La Madonna ha conosciuto la morte?
Seconda Parte (2/3)
L’assunzione è conseguenza dell’immacolatezza
Il Beato Pio IX nel famoso dogma dell’immacolata concezione di Maria definì che Ella «per un singolare privilegio della grazia di Dio onnipotente nel primo istante della sua concezione fu preservata immune da ogni macchia (labes) di peccato originale» (Denz.2803). Che significa ciò? Che la natura umana di Maria non fu concepita in quello stato di decadenza, fragilità, corruzione e mortalità che è comune a tutti gli uomini e donne discendenti dalla prima coppia.
Per questo Maria era esentata di per sé da tutte le conseguenze penali del peccato originale e ricevette da Dio tanta grazia da esserne completamente piena, ossia la sua condotta morale fu sempre del tutto santa, esente da ogni cattiva inclinazione, vizio e difetto morale o psicologico e innocente da qualunque peccato non solo mortale ma anche veniale, colma di tutte le virtù naturali e soprannaturali, priva di qualunque inclinazione al peccato e quindi dalla concupiscenza, esente dall’ignoranza, che non fosse quella incolpevole, ricca di sapienza, come dimostra il Magnificat, ella che ha appreso direttamente dal Verbo divino, soggetta alla sofferenza, ma non alla decadenza fisica, esente dalla malattia ma non dalla morte, ardentissima nella carità e sempre guidata dai doni dello Spirito Santo. Certo questo non esclude che ella nell’agire sia passata dall’imperfetto al perfetto. Ma questo è stato un progresso continuo ed ininterrotto, senz’alcun momento di arresto o di regresso.
Il che non vuol dire che Maria non abbia progredito in tutte le virtù, cosa che fece dire a Papa Francesco quelle famose parole che sorpresero molti, secondo cui Maria «non è nata santa», che evidentemente non negavano l’immacolata concezione, ma si riferivano appunto al fatto che Maria progredì nella santità e non nacque in quel livello di santità che avrebbe raggiunto al termine della sua vita.
Del resto c’è da dire che Dio, volendo rendere Maria prima collaboratrice dell’opera redentrice del Figlio, che comportava la sofferenza e la morte, lasciò anche in Maria queste due cose che sono conseguenze del peccato, affinchè Maria le utilizzasse in questa opera corredentrice del genere umano.
In che senso Maria è morta? È chiaro che la cessazione della nostra vita terrena è la morte, perché immortalità vorrebbe dire prosecuzione della vita all’infinito, come era previsto nell’eden. E dunque é evidente che Dio, pur preservando Maria dalla macchia del peccato originale, non le ha risparmiato alcune sue conseguenze. Ma quale morte è stata quella di Maria? La semplice cessazione della vita terrena, che non è stata l’effetto della corruzione del corpo, e non ha comportato la separazione dell’anima dal corpo, così che fosse necessario un sepolcro che ospitasse la salma. Non abbiamo alcuna notizia che Maria sia stata sepolta, così come è accaduto per Gesù.
L’assunzione non è la risurrezione
Ma ciò che distingue il modo col quale Maria ha terminato il percorso terreno da quello di tutti noi è che nel caso di Maria l’anima non si è separata dal corpo, ma è rimasta unita al corpo e in tal senso si può dire che ella non è morta, cosicchè la sua morte è stata una cosa specialissima ed unica solo per lei, giacchè anche Gesù ha conosciuto la morte come accade a tutti noi. Maria invece è passata direttamente dalla vita presente, che per lei era già una vita quasi edenica, alla gloria futura, che per tutti gli altri beati avverrà solo alla fine del mondo, come insegna il Concilio Lateranense IV.
Difficile immaginare che cosa coloro che hanno assistito al transito della Madonna hanno visto. Di Cristo gli Atti degli Apostoli raccontano che gli Apostoli lo hanno visto fisicamente salire al cielo e scomparire dietro una nube. Che possa essere successo così anche per la Madonna? A quei tempi nei quali non esistevano gli aerei, vedere un personaggio che si solleva da terra e sale in alto appariva una cosa meravigliosa. Ma oggi che vediamo tutti i giorni gli aerei sollevarsi da terra e salire al cielo, il racconto ci sembra quasi ridicolo. Dunque occorre capire il significato spirituale di quegli eventi.
