Le primizie dello Spirito
I doni carismatici straordinari dello Spirito Santo
Seconda Parte (2/3)
Doni di passione e doni di risurrezione
Tutto il mistero e l’efficacia dell’opera salvifica e glorificatrice di Cristo si riassumono in tre atti fondamentale della sua vita terrena: passione, morte e risurrezione. Dunque i doni che egli ci fa si riassumono in questi tre gruppi. Dio ha certo suoi fini e criteri nella scelta di queste anime privilegiate: decreti certo sapientissimi e provvidenziali, ma per noi assolutamente insondabili ed imperscrutabili. In queste anime risplende con eccezionale fulgore la meraviglia della sua potenza, della sua libertà e della sua grazia.
Doni di passione
È necessario attraversare molte
tribolazioni per entrare nel Regno di Dio
At 14,22
Dono dello spogliamento. San Francesco d’Assisi
Beati i poveri, perché di essi è il Regno dei cieli!
Exinanivit semetipsum Fil 2.7
Ciò che maggiormente colpisce nella personalità di San Francesco è il dono specialissimo che ebbe da Dio di attuare uno spogliamento totale e radicale di se stesso, per una purificazione radicale di sè, per ritrovare l’autentica e genuina umana natura originaria voluta dal Creatore, per mortificare e crocifiggere l’uomo vecchio con le sue passioni, per portare in sé le piaghe di Cristo crocifisso, per morire con Cristo al peccato, portare a compimento l’opera della redenzione, assumere l’uomo nuovo, essere nuova creatura, figlio del Padre, mosso dallo Spirito, nato dall’alto nel battesimo, per essere fin d’ora l’uomo risorto con Cristo, partecipe e pregustatore della futura gloria. Questo dono specialissimo lo si potrebbe chiamare anche dono della povertà evangelica o della povertà secondo lo Spirito.
Da notare però che la povertà francescana non è accattonaggio, non è disagio dovuto alla pigrizia, non è vivere alle spalle degli altri, non è immeritata miseria, non è esibizionismo di chi vuol mostrare di saper fare a meno di ciò che è comunemente necessario, ma straordinario ascetismo nella pratica della penitenza e del dominio delle passioni, soprattutto la gola, l’avarizia e la lussuria in vista di un maggiore servizio di Dio e del prossimo, attenzione ai bisogni dei poveri, prontezza e donare e a beneficare, saggezza economica, prudenza amministrativa, libertà dalla cupidigia, dalla concupiscenza dei beni terreni, dalla brama del possesso, dalla seduzione delle ricchezze, limite nelle comodità, moderazione delle proprie esigenze, sobrietà di vita, sapersi accontentare di poco, pazienza nelle privazioni, umiltà nel chiedere.
«Chi si umilia, sarà esaltato», nell’imitazione dell’esempio che Cristo ci ha dato. Questo è il carisma straordinario di San Francesco. Tuttavia Francesco ha fondato una famiglia religiosa. Ciò vuol dire che il suo carisma di povertà, benchè in sé stesso straordinario, si presta ad essere imitato o riprodotto in gradi inferiori, proporzionati al modo comune di essere religiosi.
La cosa interessante, tuttavia, nel caso di Francesco, come di altri Santi Fondatori, come San Basilio e San Benedetto, è che qui lo straordinario attrae seguaci, per cui esso viene in certa misura condiviso; ma succede che appunto questa straordinarietà si rivela a un certo punto nella sua irraggiungibilità da parte del Religioso comune.
Da qui il rilassamento e il calo di fervore e per conseguenza il sorgere di nuovi seguaci che, pieni di entusiasmo, di slancio e di fervore riformatore, attratti dall’ideale altissimo, ritentano l’impresa, rifacendosi direttamente all’esempio di Francesco nella sua originalità, integralità e radicalità, e respingendo le mitigazioni della Regola, anche se approvate dal Papa.
In tal modo il Papa approva il rinnovato modo, diverso, più austero e impegnativo. di seguire Francesco, si costituisce un nuovo ramo della famiglia francescana accanto al precedente che continua a sussistere per la sua legittimità canonica.
