31 maggio, 2025

Che cosa intende Gesù quando parla di spirito? - Seconda Parte (2/2)

 

Che cosa intende Gesù quando parla di spirito?

Seconda Parte (2/2)

 I simboli dello spirito

Come conoscere le realtà invisibili, se noi siamo portati naturalmente alla conoscenza di quelle visibili? Eppure Dio ha creato il nostro intelletto proprio affinchè, partendo dall’esperienza delle cose sensibili, per induzione e sorretto dalla sua grazia, trovasse la sua beatitudine proprio nella visione immediata di Lui, Spirito assoluto. Per cogliere tuttavia lo spirito abbiamo bisogno di simboli o paragoni o immagini o effetti sensibili dello spirito, come per esempio il gesto, lo sguardo o il linguaggio.

Così Gesù riprende l’immagine veterotestamentaria molto significativa del soffio, dell’alitare, del vento (rùach), realtà impalpabile, eppure sentita, per cui la sua mobilità, il suo andare e venire esprimono bene l’idea della libertà e il mistero della sua origine e del suo fine.

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Questo fondamento fu trovato nello scoprire il principio della vera distinzione tra il Figlio e lo Spirito, entrambi procedenti dal Padre. Infatti i teologi e di conseguenza la Chiesa locale spagnola che li approvò, si accorsero che le differenze di uffici e mansioni che il Nuovo Testamento assegna al Figlio e allo Spirito non sono sufficienti, perché, come ho detto sopra, si tratta di operazioni divine, che dipendono da Dio che è uno per entrambe le Persone.

Indagando meglio sulle parole di Cristo, i teologi si accorsero allora che il vero principio della distinzione è dato dalla differente origine di una Persona dall’altra. Per distinguere allora il Figlio dallo Spirito, dato che non si poteva ammettere che il Figlio procedesse dallo Spirito, non c’era altra strada che ammettere che lo Spirito procede non solo dal Padre ma anche dal Figlio.

Questa grandiosa scoperta, frutto di uno stringente ragionamento teologico basato sulla rivelazione neotestamentaria, del rapporto Figlio-Spirito, gettava una nuova splendida luce sul dinamismo trinitario e portò per conseguenza ad una migliore comprensione e fondazione trinitaria del carisma petrino, che apparve ancor più dipendente dallo Spirito in quanto Spirito del Figlio procedente dal Figlio.

Immagine da Internet: Pentecoste, Tiziano 

30 maggio, 2025

Che cosa intende Gesù quando parla di spirito? - Prima Parte (1/2)

 

Che cosa intende Gesù quando parla di spirito?

Prima Parte (1/2)

Una nozione fondamentale nell’insegnamento di Cristo

Tra noi ci sono di coloro i quali non hanno problemi circa la verità, l’evidenza, la certezza e la realtà delle cose visibili, sensibili, sperimentabili, materiali. Si trovano invece in difficoltà ad ammettere e comprendere qualcosa che sia più reale, più certo e più importante, che non abbia queste proprietà, ma sfugga alla vista, ai sensi, all’immaginazione e all’esperienza. Se c’è qualcosa di siffatto lo ritengono meno importante e frutto dell’immaginazione. Sono i materialisti eredi di Democrito.

Per altri, invece, la coscienza di sé o la coscienza di pensare, atti interiori dello spirito, sono i dati più certi, fondanti, più veri, più evidenti, più reali, di esperienza immediata che non le cose materiali esterne, oggetti sfuggenti, incerti, soggettivi, illusori, ingannevoli. Per loro è la certezza dello spirito che fonda la certezza delle cose materiali esterne. Sono gli idealisti derivanti da Cartesio.

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La novità introdotta da Gesù nella vita spirituale è l’invio del suo Spirito, che è anche lo Spirito del Padre, lo Spirito Santo. Lo spirito come ne parla Gesù non è più solo una forza emanata da Dio, ma è una Persona divina, è Dio stesso.
La missione di Cristo, al d là di quella di salvare l’uomo dal peccato e dalla morte, è quella di inviare lo Spirito Santo, di glorificare l’uomo rendendolo figlio di Dio, abitato dallo Spirito Santo. 

 

Immagine da Internet: Gesù invia gli undici Apostoli, Duccio

26 maggio, 2025

950.000 russi morti. Per che cosa? - Seconda Parte (2/2)

 

950.000 russi morti. Per che cosa?

Seconda Parte (2/2)

 Perché lo scisma del 1054?

Credo che noi Europei non ci rendiamo conto di quale terribile ferita all’Europa abbia inferto il famoso scisma d’Oriente del 1054, con la tendenza che abbiamo a relegarlo ad un semplice episodio religioso del passato. Non riflettiamo abbastanza che oggi l’Europa dell’Ovest è separata da un abisso dall’Europa russa, per cui è semplicemente ridicolo parlare di edificazione dell’Europa senza trovare il modo di ottenere che ne faccia parte anche la Russia.