Salire al cielo vuol dire ricevere la gloria celeste. Coloro che eventualmente hanno assistito al transito di Maria possono effettivamente averla vista sollevarsi nell’aria, magari grazie ad un intervento degli angeli. Ma è chiaro che quella visione immaginaria è il simbolo di un evento soprannaturale, la cui forma sfugge alla comprensione del nostro intelletto condizionato dalla presente situazione della vita mortale e che è visibile solo all’occhio glorioso, così come gli occhi di coloro che hanno visto Cristo risorto furono soprannaturalmente proporzionati alla visione in forza di un apposito intervento divino.
Come ci suggerisce la Scrittura, possiamo immaginarli in senso analogico come luoghi trascendentali sempre ovviamente appartenenti al creato, ma esterni al nostro universo empirico. Non sappiamo inoltre quali attività fisiche svolgono in cielo i corpi di Gesù e Maria e quali sono le loro relazioni. L’immaginazione ci fa pensare inoltre ad uno spaziotempo, ma è chiaro che anche queste categorie in cielo vanno predicate solo in modo analogico rispetto a come le cose funzionano nella nostra esperienza terrena.
La verginità di Maria e l’unione edenica fra uomo e donna
Donna edenica e messianica
Dio ha creato l’uomo e la donna per la riproduzione della specie in relazione alla vita animale e perché si completassero vicendevolmente nell’amore in relazione alla vita spirituale. L’unione fisica introduce a quella spirituale e quella spirituale si esprime in quella fisica. L’unione edenica era esclusivamente procreativa (c.1). Quella escatologica, già prefigurata nella Genesi (c.2), sarà solo unione d’amore: «una sola carne».
Quando Gesù ha voluto richiamare al valore del matrimonio indissolubile, si è rifatto al progetto primitivo di Dio nell’eden, facendo riferimento a un principio di tolleranza adottato da Mosè e tuttora valido nella società di oggi, nella quale le conseguenze del peccato originale si fanno sentire in certe persone in modo così forte, che non sono in grado di praticare la virtù in modo pieno. In questi casi, oggi frequenti, alla pubblica autorità civile ed ecclesiastica conviene tollerare certi comportanti, i cui autori, per la loro fragilità, non sono all’altezza della virtù e tuttavia non arrecano grave disturbo al bene comune.
Maria, la donna edenica, è modello della sposa e della madre in quanto principio con San Giuseppe, della famiglia di Nazaret, anche se non ha conosciuto l’atto coniugale. Ma proprio questa astinenza è stata in lei la condizione per una superiore coniugalità con Giuseppe e una superiore maternità, che l’ha resa madre della Chiesa.
Nell’eden non esisteva la verginità perché occorreva la procreazione. La verginità non era neppur necessaria per frenare i moti della carne, perché non esisteva la concupiscenza. Ma in Maria, libera dalla concupiscenza, che senso ha la verginità? L’idea di Maria di praticare la verginità è sorprendente nel clima dell’Antico Testamento che non sa concepire la donna perfetta se non come generatrice di figli e non conosce l’ideale dell’astinenza sessuale propria della vita monastica, ideale di vita proveniente dall’Oriente induista e buddista.
Un segno di questo influsso orientale in Israele si ha solo nel primo secolo con la comunità di Qumran e in Grecia con Platone. San Giovanni Battista probabilmente subì l’influsso di Qumran. Dunque è Maria che ha introdotto in Israele l’ideale della vita religiosa, ideale confermato da Cristo, ma cosa assolutamente nuova per l’Antico Testamento. Ma la cosa che aggiunge in Maria meraviglia a meraviglia è che ella con tutto ciò, non rinunciò affatto a sposarsi con Giuseppe, il quale evidentemente ebbe molta difficoltà a capire l’ideale sconcertante di Maria e come ella poté diventare addirittura madre di Dio, pur restando vergine.
Certamente Giuseppe volendo sposarsi, non aveva fatto alcun voto di verginità. Come sappiamo, ci volle un angelo per fargli capire gli intenti inauditi e la condizione più che straordinaria della sua futura sposa. Ma una volta accolto il messaggio dell’angelo, anch’egli volle fare con Maria voto di verginità, benchè fossero sposi.
Così, quando Maria gli rivelò il suo proposito e come ella fosse madre di Dio, certamente Giuseppe, sorpreso ed estasiato dalla stupenda bellezza del piano divino su Maria, non ebbe difficoltà a fare lui pure voto di verginità, ben lieto di essere coinvolto nel destino messianico della moglie. Cosicchè abbiamo in questa coppia eccezionalissima, eppure facile modello per ogni coppia, l’esempio di un matrimonio vergine, dono assai raro dello Spirito Santo, che troviamo per esempio nella coppia Jacques e Raissa Maritain.
