20 giugno, 2025

Il serpente mi ha ingannata. La questione dell’errore in metafisica - Prima Parte (1/2)

 

Il serpente mi ha ingannata

La questione dell’errore in metafisica

Prima Parte (1/2)

 Un caso paradigmatico

Secondo il racconto biblico, quando Eva cerca di giustificarsi davanti a Dio per il peccato commesso, dice: «il serpente mi ha ingannata». È vero che l’ha ingannata, ma lei si è lasciata ingannare. E per questo viene punita. Certamente questo episodio chiave di tutta la storia dell’umanità suscita in noi alcune riflessioni e alcune domande.

È innanzitutto sorprendente la grandissima responsabilità di Eva, la quale, perfettamente consapevole della gravità destinale del comando divino e del tutto libera da quella spinta al peccato che sarebbe stata la conseguenza in noi del peccato della coppia primitiva, muta la sua volontà da buona a cattiva dando ascolto al demonio. Non sapeva che era il demonio? Come mai ha preferito credere a lui piuttosto che a Dio?

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Il racconto biblico narra che il demonio avvicinò anzitutto la donna. Per quale motivo? La donna è più suggestionabile? È più capace di contattare gli angeli? Qui è difficile distinguere ciò che è rivelazione da quanto dipende dalla mentalità dell’agiografo. Oggi sappiamo con certezza che uomo e donna sono di pari dignità nell’intelletto e nella volontà, nella coscienza e nella responsabilità.

La questione che ci poniamo qui è quella di sapere se è possibile sbagliarsi in buona fede, ossia senza volere, in metafisica e nel giudizio morale. Gli errori in metafisica sono sempre colpevoli o possono essere scusati? È possibile in metafisica o nell’agire morale confondere la certezza oggettiva con quella soggettiva? Pare di sì, altrimenti come potremmo commettere un’azione oggettivamente cattiva, ma scusabile perché soggettivamente ritenuta o creduta buona e quindi commessa in buona fede?

Col termine allucinazione intendo non solo quel fenomeno psicopatologico per il quale il malato di mente a causa di un disturbo della sensibilità o dell’immaginazione o delle funzioni cerebrali crede di vedere o sentire ciò che in realtà non esiste, ma in generale intendo il fatto di prendere per vero e reale ciò che non esiste, lo scambiare il sentito o l’immaginario o la rappresentazione o l’ideale col reale. Questo scambio può essere involontario o volontario. 

 Immagine da Internet: illusione ottica, Fata Morgana

19 giugno, 2025

Buonaiuti e Lefebvre - Uno scambio di idee tra me e Americo Mascarucci

 

Buonaiuti e Lefebvre

Uno scambio di idee tra me e Americo Mascarucci

 

Caro padre Cavalcoli, penso che il tentativo di Luigino Bruni e di Avvenire di riabilitare Ernesto Buonaiuti e con lui il modernismo, prendendo nettamente le distanze dalla Chiesa pre conciliare, quella che da San Pio X a Pio XII ha ribadito la condanna contro i modernisti colpendo duramente Buonaiuti rischi di apparire un'operazione che oserei definire "zoppa".

Su un punto possiamo essere d'accordo; verso il sacerdote modernista fu calcata troppo la mano e la Chiesa di inizio Novecento nel condannare il modernismo non comprese l'esigenza di modernità, sbagliando nel non voler percorrere strade in grado di raccogliere e tradurre le istanze di rinnovamento mantenendo fedeltà alla tradizione. 

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Quindi, in sostanza, che cosa chiediamo? Un mondo cattolico che comporti una sintesi di tradizione e progresso, senza fughe a destra o a sinistra, cioè senza eresie di segno opposto, ma che viva sereno entro i confini dell’ortodossia, con la libertà di ciascuno di scegliere un orientamento o di progresso o di tradizione, i quali in tal caso non costituirebbero alcun pericolo per l’unità, per la pace e per la fraternità, ma anzi costituirebbero un motivo di crescita nella Chiesa nella verità.

