Una falsità su Papa Francesco
La questione dei valori non negoziabili
Il quotidiano Avvenire del 23 aprile scorso, per ricordare l’insegnamento morale del defunto Pontefice, ha pubblicato un articolo di Mons. Bruno Forte dal titolo: «Forte: oltre i “valori non negoziabili”, fedele alla dottrina con parole nuove»[1].
In esso Mons. Forte afferma che il Papa nei suoi insegnamenti «non ha mai usato l’espressione “valori non negoziabili”». A sostegno della sua tesi il Prelato cita un’espressione di Papa Francesco in un’intervista concessa al Corriere della sera del 5 marzo 2014, dove egli effettivamente disse: «non ho mai compreso i valori non negoziabili».
Devo dire con tutta franchezza e una punta di amarezza che queste parole del Papa mi hanno estremamente sorpreso per non dire sconcertato. Infatti nel sentire queste parole mi ricordai con quanta forza ed insistenza Papa Benedetto, che da appena un anno aveva dato le dimissioni, aveva inteso sottolineare nell’etica naturale e cristiana l’esistenza e l’importanza di valori non negoziabili, un’espressione metaforica di facile e comune intendimento, tratta dalle transazioni commerciali, per dire valori assoluti, immutabili ed irrinunciabili, non in vendita, non trafficabili, per conservare i quali bisogna esser pronti a pagare qualunque prezzo fino alla stessa vita, valori fondanti, senza i quali la vita non avrebbe valore, valori supremi, insuperabili e intrascendibili, al di là dei quali nulla esiste di moralmente valido.
Al leggere quelle parole del Papa non riuscii a capacitarmi di come non avesse potuto capire una metafora così chiara e di uso comune e non avesse temuto di mancar di riguardo al suo Predecessore ancora vivo.
Ora, per quanto riguarda Mons. Forte, bisogna dire che la sua affermazione è palesemente falsa, e lo è in modo grave, data la grandissima importanza – i fondamenti della morale cristiana – del tema al quale quella metafora si riferisce, proprio oggi che, se c’è un problema che affligge la Chiesa e la società è proprio quello della svendita e della relativizzazione dei valori assoluti in nome di un relativismo, un evoluzionismo e uno storicismo modernisti, che vorrebbero darci ad intendere di costituire le esigenze del Concilio Vaticano II, quando ne sono un’abominevole falsificazione, che induce certi cattolici tradizionalisti ma non illuminati a maledire il Concilio, il quale viceversa è la confutazione del modernismo e la proposta della sana modernità e del giusto senso della storia.
Ma ecco che Papa Francesco, dopo esser stato certamente consigliato e sollecitato da saggi collaboratori o aver ascoltato le giuste rimostranze o comprensibili lamentele dei fedeli, ci ha dato una splendido esempio di umiltà ed onestà: sei anni dopo lo spiacevole episodio, nel 2020, nell’enciclica[2] famosissima Fratelli tutti il Papa, in un contesto di nobilissime espressioni, corresse se stesso da quella infelicissima espressione affermando decisamente e con convinzione, senza alcuna riserva, ma anzi con opportune spiegazioni, la dottrina dei valori non negoziabili.
Ricordiamo le sue importantissime parole, dove questa volta lo splendore del carisma di Pietro appare in tutta chiarezza, quasi a rimediare allo spiacevole episodio e a cancellarne la memoria, bellissimo gesto di un Papa, consapevole della sua umana fallibilità e pronto a riconoscerla e a rimediarvi in nome della sua infallibilità petrina:
Le parole del Papa
«211. Accettare che ci sono alcuni valori permanenti, benché non sia sempre facile riconoscerli, conferisce solidità e stabilità a un’etica sociale. Anche quando li abbiamo riconosciuti e assunti grazie al dialogo e al consenso, vediamo che tali valori di base vanno al di là di ogni consenso, li riconosciamo come valori che trascendono i nostri contesti e mai negoziabili. Potrà crescere la nostra comprensione del loro significato e della loro importanza – e in questo senso il consenso è una realtà dinamica – ma in sé stessi sono apprezzati come stabili per il loro significato intrinseco.