L’unione di Maria con Giuseppe sul piano antropologico è una riproduzione privilegiata ed esemplare nella vita presente dell’unione edenica fra Adamo ed Eva.Tra loro infatti ci fu un’unione senza vergogna e senza concupiscenza, ma nella fruizione del piacere fisico e spirituale assicurato in un’astinenza sessuale motivata dalla sponsalità e maternità divina di Maria.
C’è da dire altresì che la verginità è diventata ideale di vita nello stato di natura decaduta, allorchè, considerando il conflitto della carne con lo spirito, per soddisfare in modo speciale le esigenze dello spirito, l’uomo ha trovato conveniente rinunciare al piacere, come consiglia Cristo: «se il tuo occhio ti scandalizza, toglilo». Nel matrimonio è possibile raggiungere il regno dei cieli, ma per chi sente un bisogno più forte di questo regno, conviene farsi eunuco. Ecco la ragione del voto di castità e del celibato ecclesiastico.
Che dire della Madonna? Nella sua immacolatezza, ella non provava alcuna concupiscenza, per cui dominava perfettamente la sua sensibilità ed emotività sessuali. Ella quindi non aveva alcun bisogno di ricorrere al severo espediente della verginità per soddisfare in pienezza le sue altissime esigenze spirituali. Perchè dunque Maria ha voluto essere vergine? Non per una convenienza che presupponesse come in noi lo stato di natura decaduta, dato che ella fruiva della giustizia edenica, ma per la sua straordinaria unione con Dio purissimo spirito asessuato.
È questa spiritualità eccelsa, al di sopra di ogni altra donna, che ha reso il seno di Maria degna dimora del Figlio di Dio incarnato. Per questo la ragione della sua verginità è sua esclusivamente propria, non condivisibile da alcun’altra donna, benchè naturalmente Maria debba sempre esser presentata come modello della donna consacrata.
La vista della bellezza maschile o femminile della persona presente o rappresentata nell’immagine artistica suscita naturalmente il piacere. Se però nella fattispecie non c’è ragione valida di accondiscendere al piacere, è chiaro che il soggetto, supponendo che ne sia capace, deve limitarsi a contemplare la bellezza e a gustarla esteticamente, spegnendo la fiamma della concupiscenza.
Se invece ciò gli è impossibile, allora conviene che cessi o si astenga dal guardare. Occorre infatti ricordare al riguardo l’avvertimento di Cristo: «chi guarda una donna per desiderarla, ha già commesso con lei adulterio nel suo cuore».
Il piacere sensibile nello stato edenico stimola il piacere spirituale e la buona volontà, quindi il vero amore. Nello stato di natura decaduta invece stimola la concupiscenza e la cattiva volontà, quindi un amore falso, possessivo, oppressivo ed egoistico.
Se consideriamo invece l’opera della redenzione, allora Maria è congiunta a Cristo a formare la coppia escatologica: Maria nuova Eva e Cristo nuovo Adamo. Tuttavia, vorrei notare che è di cattivo gusto appellare Maria «sposa di Cristo». Maria è sposa di Giuseppe dal punto di vista legale e sposa del Padre in quanto madre del Figlio del Padre, feconda di Spirito Santo. È dunque evidente che il paragone Eva-Adamo con Maria-Cristo non dev’essere spinto fino in fondo, ma bisogna fermarsi prima, per evitare delle assonanze assolutamente sconvenienti.
Occorre anche esser cauti nell’accostare il tema di Maria tipo, modello e immagine della Chiesa al tema della Chiesa sposa di Cristo. L’accostamento è certo utile e ricco di significato, ma va fatto con la dovuta moderazione e il dovuto buon senso, evitando di concludere che Maria è sposa di Cristo. Così ci si accorge che la deduzione logica nei paragoni metaforici porta a delle assurdità, per cui occorre fermare la deduzione laddove andando oltre sorgerebbe l’assurdo.
Per questo Maria non va chiamata neppure «sposa dello Spirito Santo», ma semplicemente sposa di Giuseppe. Il matrimonio è un rapporto umano fra uomo e una donna. L’idea di un’unione sessuale di una donna con Dio non è un’idea biblica, ma pagana politeistica, anche se è vero che l’esperienza mistica può essere rappresentata con l’immagine del matrimonio.
