Le calunnie di Vattimo
Tra Nietzsche e San Tommaso
L’abilità nel cambiar le carte in tavola
È incredibile fino a qual punto di sfrontatezza possa giungere uno che vuol dare un’apparenza di legittimità ad una condotta morale contraria alle leggi divine. Il sedicente cattolico quotidiano Avvenire dell’11 febbraio scorso pubblica un encomio di Vattimo dal titolo «La carità di Vattimo e i suoi nemici laici»[1]. In tale articolo Vattimo è presentato come maestro di carità evangelica in opposizione all’etica autoritaria e dispotica basata sulla metafisica di Aristotele e di San Tommaso. L’articolista ha la spudoratezza di scrivere quanto segue:
«Non stupisce che Vattimo abbia progressivamente accentuato la sua provenienza dal cristianesimo sociale e riscoperto l’ispirazione cristiana, ad esempio, della filosofia di Heidegger. Il cristianesimo che Vattimo riscopre non è la metafisica cattolica e tomista, che aveva costituito il solido fondamento dell’alleanza da antico regime tra Chiesa cattolica e potere politico, ma un ‘cristianesimo minore’, per così dire, evangelico, che si ispirava più alla testimonianza storica del fondatore e dei suoi primi ‘poveri’ seguaci, che ai trionfi speculativi della metafisica aristotelica e platonica».
Questo discorso dietro all’apparenza di voler magnificare il valore della semplicità e povertà evangelica della primitiva comunità cristiana, trasuda ipocrisia e falsità parola per parola e richiederebbe un dettagliato commento.
Tuttavia è mio obbligo giustificare il mio severo giudizio per non dare al lettore l’impressione di abbandonarmi a una reazione viscerale, nonché all’insulto e alla diffamazione.
Dico allora che qui siamo davanti a un personaggio come Vattimo, il quale pretende di farsi paladino della carità fraterna, della mitezza, del rispetto per il diverso, della pietà per i deboli, della povertà evangelica, del rifiuto del dogmatismo e della violenza, dell’imposizione, della sopraffazione, della prepotenza e della tirannide, proprio lui, internazionalmente noto come ammiratore e seguace di Nietzsche e di Heidegger, i quali, come è noto, portando alle ultime conseguenze i princìpi dell’idealismo tedesco, hanno posto le basi teoriche della dottrina e della prassi del nazismo per esplicito riconoscimento degli stessi nazisti.
L’articolista loda Vattimo come «critico della metafisica come struttura di potere e di dominio». È, questa, una calunnia gravissima. Se esiste un sapere che apre l’animo alla diversità, in forza dell’analogia dell’essere, lancia il pensiero nell’orizzonte infinito dell’essere così da dar spazio a tutte le possibilità, un sapere che sappia fondare la libertà sulla verità, che sappia congiungere l’astratto col concreto, l’universale col particolare, che sappia passare dalla comprensione dell’essere più elevato a quello più modesto ed umile, che ponga le basi indistruttibili di un’etica fatta di giustizia e di misericordia, che elevi lo spirito a renderlo partecipe della stessa libertà divina, che sia fattore di fratellanza ed uguaglianza umane, questo è proprio la metafisica. Vattimo che cosa ci viene a raccontare?
La confusione fra la sicumera e la certezza,
tra il trascendente e il prepotente
Per Vattimo la certezza assoluta e la convinzione salda espressa con un giudizio netto, categorico, definitivo e non discutibile è segno di arroganza e sete di potere, è atto di violenza sulla coscienza altrui, è la volontà di ignorare il diverso riducendolo alla propria idea. Così per esempio chi ammette come lecito solo l’amore eterosessuale e non quello omosessuale, non dà spazio all’altro, ma pretende di togliergli la sua diversità per riconoscere come legittima solo la propria posizione. Tutti, per agire legittimamente devono agire come faccio io o decido io? Vattimo perde di vista l’universalità e quindi l’universale obbligatorietà della legge morale. Confonde la legittima varietà delle scelte personali con la pratica della norma morale, che dev’essere la stessa per tutti.
Per non far violenza alla coscienza dell’altro occorre pertanto, secondo Vattimo, rinunciare a un pensiero forte, saldo, sicuro. fisso, immutabile, irrinunciabile, non-negoziabile, a convinzioni assolute. Occorre invece saper riconoscere la propria debolezza e saper cedere e rinunciare al proprio punto di vista per rispettare l’altro e andare d’accordo con lui.
Se il musulmano ci chiede di rinunciare a credere in Cristo, al fine di vivere in pace con lui, non dobbiamo esitare ad accettare il Corano. Occorre rinunciare ad ammettere valori alti, immutabili, metafisici ed assoluti e fermarsi alle cose modeste e relative del vivere quotidiano e della comune convivenza civile terrena. L’importante, dice Vattimo non è la verità, ma la carità. Per lui non è la carità ad essere la pratica della verità, ma è la carità che produce verità. Certo, chi è attaccato al peccato di solito è assai abile a dare a cose fatte una parvenza di giustificazione di ciò che ha fatto. Ma la sua coscienza non gli dice nulla? Può ingannare gli altri, ma può ingannare te stesso?
