Logica binaria e logica ternaria - Logica aristotelica e logica farisaica - Prima Parte (1/4)

 

Logica binaria e logica ternaria

Logica aristotelica e logica farisaica

Prima Parte (1/4)

 

Il rispetto della logica è indispensabile

a una vita umana degna di essere vissuta

Lo scontro fondamentale tra Cristo e i farisei si pone sul piano della logica, del ragionare retto ed onesto. Gesù chiede limpidezza e lealtà nel pensare e nel parlare; i farisei fanno leva sull’astuzia, sulla doppiezza e sull’ipocrisia. L’opposizione fra credenti e non credenti presuppone un’opposizione preliminare e più radicale fra chi ragiona e chi non ragiona.

San Tommaso ha utilizzato la logica di Aristotele, che è la logica naturale della ragione umana,  per interpretare la logica evangelica perché si è accorto che il modo di pensare di Cristo era basato sul fondamentale principio logico di non-contraddizione ampiamente giustificato, illustrato e dimostrato da Aristotele nel IV libro della Metafisica contro la sofistica di Protagora, nella quale Tommaso ha giustamente individuato la logica dei farisei.

Il principio di non contraddizione dice che non si può affermare e negare simultaneamente di una cosa la medesima cosa. Esso nell’ordine del pensiero riflette ciò che nella realtà è il principio di identità: ogni ente non può essere e non essere simultaneamente e sotto lo stesso aspetto.

Se non si rispetta il principio di non-contraddizione nel nostro pensare o parlare ci contraddiciamo, cadiamo nel contradditorio, che, essendo un pensiero che si distrugge da solo, è un pensiero che non ha senso.  Questo è il contraddirsi. 

Esiste anche il contraddire. Il principio di non contraddizione proibisce non solo di contraddirsi, ma anche di contraddire, come per esempio avviene nella disobbedienza a un ordine giusto Ma in che senso? Contraddire a ciò che è vero. Se io contraddico a uno che dice il falso, faccio bene. Ma se contraddico al vero, se dico essere ciò che non è, faccio male.

Una proposizione contradditoria è certamente falsa, ma una proposizione falsa non è necessariamente contradditoria o incoerente. Una proposizione contradditoria è inintellegibile. Invece una proposizione falsa può essere perfettamente intellegibile. Gli empiristi dicono che le proposizioni della metafisica non hanno senso non perché esse effettivamente non abbiano senso, ma perché sono loro che non le capiscono.

Occorre distinguere però nel campo della contraddizione ciò che è impossibile da ciò che è proibito. Contraddire al vero è proibito proprio perchè è possibile. Ammettere come reale ciò che è contradditorio è impossibile anche volendolo. Credere che sia possibile un cerchio quadrato o che l’essere non sia è vano. Posso dirlo a parole, ma non posso pensarlo.

Bisogna inoltre distinguere il contraddire teorico dal contraddire pratico. La contraddizione logica o intellettuale è un giudizio autoconfutativo o autodistruggente, la cui attuazione pratica è impossibile. La contraddizione pratica invece è quell’atto della volontà col quale essa vuole ciò che è proibito da Dio. È la disobbedienza alla legge divina. Non è altro che il peccato.

In questo senso Cristo è «segno di contraddizione». La sua condotta e il suo insegnamento di piena obbedienza a Dio, poiché in Cristo c’è solo il sì, suscita l’odio dei nemici di Dio, ossia di coloro che non vogliono obbedire a Dio, ma Lo contraddicono e Gli si oppongono facendo il contrario di quello che Egli vuole.

Questi atti ostili e contrari alla volontà di Dio non dipendono da pensieri contradditori, perché questi, essendo assurdi, sono irrealizzabili. Invece il peccato è un’intenzione del tutto realizzabile. Il peccato è una triste realtà, benchè il male appartenga all’orizzonte della privazione e quindi del non-essere. I peccati comunque partono da intenti intellegibili, che quindi possono essere realizzati.

Tuttavia nel peccato c’è sempre l’ipocrisia. Basati come sono su di un giudizio falso circa ciò che è bene, questa falsità è legata alla doppiezza. Essi cioè si basano su di una logica ternaria. Per logica ternaria indo una logica che non oppone il sì al no, ma pretende farli stare assieme. Il peccato è sempre l’attuazione nella prassi di una logica ternaria, per la quale il soggetto serve a due padroni.

