20 maggio, 2024

Oltre la ragione e contro la ragione - Seconda Parte (2/3)

 

Oltre la ragione e contro la ragione

Seconda Parte (2/3)

 

Dalla ragione alla fede e dalla fede alla ragione

Il problema dell’idealismo

 Da princìpi di ragione ossia partendo dalla filosofia la mente umana può giungere, per grazia di Dio, alla fede e costruire la teologia cristiana; ed una volta conseguita la fede, alla luce della fede mediante la ragion pratica può costruire la teologia morale e organizzare l’attività morale.

Il disprezzo per la ragione e il modo esagerato di Lutero di concepire la corruzione della natura umana a seguito del peccato originale, lo portano a negare che dalla ragione possa venire la verità e quindi a negare l’esistenza di verità umane universali e certe, naturali, razionali o filosofiche e a sostenere che la verità viene solo dalla fede e dall’accoglienza della Parola di Dio, credendo con ciò di magnificare la fede, mentre in realtà la distrugge, abbassandola al livello di un’esperienza, un sentimento, un’emozione o al massimo una visione o un sapere intuitivo ed immediato, mentre la vera fede cristiana non è affatto questo: il sentire o vedere immediato è proprio del senso o al massimo della ragione.

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La distinzione fra ragione e fede si giustifica solo in una gnoseologia realista, non in una gnoseologia idealista. Infatti se io,  come credeva Hegel, e come già aveva vaticinato Cartesio, pongo l’essere e il mio essere nel momento in cui lo penso, se ciò a cui penso non è un reale a me esterno, ma è un pensato da me, un mio concetto o una mia idea, se il mio essere è il mio pensare, se il reale non è fuori di me, ma coincide con la mia ragione, se non distinguo la cosa dal concetto della cosa, se il mio conoscere non è imparare cose nuove a me prima sconosciute, ma è il prendere coscienza di ciò che già so, se il reale o l’ente non mi è inizialmente ignoto, così che per conoscerlo io debba contattarlo con i sensi e apprenderlo con l’intelletto, se l’ente non è altro da me, ma sono io, sicchè conoscendo l’ente prendo coscienza di me stesso, torno su ciò che già sapevo, allora è evidente che nel cammino della mia ragione non posso incontrare cose o realtà o verità che superino la portata della mia ragione, sicchè io, per poterle conoscere, mi senta obbligato a fare un atto di fede, ossia a credere a colui, uomo o Dio, che mi annunci o mi riveli quelle cose o quelle verità.

Ma c’è un’ulteriore conseguenza e cioè che se tutto questo è vero, allora il mio pensare in nulla si distingue dal pensare divino, il quale solo è identità di essere e pensare, come dimostra San Tommaso.

Rahner, con studiati artifici e patenti falsificazioni di testi, attribuisce a San Tommaso una gnoseologia che non è la sua, ma quella di Hegel modificato da Heidegger. 

Immagine da Internet: San Tommaso d'Aquino, Peroni Giuseppe

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