Per fare un paragone molto semplice, pensiamo all’autostrada: l’importante è non andare fuori strada, se poi l’automobilista preferisce stare un po’ più a destra o un po’ più a sinistra, se ciò non disturba gli altri automobilisti, è liberissimo di farlo.

Immagine da Internet

18 giugno, 2025

Maschio e femmina li creò. Il mistero dell’unione dell’uomo con la donna - Terza Parte (3/3)

 

Maschio e femmina li creò

Il mistero dell’unione dell’uomo con la donna

Terza Parte (3/3)

 

Essenza della sessualità umana

Una caratteristica del vivente a differenza del non vivente è il fatto di esercire attività che non sono solo proiettate all’esterno per influire su altri corpi, ma sono indirizzate anzitutto alla conservazione, affermazione, difesa e riproduzione della propria specie e allo sviluppo quantitativo e qualitativo dell’individuo fino a raggiungere le dimensioni proprie della propria specie.

Il vivente possiede inoltre una vita di relazione fra gl’individui della stessa specie, che è assente nel mondo inanimato. I ciottoli del torrente sono fatti del medesimo tipo di roccia. Certamente stanno assieme, ma non esiste tra di loro alcuna relazione reciproca, che esprima la comunione fra due individui finalizzata alla produzione di nuovi individui di quel tipo di roccia, come avviene già nel mondo vegetale.  Ma nel mondo animale si aggiunge un ulteriore fattore di comunione ancora più intima di quella semplicemente vegetativa: i due soggetti diventano immanenti l’uno altro per mezzo di un’attività immateriale, intenzionale, rappresentativa ed immanente: la conoscenza, e quindi l’affettività, che segue alla conoscenza.  

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La sessualità umana è una dualità di fattori o princìpi corporeo-spirituali reciprocamente connessi e complementari, per la quale la natura umana risulta dall’unità di questa dualità, pur nella distinzione. Maschio e femmina non sono due individui della stessa specie di per sé asessuata, come nell’animale, ma sono le due componenti della specie, sicchè l’individuo maschile e quello femminile non sono esseri umani completi, se non nell’unione, non necessariamente genitale, con l’altro sesso.

Il che significa che il biblico «Non è bene che l’uomo sia solo» non vuol dire soltanto «non è bene che generi da solo», ma non è bene che la natura umana sia monadica; essa dev’essere duale. L’essere coppia è implicitamente incluso nell’essere uomo o essere umano, per cui l’individuo, uomo o donna, non è pienamente un essere umano se non è in coppia. Il che non significa assolutamente necessariamente attività sessuale. 

 Questa modalità duale si trova nell’uomo a causa della sua natura animale. Certamente non è richiesta dallo spirito come tale. L’angelo, puro spirito, non ha certo problemi di sessualità. Per questo l’angelo non può essere proposto come modello di perfezione umana alla maniera di Origene; né del resto può essere proposto l’animale, come avviene in Freud.

Nella sessualità umana s’incontrano natura e cultura, l’iniziativa umana e la volontà divina. Dio ci dona un tesoro da par suo e a noi sta abbellirlo ulteriormente con le raffinatezze dell’arte.

Immagini da Internet:
- Creazione di Adamo ed Eva, Guariento di Arpo, Padova
- Incoronazione della Vergine, Bernardo Daddi, Firenze

17 giugno, 2025

Maschio e femmina li creò. Il mistero dell’unione dell’uomo con la donna - Seconda Parte (2/3)

 

Maschio e femmina li creò

Il mistero dell’unione dell’uomo con la donna

Seconda Parte (2/3)

 

 Il bene onesto, utile e piacevole

nel campo del sesso

 L’ente in quanto ente è buono, cioè il bene ontologico coincide con l’ente, con ciò che esiste o è in atto d’essere. Suarez sostiene che l’ente non è buono in sé e per sé, ma solo perché dice relazione e comunione. È vero che l’ente come tale non dice ancora il bene. L’ente è buono supponendo una volontà che lo voglia e lo ami.