Infatti il peccato, in quanto atto umano, non può non orientarsi verso un fine ultimo, ma siccome il peccatore rende fine ultimo la propria volontà e non quella di Dio, ecco che nella pratica egli prende una direzione terza fra il sì e il no a Dio, e questa terza direzione non è altro che la sua scelta consistente nell’atto del peccare. Per questo Cristo dice che il demonio è omicida perché è menzognero.

La logica di Cristo è la logica binaria ossia una logica che nel pensare e nel giudicare ammette solo due possibilità: o il sì o il no; o è così o non è così; o il vero o il falso. Qui si tratta di contrari, dove il soggetto è il medesimo. Non che questo tipo di opposizione non ammetta le sfumature, le gradazioni, il grigio fra il bianco e nero. Questo è un altro discorso. Quello che non ammette il principio di non-contraddizionme è che una data sfumatura sia e non sia ad un tempo quella data sfumatura.

Il ragionare corretto è di fondamentale importanza per garantire la felicità e il benessere della nostra vita. Il mancato rispetto di questo principio, soprattutto quando ci sono in gioco i valori fondamentali della vita e della morale, provoca nel pensare e quindi nell’agire dei danni gravissimi che frustrano con falsi beni o falsi fini il conseguimento di quei fini veramente costruttivi e salutari.

La logica ternaria

Cristo esprime le esigenze nel pensare, nel ragionare, nel giudicare e nel parlare del principio di non-contraddizione con le sue famose parole di estrema semplicità ma di fondamentale importanza: il vostro parlare sia: sì, sì, no, no. Il resto appartiene al diavolo, cioè al bugiardo, al menzognero, a colui che non ha perseverato nella verità.

La logica ternaria invece in che cosa consiste? È quella che rifiuta questo aut-aut o questa alternativa o essere o non essere, o vero o falso, o bene o male, ma sostituisce l’aut-aut con l’et-et, come se i due termini non fossero opposti, non si escludessero a vicenda, ma potessero stare assieme, come se li potessimo assumere entrambi e fossero semplicemente diversi o reciprocamente connessi, come se l’uno avesse bisogno dell’altro, cosicchè l’essere non richiede l’esclusione del non-essere, il vero non respinge il falso, il bene sta assieme col male.

Nella logica ternaria tra il sì e il no non c’è esclusione reciproca come nella logica binaria, ma al contrario c’è una relazione, c’è una mediazione, la quale è la sintesi che unisce tesi (sì) e antitesi (no). Sì e no sono solo due lati della verità: il vero, come dice Hegel, è la «totalità», l’«intero», ossia la sintesi di sì e di no. Il vedere o l’accogliere il sì rifiutando il no, per Hegel è una visione «unilaterale», incompleta, parziale e quindi falsa. Il vero è solo nell’associazione del vero col falso.

La logica ternaria comporta tre momenti: l’opposizione tra l’affermazione (sì) e la negazione (no) è per lei non sufficiente a stabilire la verità, ma crede che il vero, come dirà chiaramente Hegel, è assicurato dalla congiunzione del sì e del no, la cosiddetta «sintesi». Quindi abbiamo i tre famosi momenti della dialettica hegeliana della tesi, della antitesi e della sintesi.

Questa logica confonde l’altro o diverso con l’opposto, il contrario col contradditorio. Certo il falso è altro dal vero, è diverso dal vero, ma non basta fermarsi qui. La vera alterità o diversità o contrarietà comportano coesistenza dei diversi, degli altri, dei contrari. Invece i contradditori sono incompossibili: o esiste l’uno e esiste l’altro: non possono esistere assieme. Possono coesistere l’estate con l’inverno, la giustizia con la misericordia, il massimo col minimo, ma non può coesistere l’uomo col non-uomo, Dio con non-Dio, l’esser-questo col non esser-questo. Nei contrari il soggetto è lo stesso; nei contradditori nega sé stesso.

