dietro a ciò c’è l’adorazione del demonio.
L’ateismo non è tanto una convinzione intellettuale, quanto piuttosto una scelta pratica. L’ateo è il primo a sapere che la sua pretesa dimostrazione che Dio non esiste non tiene. Quello che possiamo fare è soltanto distogliere volontariamente lo sguardo da Lui, non volerlo vedere e non volerlo incontrare. Il suo paradiso non interessa all’ateo. L’inferno non è altro che il luogo dove vanno coloro che vogliono star lontani da Dio come si fugge una persona odiosa.
Nessuno ignora in buona fede che Dio esiste, così da poter essere scusato nel giorno del Giudizio per non averlo saputo, giacchè la Bibbia ci insegna, come abbiamo visto, che tutti veniamo a saperlo con un ragionamento molto semplice, al quale ci indirizzano il libro della Sapienza e San Paolo.
Infine bisogna distinguere una conoscenza esplicita di Dio da una conoscenza implicita. Chi ama e serve sinceramente il prossimo secondo i suoi reali bisogni, anche se non ha un’idea chiara di Dio, è già gradito a Dio, come appare evidente da Mt 25, 31-46. Viceversa, uno può sapere benissimo che Dio esiste e conoscere tutti gli attributi divini come li conosceva San Tommaso, ma se non ama il prossimo, non solo non gli serve a niente, ma è punito con maggiore severità.
La figura più significativa di ateo è certamente Karl Marx. Il suo ateismo si può riassumere in due punti. Il primo è che l’uomo non ha bisogno di alcun Dio che lo aiuti a liberarsi dalle sue miserie, ma è perfettamente capace di liberarsi da sé con le proprie forze dalla propria schiavitù, perché l’uomo stesso è Dio, essere da sè sussistente («l’uomo è Dio per l’uomo»). L’essere assoluto, che la Bibbia assegna a Dio, Marx lo assegna all’uomo.
E il secondo è l’ipocrisia di occuparsi degli oppressi non per misericordia e compassione, ma perché per lui l’oppresso è l’uomo oppresso da Dio, per cui suo intento è liberare l’uomo da Dio. Il Dio della religione, infatti, per Marx, è un’entità ultraterrena, celeste, onnipotente ma inesistente ed immaginaria, inventata dagli oppressori (preti e capitalisti) per mantenere l’oppressi nella condizione di oppressi, in modo che non si ribellino, ma portino pazienza nella speranza di andare al momento della morte in paradiso, dove saranno consolati.
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 19 novembre 2024
Nessuno ignora in buona fede che Dio esiste
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