Ogni ente in quanto ente è buono e creato da Dio somma bontà. Non esistono enti naturalmente cattivi, malvagi o dannosi. I demòni sono cattivi per la loro cattiva volontà, non per natura. 

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L’azione buona non è la semplice azione umana come tale quale che sia, non è una semplice relazione all’essere, la libertà non è puro e semplice esercizio del volere avulso dal perseguimento del vero bene, ma è l’azione della buona volontà che ha per oggetto il vero bene dell’uomo, che non è l’essere o l’esistere come tale o purchessia, ma è bensì l’ipsum Esse subsistens, Dio, che però trascende infinitamente l’uomo, il cui essere resta un essere finito e categoriale. 

L’ente in quanto è appetibile dalla volontà è il bene. In quanto piace alla vista è il bello. Il piacere estetico impegna l’affettività e la volontà e quindi suscita l’amore. In tal modo nella fruizione o nel gusto del bello gioca la volontà insieme con l’intelletto: è il piacere che l’intelletto prova nel vedere. Ma come si è detto, nel piacere giocano la volontà e l’amore. Nell’amore dunque abbiamo l’intrecciarsi del vero, oggetto dell’intelletto, col bene dell’intelletto, per cui entra in gioco la volontà, ma nel contempo questo bene è bello perchè piace all’intelletto che spinge la volontà ad unirsi al bene.

 

L’ente è di per sé buono davanti all’appetito naturale: il bene del fuoco è l’atto dello scaldare. Quando invece entra in gioco lo spirito e precisamente l’intelletto, allora il bene è mediato dal vero: l’ente si presenta all’intelletto come vero e per conseguenza come bene dell’intelletto, che aspira alla verità come al suo bene e al suo fine, del quale godere e fruire.

Bisogna distinguere la pratica del bene dal possesso del bene e dall’unione col bene. Pratica del bene è la bontà morale, la santità, la pratica della virtù e cose simili. Possesso del bene è l’utilizzo dei beni materiali e spirituali necessari all’acquisto della perfezione morale e della felicità. Unione col bene sono le sane relazioni personali, come per esempio quella tra gli amici o l’unione tra uomo e la donna o l’unione con Dio.

Immagini da Internet: Coniugi Curie


16 giugno, 2025

Maschio e femmina li creò. Il mistero dell’unione dell’uomo con la donna - Prima Parte (1/3)

 

Maschio e femmina li creò

Il mistero dell’unione dell’uomo con la donna

Prima Parte (1/3)

                                                                Materia e spirito

Per capire che cosa è l’esser maschio e femmina nell’uomo occorre saper distinguere nell’uomo la materia dallo spirito, perchè questa dualità è ad un tempo materiale e spirituale. La materia è ciò di cui è fatto il corpo umano, il soggetto delle qualità sensibili, della forma del corpo, delle sue potenze, forze, dimensioni, trasformazioni, attitudini, tendenze e attività fisiche.

La materia ci si manifesta per mezzo di queste sue strutture e proprietà sostanziali e accidentali, ma in sé stessa è opaca e ignota al nostro intelletto, che ne pone l’esistenza, ma essa in sé stessa non offre intellegibilità al nostro intelletto essendo il suo livello di intellegibilità al di sotto del livello minimo percepibile dal nostro intelletto, che è dato dalla materia formata. Essa è indirettamente oggetto dei sensi e dell’immaginazione in quanto sostanza sensibile agente. 

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L’uomo maschio e l’uomo femmina sono due sostanze o composti di materia e forma, dove la forma non esaurisce o fonda il suo essere nell’essere forma della materia, inesistente senza la sua materia, ma è forma immateriale sussistente da sé quindi indipendentemente dalla sua materia. Cioè è una forma spirituale o pura forma.