Mentre la logica binaria è ripresa dal Nuovo Testamento, la logica ternaria ricompare nella Kabbala e nella falsa mistica. Purtroppo la si ritrova in Dionigi l’Areopagita, maestro stimatissimo di spiritualità per tutto il medioevo, ma che alla conclusione della sua Teologia mistica, per esprimere la mistica trascendenza della divina essenza usa delle espressioni contradditorie. Dice che la causa prima

 

«non è né errore né verità; di essa non si dà né affermazione né negazione, bensì affermando e negando le realtà posteriori ad essa né la affermiamo né la neghiamo, perché la causa totale e unica di tutte le realtà è anche al di sopra di ogni affermazione e l’eminenza di ciò che è semplicemente svincolato da tutte le realtà e al di sopra della loro totalità è anche al di sopra di ogni negazione»[1].

La logica ternaria nella storia della logica si affianca sempre alla logica binaria, che è la logica naturale della ragione, mentre la logica ternaria corrisponde alla logica della ragione corrotta dal peccato originale. La logica ternaria compare in Grecia con i sofisti e Protagora, è presente anche nella storia dell’induismo. per esempio con Nagarjuna. È la logica della confusione fra l’apparenza e la realtà, è la logica della riduzione dell’in-sé a al per-me, dell’oggettivismo al soggettivismo.

Nomi famosi che si potrebbero fare nel cammino della logica ternaria sono quelli di Guglielmo di Ockham, Cusano, Lutero, Giordano Bruno, Hegel e Nietzsche. Dionigi l’Areopagita ci casca senza volere a causa di una preoccupazione esagerata di esaltare il mistero di Dio. Se calchiamo troppo sulla sua trascendenza, oscurità, infinità, incomprensibilità ed ineffabilità, rischiamo alla fine di dire tutto e il contrario di tutto, e quindi di non dire nulla o di confondere il teismo con l’ateismo o la mistica col nichilismo.

La logica ternaria è sottesa anche laddove, come in Guglielmo di Ockham, il bene e il male non sono fondati nella realtà, ma solo sulla volontà divina, per cui una cosa non è buona in se stessa o di per sé, così da escludere assolutamente che possa essere simultaneamente cattiva, ma può essere buona o cattiva a seconda della volontà divina, la quale nella sua onnipotente libertà può stabilire per esempio che l’adulterio sia un bene come che sia un male, sicchè l’adulterio da un punto di vista assoluto è bene e male ad un tempo e se di fatto è un male è solo perchè Dio di fatto ha voluto così.

Tutto lo scontro di Cristo con i farisei, gli scribi e i dottori della legge si riassume e gira attorno a questo punto fondamentale che mette in gioco in fondo la questione fondamentale dell’essenza della verità e in special modo della verità su Dio.

L’insegnamento e l’esempio di Cristo in certi casi a tutta prima possono apparire stolti, scandalosi e contrari alla ragione. Sembrano contraddire al principio di non-contraddizione, ma non è così. A cominciare dai Santi Padri, tutti i grandi teologi del cattolicesimo, tutti gli scritti dei Santi, tutta la teologia scolastica, soprattutto San Tommaso d’Aquino, confermati dal Magistero della Chiesa ci sono di aiuto a risolvere le apparenti contraddizioni che appaiono ogni tanto negli insegnamenti di Cristo.

Fine Prima Parte (1/4)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 28 febbraio 2025


Questa logica confonde l’altro o diverso con l’opposto, il contrario col contradditorio. Certo il falso è altro dal vero, è diverso dal vero, ma non basta fermarsi qui. La vera alterità o diversità o contrarietà comportano coesistenza dei diversi, degli altri, dei contrari. Invece i contradditori sono incompossibili: o esiste l’uno e esiste l’altro: non possono esistere assieme. 

Possono coesistere l’estate con l’inverno, la giustizia con la misericordia, il massimo col minimo, ma non può coesistere l’uomo col non-uomo, Dio con non-Dio, l’esser-questo col non esser-questo. Nei contrari il soggetto è lo stesso; nei contradditori nega sé stesso.

 
Immagini da Internet: paesaggio d'estate e d'inverno

[1] Mistica teologia, e Epistole I-V, Edizioni ESC-ESD, Bologna 2011, p.263.

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