212. Se una certa cosa rimane sempre conveniente per il buon funzionamento della società, non è forse perché dietro ad essa c’è una verità perenne, che l’intelligenza può cogliere? Nella realtà stessa dell’essere umano e della società, nella loro natura intima, vi è una serie di strutture di base che sostengono il loro sviluppo e la loro sopravvivenza. Da lì derivano determinate esigenze che si possono scoprire grazie al dialogo, anche se non sono costruite in senso stretto dal consenso. Il fatto che certe norme siano indispensabili per la vita sociale stessa è un indizio esterno di come esse siano qualcosa di intrinsecamente buono. Di conseguenza, non è necessario contrapporre la convenienza sociale, il consenso, e la realtà di una verità obiettiva. Tutt’e tre possono unirsi armoniosamente quando, attraverso il dialogo, le persone hanno il coraggio di andare fino in fondo a una questione.
214. Agli agnostici, questo fondamento potrà sembrare sufficiente per conferire una salda e stabile validità universale ai principi etici basilari e non negoziabili, così da poter impedire nuove catastrofi. Per i credenti, la natura umana, fonte di principi etici, è stata creata da Dio, il quale, in ultima istanza, conferisce un fondamento solido a tali principi. Ciò non stabilisce un fissismo etico né apre la strada all’imposizione di alcun sistema morale, dal momento che i principi morali fondamentali e universalmente validi possono dar luogo a diverse normative pratiche. Perciò rimane sempre uno spazio per il dialogo».
Il vero pensiero del Papa, che cogliamo in questo documento, non è affatto «andare «al di là dei valori non negoziabili», che non ha nessun senso, perché essi, essendo i massimi e i più alti, non ammettono nessun al di là. Non si può andare al di là dell’ottimo, dell’assoluto, del supremo e dell’ultimo. Tutto il problema della perfezione morale, della salvezza e della santità sta invece nel poterli custodire e svilupparli o realizzarli il meno imperfettamente possibile, pronti a spendere tutto per conquistarli, ad ogni sacrificio per raggiungerli, a pagare ogni prezzo per non perderli e a non venderli per un piatto di lenticchie.
Disprezzare la metafisica costa caro
Ancora una volta Avvenire dà prova, nonostante il suo legame con la CEI e il dichiarato riferimento al cattolicesimo, di non essere all’altezza del suo compito, di non essere un vero e coerente quotidiano cattolico, o di esserlo, per così dire, a singhiozzo, e di lasciarsi infettare da una diffusa e influente mentalità modernista, alleata con la cultura positivista, storicista, massonica, protestante e marxista, chiamata da alcuni «pensiero unico», mainstream, «linguaggio del politicamente corretto», dittatura del relativismo, che è un’emanazione del potere del danaro e del sesso, finta madre dei poveri e della misericordia, esperta nel circuire il Papa e a strumentalizzarlo per i propri interessi.
Mons. Forte – diciamolo con franchezza nel pieno rispetto per la sua persona – compie un’azione disonesta, quella di voler tirare il Papa dalla propria parte approfittando slealmente di una debolezza, della quale il Papa si è liberato. È impossibile che Mons. Forte non conosca la Fratelli tutti. Crede forse che il cattolico normale non abbia scoperto la sua mossa? A chi vorrebbe darla ad intendere? E allora come ha osato fare un’operazione del genere? Si rende conto della gravità del gesto? Che cosa crede di ottenere? E Avvenire non è forse complice? Ma quali forze stanno dietro a questo infelice quotidiano? In quali mani è caduto?
Sarebbe questa la fedeltà al Papa? O non è forse uno spudorato farsi beffe di lui? Che differenza c’è allora tra lui e Viganò che dà dell’eretico al Papa? Negare l’esistenza, assolutezza ed immutabilità dei valori morali, dei comandanti divini, della legge morale naturale e divina non è un’eresia? Non vuol dire scardinare le basi della convivenza umana ed ecclesiale?