Uomo e donna posseggono la medesima natura umana e sono di pari dignità personale, orientati entrambi al medesimo fine ultimo, Dio, reciprocamente tra loro diversi e complementari, fatti per completarsi a vicenda nell’essere e nell’agire. 

La congiunzione dell’anima col corpo comporta che all’anima maschile corrisponda un corpo maschile e all’anima femminile un corpo femminile. Ciò vuol dire che lo spirito umano, a differenza dello spirito angelico, che non è sessuato, è uno spirito sessuato. Lo spirito umano, cioè, pur mantenendo la sua essenza di spirito identicamente nell’uomo e nella donna, è creato da Dio con due modalità di essere e di agire reciprocamente complementari in corrispondenza alla reciproca complementarità della sessualità fisica. Nel piano divino originario e per conseguenza anche in quello escatologico l’unione spirituale si manifesta nell’unione fisica e questa introduce all’unione spirituale.

San Paolo ci ricorda che tutto quello che è in noi, ossia la totalità del nostro essere, è «spirito, anima e corpo», ossia anima spirituale, sensitiva e vegetativa che anima un corpo organico disposto ed adatto alla vita.  Cartesio, nel distinguere lo spirito dal corpo, racchiude lo spirito nella semplice autocoscienza separata dal corpo e così, mentre intende il corpo come se fosse un’altra sostanza matematica separata dall’anima (res extensa), si dimentica dell’anima vegetativa e sensitiva e così non capisce né quali sono i livelli vitali umani inferiori, né qual è la vita dei viventi infraumani. 

 

Da Internet: Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko, Teatro alla Scala

15 giugno, 2025

La conversione della Russia - Che cosa è successo in Russia nel 1989? - Seconda Parte (2/2)

 

La conversione della Russia

Che cosa è successo in Russia nel 1989?

seconda Parte (2/2)

 La lucida visione di Soloviev

Il grande filosofo e teologo russo del sec. XIX, Vladimir Soloviev, di formazione ortodossa, giunse ad età avanzata, dopo una seria riflessione sulla storia del cristianesimo, a riconoscere e ad accogliere il primato del Romano Pontefice con un ragionamento di estrema onestà e lucidità, che vorremmo potesse essere quello dei fratelli ortodossi. Egli infatti notò come la Russia ha commesso un abuso ad avocare a sé, con la famosa teoria della Terza Roma, la guida del cristianesimo, che è una religione universale, negando al Papa questo compito espressamente affidatogli da Cristo per mezzo di Pietro.

Soloviev riconosce con franchezza il difetto storico dell’ortodossia di aver concepito e praticato un cristianesimo  interioristico troppo separato dal mondo,  trascurando i problemi umani e sociali di massa, permettendo così che l’amministrazione della giustizia e il governo della cosa pubblica cadessero nelle mani dei prepotenti,  degli approfittatori  e degli oppressori dei poveri, con la  conseguenza d’aver suscitato presso gli onesti nei suoi confronti  un giustificato sdegno e disprezzo, che purtroppo si è esteso anche alla stessa religione, che non ne ha alcuna colpa. 

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Ormai da tre anni le sorti dell’umanità sembrano ruotare attorno ad un uomo alla guida della grande nazione russa impegnata in una incomprensibile e crudele guerra contro una nazione limitrofa.

Putin rappresenta il dramma dell’attuale incomprensione reciproca fra Occidente ed Oriente, per la quale sia l’uno che l’altro crede di essere aggredito e per questo fa guerra all’altro. Tanto noi Occidentali quanto i Russi riteniamo, su fronti opposti, di avere ragione. Ma dov’è la verità? Questo è il punto.

Altra domanda che potremmo porci è: in questo scontro fra Occidente ed Oriente che parte hanno l’ebraismo e il mondo islamico?