Ma ecco che di nuovo il fervore cala e si ripete lo stesso processo: nasce un nuovo ramo. Così sorge la molteplicità degli Ordini francescani. Per tacere di altri rami di minore importanza, nel 1517 nascono i Conventuali, che si separano dai Minori, nome originario dato dallo stesso Francesco. Nel 1525 nascono i Cappuccini, nuovo ramo che sorge dai Conventuali e così via fino a tempi recenti. Tra gli ultimi segnaliamo i Francescani dell’Immacolata.
Da notare che questo continuo movimento riformistico di ritorno al modello del Poverello non estingue il ramo precedente, ma il nuovo si affianca al precedente, che continua ad esistere. Così oggi abbiamo ancora i Minori accanto ai Conventuali e ai Cappuccini.
Ben inteso, non si tratta solo di maggiore o minore radicalità, ma anche di semplice diversità di forme; cose, queste, che testimoniano della ricchezza del carisma francescano, che sa produrre diverse modalità di realizzazione.
Da notare inoltre che Francesco era digiuno di competenza giuridica, non aveva titoli accademici, non fu neanche presbitero, ma semplice diacono. La Regola che egli dettò era, per quanto sapientissima, semplicemente una raccolta di massime del Vangelo con particolare attenzione ai valori della mitezza, della semplicità, della conciliazione, della predicazione, della penitenza, della povertà della castità, dell’obbedienza, della fraternità, del sacrificio, della preghiera e della confidenza nel Padre celeste.
Stando così le cose, si comprende come il continuo salire e scendere del fervore nella storia della famiglia francescana, è tale da produrre un nuovo ramo ad ogni momento di riforma, perché dipende dal fatto che nella Regola c’è una traccia dello straordinario che c’era in Francesco, per cui una Regola che di per sé dev’esser fatta per l’ordinario, contenendo in sé delle punte di straordinario, finisce per diventare impraticabile al Religioso comune.
A questo punto è interessante il confronto con la Regola domenicana, che è rimasta sempre la stessa e non ha mai avuto bisogno di riforme né ha prodotto come la Famiglia francescana, una pluralità di rami od Ordini. Domenico fu un Santo dotato di doni straordinari, ma grazie alla sua sapienza giuridica, evitò di mettere nella Regola obbiettivi straordinari, sapendo in partenza che non avrebbero potuto essere raggiunti, ma seppe elaborare una regola, la quale senza proibire a nessuno di salire allo straordinario, tuttavia era accessibile ai Religiosi ordinari e sufficientemente larga ed ampia da dare spazio a quel pluralismo che i Francescani attuano con l’avvio di nuovi rami della Famiglia Francescana.
Il dono dell’offerta di sé
Cristo ha dato sé stesso per noi,
offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore
Ef 5,2
Un dono straordinario dello Spirito Santo è l’ispirazione che dà ad alcune rarissime anime generose e coraggiose di fare il voto di vittima o di offrirsi come vittima sull’esempio di Cristo vittima di espiazione per i nostri peccati, per ottenere da Dio grazie speciali a beneficio della Chiesa o della patria o dell’umanità. Queste persone, poco tempo dopo aver fatto questo voto, vengono colte da qualche malattia o colpite da qualche incidente, che le conduce rapidamente alla morte.
Questo dono è distinto dal dono del martirio per il fatto che mentre questo accentua l’aspetto della testimonianza e serve quindi a diffondere la fede, l’offerta di vittima entra nel culto divino e quindi è cooperazione al culto che Cristo rende al Padre attualizzato nel sacrificio della Messa.
Tra i diversi casi che si potrebbero citare ricordo quello di un mio confratello originario della Cechia, il Servo di Dio Padre Tomas Tyn, morto nel 1990 a 39 anni. Lo conosco bene per aver vissuto con lui nel convento di Bologna ed esser stato Vicepostulatore nella sua Causa di Beatificazione.
Padre Tomas è stato un Religioso domenicano esemplare e un dotto docente di teologia presso il Nostro Studio Domenicano Bolognese, fedelissimo discepolo di San Tommaso, efficace predicatore, sapiente guida di anime, animo di squisita dolcezza e cordialità nella comunione fraterna e al contempo di grande energia contro le forze del male. Ci ha lascato le sue dispense scolastiche e numerose pubblicazioni, fra le quali un poderoso trattato di metafisica[1] di 1000 pagine, del quale ho curato una nuova edizione.
