Il Papa può sbagliare sul piano della dottrina?
Osservazioni su di un libro del Padre
Lanzetta[1]
Un teologo pio e dotto, ma bloccato nel passato
Ho un carissimo ricordo del Padre Giuseppe Lanzetta. Lo conobbi quando faceva parte dei Francescani dell’Immacolata. Lo ricordo come organizzatore di tre importanti convegni teologici internazionali negli anni 2007-2009, ai quali egli ebbe la bontà di invitarmi e nei quali vennero formulate ottime critiche alla teologia di Rahner.
Frequentando in quegli anni i Francescani dell’Immacolata, ebbi modo di fare amicizie con teologi di quell’Istituto, come il Padre Siano e il Padre Apollonio e conobbi lo stesso Fondatore, il Padre Manelli, figlio spirituale di San Pio da Pietrelcina, Religioso che mi fece un’ottima impressione. Le cattive notizie diffuse successivamente sul suo conto mi hanno lasciato incredulo e le ho considerate calunnie di modernisti. Notai che tuttavia l’Istituto era troppo legato alla Messa vetus ordo e forse troppo austero.
Ricordo Padre Serafino come prezioso collaboratore nel mio lavoro di vicepostulatore nella Causa di beatificazione del Servo di Dio Padre Tomas Tyn, grande teologo tomista.
Padre Serafino ebbe molto a soffrire quando il Papa intervenne, forse in modo troppo severo, a correggere il passatismo dei Francescani dell’Immacolata.
Restammo molto amici fino al 2013, quando Padre Serafino, forse disgustato per il mutamento che il suo Istituto aveva subìto a seguito dell’intervento pontificio, cominciò ad irrigidirsi nelle sue posizioni tradizionaliste forse sotto l’influsso di Mons.Brunero Gherardini e ad assumere un indirizzo di resistenza nei confronti della tendenza progressista del pontificato di Papa Francesco. All’Università di Lugano si addottorò in teologia sotto la direzione di Manfred Hauke, con una tesi che per poter criticare le dottrine del Concilio Vaticano II sostiene che il Concilio è stato solo pastorale.
Siccome viceversa io appoggiavo pienamente il rinnovamento conciliare, senza per questo approvare totalmente l’azione del Papa, diminuì la stima nei miei confronti raffreddando il rapporto con me, cosa che mi addolorò. Negli anni 2007-2010 accolse diversi miei articoli sulla rivista dell’Istituto Fides Catholica. Ma dal 2011 cessò di invitarmi e io mi accorsi che non ero più gradito.
Da allora Padre Serafino si è ancor più consolidato in questa posizione conservatrice, il che ha aumentato il mio dispiacere. Tuttavia io ho mantenuto il mio affetto per lui ed ammiro la nobiltà della sua visione cristiana. E se in questo articolo la mia coscienza mi spinge a disapprovare la sua ostilità a Papa Francesco, lo voglio ricordare ancora così com’era nei primi tempi che ci frequentavamo.
Un difetto dell’area cattolica alla quale appartiene Padre Serafino è un modo di concepire la Tradizione che vede nel Concilio e nei Papi del postconcilio, soprattutto il presente, un indirizzo ecclesiale filomodernista infedele alla tradizione. Voglio allora introdurre il mio discorso ricordando innanzitutto ai lettori che cosa è la Sacra Tradizione secondo la Chiesa cattolica.
La sacra Tradizione è insieme con la Sacra Scrittura, la fonte della Rivelazione cristiana, cioè è la fedele trasmissione orale apostolica, lungo i secoli fino ad oggi, infallibilmente assistita dallo Spirito Santo, delle verità insegnate da Cristo da predicare a tutto il mondo fino alla fine dei secoli, al fine di suscitare la fede in Cristo come Salvatore del mondo.
Il Papa ha il compito di custodire, interpretare, spiegare, trasmettere e difendere i contenuti della Tradizione a tutti gli uomini, in ciò infallibilmente assistito dallo Spirito Santo, affinchè credano in Cristo salvatore. I fedeli imparano dal Papa i contenuti della Tradizione, ma essi a loro volta li conoscono già dal Papa precedente. Succede così che fra Papa e fedeli esiste un duplice rapporto relativamente alla funzione della Tradizione. I suoi contenuti sono ad un tempo oggetto della fede del Papa e della Chiesa.
Così succede che per un verso i fedeli in comunione col Papa devono accogliere la Tradizione nell’interpretazione che ne fa il Papa, ma per un altro verso, entro certi limiti, essi possono dare una valutazione critica riguardo all’insegnamento del Papa alla luce della Tradizione e vedere se è o non è conforme alla Tradizione.
Padre Lanzetta, impressionato dall’attuale diffusione di eresie non denunciate e non confutate dai Vescovi, fa un quadro anche esagerato della situazione e guarda con apprensione all’ipotesi del Papa eretico, senza impedirci di pensare a Papa Francesco, lasciandosi influenzare da dottrine medioevali puramente accademiche (pp.55-57), completamente ignorate dal diritto canonico moderno e già dallo stesso San Tommaso, dottrine che non devono essere interpretate come reale possibilità, perché se così fosse ci sarebbe da chiedersi come verrebbe salvata la promessa di Cristo fatta a Pietro di assisterlo nel compimento del suo ufficio.
Sbaglia il Padre Lanzetta quando afferma che:
«Un Papa potrebbe cadere in eresia quando non esercita un pienezza la sua autorità, cioè il suo ufficio come pastore e dottore universale, lasciando il suo insegnamento al grado più basso di magistero ordinario autentico (che, dicevamo, può contenere errori)» (p.57).
In questi ultimi anni ho avuto più volte modo di spiegare come il Papa non è infallibile solo al massimo grado della sua autorità dottrinale, quando definisce solennemente un nuovo dogma in forma straordinaria (can.749), ma anche in due gradi inferiori previsti dal diritto canonico, rispettivamente al can.750 e al can.752.
Sulla base di questa opinione il Padre Lanzetta distingue la «fede del Papa» dalla «fede della Chiesa» e sostiene che il Papa deve stare con la fede della Chiesa, che appare essere per lui la regola della fede del Papa, per cui, se il Papa si allontana da questa fede, che sarebbe la «fede oggettiva», e che per lui è la fede tradizionale, cadrebbe in una fede «soggettiva», che Padre Lanzetta identifica con l’eresia.