Stando così le cose, bisogna che il Patriarca di Mosca si riconcili col Patriarca di Costantinopoli, mentre il Papa potrebbe proporsi come mediatore non in quanto Vicario di Cristo, ma in nome della comune fede cristiana

Non importa se resta in sospeso la questione del Filioque e del primato romano. Volesse Dio che lo scisma fosse ricomposto! Ma sarà sufficiente la coscienza dei valori comuni: la Santissima Trinità, l’Incarnazione del Verbo, la Madonna, la Scrittura, la Tradizione, la Chiesa, i Padri, i primi sette Concili, il Battesimo, i sacramenti, l’episcopato.   

Siamo giunti ad un punto nel quale a tutti s’impone una scelta radicale: o ricorriamo a Cristo o ci sottomettiamo al diavolo. O siamo per Dio o siamo contro Dio. La questione dell’esistenza di Dio e di chi è Dio è diventata una questione vitale.


Immagini da Internet

14 giugno, 2025

La conversione della Russia - Che cosa è successo in Russia nel 1989? - Prima Parte (1/2)

 

La conversione della Russia

Che cosa è successo in Russia nel 1989?

Prima Parte (1/2)


 Una rivoluzione costruttiva

Le rivoluzioni politiche sono energiche azioni collettive ben organizzate che mediante l’uso della forza mutano un regime politico alle radici avviandone uno nuovo giudicato migliore.  Bisogna dire tuttavia che l’uso della forza spesso è responsabile di azioni criminose e distruttive, che non fanno avanzare ma retrocedere il corso della storia, per cui anche le migliori rivoluzioni non sono prive di macchie, così come si può trovare qualche lato buono anche nelle rivoluzioni più distruttive.

La Rivoluzione russa del 1917 fu una rivoluzione del secondo tipo. Il popolo russo sotto la guida di Lenin pose termine con una insurrezione armata a un regime zarista che aveva tollerato una pratica cristiana infedele al precetto evangelico  della liberazione dei poveri dall’oppressone dei ricchi evadendo, col pretesto della ricompensa ultraterrena, il dovere di lottare per la giustizia sociale e promuovere una giusta spartizione dei beni economici.

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Oggi il partito comunista in Russia esiste ancora, ma non possiede tra gli altri partiti alcuna posizione privilegiata, la quale semmai è adesso occupata dalla professione di fede ortodossa, considerata come fattore essenziale dell’essere russo.

La riforma dello Stato portò con sé l’introduzione del diritto alla libertà religiosa, per il quale veniva abolito l’ateismo di Stato, sostituito col diritto alla libertà religiosa, che perciò stesso legalizzava la pluralità delle formazioni religiose esistenti in Russia, compresa la Chiesa cattolica, tanto che oggi a Mosca risiede una Arcivescovo cattolico Mons. Paolo Pezzi.

Ma, ahimè, il cristianesimo che è risorto non è quello che conduce all’unione con la prima Roma, ma quello arrogante ed imperialista della Terza Roma, per il quale il Russo o è ortodosso o non è russo. Da qui la confusione della religione con l’amor di patria, come se la religione ortodossa fosse un ingrediente essenziale dell’essere russo.

Alle radici greche della spiritualità russa non c’è Aristotele, ma Platone. Aristotele caratterizza l’Occidente.  La categoria metafisica fondamentale, in Russia, quindi, non è quella dell’analogia dell’essere, ma della partecipazione.  

Immagine da Internet: Solenne Liturgia a Mosca, 2015

13 giugno, 2025

Perché Buonaiuti fu scomunicato?

 

Perché Buonaiuti fu scomunicato?

Il caso Buonaiuti

Ancora una volta Avvenire dell’8 giugno scorso ci sorprende con la pubblicazione di un articolo[1] di Luigino Bruni dal titolo «La buona battaglia di Ernesto Buonaiuti», il famoso modernista scomunicato da Pio XI  e da Pio XII, del quale Bruni dà un giudizio assolutamente positivo («uno studioso, un prete e un uomo di talento eccezionale e di valore assoluto»), del quale occorrerebbe «cancellare la scomunica», inflittagli perchè «ricordava la natura comunionale e comunitaria dell’eucaristia dei primi cristiani».