Un contrasto di tipo teologico o una questione astratta come quella del Filioque ci paiono del tutto ininfluenti o di nessun interesse ai fini di un lavoro concreto ed efficace per ottenere la pace fra Russi ed Ucraini e per edificare l’unione europea. Forse è meglio il riarmo proposto dalla Von der Leyen. Per cui ci sembra che il ricordare che cosa è stato quello scisma non sia di alcuna utilità per risolvere la guerra in Ucraina.  Ma le cose non stanno assolutamente così.

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I Russi ortodossi, autoproclamatisi nel sec. XVI Terza Roma, si considerano come i custodi dell’ortodossia cristiana. Un russo cattolico, secondo loro, tradisce la Russia. Gli scismatici d’oriente si considerano i veri cattolici, che hanno conservato la retta fede contro l’eresia del Vescovo di Roma. Il patriarca scismatico di Mosca si considera come erede e correttore del Vescovo di Roma, che nel passato ha tradito la retta fede. In questo senso il patriarca moscovita designa la propria Chiesa come Terza Roma, dopo e al di sopra del patriarcato scismatico di Costantinopoli, che Mosca considera come Seconda Roma, mentre Mosca sarebbe per il Patriarca di Mosca detentrice della piena ortodossia cristiana, corrotta dal Papa di Roma, ossia della prima Roma.

Per capire il senso e il perché di questa guerra, bisogna mettersi dal punto di vista dei Russi, giacchè sono loro che l’hanno voluta, mossa e causata. Alcuni dicono che sono stati spinti da Putin e dal suo gruppo di potere. Quindi essa, più che dal popolo russo, sarebbe stata voluta dal regime per scopi espansionistici o imperialistici. Che Putin sia l’erede dello stile autocratico e dispotico degli zar, nessun dubbio. Ma ricordiamoci che nessun dittatore riesce a mandare un esercito in guerra, se, per quanto obbligato, la maggioranza del popolo non è con lui, magari ingannata dalle sue idee, ma comunque in qualche modo convinta ed anzi certe volte fanatizzata del fascino esercitato dal dittatore.


Nel 1989 il popolo russo ha voluto riprendere in mano le sue risorse religiose, caratterizzate dall’ortodossia, abbandonando il progetto marxista. Dobbiamo tuttavia notare che la Russia non si è pienamente convertita secondo gli auspici della Madonna a Fatima. Ma anche l’Ucraina ha bisogno di convertirsi a Cristo, giacchè è chiaro che quando la Madonna parlava della Russia, sottintendeva anche l’Ucraina.

Resta tuttavia il fatto della comune devozione di noi cattolici e i nostri fratelli ortodossi alla Santissima Madre di Dio, Regina della pace, alla quale affidiamo con immensa fiducia la causa della pace in Ucraina.

 

Immagini da Internet: Vergine di Vladimir




25 maggio, 2025

950.000 russi morti. Per che cosa? - Prima Parte (1/2)

 

950.000 russi morti. Per che cosa?

Prima Parte (1/2)

Perché la Russia ha invaso l’Ucraina?

Recentissimi ed affidabili dati statistici riguardanti la guerra in Ucraina parlano di 950.000 Russi uccisi dagli Ucraini e 46.000 Ucraini uccisi dai Russi. Sono rimasto stupito. Sin dall’inizio della guerra l’UE e gli Stati Uniti si sono giustamente interessati per soccorrere l’Ucraina aggredita continuamente richiedente aiuto e per fornirle aiuti militari utili a respingere l’aggressione russa, mentre sappiamo dei continui bombardamenti su città, delle crudeltà, delle stragi e delle violenze commesse dai Russi invasori.

Alla notizia di quei dati, però, ho fatto un semplice ragionamento: dalle notizie che da tre ani ci giungono di continue azioni militari russe contro l’Ucraina e al sentire da parte dell’Ucraina una continua richiesta di soccorso all’Occidente, quasi fosse sopraffatta dai Russi, mi aspettavo che li cifre fossero ben diverse: pochissimi morti russi e moltissimi ucraini.

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In ogni guerra l’uomo in qualche modo prende posizione davanti a Dio, come avviene in tutti i grandi avvenimenti della nostra vita, dove la vita è messa a repentaglio; ed è chiaro il rapporto di Dio con la vita. In ogni guerra sono pertanto in gioco interessi vitali; solo a questo prezzo un uomo è pronto a uccidere e prospetta l’eventualità di essere ucciso.

Certo questi interessi possono essere puramente economici o politici o nazionali; ma è impossibile che dietro ad essi non ci sia Dio, giacchè l’uomo non è la semplice bestia che lotta per il cibo e il per il sesso, ma è sempre davanti all’Assoluto, anche se fà di una creatura o di se stesso l’Assoluto.