In realtà la fede del Papa non è regolata dalla fede della Chiesa, ma è l’inverso. È la fede della Chiesa che è regolata dalla fede del Papa. Se invece come crede Padre Lanzetta, la fede della Chiesa è al di sopra di quella del Papa, appare del tutto plausibile la possibilità di un Papa eretico, fino a insinuare, a quanto sembra, che lo stesso Papa Francesco sia eretico, come pare evincersi da queste parole:
«Se il Papa è autorevole in ragione del suo ufficio petrino, non è sempre però automaticamente infallibile. Anzi ci sono situazioni che pongono seri dubbi anche sull’autorevolezza delle sue parole, quando ad esempio il suo discorso è più politico che teoalogico, anche se risulta difficile distinguere il politico dal teologico. È la stessa autorevolezza ad essere indebolita quando il Papa improvvisa discorsi o lancia opinioni come qualsiasi opinion maker. Il parlare molto (una tipica svolta del magistero postconciliare?), che non esime dall’errare (cf Pr 10,19). È una caratteristica dell’interloquire dei papi da diversi anni a questa parte. Inizia con interviste televisive, interviste con libri o libri stessi scritti dal Papa e ha un suo momento clou negli incontri ad alta quota con i giornalisti durante i viaggi papali. È proprio necessario che il Papa parli sempre e in situazioni come queste, dove, se si capisce lo scalpore delle breaking news, non si vede però la necessità di esporsi continuamente senza una preparazione adeguata ad essere perfino contraddetto dai fatti? Se poi il Papa non è infallibile ogni volta che parla e se il più delle volte non parla in conformità della fede della Chiesa, non significa per ciò stesso che non è Papa, che la sua elezione non è valida»[2] .
In tal modo Padre Lanzetta sembra alludere a Papa Francesco quando parla di un «Papa obbediente più allo Zeitgeist che a Cristo» osservando che «la Chiesa non può venir meno anche se un Papa remasse contro insegnando dottrine mondane frutto del suo intelletto non illuminato dalla grazia. In quel caso sarebbe la sua fede a vacillare, non la fede di Pietro, dono del Padre», come se nel Papa potessero coesistere simultaneamente una fede vera con una fede falsa.
Occorre esser cauti e prudenti nel parlare di eresia[3]
Una cosa importante, quando si parla di «eresia», è intendersi sul significato del termine. Vi può essere infatti un doppio rischio: o quello di esser troppo facili nell’uso della parola o quello di farne a meno quando sarebbe bene usarlo.
Nel primo caso si dà troppa importanza a quello che può essere un semplice errore filosofico o ad un’opinione errata o a una decisione pratica imprudente o ingiusta. Nel secondo caso si è ostacolati o impediti nel rendersi conto del danno gravissimo che l’anima subisce sottovalutando o addirittura ignorando la falsità dell’eresia prendendo per vero ciò che è falso in materia di fede.
L’eresia nella sua essenza è in fondo una cosa semplice e chiara: è la negazione di una verità di fede. Che tale negazione sia cosciente e voluta oppure inconsapevole e involontaria è un semplice fatto morale accidentale, per cui mentre nel primo caso c’è colpa, nel secondo si resta innocenti.
Per poter giudicare dell’eresia, occorre sapere quali proposizioni sono di fede. Ora è evidente che oggetto della fede sono i misteri divini soprannaturali rivelati da Cristo. Siccome però Cristo ha affidato a Pietro il compito di comunicarci e interpretarci i suoi insegnamenti, ecco che eresia per estensione non sarà solo il rifiuto delle parole del Signore contenute nel Vangelo, ma sarà anche il rifiuto della dottrina ovvero dei dogmi della Chiesa.
A questo proposito dobbiamo fare due osservazioni. La prima. Una proposizione può essere contro una verità di fede o in modo esplicito, immediato e diretto o in modo indiretto, implicito o per conseguenza. Un conto infatti è l’opposizione alle parole chiare e formali del Signore o il rifiuto di un dogma definito dalla Chiesa – eresia esplicita - e un conto è una verità proposta dalla Chiesa come verità di ragione o verità storica, negando la quale si esclude una verità di fede – eresia indiretta o implicita.
Negare le parole del Signore o un dogma definito al sommo grado di autorità del Papa[4] in forma straordinaria e solenne è chiaramente eresia in modo esplicito, formale ed immediato, è peccato contro la fede divina e teologale.
Rifiutare una proposizione nei gradi inferiori di autorità, come quelli propri del magistero ordinario o sostenere una proposizione che sia contro la fede in modo indiretto o implicito vuol dire sostenere una proposizione prossima all’eresia e comunque erronea nella dottrina della Chiesa e contraria alla fede nella Chiesa.
La seconda osservazione è che per formare la nota o l’accusa di eresia bisogna esser certi che quella data proposizione che viene negata è di fede o connessa con la fede. Questa certezza può esser data dal fatto che una data proposizione o entra negli insegnamenti di Cristo stesso nel Vangelo o appartiene al deposito della Tradizione o è uno degli articoli di fede del Credo o è un dogma definito o definibile o è insegnamento ordinario della Chiesa di secondo o terzo grado.
Papa Francesco crea problemi, ma essi si risolvono.
Dobbiamo
guardare al positivo.
Le preoccupazioni di Padre Lanzetta circa gli insegnamenti del Papa sono comprensibili. Da quando Papa Francesco è stato eletto Successore di Pietro, ho seguito quasi quotidianamente i suoi atti e i suoi insegnamenti, nonchè le frequentissime discussioni che sono sorte su come interpretare molti suoi atteggianti e discorsi. Ho letto su di lui commenti e giudizi espressi dai favorevoli e dai contrari.
Papa Francesco piace a luterani, atei, massoni, comunisti, musulmani, buddisti, genderisti. Come mai questo fatto? Perché da una parte li sa avvicinare alla verità, ma putroppo a volte si presta ad essere frainteso. Scandalizza e turba quei cattolici che vogliono rifarsi alla tradizione e non hanno capito il vero valore della riforma del Concilio Vaticano II.
I modernisti lo strumentalizzano interpretandolo a loro uso e consumo. Il Papa esce ogni tanto in espressioni meno felici, improprie, ambigue, imprudenti o a doppio senso. E non sempre chiarisce che cosa voleva dire. Cerchiamo di farlo noi teologi e l’impresa non è sempre facile.