Conosco il pensiero di Mons. Forte dal 1981, quando studiavo teologia all’Angelicum a Roma in vista del dottorato in teologia e mi accorsi già allora della sua tendenza storicista ed incapacità ad apprezzare la metafisica. Ricordo che quando successivamente lavoravo in Segreteria di Stato negli anni ’80, come collaboratore di San Giovanni Paolo II, che teneva moltissimo ai valori non-negoziabili, scrissi sulla rivista cattolica VivereIn un articolo dal titolo «Il pensiero debole di Bruno Forte». Tanta perseveranza nell’errore Forte avrebbe fatto meglio ad impiegarla nella verità.
Il suo bel nome, invece di farsi influenzare da Vattimo, avrebbe dovuto stimolarlo ad un pensare saldo, solido, ben fondato, fonte di certezza, alla percezione e stima dei valori immutabili, che sono quelli più importanti e vitali, i valori filosofici, metafisici, spirituali, morali, religiosi, divinamente rivelati e dogmatici. Se l’azione morale è nel concreto, è impossibile percepire il valore universale della legge, del bene e della volontà divina senza l’opera astrattiva dell’intelletto.
Le idee astratte, se ben fondate, non sono le idee campate per aria, non sono evasione dalla realtà, ma penetrazione nel suo fondo e nel suo intimo e salita al suo vertice, e pertanto sono il presupposto dell’azione moralmente retta, giusta e santa. È solo nell’idealismo che l’azione reale è confusa con l’azione pensata, per cui l’idealista, quando ha formato nella sua mente delle belle idee, crede già di aver cambiato il mondo.
Mentre è proprio lo storicista, pronto a negoziare i valori, pur di salvare la pelle, cieco alla metafisica e affamato delle cipolle di Egitto, colui che non guarda al cielo ma è chiuso nelle cose della terra, colui che relativizza l’assoluto, colui il quale per conseguenza assolutizza di relativo e si attacca a ciò che perisce, colui che si lascia sfuggire la vita immortale, che costruisce sulla sabbia ed è come la canna sbattuta dal vento.
Un’azione morale, pastorale, sociale, politica ed umanitaria, che si proclami a sostegno della pace e della giustizia e a favore dei poveri e degli oppressi, ma che non si basi sui valori non negoziabili, che non onori il Dio immutabile, che è nei cieli al di là della storia e che non abbia una base metafisica, è pura ipocrisia, è puro farisaismo, è pura impostura. La storia non è fine a sé stessa, ma ha la sua meta ultima nell’abbraccio con l’Eterno. «Se non ci fosse l’Immobile – diceva già il saggio Aristotele -, non ci sarebbe neppure il divenire».
Il divenire storico è certo anch’esso realtà vitale, che però non va messo al vertice della realtà e soprattutto non dev’essere attribuito a Dio[3] e tanto meno alla Santissima Trinità[4]. Ciò, oltre ad essere un grave errore metafisico-teologico, è esplicitamente escluso dal dogma di Calcedonia, dove è detto che la natura umana e la natura di Cristo sino unite senza mutazione (atrèptos), senza mescolanza (asynchytos), senza separazione (acorìstos), senza divisione (adiairètos). C’è l’unione senza confusione e la distinzione senza separazione.
Con l’Incarnazione Dio è certamente entrato nella storia, ma restando Dio. Se Egli è sceso in terra, non per questo ha abbandonato il cielo. La natura divina non si è mutata in natura umana, ma è rimasta divina e immutabile[5] Se Cristo ha assunto le nostre sofferenze, questo non vuol dire che Dio soffra[6]. La Chiesa ha più volte condannato l’idea che Dio possa mutare o soffrire.
Che cosa mai infatti deve divenire Dio, che non lo sia già, Egli che è Tutto? Quindi con l’Incarnazione non diventa uomo, ma crea una natura umana, quella di Cristo, che unisce a Sè nell’unità della Persona del Figlio. E come fa a soffrire, Egli che non può essere privato di nulla? Non è proibito comunque immaginare a modo di metafora che Egli soffra, provi compassione o dispiacere, purchè ci ricordiamo che queste immagini servono solo a rappresentare degli atti dello spirito, cioè le cose che noi non vogliamo. Infatti a queste cose in Dio corrisponde semplicemente un atto del suo non-volere. Dio può volere il male di pena ma non può patire Egli stesso. Il che non vuol dire che non sappia che cosa è il soffrire. Lo sa infinitamente meglio di noi, ma solo col suo intelletto.