In questo senso si può dire che tutte le guerre, se non sono bestiali sfoghi di odio e di passioni, sono sempre guerre di religione, anche se Dio non viene nominato. Le guerre – basta vedere le narrazioni bibliche - nascono tra uomini che hanno concezioni opposte della divinità e della volontà di Dio. E la guerra in Ucraina non fa eccezione.

Gli Ucraini ortodossi e Russi non capiscono che non l’ortodossia ma il cattolicesimo consente la vera realizzazione dell’identità nazionale e la pacifica convivenza dei vari popoli, nel rispetto delle diversità e nella reciproca complementarità, perchè il cattolico affida la suprema custodia della retta  fede e della disciplina ecclesiastica al Papa e non alle singole Chiese nazionali, con l’impagabile vantaggio che mentre l’universalità della fede e della disciplina sono  garantite, nel contempo non si creano conflitti tra i popoli in nome della fede.

Immagine da Internet: La battaglia di Giosuè contro gli Amaleciti, Nicola Poussin

24 maggio, 2025

Chiunque è dalla verità ascolta la mia parola (Gv 18,37) - Terza Parte (3/3)

 

Chiunque è dalla verità ascolta la mia parola (Gv 18,37)

Terza Parte (3/3)

 La gnoseologia biblica è realista, non idealista

La concezione biblica della conoscenza è schiettamente realistica. Oggetto del sapere è la realtà, non la propria idea. Essa non nega un ideale di perfezione, ma solo perchè qui l’ideale è somma realtà. L’idea è solo un mezzo del sapere, anche se è utile conoscerla per se stessa per verificare lo stato del proprio rapporto interiore con Dio e con il prossimo.

La concezione biblica della verità non è soggettivista, riferita all’io, ma è oggettivista, guarda all’oggetto, a ciò che ci sta davanti (ob-jectum), al tu. Prima di guardar dentro di me, devo guardar fuori. Infatti non trovo niente nella mia coscienza che non abbia ricevuto dalla realtà esterna materiale e spirituale, fino a Dio stesso, il cui concetto lo ricavo «per ea quae facta sunt» (Rm 1,20).

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Certamente esiste tutto un campo di realtà che posso informare, ordinare, strutturare, organizzare e finalizzare col mio pensiero e la mia volontà, con le mie idee, con i miei progetti, con la mia inventiva. Ma il suo essere è sempre presupposto al mio pensarla e trasformarla. Quello che posso fare è mutare la forma o disposizione accidentale o contingente, nell’operare morale ed artistico, di una realtà sostanziale che trovo già fatta davanti a me ed esistente prima di me e indipendentemente da me.

Solo per il pensiero divino il pensiero è presupposto all’essere, perché Dio è il creatore dell’essere. Il pensiero umano pone il suo pensiero, ma non pone l’essere, come quello divino. 

Quando Cristo dice «Io sono la verità», è come se dicesse Io sono Dio.

Quando Giovanni nel Prologo (1, 3 e 10) dice che il Padre ha fatto il mondo «per mezzo del Logos», è chiaro che qui l’espressione «per mezzo» (dià) non fa riferimento ad un ente inferiore all’agente che lo usa, così come io dico di tagliare un legno per mezzo di una sega, ma il mezzo, cioè il Logos ha la stessa dignità del Padre che lo usa, così come il concetto per mezzo del quale io conosco o faccio qualcosa fruisce della stessa dignità della mia mente che lo produce e lo usa. Il Logos è la verità ideata dal Padre sul modello della quale creare il mondo, è il pensiero produttore dell’essere, che gli idealisti vorrebbero attribuire all’uomo, mentre vale solo per Dio.

Immagine da Internet: Gesù Cristo, Catacombe di Comodilla

23 maggio, 2025

Chiunque è dalla verità ascolta la mia parola (Gv 18,37) - Seconda Parte (2/3)

 

Chiunque è dalla verità ascolta la mia parola (Gv 18,37)

Seconda Parte (2/3)

 La nozione di verità, come bene insegna San Tommaso, dice corrispondenza o proporzione o adeguazione reciproca fra intelletto e realtà con eventuale mediazione di rappresentazione concettuale o ideale, cosicchè se è il reale che si adegua all’intelletto, la verità è una verità pratica, l’idea o progetto o piano che può o dev’essere attuato o realizzato. E qui abbiamo l’idea divina creatrice o l’idea umana, il progetto umano nel campo della morale, della tecnica, dell’arte o del lavoro.

Oppure la verità è adeguazione della mente umana alla realtà mediante una rappresentazione concettuale o immaginativa, e qui abbiamo la verità speculativa sensibile o intellettuale, sperimentale o mediata.  La verità in quanto è la stessa realtà si dice verità ontologica; in quanto è un giudizio della mente, abbiamo la verità ideale o gnoseologica o logica. La verità è atto dello spirito, ma è fondata sulla realtà.