Un Papa eretico? Sì, certe frasi o certe battute stupiscono, lasciano a tutta prima irritati o interdetti, possono sembrare eretiche, ci si domanda se sta scherzando, ma con uno sforzo interpretativo, contestualizzandole, si riesce a interpretarle in senso ortodosso. Una cosa nel Papa è innegabile: la presenza di grandi valori pastorali e dottrinali, di novità storiche inaudite. Ne ho parlato molte volte.
Nessun Papa come lui si era mostrato tanto aperto ai non cristiani, nessuno fino a lui aveva condannato lo gnosticismo, nessuno aveva parlato tanto del demonio, nessuno dell’importanza dell’ecologia, nessuno tanto attento ai problemi dei più poveri e bisognosi, nessuno ha insistito tanto sulla misericordia divina.
Quando il Papa vuol fare sul serio, si nota in lui lo Spirito Santo. Prendiamolo com’è. Ci sono dei temi importanti sui quali tace, senza per questo negarli, come per esempio il tema del primato del cristianesimo rispetto alle altre religioni, quello dei meriti necessari alla salvezza, l’esistenza dei dannati, la distinzione tra fratellanza universale e fratellanza cristiana. Credo che non sarebbe male trattarne, per frenare un certo dilagante buonismo e mostrare che esser cristiani non è un viaggio gratis, ma è una cosa seria.
Approfittiamo comunque del bene che ci fa. Aiutiamolo nel suo difficile compito. Soprassediamo ai suoi difetti, pazientiamo, speriamo, preghiamo per lui e soprattutto vogliamogli bene come a nostro Padre in Cristo.
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 12 febbraio 2025
Il Papa ha il compito di custodire, interpretare, spiegare, trasmettere e difendere i contenuti della Tradizione a tutti gli uomini, in ciò infallibilmente assistito dallo Spirito Santo, affinchè credano in Cristo salvatore. I fedeli imparano dal Papa i contenuti della Tradizione, ma essi a loro volta li conoscono già dal Papa precedente. Succede così che fra Papa e fedeli esiste un duplice rapporto relativamente alla funzione della Tradizione. I suoi contenuti sono ad un tempo oggetto della fede del Papa e della Chiesa.
[1] Super hanc petram.Il Papa e la Chiesa in un’ora drammatica della storia, Edizioni Fiducia,Roma 2022.
[2] Op.cit., p.66.
[3] Mi permetto di segnalare su questo argomento il mio libro La questione dell’eresia oggi, Edizioni Viverein, Monopoli (BA), 2008.
[4] Il CJC nei cann.749-752 presenta tre gradi di autorità dottrinale del Papa, in ognuno dei quali il Papa è infallibile, ma secondo modalità e gradi decrescenti che vanno da un riferimento immediato alla Parola di Dio, ad un riferimento solo implicito e indiretto. Opporsi al primo grado è eresia o peccato contro la fede teologale. Opporsi agli altri due è errore contro la dottrina della Chiesa (II grado) o disobbedienza al magistero (III grado). Le proposizioni di II e III grado, in forza di un chiarimento, possono salire di grado ed essere promosse al primo.
Mi permetta Padre, ma se anche voi dotti siete divisi su Papa Francesco, cosa pensa che possiamo vedere noi piccoli anche senza sentire la discussione? E la Chiesa si é divisa letteralmente (geograficamente) in due a causa sua prima per l'enciclica Amoris Laetitia, poi la benedizione alle coppie omosessuali (abbiamo capito che entrambe le cose bisognerebbe “capirle nel modo giusto”) dopo una serie di episodi goffi e imbarazzanti come corollario. Accortosi del pasticcio che ha combinato, se ci fa caso, Papa Francesco ha cominciato a parlare solamente contro la guerra in generale (e chi non é contro la guerra in generale) quasi per risalire nel gradimento, poi quella in Ucraina ma ha sbagliato anche lì dicendo che una guerra non é mai giusta (non é giusto difendersi? Lui che dice che darebbe un pugno a qualcuno che offenda sua mamma?). Ha esteso il discorso contro l’industria degli armamenti con la solita critica all’industria bellica (giusto lamento, ma fatto alla cieca), proprio nel momento in cui l’Europa è costretta a correre a riarmarsi a scopo difensivo e deterrente. Chi ha letto il suo ultimo libro autobiografico (ma che bisogna c’era?) dice che vi scrive ammettendo di aver fatto molti errori quando, troppo giovane, era a capo dei Gesuiti in Argentina. Insomma, il quadro è completo. Viene da chiedersi se l’errore non sia stato quello di nominarlo a cariche così importanti fino a quella di oggi. Evidentemente, però, tutto viene da Dio ed il suo disegno ci sarà chiaro un giorno.
RispondiEliminaCaro Alessandro,
Eliminacirca i difetti di Papa Francesco potrei essere d’accordo anch’io. Ma che cosa ci ricaviamo da questo semplice elenco dei suoi limiti umani veri o presunti? Il grave rischio è quello di non tenere conto che Papa Francesco è in fin dei conti la nostra guida verso il regno di Dio.
Quindi se vogliamo curare gli interessi della nostra anima, è a questa funzione del Papa che dobbiamo guardare. Non dico che si debbano ignorare i suoi difetti, ma non bisogna metterli in primo piano, come fa lei, dimenticando il valore determinante del servizio che egli svolge a favore della nostra salvezza.
Mi pare che il Lanzetta però adombri la possibilità del 'papa eretico' ma non la ravvisi nel presente, o meglio non la ritenga esplicitata. Motivo per cui è distante da sedevacantisti, rinunce invalide , difetti di consenso (Viganò) ecc. che imperversano da svariati anni.
RispondiEliminaAll’Università di Lugano si addottorò in teologia sotto la direzione di Manfred Hauke
Beh , non credo che ciò possa deporre a sfavore (forse è un demerito per i medjugorjani..) soprattutto tenendo conto che nel frattempo il pontificato si è addottorato al Fernandez
Caro Angheran,
Eliminacome mi pare di avere chiarito nel mio articolo, Padre Lanzetta non accusa formalmente il Papa di eresia, ma se noi leggiamo attentamente quello che dice, si capisce bene che egli lo accusa di questo.
Per quanto riguarda la sua tesi con Hauke, il suo grave difetto è che Lanzetta in questa tesi sostiene che il Concilio fu solo pastorale. È la solita tesi dei filolefevriani, i quali, per poter criticare le dottrine del Concilio, sostengono che il Concilio, per avallare la sua tesi modernista avrebbe fatto passare per pastorali delle tesi dottrinali.