La teologia di Bruno Forte
Bruno Forte fa dire al Papa che non accetta valori non negoziabili perché Forte è uno storicista nemico della metafisica, che vuol tirare il Papa dalla sua parte e presentare anche il Papa come uno storicista. Infatti chi è lo storicista? È colui per il quale tutto è storia. Riprendendo il pensiero di Vico portato a compimento da Hegel, per lo storicista la realtà è ciò che fa l’uomo, le opere dell’uomo, sono le imprese storiche e i fatti umani nel corso del tempo.
Tutta la realtà dallo storicista viene riassunta in ciò che fa l’uomo, perché solo di ciò, secondo lo storicista, si può conoscere il vero, vero che è quello che è concepito e realizzato dall’uomo, siano le sue azioni o siano i prodotti della sua arte e del suo lavoro. E poiché il pensare e l’agire umano nel tempo mutano, anche il contenuto del sapere muta, per cui ciò che era vero ieri, oggi è falso e ciò che è falso oggi sarà vero domani. Non esistono verità immutabili e per conseguenza valori morali immutabili. Tutti possono essere negoziati.
Per lo storicista noi non conosciamo con certezza in modo definitivo ciò che non facciamo noi, per cui, del mondo e di Dio, che evidentemente non facciamo noi, conosciamo solo ciò che noi pensiamo o facciamo riguardo a loro. Anche qui vale il motto vichiano, verum ipsum factum.
Dunque anche il mondo e Dio, per poter avere una verità per noi, devono essere concepiti come pensati da noi, in sostanza come nostri pensieri e peraltro mutevoli nel tempo. Allora, siccome il pensare dell’uomo muta, ne consegue che anche Dio muta. Sotto questo punto di vista lo storicista raggiunge il mutabilismo di Eraclito: tutto muta, tutto diviene, a cominciare da Dio.
La realtà per lo storicista non appartiene all’orizzonte dell’essere, concetto troppo astratto, ma del divenire, del tempo e della storia umana, realtà concrete e maneggiabili. La realtà è storia, Dio è storia. L’eterno è ammesso; non però come essere eterno, ma come eterno divenire. L’eterno non trascende il tempo, ma è un’eterna temporalità.
Se allora oggetto della metafisica è l’essere, un essere che ha il primato sul divenire, si capisce allora come lo storicista espella dal campo del sapere la metafisica per sostituirla con la storia. Per lui non si tratta di indagare con metodo dimostrativo o dialettico una realtà permanente, sovratemporale ed immutabile, ma di narrare lo svolgimento di una storia concreta, che è la stessa storia di Dio nel mondo.
Un’opera di Forte che, almeno dal titolo, sembrerebbe mostrare interesse per la metafisica è Sui sentieri dell’Uno. Metafisica e teologia[7]. Ma se poi andiamo a vedere il contenuto effettivo, ci troviamo davanti ad una rassegna storica di Autori di indubbio interesse e valore, ma che poco o nulla hanno a che vedere con la metafisica, quando non vi sono dichiaratamente ostili, come Lutero o ignari, come San Cirillo d’Alessandria, Gioacchino da Fiore, l’illuminismo e Kierkegaard, nomi che non troveremo mai in un trattato di metafisica, essendo i loro interessi di carattere mistico, teologico, morale, ascetico, letterario, spirituale, biblico ed ecclesiale. Il tema dell’Uno e della Totalità, che sarebbe effettivamente di interesse metafisico, vi è appena accennato e per nulla sviluppato.