Profondamente addolorato per le condizioni di schiavitù della sua patria sotto il regime comunista di allora, col consenso del Superiore, offrì la sua vita per il tramite della Madonna nel giorno della sua ordinazione sacerdotale a Roma il 29 giugno 1975 per le mani di San Paolo VI, affinchè la sua patria potesse esser liberata senza spargimento di sangue e di fatti nell’ottobre del 1989 fu colpito da un morbo inesorabile e assai doloroso, che in due mesi lo condusse alla morte in Germania presso i suoi genitori.
E così avvenne che il 1° gennaio del 1990 nel giorno in cui la Cechia tornò alla democrazia, Padre Tomas saliva al cielo dopo che effettivamente il regime si sciolse senza spargimento di sangue, mentre altri paesi dell’ex blocco sovietico non raggiunsero la libertà in modo incruento.
Operò molte conversioni, fu un sacerdote di larghe vedute, ricco di misericordia e dotato di grande senso della giustizia, rispettoso della Tradizione, ma anche aperto ad accogliere il progresso che il Concilio Vaticano II ha avviato nella Chiesa. Uomo di grande umiltà, dal tratto gentile, portato al buon umore, osservante della Regola domenicana, devotissimo della Madonna e dei Santi, su alcuni dei quali ci ha lasciato delle belle omelie. Molte grazie sono dovute alla sua intercessione, in particolare alle mamme che non riescono ad aver figli ha ottenuto che li potessero avere.
Dono del martirio. San Giovanni Battista
Chi odia la propria vita in questo mondo,
la conserverà per la vita eterna
Gv 12,25
La parola martirio, come si sa, viene da martys, che vuol dire testimone. Il testimone è uno che riferisce il vero a chi non l’ha visto, allo scopo di condurlo a credere alla verità testimoniata, affinchè creda al testimone, il quale ha assistito al fatto che narra, ha contattato di persona colui sul quale porta testimonianza, colui circa il quale riferisce cose sperimentate o conosciute de visu, ha ascoltato i suoi detti, ha conosciuto personalmente la persona in causa. l’ha vista in azione, ha appreso direttamente da lei quello che riferisce su di lei, quello che ha detto e quello che ha fatto.
Ora il contenuto di ciò di cui il martire cristiano dà testimonianza e in cui crede, pronto dare la vita per esso, è un contento o valore altissimo, sacro e religioso, perché il Rivelatore a cui ha attinto è Cristo stesso, quindi si tratta di una rivelazione divina ordinata alla salvezza eterna in Dio, ovviamente qualcosa che è oggetto di ripugnanza e di odio da parte del malvagio, dell’incredulo o dell’empio. Da qui l’ingiunzione fatta dal malvagio al martire di rinunciare alla sua fede in Cristo sotto la minaccia di morte. Il martire non cede, non rinnega Cristo e pertanto viene ucciso. Questa, in sostanza, è la dinamica del martirio cristiano.
Il martirio è un gesto straordinario, effetto dello Spirito Santo come Spirito dell’Amore, un gesto che ha un potere immenso nel persuadere l’incredulo a credere in Cristo per il fatto che il martire, accettando la morte pur di non rinnegare Cristo o la sua dottrina o la sua morale o la sua Chiesa, è pronto a rinunciare a un bene preziosissimo qual è la vita e non teme la morte, una prospettiva che suscita il massimo dell’orrore e dello spavento. Dunque, deduce l’incredulo onesto ed aperto alla verità, il martire mi fa capire che esiste un bene divino, Cristo, che è il sommo bene, superiore alla stessa vita fisica e alle gioie della vita terrena. Dunque – conclude l’incredulo - lo scopo della vita non sta nel godere la vita presente a più non posso, ma nel seguire Cristo crocifisso e la sua Chiesa. Per questo i martiri sono forze potentissime che inducono i peccatori alla conversione e i non cristiani ad abbracciare il cristianesimo.
Non necessariamente il martire vien messo esplicitamente dal carnefice nella condizione di dover scegliere tra la vita terrena e Cristo, ma può capitare che anche senza avvedersene, benché lo abbia messo in conto, oggettivamente si pone in questa condizione, in quanto egli con un suo gesto irrita talmente il suo assassino, da spingerlo ad ucciderlo o ad approvare la sua morte.