Da qui Bruni prende occasione per affermare che quella cancellazione andrebbe «estesa alla numerosa schiera di preti e laici modernisti, le cui vite, a partire da Pio IX fino a Pio XII furono sconvolte e rovinate. Sarebbe questo il tempo per chiedere perdono per aver usato il Vangelo, la fede, la teologia e la dottrina come armi improprie per colpire e ferire a morte altri cristiani». 

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Le lodi che Bruni riserva per Buonaiuti riguardano la maniera con la quale egli concepiva la Messa. Bruni riporta queste parole estremamente significative di Buonaiuti:

«storicamente i sacramenti sono la solidificazione progressiva del concetto di grazia applicato alle principali contingenze della vita: l’eucaristia, per esempio – e accenno ad essa perché la sua evoluzione è più visibile - ha preso il luogo del banchetto in cui i primi cristiani simboleggiavano la fratellanza che li attendeva nel regno. Col tempo si è venuta formando la dottrina della presenza reale e più tardi quella della transustanziazione.   Si è smarrito, attraverso questa trasformazione, il valore etico primitivo del rito».

Bruni non si accorge di quanto è falsa questa interpretazione che Buonaiuti dà della Messa e di quanto tale falsificazione è dannosa per quella fraternità cristiana che essa finge di promuovere e simboleggiare e di quanto quindi questa tesi sia distruttiva della Chiesa e del cristianesimo.

La celebrazione della Messa, già fin dall’inizio del cristianesimo, è stata concepita e praticata dalla Chiesa non solo come memoria dell’Ultima Cena, ma anche e soprattutto come riattualizzazione o ripresentazione incruenta dell’offerta che Cristo ha fatto di sé sulla croce al Padre per la salvezza del mondo.

Immagine da Internet: La Passione, Beato Angelico, Firenze

Heidegger ha superato Hegel? - Parte Terza (3/3)

 

Heidegger ha superato Hegel?

Parte Terza (3/3) 

Heidegger rimane nell’orizzonte di Hegel

Heidegger non riesce a superare Hegel e quindi, nonostante il suo sforzo di recupero dell’essere, resta sostanzialmente un idealista, per il quale l’essere non trascende il pensiero, non è l’essere reale extramentale, quello che Tommaso chiama «ens extra animam», ma è l’essere pensato, la rappresentazione dell’essere. L’essere, per Heidegger, è la «presenza del presente», per cui se non ci sono io al quale l‘essere è presente, l’essere non c’è, non c’è niente.

È vero che Heidegger ammette il nascosto, il mistero, ma questo mistero è sottratto ad ogni concettualizzazione, per cui ci chiediamo come può questo mistero essere oggetto dell’intelletto umano, che non capisce la realtà esterna se non mediante i concetti? In ultima analisi siamo sempre nella linea dell’io cartesiano. 

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Come sappiamo, Tommaso, per significare l’essenza dell’essere, usa il concetto di actus, ricavato dalla energheia di Aristotele, ma mentre l’atto aristotelico è la soltanto la forma che attua la materia, l’atto tomistico è l’essere che attua l’essenza.

Nessuno come San Tommaso sa distinguere così chiaramente essere e pensiero da capire che mentre l’essenza è oggetto del pensiero nell’apprensione concettuale, l’essere, che si aggiunge all’essenza come atto dell’essenza, è dichiarato dal giudizio nel momento della verità.

Come cogliamo l’essere? In un’esperienza? Tale è la concezione di Heidegger, di Rahner e di Lotz. Rosmini parla di intuizione immediata o apriori. Anche parlare di visione, wesenschau, come fa Husserl, non pare giusto, perchè anche qui si tratta di sapere immediato che non cade a proposito. Ma questi filosofi hanno una gnoseologia che va bene per i puri spiriti e non per l’uomo, che nel conoscere parte dal senso.