Con Vattimo siamo dunque davanti a un totale e cieco volontarismo dove il pensiero è sostituito dalla prassi e dove si cammina alla cieca schiavi delle passioni. L’amore non è una cieca emozione o un puro piacere, ma è la messa in pratica della verità da parte della buona volontà.
Vattimo non si accorge che è proprio questa sua concezione che è alla base delle maggiori ingiustizie e violenze fatte al prossimo e dei peggiori danni alla dignità umana fatti dai regimi totalitari e dispotici.
Inoltre, Vattimo in base a che cosa propone la sua concezione senza alcuna giustificazione razionale, se non in base ad un atto di violenza nei confronti del più elementare rispetto per la verità?
Vattimo, che si dichiara nemico della violenza e dell’imposizione, non s’accorge di quanto egli stesso, sotto pretesto della fragilità e precarietà delle opinioni umane, della libertà di pensiero e della mutevolezza delle cose di questo mondo, con la sua ignoranza ed anzi disprezzo per le salde convinzioni, per la solidità, la forza e stabilità del pensiero, del valore delle certezze oggettive, col suo relativismo filosofico ed etico, col suo rifiuto dei valori metafisici e morali, favorisce la violenza, la prepotenza. il sopruso, l’ingiustizia, la tirannide?
E inoltre stupisce come possa accusare la concezione aristotelico-tomista di essere espressione dell’«antico regime di alleanza tra Chiesa cattolica e potere politico», quando in realtà la dottrina sociale della Chiesa, non è altro che applicazione in campo sociale dei princìpi metafisici ed etici della visione aristotelico-tomista, raccomandata da otto secoli fra le altre dal magistero pontificio.
Inoltre, come fa ad avere l’impudenza di attribuire a questa visione, che tra tutte è promotrice di giustizia, di misericordia, di libertà, di democrazia e di progresso sociale quelle orribili ingiustizie che nascono invece dalla messa in opera del nazismo di Nietzsche e di Heidegger?
Teologo del genderismo
Vattimo ha ragione nel concepire Dio come Amore misericordioso e la carità come concordia, benevolenza, solidarietà, reciprocità, accoglienza della diversità, condivisione, misericordia, farsi da parte, comprensione, mitezza, liberalità, modestia nel pensare.
Sbaglia nel rifiutarsi di concepire Dio come sommo Ente, ipsum Esse per se subsistens, immutabile, impassibile, eterno, infinito, onnipotente. Dio per Vattimo è l’evento, Ereignis heideggeriano. Non è un Dio giudice che fa giustizia, ma un Dio che lascia fare agli uomini tutto ciò che loro salta in testa lasciando ciascuno in balìa delle proprie passioni.
Abbiamo così un Dio che approva tutto quello che il singolo decide. Un Dio che non gode nel fare giustizia, anche se l’uomo è un «porcellone», evidente allusione all’immagine tradizionale del porco come simbolo del lussurioso. Forse che Vattimo è alla ricerca della legittimazione della sua pratica omosessuale?
L’articolista tesse le lodi della «carità di Vattimo, che si rivolge in basso verso la concretezza dell’esistenza umana, piuttosto che in alto verso le inaccessibili sfere della verità metafisica», come a dire: una carità che non è anzitutto amore per il Dio altissimo e trascendente, vetta suprema dell’essere, ma è attaccamento all’uomo nella sua contingenza e corruttibilità.
L’articolista cita in tono critico il rimprovero fatto a Vattimo da alcuni di aver «indebolito la verità, banalizzato la filosofia e dimenticato la “durezza” della realtà a scapito di un sapere meno sapiente». Hanno perfettamente ragione. Vattimo, col pretesto di eliminare dogmatismo e la violenza, indebolisce la forza e l’acume della ragione, crea personaggi senza spina dorsale, servi del mondo, pronti ad ogni compromesso pur di restare a galla e purchè li si lasci liberi di seguire tutte le loro voglie.
La filosofia di Vattimo finge di promuovere la misericordia, ma con la sua cortezza di vedute e col suo rifiuto di guardare in alto e di fondarsi sulla roccia, di basarsi sul solido, sull’assoluto e sull’eterno, crea delle mezze figure, dei personaggi smidollati, pronti a fare tutte le parti, simili a canne sbattute dal vento, costruttori che costruiscono sulla sabbia, altro che misericordiosi! Per essere misericordiosi occorre avere salde convinzioni, senza farsi spaventare dai potenti. Nella visione di Vattimo i deboli sono in piena balia dei prepotenti, esattamente come la pensava il maestro di Vattimo Nietzsche, che dice queste cose con totale chiarezza.
Vattimo cita a sproposito l’ama et fac quod vis di Sant’Agostino, il quale non intendeva affatto con ciò avallare il volontarismo scettico e individualista di Vattimo, ma si riferisce al primato della carità in coloro che applicando diligentemente la legge divina, raggiungono la libertà dei figli di Dio.