Senonché Benedetto XVI ha detto con tutta chiarezza che il Concilio non è stato solo pastorale, ma anche dottrinale, per cui non è consentito respingere come moderniste le sue dottrine.
Caro Padre Giovanni,
RispondiEliminadesidero sottoporre alla sua attenzione il caso di Papa Liberio (morto nel 366), regnante all’epoca della massima espansione dell’eresia ariana.
Lo storico bizantino Filostorgio riporta che Papa Liberio potè tornare dall’esilio impostogli dall’imperatore Costanzo II e reinsediarsi a Roma solamente quando, sulla consustanzialità del Padre e del Figlio, acconsentì a sottoscrivere una formula di compromesso, elaborata dopo l'estate del 357 dai vescovi di corte. Ora qualunque possa esser stata tale formula, non essendo la piena accettazione della consustanzialità ma un compromesso, possiamo ritenerla eretica.
Del resto un dottore della Chiesa come San Girolamo, che pure nei suoi scritti ripete spesso la frase “Dio ha fondato la Chiesa su Pietro” (Ep. 41,2), non esita nella sua Cronaca, ad affermare che Liberio "vinto dalla noia dell'esilio, dopo aver sottoscritto l'eresia rientrò a Roma in trionfo".
E anche altri due santi dottori della Chiesa affermarono che Liberio era caduto in eresia: sant’Atanasio, che scrisse: "Liberio, dopo essere stato esiliato, tornò dopo due anni, e, per paura della morte con la quale fu minacciato, firmò" (Hist. Ar., XLI); e sant’Ilario di Poitiers, che in un'opera del 360, scrisse: "Io non so quale sia stata l'empietà più grande, se il suo esilio o la sua restaurazione" (Contra Const., II).
Ora, mi sembra difficile sostenere che ben tre santi dottori della Chiesa, contemporanei a Papa Liberio, si siano lasciati andare ad un accusa così grave nei riguardi del pontefice, se non ne fossero stati certi. Tra l’altro, Papa Liberio sarà il primo papa che, a differenza di tutti i suoi predecessori, non verrà beatificato.
E poi mi chiedo: affermare che, occasionalmente, ovvero in un singolo specifico pronunciamento (eccetto il massimo grado magisteriale), un papa possa essere caduto in eresia, non significa dire che quel papa sia eretico “in toto”, ovvero ostinatamente eretico, e questa tesi peraltro è stata sostenuta da san Roberto Bellarmino e dal teologo Francisco Suarez.
Caro Bruno, per quanto riguarda la vicenda di Papa Liberio noi non possediamo il documento, che Papa Liberio firmò. La protesta di San Girolamo, Sant’Atanasio e Sant’Ilario non ci consente di far chiarezza e quand’anche lo avessero accusato di eresia, con tutto il rispetto per questi santi, non siamo giustificati a ritenere con certezza che il Papa sia stato veramente eretico, perché non possediamo il documento in base al quale quei santi lo hanno accusato.
EliminaPer quanto riguarda l’eventualità del Papa eretico, lo so che molti autorevoli canonisti e anche teologi hanno sostenuto questa possibilità, ma la Chiesa non ha mai approvato questa ipotesi. Ed inoltre dobbiamo ricordare il can. 1404 del CIC, che dice che il Sommo Pontefice non può essere giudicato da nessuno.
Penso che il canone 1404 del CDC “Prima Sedes a nemine iudicatur” proibisca che il Romano Pontefice possa essere convocato in giudizio, ovvero come parte convenuta (giudizio contenzioso ordinario) o come parte accusata (imputato; in un giudizio penale) o come parte resistente (in un giudizio amministrativo), cioé, in ultima analisi, possa essere sottoposto a un qualsivoglia tribunale ecclesiastico o non, pure se tutti i membri del Collegio cardinalizio, all’unanimità, fossero convinti che il Papa avesse errato su un punto dottrinale. E questo è pacifico, dal momento che nostro Signore non ha indicato nessun altra autorità umana che possa sottomettere a giudizio la persona del successore di Pietro.
EliminaMa questo non significa che il canone 1404 del CDC proibisca di poter formulare un giudizio, nel significato comune del verbo giudicare (quindi non di sottoporre al giudizio di un tribunale) singole affermazioni del Pontefice.
Del resto, come sarebbe stata possibile la correzione fraterna di san Paolo nei riguardi di san Pietro, se il primo non avesse giudicato certe parole, certe prese di posizione del secondo? Per poter scrivere:
«... mi opposi a lui [Pietro] a viso aperto perché aveva torto » (Gal 2,11), san Paolo non poteva, su quella specifica questione, limitarsi a sottomettersi all’autorità magisteriale del Papa, altrimenti avrebbe dovuto tacere...
Invece san Paolo, certamente facendo tesoro della propria personale ispirazione divina nonché del dono della ragione, ha dovuto sottoporre determinate affermazioni / posizioni del Papa a qualcosa che non poteva che essere “superiore” al Papa stesso, ovvero ai Vangeli illuminati dalla Tradizione apostolica, ovvero alla Chiesa.
E il primo Pontefice ha accettato la correzione, potremmo dire... della Chiesa nella persona di san Paolo. In questo senso penso si possa accogliere l’affermazione di Padre Serafino per cui “la fede del Papa è regolata dalla fede della Chiesa”.
Caro Bruno,
Eliminail rimprovero fatto da San Paolo a San Pietro non fu di carattere dottrinale, ma di carattere morale, ossia Paolo volle richiamare San Pietro ad un atteggiamento di lealtà e di coraggio, perché considerò ipocrita il suo comportamento in occasione della questione dei cibi proibiti.
Dal punto di vista dottrinale Paolo ci dà esempio di perfetta soggezione a Pietro.
Per quanto riguarda invece la posizione di Padre Serafino, essa non può affatto essere paragonata a quel rimprovero fatto da Paolo a Pietro, perché Padre Serafino pretende di poter accusare il Papa di essersi costruito una sua fede soggettiva in disaccordo con la vera fede della Chiesa.
Ora, l’ipotesi di Padre Serafino dimostra di non capire che è il Papa e non la Chiesa in ultima istanza a stabilire qual è la vera fede.