È, questo, il caso del Battista, il quale peraltro si mostra interessante per il fatto che qui il riferimento a Cristo non è esplicito. Infatti S.Giovanni muore in nome della legge divina, che tuttavia ha il suo fondamento in Cristo. Ciò significa che anche coloro che senza conoscere Cristo per ignoranza invincibile, morendo per la giustizia o la libertà o la castità o la verità o altri sacri valori dello spirito, implicitamente sono martiri, benché la Chiesa sia usa a canonizzare solo coloro che fanno chiaro riferimento a Cristo.
Dono della crocifissione. San Pio da Pietrelcina.
Sono stato crocifisso con Cristo
Gal 2.20
Se San Francesco portò le stigmate negli ultimi due anni di vita, Padre Pio le portò per cinquant’anni. Francesco è il primo stigmatizzato nella storia della Chiesa. Da allora se ne contano poco più di 60. Famose sono Santa Caterina da Siena e Teresa Neumann, tedesca, della quale lo stesso Hitler aveva rispetto.
Quello che ci colpisce e ci edifica in modo particolare, ancor più del fatto materiale delle misteriose ferite che ricordano la Passione del Signore, è l’ammirevole pazienza con la quale gli stigmatizzati le hanno sopportate e hanno dovuto sopportare le umiliazioni ricevute da uomini increduli e incompetenti. Un mistero nel mistero è l’amara incomprensione della quale fu vittima Padre Pio da parte dell’illustre e dottissimo confratello Padre Agostino Gemelli, nientemeno che cofondatore dell’Università Cattolica di Milano.
Quale mai sarà stata per Padre Pio la sofferenza per dover sopportare l’arrogante incomprensione da parte del Gemelli, che più di altri, per la sua cultura scientifica, per il suo stato sacerdotale e per la comune appartenenza all’Ordine Serafico avrebbe dovuto saperlo comprendere, apprezzare, e semmai consolare ed incoraggiare. E la sofferenza certo in Padre Pio aumentò considerando quanti nella Chiesa aderirono al parere di Gemelli! «Venne tra i suoi e i suoi non lo hanno accolto».
Il dono delle stigmate è dono di partecipazione alla Passione di Cristo o di imitazione di Cristo sofferente per i nostri peccati. Esso assomiglia al dono dell’offerta di vittima e del martirio. La differenza da questi due che ho illustrato sopra è che il dono delle stigmate rappresenta ed evidenzia plasticamente e sensibilmente il Mistero della Croce, ma è chiaro che anch’esso è martirio e culto divino a somiglianza degli altri due. Invece nel dono del martirio interviene il carnefice, per cui qui la croce non proviene direttamente da Cristo come nel caso delle stigmate, ma è imposta dal carnefice.
Doni di risurrezione
Se uno è in Cristo è una creatura nuova;
le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove
II Cor 5,17
Dono della profezia. San Giovanni Bosco
avide previde la resurrezione di Cristo
At 2,31
La profezia
è la conoscenza di un futuro libero, opera di Dio o dell’uomo, che dovrà avvenire.
Essa può avere due specie oggetti: può riguardare un’azione che sarà compiuta
da qualcuno in futuro, ovvero qualche evento futuro dipendente dal libero
arbitrio. Oppure può riguardare un’azione che dovrà essere compiuta in futuro.
Poiché tali eventi dipendono dal libero arbitrio e il sapere umano non è in grado di prevederle, si deve dedurre che il profeta fruisce di un dono divino straordinario. Le profezie possono servire a vari scopi: indicare una meta nel cammino di fede; alimentare la speranza in un bene divino futuro; incutere salutare timore di castighi divini; fornire una prova di credibilità della testimonianza del profeta.
Tale prova si ha al verificarsi della profezia, ma quando essa è solo annunciata e non si è ancora verificata, come credere a colui che l’annuncia? Oggi come oggi non ci sono personaggi credibili che si presentano, al di fuori degli esegeti e dei predicatori dell’Apocalisse, come annunciatori di futuri fatti o interventi divini attinenti alla salvezza dell’umanità, se escludiamo i veggenti di Medjugorje, i quali da molti anni annunciano il prossimo realizzarsi di 10 «segreti», concernenti le sorti prossime dell’umanità davanti a Dio, segreti che sarebbero stati rivelati loro dalla Madonna. Ma un esame del contenuto di questi supposti segreti, così come li presenta Padre Livio Fanzaga[2], ci induce a credere che si tratti di falsa profezia, come ho dimostrato in un mio precedente articolo.