In conclusione, quale servizio rende l’articolo di Forte a Papa Francesco? Nessuno. Anzi gli fa fare una brutta figura presentandolo come un mezzo modernista in contrasto con Benedetto XVI sul tema delicatissimo della fondazione della morale. Commemorare in questo modo la scomparsa di un Papa dai tratti fortemente originali, che lascerà una traccia molto importante nella storia del nostro secolo e del Papato, non è certo il modo migliore: vuol dire fornire argomenti polemici ai nemici passatisti di Francesco e dare una vana speranza ai modernisti, che già si stanno organizzando per portare al soglio pontifico uno di loro, come già tentarono con Francesco, il quale invece li ha amaramente delusi, allorchè egli, anziché tessere le lodi di Rahner, come avrebbero ardentemente desiderato, si son visti elogiare e raccomandare San Tommaso, Dottore Comune della Chiesa.
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 27 aprile 2025
"Se una certa cosa rimane sempre conveniente per il buon funzionamento della società, non è forse perché dietro ad essa c’è una verità perenne, che l’intelligenza può cogliere?"
Immagine da:
[2] https://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20201003_enciclica-fratelli-tutti.html
[3] Vedi di Forte Gesù di Nazaret storia di Dio, Dio della storia Saggio di cristologia come storia, Edizioni Paoline, Milano 1985.
[4] Vedi di Forte Trinità come storia Saggio sul Dio cristiano, Edizioni Paoline, Milano 1985.
[5] Vedi il mio articolo LA QUESTIONE DELL’IMMUTABILITA’ DIVINA, in Rivista Teologica di Lugano, n.1, marzo 2011, pp.71-93.
[6] Vedi il mio articolo IL MISTERO DELL’IMPASSIBILITA’ DIVINA, in Divinitas, 2, 1995, pp.111-167.
[7] Morcelliana, Brescia 2002.
"Negoziare la propria fedeltà a Dio è come negoziare la propria identità. E a questo proposito il Pontefice ha ricordato il libro Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson, figlio dell’arcivescovo di Canterbury Edward White Benson, nel quale l’autore parla dello spirito del mondo e «quasi come fosse una profezia, immagina cosa accadrà. Quest’uomo, si chiamava Benson, si convertì poi al cattolicesimo e ha fatto tanto bene. Ha visto proprio quello spirito della mondanità che ci porta all’apostasia». Farà bene anche a noi, ha suggerito il Pontefice, pensare a quanto raccontato dal libro dei Maccabei, a quanto è accaduto, passo dopo passo, se decidiamo di seguire quel «progressismo adolescenziale» e fare quello che fanno tutti. E ci farà bene anche pensare a quanto è accaduto dopo, alla storia successiva alle «condanne a morte, ai sacrifici umani» che ne sono seguiti. E chiedendo «Voi pensate che oggi non si fanno sacrifici umani?», il Papa ha risposto: «Se ne fanno tanti, tanti. E ci sono delle leggi che li proteggono»." Papa Francesco
RispondiEliminaCaro Anonimo,
Eliminami ha fatto molto piacere la citazione delle bellissime parole di Papa Francesco, che non ricordavo affatto.
Devo dire con dispiacere che questa nuova testimonianza di Papa Francesco smentisce totalmente la falsa interpretazione di Mons. Forte.
Queste parole del Papa ci mostrano con ulteriore prova come purtroppo Mons. Forte non ci abbia riferito il vero pensiero del Papa.
https://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2013/documents/papa-francesco-cotidie_20131118_fedelta-non-negoziabile.html
"Si tratta, ha notato il Papa, di un tipico atteggiamento di quella «mondanità spirituale che Gesù non voleva per noi. Tanto che aveva pregato il Padre affinché ci salvasse dallo spirito del mondo».