Padre Giovanni, lei ha scritto:
RispondiElimina“In realtà la fede del Papa non è regolata dalla fede della Chiesa, ma è l’inverso. È la fede della Chiesa che è regolata dalla fede del Papa”.
Non si può però non rilevare che nel Symbolum apostolorum, è scritto:
“Credo in [...] sanctam Ecclesiam Catholicam”,
e nel Symbolum Nicaenum Costantinopolitanum frutto dei primi due concili ecumenici (325 e 381), si afferma:
“Credo [... ] Et unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam.”
Dunque, sin dalle antiche formulazioni del Credo, della professione di fede cattolica, la Chiesa, ispirata dallo Spirito Santo, non ha ritenuto enfatizzare il ruolo di Pietro “prima”, per così dire... di quello della Chiesa: in definitiva noi preghiamo e professiamo “credo nella Chiesa” e non “credo nel Papa”.
Il primo capitolo della Lumen Gentium si intitola “Il mistero della Chiesa”. Commenta il cardinale Robert Sarah:
“è mistero perché il suo Fondatore non è Pietro – un uomo – bensì Gesù Cristo, l’Uomo-Dio. Gesù ha fondato la Chiesa sugli Apostoli, in particolare sulla roccia, su Pietro. Ma il fondatore è Lui, Cristo. La Chiesa, dunque, non appartiene a Pietro. [...] La Chiesa è di Cristo” (R. Sarah, G.L. Muller, Credo la Chiesa, Cantagalli, 2017).
Caro Bruno, quando nel Credo noi parliamo della Chiesa, ci riferiamo alla Chiesa come mistero di fede. È chiaro che la Chiesa è infallibile nel credere e quindi in tal senso si può e si deve parlare di una fede della Chiesa che si esprime appunto nella dottrina della Chiesa. Senonché però bisogna ricordare che Cristo ha ordinato a Pietro di confermare i fratelli nella fede. In questo senso il Papa è la guida della Chiesa nella fede, per cui la Chiesa è sì infallibile nel credere, ma in quanto guidata dal Papa.
EliminaGli articoli del Credo non sono tutti gli articoli della fede, ma sono solo i principali. L’autorità del Papa nel Credo è sottintesa quando noi esprimiamo la nostra fede nella Chiesa come guida nella verità e come mistero di fede.
È chiaro che la Chiesa non è una comunità che appartenga al Papa così come una famiglia appartiene al capofamiglia dal momento che il Papa stesso, come semplice fedele, è membro della Chiesa e sottomesso alla dottrina della Chiesa. Tuttavia il Papa a sua volta ha avuto da Cristo l’incarico di guidare la Chiesa sia nella dottrina come nella disciplina. Ciò non toglie quello cha ha detto il Card. Sarah, anzi diciamo che lo conferma in quanto il Papa è guida della Chiesa appunto in quanto Vicario di Cristo.
Per questo il Papa non può fare della Chiesa tutto quello che vuole, ma è tenuto a fare solo la volontà di Dio. Invece nel campo della dottrina il Papa gode di una tale assistenza che gli consente di non cadere mai in errore.
Caro Padre, l’errore di Papa Francesco è quello descritto dal suo confratello Padre Bellon (che mi permetto di tirare in causa inconsapevolmente) che riporto:
RispondiElimina“ Quando viene detto: “Dio perdona tutti, tutti, tutti” è sottinteso che Dio è sempre aperto al perdono. Infatti Dio è amore. Il suo amore divino raggiunge tutti i cuori e li spinge al pentimento e a ricevere il perdono. Ma se il cuore rimane chiuso, il perdono di Dio non vi entra.
Per questo Gesù ha detto: “Neanche il Padre vostro perdonerà i vostri peccati” (Mt 6,5).
DIRE SEMPLICEMENTE CHE DIO PERDONA TUTTI, TUTTI, TUTTI È AMBIGUO E PUÒ TRARRE MOLTI IN INGANNO, PENSANDO CHE DIO PERDONA ANCHE SE NON CI SI PENTE E NON CI SI CONVERTE.” (la sottolineatura è la mia).
E’ questa ambiguità pubblica di Papa Francesco che fa scandalo. Non capisco perché sarebbe sbagliato non mostrarla ugualmente pubblicamente. Gli episodi sono molti. Così, d’accordo, Papa Francesco non è eretico ma induce all’errore lo stesso. Prova ne è che molte coppie omosessuali hanno capito di poter ricevere la benedizione, cioè l’avvallo della Chiesa, per la loro unione senza ravvedimento a cambiare strada.
Un altro episodio. Papa Francesco dicendo in TV che SPERA l’inferno vuoto, è già fuori strada come pastore del gregge. Non è una frase da poco, scusi. Induce all’errore invece che chiarire come stanno le cose. La piccola Giacinta non sapeva nemmeno cosa fosse l’inferno però l’ha visto ed è stato descritto in seguito da Lucia. Come fa, mi chiedo, Papa Francesco, ad andare a Fatima se vi crede solo a modo suo? Lo fa per “dovere” e basta?
In conclusione Padre, Lei ha ragione dicendo che un Papa non può essere eretico, ma hanno ragione anche coloro si oppongono contro queste uscite di Papa Francesco che non chiarisce, non conferma nella fede i piccoli. Per un Papa non è una cosa accettabile. Mi scusi anche Papa Francesco per la mia franchezza (non lo dico senza dolore).
Caro Anonimo,
Eliminaormai questi difetti del Papa li conosciamo tutti. Soltanto i furbi e i lassisti li utilizzano a loro vantaggio per giustificare la loro rilassatezza. Per questo io, se fossi in lei, non mi fermerei più su queste cose, ma è meglio considerare la situazione presente del Santo Padre.
D’altra parte io ho notato che, in questi poco più di dieci anni di Pontificato, egli su alcuni punti si è corretto; ma, benchè sia Papa, resta pur sempre un uomo peccatore e di ciò egli ha consapevolezza, della quale ha dato chiara testimonianza chiedendoci tante volte di pregare per lui.
D’altra parte, se noi ci lasciamo turbare da queste cose, rischiamo di diminuire la nostra stima per lui come guida per la nostra salvezza, il che evidentemente sarebbe tutto a danno nostro.
Aggiungo inoltre una cosa che io ho sempre fatto e che secondo me fa bene e cioè uno sforzo continuo di interpretare in bene certe sue frasi ambigue o a doppio senso, inserendole nel contesto.