Ora, a quanto ne so, la condotta dei veggenti di Medjugorje, senza essere gravemente riprovevole, è discussa e non sembra dimostrare quell’alta virtù che si richiederebbe in loro perché noi siamo ragionevolmente portati a credere a quello che dicono.
Per quale motivo infatti dovremmo credere all’istante e senza far domande alla verità di quello che i veggenti affermano di riferirci da parte della Madonna? Dovremmo credere a loro e sulla loro parola così come crediamo immediatamente al passante che ci indica dov’è via Mazzini? Ma non ci chiedono troppo?
Un grave errore che commette Padre Fanzaga nel suo libro è quindi quello di evitare di toccare questo tema decisivo e non si accorge quanto, di conseguenza, perde di credibilità quello che ci dice sui 10 segreti, a parte il contenuto, che ho già detto non essere di per sé credibile.
San Giovanni Bosco invece, santo di altissime virtù, si distinse in modo assai probativo, affidabile e convincente nel dono di profezia in molte occasioni, come quando per esempio a nove anni ebbe la visione della grande missione che lo attendeva di educatore della gioventù o quando esortò il Re Vittorio Emanuele a non firmare le leggi Siccardi contro la Chiesa, minacciandolo che altrimenti avrebbe avuto lutti in famiglia, cosa che si verificò a seguito del fatto che il Re non ne tenne conto.
Dono dei miracoli. San Vincenzo Ferreri
Molti miracoli avvenivano per opera degli apostoli
At 5,12
Se per esempio uno è cieco o zoppo o muto o sordo o paralitico o morto, vuol dire che gli manca una certa porzione di materia organica o addirittura gli manca la vivificazione da parte dell’anima. Ora è evidente che solo Dio può restituire al miracolato queste cose.
Da notare che il Concilio insegna che il fatto miracoloso è «proporzionato all’intelligenza di chiunque». Il che vuol dire che per giudicare se un fatto empirico quale dev’essere il miracolo è o non è effettivamente un miracolo, non occorrono speciali titoli di studio o accademici, uno speciale grado di cultura o uno speciale grado di intelligenza o competenza.
In particolare non occorre, come alcuni credono, il possesso della fede cristiana, ma è necessario e sufficiente il retto uso della ragione, che applica il principio di causalità, per il quale, dato un certo fatto sperimentabile, è possibile stabilire la causa proporzionata. Ora, laddove l’esperienza osserva che si è davanti ad un apporto di materia o ad un’animazione di un cadavere, è evidente che ci si trova davanti agli effetti di un atto creativo, ossia all’azione di Dio stesso.
Qual è lo scopo del miracolo dei Santi? Perché il taumaturgo compie miracoli? Per rendere credibile la sua predicazione evangelica e spingere le anime alla conversione. Di questo dono già di per sé straordinario fu dotato in modo straordinario San Vincenzo Ferreri, probabilmente il più grande taumaturgo in tutta la storia della Chiesa. I suoi miracoli furono numerosissimi e molti furono strepitosi. Una piccola parte di essi fu rigorosamente verificata e catalogata dalla commissione ecclesiale d’inchiesta per la Causa di canonizzazione, che ne elencò 863[3]. I miracoli più eclatanti furono il risuscitamento di morti.
Citiamo qui un caso tolto dal libro di Elena Crociani, San Vincenzo Ferreri[4]. Un giorno il Santo s’imbatté in un corteo che conduceva al supplizio un tale che gridava la sua innocenza. Vincenzo, soprannaturalmente illuminato, comprese che quel tale era effettivamente innocente. Nel frattempo passò un funerale, che portava un defunto alla sepoltura. Vincenzo lo risuscitò e chiese al risorto se il condannato era colpevole. Egli negò. A questa prova così prodigiosa il condannato fu lasciato libero.
Dono della sapienza. San Tommaso d’Aquino
Che sapienza è mai questa che gli è stata data?