RispondiEliminaQuesta mondanità nasce da una radice perversa, «da uomini scellerati capaci di una persuasione intelligente: “Andiamo e facciamo alleanza con i popoli che ci stanno intorno. Non possiamo essere isolati” né fermi alle vecchie nostre tradizioni. “Facciamo alleanze perché da quando ci siamo allontanati da loro ci sono capitati molti mali”». Questo modo di ragionare, ha ricordato il Papa, fu considerato buono tanto che alcuni «presero l’iniziativa e andarono dal re, a trattare con il re, a negoziare». Costoro, ha aggiunto, «erano entusiasti, credevano che con questo la nazione, il popolo d’Israele sarebbe diventato un grande popolo». Certo, ha notato il Pontefice, non si posero il problema se fosse più o meno giusto assumere questo atteggiamento progressista, inteso come un andare avanti a ogni costo. Anzi essi dicevano: «Non ci chiudiamo. Siamo progressisti». È un po’ come accade oggi, ha notato il vescovo di Roma, con l’affermarsi di quello che ha definito «lo spirito del progressismo adolescente» secondo il quale, davanti a qualsiasi scelta, si pensa che sia giusto andare comunque avanti piuttosto che restare fedeli alle proprie tradizioni. «Questa gente — ha proseguito il Papa tornando al racconto biblico — ha trattato con il re, ha negoziato. Ma non ha negoziato abitudini... ha negoziato la fedeltà al Dio sempre fedele. E questo si chiama apostasia. I profeti, in riferimento alla fedeltà, la chiamano adulterio, un popolo adultero. Gesù lo dice: “generazione adultera e malvagia” che negozia una cosa essenziale al proprio essere, la fedeltà al Signore». Forse non negoziano alcuni valori, ai quali non rinunciano; ma si tratta di valori, ha notato il Pontefice, che alla fine sono talmente svuotati di senso da restare soltanto «valori nominali, non reali»
Caro Anonimo,
Eliminaringrazio sentitamente anche per quest’altra citazione del Santo Padre, che si aggiunge a fare chiarezza sul suo vero pensiero.
Caro Padre, mi stupisco che ci siano prelati, addirittura arcivescovi, come nel caso di Bruno Forte, che cercano di arruolare Papa Francesco tra i modernisti, arrivando addirittura alla menzogna. A proposito dell'arcivescovo Forte ricordo che nella sua arcidiocesi di Chieti-Vasto vige l'obbligo di ricevere l'eucaristia in mano, commettendo un abuso nei confronti dei credenti che volessero riceverla in bocca, violando palesemente la Redemptionis sacramentum del 2004 [92]. Io mi chiedo: come la chiesa possa accettare questi comportamenti, non si può fare nulla? Si può impunemente mentire sul Papa e andare contro le istruzioni liturgiche senza conseguenze? Che fine ha fatto l'obbedienza nella chiesa? Mi ricordo che nel diario di santa Faustina Kowalska lessi che Gesù in un'apparizione, per farle capire il valore dell'obbedienza, le disse che se il suo confessore o la sua superiora le avessero detto di fare qualcosa che era il contrario di quello che lui le aveva detto in una apparizione, lei avrebbe dovuto obbedire al confessore o alla superiora.
RispondiEliminaIo vorrei vedere questo spirito di obbedienza in tutte le persone consacrate che sono esempio per noi poveri peccatori.
Prego sempre per Lei,
Giuseppe
Caro Giuseppe,
Eliminacertamente la figura di Mons. Forte ci lascia profondamente turbati. Quello che io mi domando è come mai in cinquant’anni non c’è stato nessun intervento da parte dell’autorità ecclesiastica al fine di avvertire questo teologo, che era caduto in gravi errori.
Infatti io conosco bene anche la sua cristologia, che ho criticato nel mio trattato di Cristologia “Il mistero della Redenzione”, Ed. ESD, Bologna, 2004, pp. 343-358.
Ciò che ci turba molto è anche il fatto che Avvenire abbia scelto questa circostanza delicatissima, che riguarda l’elezione del nuovo Papa, quasi a fare di Papa Francesco un modernista.
Si direbbe una mossa dei modernisti per proporre un Papa che sia secondo la loro linea. Ma possiamo essere sicuri che questa manovra verrà sventata, perché non è possibile che un Papa cada nell’eresia.
La categoria della "non negoziabilità" è emersa per la prima volta nel Magistero della Chiesa nella Nota era firmata dal cardinale Joseph Ratzinger, nella qualità di Prefetto della Congregazione e venne approvata da Papa Giovanni Paolo II. Nel paragrafo 3 della Nota si ribadisce che «non è compito della Chiesa formulare soluzioni concrete – e meno ancora soluzioni uniche – per questioni temporali che Dio ha lasciato al libero e responsabile giudizio di ciascuno».