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La Bibbia connette la nozione della verità con la nozione dello spirito. Lo Spirito Santo è lo Spirito della verità. Come in Aristotele, anche per la Bibbia, l’ente, il reale, la cosa, la res, la creatura non dice ancora il vero. Il vero si dà solo quando si dà il rapporto fra lo spirito e la realtà. Se la realtà è vera, lo è perché conforme al pensiero e alla volontà dello spirito, sia quello divino, sia quello angelico o sia quello umano.

La Scrittura connette chiaramente la nozione della verità con quella dell’intelletto: essa è oggetto dell’intelletto. È falsa dunque la tesi di certi esegeti, secondo la quale la nozione biblica di verità sarebbe estranea all’intellettualismo greco. Esattamente come per Platone e Aristotele, anche per la Bibbia la verità è l’oggetto dell’intelletto ed anche i sensi possono conoscere la verità.

Il tema della verità nella Scrittura è connesso con l’atto del vedere e con la metafora della luce. L’esperienza della verità coincide con l’atto del vedere; chi vede è nella verità. Viceversa il cieco è colui che si trova nell’errore. Se la luce è il simbolo della verità, le tenebre sono il simbolo dell’errore, Questa simbologia è particolarmente evidente in Giovanni. Egli dice che Dio è luce per dire che è la verità assoluta, sussistente.

Immagine da Internet: Guarigione del cieco nato, Orazio de Ferrari

21 maggio, 2025

Chiunque è dalla verità ascolta la mia parola (Gv 18,37) - Prima Parte (1/3)

 

Chiunque è dalla verità ascolta la mia parola (Gv 18,37)

Prima Parte (1/3)

Ringraziamento a Dio per lo scampato pericolo

Giunto alla mia età di 84 anni mi accorgo di aver speso tutta la mia vita nella volontà di conoscere la verità e di metterla in pratica. Quando ero al liceo, nel lontano 1957, ricordo che il mio insegnante di italiano, un certo Franco Mollia un giorno in classe enunciò solennemente che «la verità non esiste» e che non ci sono verità definitive, ma che esiste solo il vero, secondo l’insegnamento di Gianbattista Vico, verum ipsum factum, il vero è ciò che ha fatto l’uomo, ciò che noi stessi facciamo. Non esistono verità sovrastoriche, ma soltanto la verità dei fatti storici.

Ricordo che queste tesi mi turbarono profondamente, sentii una profonda ripugnanza ad accettarle, rimasi sconcertato e scandalizzato, anche perchè mi venne il dubbio terribile che Mollia potesse aver ragione. Seppi poi che queste erano anche le tesi di Benedetto Croce, che allora aveva fama di grande maestro e filosofo.

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Gesù spiega a Pilato in che senso egli è re: re di un regno che non è di questo mondo, per cui non è venuto a contrastare il suo, anche se precisa che la sua autorità gli è stata data dall’alto. Ma qual è quel re o sovrano che dichiara che il suo ufficio è quello di rendere testimonianza alla verità (cf Gv 18,37)?

Che cosa capisce Pilato? Egli, nel sentire queste parole di Gesù, rimane certamente stupito e chiede a Gesù che cosa è la verità. Ma con che tono lo fa? Probabilmente non con sincerità d’intenzione, perché diversamente Gesù, nonostante la drammaticità della circostanza, si sarebbe fermato a dargli spiegazioni.


Immagine da Internet:
- "Che cos'è la verità", Gesù e Pilato, Nikolaj Ge, Mosca

19 maggio, 2025

Il problema del panteismo. Se tutto è Dio, niente è Dio.

 

Il problema del panteismo

Se tutto è Dio, niente è Dio

Panteismo e ateismo

Il magistero pontificio postconciliare, riprendendo la condanna dell’ateismo fatta dal Concilio, ha molto insistito sul danno che l’ateismo provoca alla dignità della persona e all’ordine morale, rendendo l’uomo ribelle a Dio, falsando il valore della libertà, facendo dell’uomo un idolo, distruggendo il valore della fratellanza umana, scalzando le basi della scienza, della virtù e della religione,  nonché la ragion d’essere della giustizia e della misericordia e dando luogo ad ogni falsità, malizia, violenza, ingiustizia e disordine morale con la conseguenza di condurre l’uomo all’eterna dannazione.

Un altro grave errore, però, concernente la verità su Dio e la dignità umana, oggi assai diffuso soprattutto in ambienti della cultura e negli stessi ambienti teologici, ma che in forma volgarizzata si sta diffondendo anche tra la gente, è quello del panteismo, che fu già denunciato da S.Pio X come aspetto del modernismo. 

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Il dio Pan e il dio Apollo, messi assieme, sono il simbolo del panteismo. 