Mc 6,2
Il dono della sapienza è uno dei sette doni dello Spirito Santo, che sono concessi ad ogni battezzato insieme con la grazia santificante e quella delle tre virtù teologali. Tuttavia questo dono viene elargito da Dio in varia misura. Esso rifulge eminentemente nei Santi Padri e Dottori della Chiesa. Ma tra tutti, per espressa dichiarazione dei Papi da otto secoli, risplende nella teologia e filosofia di San Tommaso d’Aquino.
Nessuno sale più in alto, nessuno va più a fondo, nessuno spazia maggiormente, nessuno si muove con tanta facilità e sicurezza nelle zone più impervie, oscure, sublimi e profonde dello spirito. Non si nota mai alcuna fatica o contorsione nell’espressione, ma sempre una perfetta disinvoltura, come se quelle cose che noi arriviamo a intravedere con fatica, dopo lunghi travagli, egli le avesse sotto gli occhi come io ho sotto gli occhi il computer nel quale sto scrivendo.
Nessuno più di Tommaso sa maggiormente far vedere, ordinare, persuadere, illuminare, illustrare, fondare, dimostrare. La sua produzione spazia in tutte le discipline filosofiche e teologiche ed è stupefacente e prodigioso come sia riuscito a produrre tanto e di così alta qualità nel breve spazio di 49 anni, se si pensa anche alla disponibilità di mezzi e strumenti di lavoro dei tempi di Tommaso, immensamente inferiore rispetto a quella della quale disponiamo oggi.
In Tommaso risplende fulgidissimo il carisma domenicano del contemplata aliis tradere. Il Domenicano, secondo l’espressione di Santa Caterina, riceve da Dio il dono di potersi assumere l’ufficio del Verbo, l’ufficio di Gesù Maestro, incaricato dal Padre di rivelare il mistero di Dio che conduce gli uomini alla salvezza e con ciò indicare la via della salvezza e come diventare figli di Dio.
Nel Domenicano e in Tommaso in modo evidentissimo ed eccelso opera lo Spirito di sapienza, per il quale il maestro, mosso dallo Spirito Santo, muove ed accende il cuore del discepolo illuminato dal medesimo o Spirito ad accogliere e praticare la Parola di Dio penetrandola e gustandola nella luce e nella carità dello Spirito Santo.
Il Guercino
in una pala di altare custodita nel convento di Bologna, mostra Tommaso in
ascolto di un angelo che gli sta suggerendo quello che deve scrivere. Se la
sapienza cristiana è la più alta nelle sapienze dell’umanità, la sapienza di San
Tommaso è la più alta tra quella di tutti gli altri sapienti cristiani.
Fine Seconda Parte (2/3)
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 9 dicembre 2024
Un dono straordinario dello Spirito Santo è l’ispirazione che dà ad alcune rarissime anime generose e coraggiose di fare il voto di vittima o di offrirsi come vittima sull’esempio di Cristo vittima di espiazione per i nostri peccati, per ottenere da Dio grazie speciali a beneficio della Chiesa o della patria o dell’umanità.
Tra i diversi casi che si potrebbero citare ricordo quello di un mio confratello originario della Cechia, il Servo di Dio Padre Tomas Tyn, morto nel 1990 a 39 anni.
I miracoli, come dice il Concilio Vaticano I, sono «opere divine (facta divina), le quali, dato che mostrano luminosamente l’onnipotenza e l’infinita scienza divine, sono segni certissimi della divina rivelazione, proporzionati all’intelligenza di tutti» (Denz.3009). Infatti nel miracolo avviene qualcosa che si può spiegare solo con la sapienza e la potenza del creatore, perché sorge qualcosa dal nulla.
Immagine da Internet: Ultima Cena, Tiziano Vecellio
[1] Metafisica della sostanza, Partecipazione ed analogia entis, Edizioni Fede&Cultura, 2009; precedente Edizione ESD di Bologna 1991.
[2] Vedi il suo libro Apostoli di Maria, SugarCo Edizioni, Milano 2023.
[3] Vedi Bibliotheca Sanctorum, Città Nuova Editrice Roma, 1969, alla voce Vincenzo Ferrer, vol.XII, col.1174.
[4] Edizioni San Sisto Vecchio, Roma 1975, p.91.
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