Vergogna
Per concludere, un’osservazione che balza agli occhi. L’Avvenire è il quotidiano patrocinato dalla CEI. È l’unico quotidiano dichiaratamente cattolico a larga diffusione che abbiamo in Italia. Viceversa, ormai da molti anni esso ospita spesso encomi, panegirici o scritti di personaggi che falsificano o denigrano il cattolicesimo ed esaltano eresie e dottrine anticattoliche. Che senso ha tutto questo?
Perchè darci la zappa sui piedi? Non ci pensano abbastanza i nostri nemici a distruggere la Chiesa? I Vescovi che cosa fanno? Di che cosa si occupano? Un quotidiano cattolico non dovrebbe occuparsi di personaggi esemplari nel campo cattolico? Non dovrebbe ospitare scritti che ci aiutino a confutare gli errori e ad apprezzare i valori? Oppure personaggi che ci stimolano ad abbandonare la fede?
Se non fa questo lavoro un quotidiano che si professa cattolico, chi lo deve fare? Questi articolisti anticattolici non hanno la possibilità di scrivere da altre parti, perchè debbano proprio essere ospitati in Avvenire?
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 15 febbraio 2025
La filosofia di Vattimo finge di promuovere la misericordia, ma con la sua cortezza di vedute e col suo rifiuto di guardare in alto e di fondarsi sulla roccia, di basarsi sul solido, sull’assoluto e sull’eterno, crea delle mezze figure, dei personaggi smidollati, pronti a fare tutte le parti, simili a canne sbattute dal vento, costruttori che costruiscono sulla sabbia, altro che misericordiosi! Per essere misericordiosi occorre avere salde convinzioni, senza farsi spaventare dai potenti. Nella visione di Vattimo i deboli sono in piena balia dei prepotenti, esattamente come la pensava il maestro di Vattimo Nietzsche, che dice queste cose con totale chiarezza.
Vattimo cita a sproposito l’ama et fac quod vis di Sant’Agostino, il quale non intendeva affatto con ciò avallare il volontarismo scettico e individualista di Vattimo, ma si riferisce al primato della carità in coloro che applicando diligentemente la legge divina, raggiungono la libertà dei figli di Dio.
Immagine da Internet
Carissimo padre Giovanni condivido pienamente quanto ha scritto in riferimento all’articolo comparso sul quotidiano cattolico Avvenire che lei cita: “La carità di Vattimo e i suoi nemici laici”. L’articolista, elogiando la riscoperta di questo personaggio di un “cristianesimo minore” più vero, più autentico, più prossimo alle sue origini evangeliche, riporto quanto scrive: “Più alla testimonianza storica del fondatore e dei suoi primi “poveri” seguaci, che ai trionfi speculativi della metafisica aristotelica e platonica. È il concetto di charitas che il filosofo torinese pone al centro, perché laddove c’è la carità anche la verità assume una luce diversa, più “reale”, più vivida, una carità che apre le porte: “alla diversità, allo straniero, all’inaspettato, non cerca di ingabbiarlo in uno spazio che non gli appartiene, e lo lascia vivere nella sua alterità”. Ma questa è la carità cristiana? Ma di quale charitas stiamo parlando? Il cristiano prima di tutto, alla scuola dei Padri della Chiesa, e meditando le Sacre Scritture, afferma che l’essenza della vita cristiana è partecipare alla vita divina e quindi anche a tutte le sue qualità e caratteristiche. Dio vuole unirsi profondamente con l’uomo per renderlo partecipe dell’amore eterno increato esistente nella Trinità. E mi sembra che Vattimo non si rifaccia aquesta visione di Dio e al comandamento dell’amore come ce lo ha vissuto Nostro Signore, come ce lo ha comunicato ed insegnato: «Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi; dallo Spirito che ci ha dato». (1Gv 3,23) Vattimo rifiuta ogni riferimento al Trascendente e ad una morale normativa perché il suo pensiero è di matrice nichilista che ha prodotto il relativismo a livello filosofico, culturale ed etico.
RispondiEliminaGiustamente come lei osserva che per Vattimo importante non è la verità, ma la carità. Ma la carità si fonda e si esercita nella verità di Dio che è appunto Amore, ma se non si riconosce questo amore non si è nella verità, perché, parafrasando San Tommaso la verità per noi è l’adeguamento, è il conformare il nostro intelletto e la nostra volontà all’amore misericordioso di Dio.
Poi dal punto di vista strettamente metafisico, indebolito l’essere, anche la verità viene conseguentemente ridimensionata rispetto alle sue pretese di validità e stabilità: «il vero […] non ha natura metafisica o logica, ma retorica» e, secondo quanto suggerisce Vattimo, si costruisce solamente nel processo interpretativo. Su questi presupposti nasce il cosiddetto “pensiero debole” con i suoi esiti nichilistici che ha prodotto il relativismo a livello filosofico, culturale ed etico, di cui stiamo pagando le conseguenze, denunciato a suo tempo dal compianto santo Padre Benedetto XVI.
Caro Don Vincenzo, condivido pienamente tutto quello che lei dice, anche nelle sue osservazioni che riprendono il mio discorso, gli danno fondamento e lo rendono più persuasivo. Per questo la ringrazio vivamente del suo contributo.
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