Io credo inoltre che in questo momento la cosa migliore è che egli si prepari bene a presentarsi davanti al tribunale di Cristo. Per quanto riguarda noi, è bene chiudere con questi discorsi e pregare per lui.
Caro Padre Giovanni,
RispondiEliminasempre sul tema dell’infallibilità, nel suo recente articolo: https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/le-dichiarazioni-del-dicastero-per-la.html
riscontro il seguente punto problematico.
Infatti lei prima dice:
“Qualunque Vescovo o qualunque Chiesa locale possono cadere nell’eresia. Il Vescovo di Roma non può mai sbagliare nel dirci qual è il vero Vangelo e che cosa Cristo ha veramente insegnato.”
Ma poi conclude:
“La Chiesa è infallibile nell’interpretazione del dato rivelato, ma l’esegesi biblica è una semplice fallibile scienza umana, dove anche un Papa può sbagliare”.
Mi perdoni ma verrebbe da obiettare: ma se il Papa può sbagliare nell’esegesi biblica, quindi anche nell’esegesi dei Vangeli, come è possibile che, contemporanemente “non può mai sbagliare nel dirci qual è il vero Vangelo”?
Caro Bruno,
Eliminabisogna distinguere l’esegesi biblica, che è una semplice scienza umana affidata ai biblisti, dalla interpretazione del dato rivelato fatta dal Magistero della Chiesa. L’esegesi biblica è una interpretazione del testo biblico fatta con gli strumenti ermeneutici che sono propri di un dato periodo storico e che col progresso della scienza sono in continuo miglioramento con la conseguenza che, a causa di questo miglioramento, gli esegeti cambino una interpretazione perché si accorgono di avere sbagliato. Il campo proprio dell’esegesi non sono tanto i dati di fede, quanto piuttosto i modi espressivi con i quali ci vengono comunicati i dati di fede. Invece la competenza del Magistero riguarda gli stessi dati di fede.
Faccio due esempi. Il primo, del quale ho parlato a lungo, è il famoso sacrificio di Abramo, dove a tutta prima sembra che Dio avesse veramente ordinato ad Abramo di uccidere il figlio. Ma l’esegesi moderna si è accorta che in realtà fu Abramo a credere in buona fede questa cosa, tanto è vero che la vera volontà di Dio si manifesta attraverso l’angelo che gli proibisce di uccidere.
Secondo esempio può essere il famoso miracolo del sole nel Libro di Giosuè. Fu Galileo ad accorgersi che il sole gira attorno alla terra e non viceversa.
Ora, per quanto riguarda il pensiero dei Papi dobbiamo tenere presente che anche loro condividono il modo di fare esegesi proprio del loro tempo. Questa attività non li impegna nel loro ministero infallibile, come interpreti del dato rivelato, che è quella materia di fede o prossima alla fede circa la quale il Papa, come Successore di Pietro, ci è Maestro infallibile a tutti i livelli della sua autorità.
Che cos’è invece l’esegesi? Certamente anch’essa è interpretazione del dato rivelato, non però in quanto tale, ma in quanto è mediato da una certa forma espressiva che occorre ben conoscere per distinguere questa forma espressiva, di per sé mutevole, dalle verità di fede, che essa ci vuole mediare.
Come ho detto l’esegesi è una scienza umana come tale dove chiunque è fallibile, anche il Papa che faccia esegesi.
Faccio un nuovo esempio: quello dell’inferiorità della donna rispetto all’uomo. È una tesi frequente dell’Antico Testamento connessa col castigo conseguente al peccato originale. Fino all’epoca di Pio XII gli esegeti hanno creduto che questa inferiorità fosse un dato naturale. Ma l’approfondimento della dignità della donna, secondo la rivelazione, all’epoca di Pio XII portò gli esegeti alla chiara consapevolezza della pari dignità dell’uomo e della donna.
Fino a Pio XII la Chiesa non si era mai pronunciata sulla tesi della inferiorità della donna, ma quando intervenne con Pio XII affermò la parità di dignità. Qui abbiamo un chiaro esempio di come l’esegesi sia fallibile, mentre l’interpretazione pontificia del dato rivelato è infallibile.
Leggendo il capitolo 21 del Vangelo di Giovanni, ci imbattiamo nel comando di nostro Signore a Pietro affinché si occupi dei figli di Dio, confermandoli nella fede. Tale esortazione si avvale della celeberrima metafora del pastore chiamato a pascere le sue pecore:
RispondiElimina« [...] Gli disse “Pasci i miei agnelli”. [...] Gli disse “Pascola le mie pecore”. [...] Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecore” » (Gv 21, 15-17).
Per tre volte, Gesù ripete lo stesso comando. È lecito chiedersi: perché? Perché tre volte?
Certamente la triplice investitura di guidare il popolo di Dio, che dà seguito alla triplice domanda e risposta sull’amore di Pietro per Gesù, richiama il triplice rinnegamento di Pietro.
La Bibbia di Gerusalemme ci dice inoltre che la triplice ripetizione era tipica, in ambiente semitico, per sancire, solennizzare un impegno, un contratto.
Ma queste interpretazioni sulla triplicità del comando, possiamo considerarle del tutto esaustive?
O forse è possibile che il Signore, con quella Sua insistenza, abbia voluto comunicarci anche dell’altro?
Se, in base alla promessa della divina assistenza, che diverrà dogma di infallibilità, Pietro (e i suoi successori) non potranno mai sbagliare nel confermare nella fede il popolo di Dio, che bisogno c’era di ribadire per ben tre volte tale mandato, il cui adempimento non dipende dalla volontà dell’uomo, ma è garantito da Dio stesso?
E se invece, con quella divina, premurosa triplice ripetizione della medesima esortazione a Pietro, il Signore ci abbia voluto anche comunicare che... non sarà sempre scontato che Pietro riesca ad ottemperarlo? E che siamo chiamati, i vescovi in primis, a vigilare?
Escludo comunque da questa ipotesi interpretativa, le definizioni solenni del massimo grado magisteriale.
Caro Brano,
Eliminabisogna tenere presente che Dio nella sua bontà e nella sua potenza può muovere la volontà dell’uomo non solo impedendo la libertà dell’atto, ma proprio causando la libertà di questo atto.