Da notare che l’ente in quanto ente, oggetto della metafisica, va distinto dall’ente comune, che noi astraiamo dall’ente individuale.

È il quadro più ampio del nostro pensiero, che include tutto e ogni cosa, ma nel contempo astrae da tutto e da ogni cosa. Hegel lo ha confuso con l’essere, che è invece analogico

Bisogna che, contro il modernismo di Rahner e compagni, torniamo a comprendere e ad accettare la raccomandazione della Chiesa a favore della filosofia scolastica tomista, conciliatrice della metafisica col dogma cattolico e quindi come conciliazione della ragione con la fede e come vera interpretazione della divina rivelazione.

Ciò non vuol dire affatto tornare ad una Chiesa preconciliare, ma è la conferma della philosophia perennis ancilla theologiae, la vera continuazione dell’impulso progressista e innovativo conciliare, nella tradizione, della filosofia e della teologia secondo i bisogni veri, urgenti e indilazionabili degli uomini del nostro tempo. 

Immagini da Internet: Rosmini e Rahner

11 giugno, 2025

Heidegger ha superato Hegel? - Parte Seconda (2/3)

 

Heidegger ha superato Hegel?

Parte Seconda (2/3)

 Chi ci fa meglio conoscere l’essere?

Il clima filosofico e teologico nel quale respirano e si muovono le diverse tendenze che caratterizzano la teoresi moderna, quando il pensare non è pienamente conforme a quella pienezza e purezza di verità che sono date dal seguire il pensiero di Cristo e dalla sapienza cristiana, è certamente ancora in larga misura, a volte inconsapevolmente, quell’orizzonte di pensiero che fu creato da Hegel a partire dal cogito cartesiano attraverso Kant e dal fideismo luterano.

Gli stessi oppositori di Hegel da Kierkegaard a Comte a Marx a Bergson a Sartre al Circolo di Vienna ad Husserl ad Heidegger a Severino gli si oppongono dal suo stesso interno, incapaci di ritrovare quel realismo gnoseologico che fa la gloria della sapienza biblica e cristiana, da sempre raccomandata dalla Chiesa cattolica soprattutto nel realismo della teologia tomista. 

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Non c’era bisogno di Heidegger per sapere che l’oggetto della metafisica, al di là dell’ente, dev’essere l’essere. I tomisti lo hanno sempre saputo.


Invece Heidegger, col suo richiamo all’essere dimenticato da Hegel, all’essere al di là dell’idea, col suo voler superare Husserl, sembra che sia stato capace di recuperare l’esse tomistico, offuscato dall’idealismo nichilista hegeliano e messo tra parentesi da Husserl. Tornando a Parmenide Heidegger si vantò di aver ritrovato l’essere al di sopra dell’ente come nessuno aveva fatto prima di lui.

I tomisti fecero notare ad Heidegger che Tommaso già prima di lui aveva sostenuto il primato dell’essere sull’ente. Ma Heidegger controbatté che l’essere come lo intendeva lui non era l’esse tomistico, atto analogico culminante nell’essere sussistente ossia Dio creatore dell’essere contingente. L’essere non è causa e non esiste un essere causato. Ma soltanto l’essere appare all’uomo e l’uomo è apertura all’essere.

Per Heidegger l’essere non può essere senza l’ente, ma è essenzialmente connesso con l’ente, unito al nulla, in quanto l’ente è nulla di essere, finitizzato e temporalizzato come esser-lì (Dasein) nell’essere umano, costitutivamente aperto all’essere, essere che non appare nel concetto ma nel linguaggio poetico, essere non come essere in sé ma come «presenza del presente», come evento (Ereignis), come fenomeno o apparire o svelarsi, quindi con essenziale riferimento all’uomo, per cui senza l’uomo non si dà essere. L’essere è l’essere umano.

 Immagine da Internet: Martin Heidegger