Infatti Pan rappresenta il Tutto; Apollo rappresenta l’Uno, perché Apollo viene dal greco a-pollòn, che vuol non molti. 

Ora appunto l’Uno Tutto è il motto fondamentale del panteismo.

 

 

 

 

 


 

 

Immagini da Internet:
- Apollo del Belvedere
- Statua del dio Pan esposta al Louvre di Parigi

 

18 maggio, 2025

Misericordia e misericordismo. Il nuovo Papa Leone XIV tra il Concilio Vaticano II e il Concilio di Trento.

 

Misericordia e misericordismo

Il nuovo Papa Leone XIV

tra il Concilio Vaticano II e il Concilio di Trento

 Uno dei grandi temi del pontificato di Papa Francesco, come tutti sanno, è stato quello della misericordia. In ciò il Papa non ha fatto che alimentare un’atmosfera spirituale che circola in tutti i documenti del Concilio Vaticano II, che ha fatto comprendere come non mai l’ampiezza della misericordia del Padre per noi peccatori perduti, donataci gratuitamente a rimedio della sciagura del peccato originale.

Occorre però notare d’altra parte che il movimento ecumenico promosso dal Concilio nei confronti dei luterani è stato frainteso da una tendenza modernista che ha portato come risultato anziché l’avvicinarsi dei luterani alla Chiesa cattolica, il cedimento di molti cattolici alle eresie di Lutero, senza per questo voler rinunciare al nome cattolico. Il punto nodale circa il quale occorre dissipare l’equivoco sembra essere il concetto luterano della misericordia divina evidentemente sbagliato perchè sta portando frutti di peccato e non di misericordia. 

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Papa Leone si trova davanti al compito non facile di affrontare seriamente e risolvere questa complessa e intricata questione della misericordia divina, soprattutto nei rapporti con la giustizia, che ha inquinato la morale cattolica contemporanea e per conseguenza il costume. 

Immagine da Internet: https://www.vatican.va/content/leo-xiv/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2025/5/16/corpo-diplomatico.html

15 maggio, 2025

Il ruggito del Leone

 

Il ruggito del Leone

Cominciò a cacciare i venditori (Lc 19,45)

Papa Francesco si è adoperato in tanti modi per il bene della Chiesa e dell’umanità. Sono certo che il nuovo Papa raccoglierà la sua eredità e la arricchirà. Tuttavia, come ogni Papa, anche il più santo, anche Francesco ha avuto i suoi difetti umani, i quali, se non hanno potuto infettare il magistero dove ogni Papa è maestro di verità, certamente hanno toccato la sua condotta morale e la sua attività pastorale.

È evidente come l’elezione del nuovo Papa Leone XIV, basti solo considerare il nome e i ricordi storici che esso evoca, senza misconoscere il valore dell’opera compiuta da Francesco, intende spostare il timone della Chiesa su di una rotta diversa, anche se sostanzialmente  la stessa e diversamente non potrebbe essere, una rotta rispondente a valori o esigenze che durante il pontificato di Francesco non erano sufficientemente affermati o soddisfatti o erano stati taciuti o accantonati o sottostimati. Penso in modo particolare alla cura della sana dottrina, alla critica degli errori moderni, al recupero dell’ascetica e dell’apologetica.  

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Con Francesco abbiamo conosciuto la mitezza dell’Agnello. Adesso sentiremo la voce del Leone di Giuda. La mitezza da sola è debolezza. La Chiesa non dev’essere timida verso il mondo. 

La Chiesa dev’essere tenera ed amabile per i piccoli e per gli umili, ma temibile e minacciosa per i superbi e i potenti della terra. La forza da sola è violenza. Occorre adesso impaurire i nemici interni ed esterni della Chiesa col ruggito del Leone.

Immagine da: https://www.vatican.va/content/leo-xiv/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2025/5/15/fratelli-scuole-cristiane.html

14 maggio, 2025

Della stessa sostanza del Padre - Riflessioni sul dogma cristologico di Nicea per una nuova evangelizzazione - Quarta Parte (4/4)

 

Della stessa sostanza del Padre

Riflessioni sul dogma cristologico di Nicea

per una nuova evangelizzazione

 Quarta Parte (4/4)

Verso l’evangelizzazione

Secondo la fede cristiana Gesù di Nazaret è un uomo del tutto straordinario che possiede la stessa natura di Dio o è della stessa sostanza o natura di Dio. È questo il nucleo del messaggio cristiano al mondo. Occorre poi subito spiegare che Gesù è Dio non in quanto uomo, il che sarebbe empietà, ma in quanto Figlio di Dio.