RispondiEliminaBene Papa Benedetto XVI successivamente nella nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica emanata il 24 novembre del 2002 dalla Congregazione per la dottrina della fede sosteneva che se il cristiano è tenuto ad «ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali», egli è ugualmente chiamato «a dissentire da una concezione del pluralismo in chiave di relativismo morale, nociva per la stessa vita democratica, la quale ha bisogno di fondamenti veri e solidi, vale a dire, di principi etici che per la loro natura e per il loro ruolo di fondamento della vita sociale non sono negoziabili».
Questi principi “non sono negoziabili” perché legati e fondati sulla natura umana. Ad esempio la vita umana che va garantita, sostenuta e protetta dalla nascita fino alla morte naturale, riflette un principio etico e giuridico diffuso in molte culture e tradizioni religiose, che sottolinea l'importanza e la sacralità della vita umana in tutte le sue fasi.
“L'inviolabilità del diritto alla vita dell'essere umano innocente "dal momento del concepimento alla morte" è un segno e un'esigenza dell'inviolabilità stessa della persona, alla quale il Creatore ha fatto il dono della vita. (Cfr. Congregazione per la dottrina della fede. Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione n.4 anno 2002)
Qui è in gioco il bene integrale della persona messo in discussione dalle leggi civili che riguardano l’aborto, la procreazione artificiale, il suicidio assistito, l’utero in affitto, l’eutanasia con una ricaduta sulla tutela e la promozione della famiglia fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso alla quale non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza.
Altri principi non negoziabili sono appunto la famiglia, la libertà di educazione, la tutela sociale dei minori, la libertà religiosa, l’economia a servizio della persona e la pace. Questi principi costituiscono l’ossatura del diritto naturale. Negoziare su tali principi implica mettere in discussione non opzioni individuali per il bene (cosa che è sempre, in linea di principio, lecita), ma l’esistenza stessa di un bene umano universale, al quale tutte le persone hanno il diritto di attingere.
“Ogni giorno” – denunciava Papa Ratzinger – una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie’’. E durante tutto il suo pontificato gli ha fatto eco Papa Francesco che in «Evangelii gaudium» aveva affermato che il relativismo, con la sua «tremenda superficialità» sulle «questioni morali», non danneggia solo la religione «ma la vita sociale in genere».
Don Vincenzo
Don Vincenzo,
Eliminala ringrazio per la citazione delle parole di Ratzinger, sia da Cardinale che da Papa. In realtà Papa Francesco ha sempre sostenuto con forza i valori non negoziabili, dei quali lei fa l’elenco.
Inoltre mi ha fatto anche molto piacere leggere le parole di Papa Francesco contro il relativismo, contro il quale si scagliava anche Papa Benedetto. Da qui noi vediamo la sostanziale continuità dottrinale tra i due Papi, e diversamente non potrebbe essere, al di là di alcune differenze pastorali.
Trovo difficile interpretare le affermazioni di Bruno Forte, ammesso che abbia buone intenzioni (intendo: che voglia avere una chiara intenzione cattolica), a causa del suo status di teologo, che non può ignorare queste cose, e perché ha pubblicato il suo articolo proprio in questo momento, in cui è così forte il pericolo che il gruppo dei cardinali modernisti tenti di nuovo di imporre un candidato in linea con i loro progetti diabolici. Non so perché, ma ho subito associato questo articolo alla decisione presa qualche giorno fa dalla Conferenza episcopale tedesca di pubblicare un rito per la benedizione delle coppie irregolari, proprio ora che è in vigore la sede vacante...
RispondiEliminaCaro Dino, come ho appena detto sopra, credo anch’io che questo intervento di Avvenire sia una mossa dei modernisti per favorire l’elezione di un Papa conforme alla loro linea.
EliminaMa, come ho già detto, siccome i modernisti sono eretici, la loro impresa fallirà.