Ora, quando Cristo istituisce Pietro come suo Vicario per confermare i fratelli nella fede ci dimostra di assistere Pietro come Maestro della fede in modo tale che, quando si tratta di una questione di fede, Cristo muove la volontà del Papa a pronunciarsi in favore della verità.
Questo atto del Papa resta sempre un suo atto libero e meritorio, che tuttavia è mosso dalla volontà divina e per questo la volontà del Papa, se Dio la muove, non può mai disobbedire a Dio, per cui il Papa è infallibile nell’insegnarci la verità di fede. Questo è il carisma proprio del ministero petrino.
Per cui bisogna dire che non sono i Vescovi a vigilare sul Papa, ma è il Papa che deve vigilare sui Vescovi, per cui un appunto che si può fare a un Papa è quello di non essere pienamente fedele a questo suo dovere.
Per dire tutto in una parola: il Papa è infallibile nella dottrina a tutti i livelli di autorità e può peccare nella morale o pastorale.
Caro Padre Giovanni,
RispondiEliminale chiedo cortesemente di commentare le seguenti affermazioni tratte da “Credo. Compendio della fede cattolica” (2023, Fede & Cultura), scritto dal vescovo Athanasius Schneider:
« I, 659. Quali insegnamenti del magistero esigono solamente di conformarvisi con ossequio religioso (obsequium religiosum)?
Tutti gli atti del cosiddetto magistero autentico o, semplicemente, ordinario, quotidiano del Papa, nonché tutti gli insegnamenti non definitivi o pastorali dei concili ecclesiastici. Quand’anche insegnamenti di questo livello abbiano una dimensione universale, essi rimangono non definitivi e riformabili, quando manchi l’intenzione esplicita di definire qualcosa in modo infallibile o proporlo come insegnamento definitivo.
I, 660. Insegnamenti o comandi non infallibili e non definitivi di un Papa o di un concilio possono essere successivamente riformulati per maggiore chiarezza, o addirittura corretti?
Sì. Tali insegnamenti possono essere riformati in seguito da un atto infallibile del magistero. Comandi emessi su base prudenziale, come la raccomandazione di una crociata emessa dal IV Concilio Laterano o il comando per gli ebrei in territori cattolici di indossare un abbigliamento distintivo, possono essere corretti con un cambiamento delle leggi o dal rifiuto di attuare tali misure. [...]
I, 672. Il Papa è infallibile, ossia non suscettibile di insegnare errori?
Il Papa, nell’ambito del suo ministero quotidiano, che normalmente non è infallibile è assistito da molteplici grazie nella sua opera di insegnamento della verità di Cristo. Quando invece insegna ex cathedra (dal trono), egli esercita il carisma dell’infallibilità della Chiesa ed è preservato immune dall’errore in quell’insegnamento (Cfr. Concilio Vaticano I, Dei Filius e Pastor Aeternus).
Caro Bruno,
Eliminain riferimento al testo di Schneider I,659, faccio presente secondo la Nota esplicativa della CDF all’Ad Tuendam Fidem*, il Papa esprime la sua intenzione di definire in materia di fede solo al massimo grado della sua autorità, cioè quando il Papa solennemente definisce un nuovo dogma, ma la Nota elenca altri due gradi inferiori di autorità, nei quali, sebbene il Papa non dica di voler definire o di insegnare qualcosa di definitivo, tuttavia trattandosi di materia di fede insegna la verità e non può sbagliare.
Questa dottrina è confermata dai Cann. 749 – 752 del CIC.
* https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_1998_professio-fidei_it.html
Riguardo al testo I,660, bisogna sempre distinguere la dottrina dalla pastorale. In campo dottrinale la dichiarazione Donum Veritatis della CDF del 1990* dice che il Magistero può emettere documenti riformabili o rivedibili in materia contingente.
EliminaInvece, quando si tratta di materia di fede o prossima alla fede la Nota della CDF del 1998** insegna che a tutti e tre gradi di autorità, trattandosi sempre di materia di fede, il Papa non può sbagliare, anche se non dichiara di voler definire o di dire qualcosa di definitivo.
Viceversa, quando un Papa o un Concilio entrano in materia canonica o pastorale o liturgica o disciplinare, non sono garantiti dall’infallibilità come Mons. Schneider giustamente rileva e come del resto la storia del Papato ce lo dimostra con molti esempi.
* https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19900524_theologian-vocation_it.html
** https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_1998_professio-fidei_it.html
Riguardo al testo I,672, ho già più volte detto nei miei scritti* che il cosiddetto insegnamento ex cathedra significa semplicemente “dalla cattedra di Pietro” ossia il Papa in quanto Successore di Pietro.
EliminaOra il Concilio Vaticano I, quando parla di questo insegnamento ex cathedra si riferisce solamente al I Grado di autorità dottrinale del Papa, cioè quando intende esplicitamente definire in materia di fede.
Infatti l’Ad Tuendam Fidem e la Nota della CDF ci insegnano che esistono tre gradi di autorità dottrinale del Papa, il che è come dire che il Papa può insegnare ex cathedra secondo tre gradi, in ognuno dei quali, trattandosi di materia di fede, ci insegna sempre la verità.
* Per quanto riguarda il concetto di “ex cathedra” rimando a questo mio articolo: https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/i-gradi-di-autorita-del-magistero.html
Proseguo dal testo di S.E. Mons. Schneider:
RispondiEliminaI, 678. Che cosa dire di quei Papi che in passato hanno insegnato errori?
Nessun Papa ha mai insegnato, né potrà mai insegnare, un errore con pronunciamento ex cathedra. Tuttavia, come ogni vescovo, un Papa può opporre resistenza alla Grazia del suo ufficio e insegnare errori dottrinali nelle sue asserzioni quotidiane, ordinarie e non definitive, ossia al di fuori di pronunciamenti ex cathedra.
I, 679. Vi sono stati casi nella storia di Papi che hanno insegnato o promosso errori dottrinali?
Sì. Benché tali casi siano stati molto rari, essi includono Onorio I, che ha scritto lettere contenenti affermazioni erronee riguardo alle due volontà di Gesù Cristo e che, dopo la sua morte, è stato condannato come eretico dal III Concilio di Costantinopoli. Inoltre Papa Giovanni XXII ha insegnato che la Visione beatifica di Dio è assicurata ai santi solo dopo il Giudizio finale, venendo ampiamente condannato da teologi al di fuori della corte papale prima di ricusare il proprio errore in punto di morte; la sua posizione è stata corretta postuma dal suo successore, Benedetto XII. Ai nostri giorni, Papa Francesco ha firmato pubblicamente un documento che afferma: “Il pluralismo e la diversità di religione, di colore, di sesso , di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani” (Doc. sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, 4/02/2019). Egli ha inoltre insegnato che la pena di morte “è di per sé contraria al Vangelo” (Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione (11/10/2017)).