Da qui deriva tutto il resto: Gesù è il Messia, il Figlio del Dio vivente, il Salvatore del mondo, il Signore dell’universo. Questa è la prima verità di fede cristiana che la Chiesa ha sentito il bisogno di capire, chiarire, esprimere e proclamare, per poterla annunciare al mondo. Tutte le altre partono da questa e sono uno sviluppo di questa. Chi non capisce questa, non capisce nulla di tutte le altre. 

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Il dogma niceno che Gesù Figlio di Dio è della stessa sostanza del Padre non è altro che la chiarificazione, l’esplicitazione e la spiegazione, con l’uso della nozione metafisica di sostanza – parola che non è si trova mai sulla bocca di Gesù, ma non importa – di ciò che Egli intende dire quando ci parla della sua identità, della sua missione e del suo rapporto con Dio. La Chiesa a Nicea ci assicura che la nozione metafisica di sostanza è necessaria per capire in che senso Gesù è Figlio del Padre.

Così la filosofia si sposa col Vangelo. Ed è questo il motivo per il quale la Chiesa prescrive che nella formazione sacerdotale il seminarista affronti la teologia e la Parola di Dio sulla base di una preparazione filosofica, non necessaria a tutti coloro che evangelizzerà, ma necessaria per lui, che dev’essere maestro e sostegno nella fede e difensore e propagatore della fede.

 Occorre allora, offrendosi l’occasione adatta e facendo in modo che si realizzi, recuperare la parresia e il coraggio dell’annuncio esplicito del Vangelo, utilizzando una buona inculturazione, sulla base e sulle premesse assicurate dall’evangelizzazione postconciliare, così che il dialogo non diventi un girare a vuoto e fine a sé stesso, col rischio di cadere nel relativismo e nell’indifferentismo.  

I buoni rapporti che la Chiesa oggi ha conseguito, anche per l’indefessa opera di Papa Francesco, col mondo islamico e l’ebraismo, sono una meta che finora non era mai stata raggiunta, ma che invita a guardare oltre, a quella pacificazione e riconciliazione universale promessa dal Signore, per la quale, vinte definitivamente le forze avverse, come ci fa sperare l’Apocalisse, si farà un solo gregge e un solo pastore.

Immagini da Internet: Volto di Cristo, Marcello Provenzale

13 maggio, 2025

Colui che mangia la mia carne. Che cosa ha inteso dire Gesù?

 

Colui che mangia la mia carne

Che cosa ha inteso dire Gesù?

In occasione della memoria liturgica che ricorre oggi della Beata Imelda Lambertini, Vergine Domenicana, vissuta nel secolo XIV a Bologna, mi è caro pubblicare questa piccola meditazione sulla Santa Comunione a ricordo del miracoloso evento per il quale la giovane Imelda morì in un’estasi d’amore all’atto di ricevere l’Ostia Santa.

Il nostro spirito ha bisogno

di un nutrimento, similmente al corpo

Il nostro corpo ha bisogno di alimentarsi, se vuol restare in vita.  In maniera analogica o metaforica noi parliamo di nutrimento spirituale. Parliamo di fame di conoscenza, di sete di sapere. Diciamo di aver digerito quel dato concetto, di aver assimilato quella data nozione. Diciamo di aver divorato un certo libro. Diciamo di masticare alcune nozioni. Diciamo di bere qualcosa che ci viene raccontato. 

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Con la Santa Comunione noi riceviamo nella nostra anima una vita divina, la quale si aggiunge all’immortalità naturale della nostra anima in quanto spirituale e le conferisce una vita divina che la rende immortale della stessa immoralità di Dio. Coloro che muoiono alimentati da questo cibo divino, posseggono una forza divina che consentirà a loro di ricevere da Cristo al giorno del Giudizio universale quella vita che farà risorgere il corpo da morte per una eterna vita celeste e gloriosa nella Casa del Padre.


 

 

Immagini da Internet:

- Beata Imelda Lambertini, Basilica San Domenico, Bologna

- Beata Imelda Lambertini, Chiesa di San Sigismondo, Bologna


 

12 maggio, 2025

Modernità e modernismo - Abbiamo bisogno di un Papa moderno, non modernista

 

Modernità e modernismo

Abbiamo bisogno di un Papa moderno, non modernista

Papa Francesco e la modernità

Nei giorni passati di attesa dell’inizio del Conclave Avvenire fece sfilare i suoi campioni di modernismo che ci dicono come dovrà essere il nuovo Papa. Giorni fa lessi il titolo molto significativo di un articolo che intitolava il suo articolo, riferendosi a Papa Francesco, «Ha scelto la modernità».

Già nel titolo stesso, che presenta la modernità come fosse un valore assoluto, si nota l’impostazione modernista dell’autore. Infatti per il modernista la modernità non è quel fenomeno culturale estremamente complesso e diversificato, che caratterizza la cultura europea occidentale contemporanea, di origine cartesiano-luterana, un misto di elementi positivi e negativi, di valori ed errori, che è descritto dagli storici seri della cultura, ma è il fatto storico materiale dell’attuale cultura filosofico-teologica europea occidentale preso in blocco e propagandato dai media, come se fosse un tutto semplice, monolitico, indivisibile, assoluto e compatto, possibile oggetto di scelta o di rifiuto,  prendere o lasciare, così come io scelgo o rifiuto un’automobile o una vacanza al mare.

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Papa Francesco 
Immagine da Internet

09 maggio, 2025

Un Papa di destra o di sinistra?

 

Un Papa di destra o di sinistra?

Occorre virare leggermente a destra

per mantenere la rotta

È sorprendente quanto siano di attualità le raccomandazioni fatte da Dio a Mosè e a Giosuè di guidare il popolo senza piegare né a destra né a sinistra. E questo vale per ogni nauta o nocchiero, che sa bene che per raggiungere la meta occorre tenere l’occhio sulla stella polare, perchè le correnti marine o anche trascuratezze o disattenzioni della guida tendono a far deviare e a trascinare la nave fuori del percorso della giusta rotta. La deviazione a destra o a sinistra può far urtare la nave sugli scogli.

Similmente, il rischio o la tentazione di ogni Successore di Pietro, data la fragilità della sua natura umana, nonché le seduzioni e le minacce che vengono dal mondo, sono quelli di scostarsi o a destra o a sinistra della giusta direzione. Invece di essere la Chiesa a guidare il mondo sulla via di Cristo, Pietro subisce sempre la tentazione di farsi guidare dal mondo, magari con l’intento di servirlo e fare il suo bene, ma in realtà col rischio che il mondo infetti la Chiesa con le sue vanità e le sue illusioni. 

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Papa Leone XIV

08 maggio, 2025

Della stessa sostanza del Padre - Riflessioni sul dogma cristologico di Nicea per una nuova evangelizzazione - Terza Parte (3/4)

 

Della stessa sostanza del Padre

Riflessioni sul dogma cristologico di Nicea

per una nuova evangelizzazione

 Terza Parte (3/4)

 La sorpresa del Concilio di Nicea

Ma ciò che sorprende di più ancor oggi è l’idea che i Padri ebbero, per esprimere la divinità di Cristo, di accantonare l’uso pur così alla mano del termine «divinità» (theòtes), che sarà usato dal Concilio di Calcedonia, e di evitare addirittura le espressioni di San Paolo «en morfè Theù yparcon», sussistendo in forma di Dio (Fil 2,6) ed «einai isa Theù» (ibid.), essere uguale a Dio, preferendo ricorrere ad un neologismo, un’espressione di loro conio, assolutamente inaudita, homoùsios, per designare la divinità di Cristo. Infatti si tratta di una parola composta, dove il primo termine, omos, che vuol dire «lo stesso», «il medesimo», «identico». Ma il secondo termine usios non esisteva nel vocabolario greco.

Di fatto poi l’espressione resterà nel Simbolo della fede, ma a nessuno nelle attività catechetiche verrà in mente di annunciare che Gesù è omoùsios al Padre, se non per collegarsi al dogma niceno. Ma ci sono altre espressioni per significare la divinità di Cristo, come il chiamarLo Signore o degno di adorazione, oppure si parlerà sempre semplicemente della divinità di Cristo o si dirà che Gesù è Dio, Figlio del Padre.

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Ciò che sorprende di più ancor oggi è l’idea che i Padri ebbero, per esprimere la divinità di Cristo, di accantonare l’uso pur così alla mano del termine «divinità» (theòtes), che sarà usato dal Concilio di Calcedonia, e di evitare addirittura le espressioni di San Paolo «en morfè Theù yparcon», sussistendo in forma di Dio (Fil 2,6) ed «einai isa Theù» (ibid.), essere uguale a Dio, preferendo ricorrere ad un neologismo, un’espressione di loro conio, assolutamente inaudita, homoùsios, per designare la divinità di Cristo. Infatti si tratta di una parola composta, dove il primo termine, omos, che vuol dire «lo stesso», «il medesimo», «identico». Ma il secondo termine usios non esisteva nel vocabolario greco.

Noi traduciamo omoùsios con «consostanziale» o «della stessa sostanza». Potremmo dire che Dio è pura sostanza sussistente, come ipsum Esse subsistens. Dio non è sostanza atta a sussistere, come la creatura, che potrebbe anche non sussistere e perire o non essere, ma sostanza sussistente per essenza. In Lui l’essere non si aggiunge come nella creatura all’essenza quasi fosse un accidente, ma Egli esiste o sussiste per essenza e quindi necessariamente, esiste non solo in sé e per sé, ma anche da sé e a sé.