I, 684. Perché Cristo, invece di rendere un Papa sempre infallibile, lo ha reso infallibile solo in circostanze chiaramente determinate?
Per evitare che i cristiani divinizzassero il Papa e gli tributassero la medesima fede e obbedienza che si deve solo all’Uomo-Dio Gesù Cristo, che è “capo su tutte le cose” (Ef 1,22) ».
Riguardo al testo I,678, sembra che Mons. Schneider con il cosiddetto insegnamento “ex cathedra” intenda riferirsi solo al I grado dell’autorità dottrinale del Papa, ma, come ho già detto e ripetuto, “ex cathedra” vuol dire semplicemente il Papa come Maestro della Fede a tutti e tre i gradi della sua autorità dottrinale.
EliminaSembra invece che Mons. Schneider ammetta che il Papa possa sbagliarsi quando tratta di materia di fede in via ordinaria e senza voler definire, cioè nei due gradi inferiori della sua autorità, il che contrasta con quanto è spiegato nella Nota dottrinale della CDF alla Ad Tuendam Fidem del 1998.
Riguardo al testo I,679.
EliminaCome si sa Papa San Leone II nel 682 risolse la questione su Papa Onorio dicendo che “non spense la fiamma del dogma eretico sul nascere come conviene all’autorità apostolica, ma con la sua negligenza la aumentò” (Denz. 560).
Per quanto riguarda Papa Giovanni XXII, egli si espresse come dottore privato e poi in punto di morte si pentì, mostrando in quel momento la sua vera autorità pontificia. La questione era così seria che il Papa successivo, Benedetto XII, ritenne suo dovere definire dogmaticamente la dottrina della visione beatifica che avviene subito dopo la morte.
Per quanto riguarda il giudizio favorevole di Papa Francesco nei confronti della pluralità delle religioni, esso non entra nel merito dell’opposizione tra il vero e il falso, perché da questo punto di vista è chiaro che l’unica religione totalmente vera è quella cristiana.
Invece il Papa si riferisce a quella diversità di aspetti, che si pone sul piano del bene e del vero e che tocca diversi valori, come il modo di pregare, di fare i sacrifici, la spiritualità, la letteratura e l’arte sacra. Qui noi siamo davanti ad una grande ricchezza di valori e alla possibilità di scambi culturali reciproci.
Riguardo al testo I,684.
EliminaNell’insieme del discorso sono d’accordo. La cosa che vorrei evidenziare è che il Papa non è sempre infallibile quando non esercita la sua autorità dottrinale e parla o come dottore privato o come semplice pastore.
Però vorrei ribadire, come ho già detto più volte, che egli non sbaglia mai non solo al I grado, ma anche al II e al III grado di autorità, secondo quanto è detto nella Nota della CDF alla Ad Tuendam Fidem.
Padre Giovanni, ho letto con grande interesse questo suo articolo, come leggo sempre tutto quello che scrivi, o almeno quello che io ho raggiunto ad accedere da lei (per fortuna ho ottenuto alcuni suoi libri, anche se purtroppo non tutti).
RispondiEliminaLei sa che io lo considero uno dei miei primi maestri, se non il primo, e sono d'accordo in un 99 per cento tutte le sue espressioni, anche quelle che sono meramente opinabili, e questo è per me consolazione e gioia, perché vedendo che acconsento anche a quello opinabile, è per me un segno che la mia fede e la mia intelligenza della fede devono essere ben ordinate, coincidendo con una persona dotta e santa come lei.
Tutto questo non toglie che io mantenga una differenza con lei su un punto. E voi già lo sapete perché ve l'ho già espresso. E lo ridico qui, perché questo articolo lo merita.
Si tratta della decisione pastorale di Benedetto XVI con il Summorum Pontificum, che a lei sembra giusta e a me sbagliata.
In questo articolo, Lei riconosce di aver avvertito nei Francescani dell'Immacolata un disordinato e riprovevole attaccamento al Vetus Ordo e nel Padre Lanzetta, inoltre, un rifiuto del Concilio Vaticano II. Entrambi i rifiuti sono logicamente collegati, perché il Novus Ordo Missae è venuto proprio per riformare, correggere, migliorare e sostituire le vecchie modalità del Rito Romano, per renderlo adatto non solo al mondo di oggi, ma anche adeguato alla nuova intelligenza che la Chiesa ha ottenuto dalla fede, da cinque secoli o più.
Capisco che i gruppi di fedeli cattolici passatisti, a modo di graduale guarigione della loro malattia spirituale, possono essere autorizzati di tanto in tanto, diciamolo così, una visita al museo, e la celebrazione sporadica di qualche Messa vetus ordo... ¡ Ma non di domenica e tutte le domeniche! Perché allora sorge inevitabilmente quello che viene allegato: il passatismo, il indietrismo, cioè il rifiuto del Concilio Vaticano II.
A Santiago del Cile è stata ristabilita la Messa domenicale secondo il Messale del 1962 in una cappella... Temo che per alcuni... la malattia del Papa sia occasione per ritornare ai vecchi modi...
Caro Ross,
Eliminaquando Benedetto XVI ampliò il permesso della celebrazione del VO, la cosa mi parve positiva nel senso che mostrava nel Papa sia il rispetto per questo antico Rito, che per le esigenze spirituali dei tradizionalisti.
Ma il mio non fu un giudizio positivo senza riserve, perché in più di una occasione ebbi modo di esprimere la mia opinione che fosse una liberalizzazione eccessiva, dettata da una eccessiva fiducia nei filolefevriani, i quali purtroppo ne hanno approfittato in modo sleale e hanno strumentalizzato il permesso del Papa per insistere nella loro opposizione alla riforma conciliare.
A questo punto Papa Francesco, accortosi della manovra disonesta, è intervenuto con severità, a mio giudizio forse anche eccessiva.
Ad ogni modo ha fatto bene il Papa a convocare tutti i cattolici attorno all’attuale Rito Romano, che è segno eminente di unità spirituale e di comunione ecclesiale.