Che cosa intende il dogma con l’espressione «sostanza del Padre»? Intende la natura divina del Padre. Quindi Gesù ha la stessa natura divina del Padre. La persona di Cristo è una sola, la persona del Figlio, ma le nature restano distinte, ciascuna con le sue proprietà e quindi non è che, come credeva Eutiche, ripreso da Hegel, in Cristo Dio diventi uomo e l’uomo diventi Dio.  

Il concilio di Nicea distingue in Gesù il possesso di due nature: Gesù è consustanziale a noi nella natura umana e consustanziale al Padre nella natura divina. Non fu difficile intendere Gesù come persona. Fu difficile invece capire che è una persona divina, la persona del Figlio, mentre la sua umanità sussiste solo grazie alla sussistenza del Figlio. Diciamo inoltre che Gesù è persona in quanto Figlio, ma non possiamo dire che sia persona in quanto uomo, per quanto ciò possa sembrare assai strano. Gesù è uomo, ha una natura umana come tutti noi, ma non è una persona umana.


 Immagini da Internet:

- Battesimo di Gesù, Piero della Francesca
- Resurrezione di Cristo, Bartolomeo di Fruosino

07 maggio, 2025

Della stessa sostanza del Padre - Riflessioni sul dogma cristologico di Nicea per una nuova evangelizzazione - Seconda Parte (2/4)

 

Della stessa sostanza del Padre

Riflessioni sul dogma cristologico di Nicea

per una nuova evangelizzazione

 Seconda Parte (2/4)

 L’autocoscienza al posto della sostanza

Un filosofo contemporaneo che vorrebbe concepire la persona abbandonando la nozione di sostanza, è Joseph Seifert, che così si esprime: «l’essere è persona. La persona come “io sono” è pertanto l’essere in senso proprio. La metafisica è scienza della persona più che scienza della sostanza».

Seifert evidentemente non sa che cosa è l’analogia dell’essere e della sostanza, per cui riduce l’ente trascendentale, che abbraccia spirito e materia, al solo ente categoriale dello spirito e della persona. E non si accorge che le conseguenze di una simile confusione sono disastrose: se si riduce la materia a spirito (Berkeley, Hegel), la materia rivendica la sua dignità materializzando lo spirito (Marx, Comte)., per cui si arriva all’evoluzionismo schellinghiano e darwiniano,  al concetto della materia eterna e pensante, della persona come materia e di Dio come storia.

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Cristo Risorto, Rubens

Se la materia fosse non essere, solo lo spirito-essere sarebbe buono; la materia sarebbe cattiva e pericolosa, ed abbiamo Platone. Se però la materia è pensante, come dice Locke, l’immortalità dell’anima separata dal corpo è impossibile, concepire uno spirito immateriale è un vaniloquio e la metafisica non ha senso, come dice Hume.

Seifert non considera che la sostanza non è solo quella materiale, ma anche quella spirituale, al punto che il Concilio Vaticano I definisce la natura divina come sostanza. E la sostanza del Padre del dogma niceno è evidentemente sostanza spirituale, essendo Dio puro spirito. Così pure, quando il Concilio di Viennes parla di «sostanza dell’anima razionale» (Denz.902), non si riferisce certo a una sostanza materiale.


Sostanza significa semplicemente sussistente: che a sussistere sia una materia o una pura forma, questo è accidentale. Altrimenti come farebbero i Greci a parlare di ipostasi nella Trinità, dato che ipostasi corrisponde a sostanza? 

Certo, se ci fermiamo a pensare che per il dogma trinitario Dio è uno e tre, come fa il Corano, si capisce il suo grido minaccioso contro i cristiani: «non dite tre!». Ma appunto per evitare questa apparente assurdità la Chiesa distingue: tre persone, una natura. Tuttavia è chiaro che qui occorre modificare il concetto corrente di persona come sostanza, sennò saremmo daccapo.

Bisogna ricorrere al concetto di relazione sussistente, come fu già progettato da Sant’Agostino e confermato dal Concilio di Firenze del 1439. Infatti, relazione significa essere-verso (pros ti), per cui ci è utile per esprimere il fatto che le Persone divine sono in vari modi per essenza, non per volontà, rivolte le une verso le altre o relative alle altre.  

L’operazione condotta dalla Chiesa è stata quella allora di separare l’esistere accidentale (esse-in) della relazione dalla sua essenza (esse-ad) e di dare sussistenza e quindi personalità alla relazione.

L’atto d’essere di Cristo è certamente uno solo, come per ogni ente, Dio compreso, ed è l’atto d’essere della Persona divina, con la sua propria natura divina. Ora l’atto d’essere nella Persona non è altro che l’atto del sussistere. Come dunque la natura umana di Cristo non ha una sua propria sussistenza umana, se no avremmo l’assurdo di due persone, così non ha un proprio atto d’essere, ma le viene comunicato dalla Persona del Verbo, al quale è ipostaticamente unita.

Immagini da Internet