La nudità edenica e il suo nascondimento terreno
Il valore della pudicizia
Dunque grazie a Maria la nudità non è più vergognosa, non è più tentatrice, ma torna ad essere innocente e benefica come era nell’eden. Di nuovo davanti a Maria l’uomo, come Adamo nell’eden, può esprimere la gioia ed esclamare: «ecco finalmente l’osso delle mie ossa e la carne della mia carne!» (Gen 2,23).
Grazie a Maria la nudità, già in questa vita, non è più miseria e pena del peccato, ma, come si esprime San Giovanni Paolo II nei passi che citerò, pienezza e gioia del paradiso terrestre. Essa, nelle condizioni suddette, non ha più bisogno di essere nascosta, ma può mostrarsi senz’alcun pericolo di peccato. Ovviamente occorre che il nostro sguardo sia puro, altrimenti non riceveremmo altro che danno.
Se dunque Maria, stante l’attuale stato di natura decaduta, opportunamente e giustamente è rappresentata coperta da bellissimi abiti, questo non vuol dire che ella, donna immacolata ed edenica, non conosca lo stato edenico della nudità, laddove la Scrittura nota che Adamo ed Eva erano nudi e non ne provavano vergogna (Gen 2,25).
Maria non prova vergogna del suo corpo non perché manchi di pudore – se c’è una donna pudica, questa è Maria -, ma perché vuol proteggere la castità di noi peccatori, inclinati alla concupiscenza a seguito della colpa originale. Ma come Eva prima del peccato non provava alcuna tentazione nel vedere Adamo, né tentava Adamo, così Maria domina perfettamente la sua sessualità nel vedere noi maschi; e noi maschi, se abbiamo lo sguardo puro, non subiamo alcuna tentazione nel vedere e contemplare estasiati il corpo bellissimo di Maria in cielo.
Aggiungo che siccome Maria e Giuseppe sono persone sessualmente normali, è chiaro che il loro amore abbia conosciuto il piacere, solo che questo piacere coniugale, esente dall’attività sessuale, è stato sublimato dalle più pure gioie dello spirito.
A proposito della nudità edenica, non sarà male allora considerare alcuni preziosi insegnamenti di San Giovanni Paolo II. La nudità edenica, come spiega bene il santo Pontefice nelle sue catechesi[1], rappresentava la condizione di possibilità della comunione umana interpersonale tra uomo e donna su di un piano di uguaglianza di natura, pari dignità personale e complementarità reciproca:
«Infatti, è con la dimensione dell’interiorità umana che bisogna spiegare e misurare quella particolare pienezza della comunicazione interpersonale, grazie alla quale uomo e donna erano nudi e non ne provavano vergogna»[2].
«Tutta la narrazione biblica, e in particolare il testo jahvista, mostra che il corpo attraverso la propria visibilità manifesta l’uomo e, manifestandolo, fa da intermediario, cioè fa sì che uomo e donna, fin dall’inizio, comunichino tra loro secondo quella communio personarum voluta dal Creatore proprio per loro. Soltanto questa dimensione, a quanto pare, ci permette di comprendere in modo appropriato il significato della nudità originaria. A questo proposito, qualunque criterio naturalistico è destinato a fallire, mentre invece il criterio personalistico può essere di grande aiuto. Gen 2,25 parla certamente di qualcosa di straordinario, che sta al di fuori dei limiti del pudore conosciuto per il tramite dell’esperienza umana e che insieme decide della particolare pienezza della comunicazione interpersonale, radicata nel cuore stesso di quella communio, che viene così radicata e sviluppata»[3].
«La nudità significa il bene originario della visione divina. Essa significa tutta la semplicità e pienezza della visione attraverso la quale si manifesta il valore puro del corpo e del sesso. La situazione che viene indicata, in modo così deciso e insieme suggestivo, dall’originaria rivelazione del corpo come risulta in particolare da Gen 2,25 non conosce interiore rottura e contrapposizione tra ciò che è spirituale e ciò che è sensibile, così come non conosce rottura e contrapposizione tra ciò che umanamente costituisce la persona e ciò che nell’uomo è determinato dal sesso: ciò che è maschile e ciò che è femminile»[4].
«Secondo Gen 2,25 l’uomo e la donna non provano vergogna: vedendo e conoscendo se stessi in tutta la pace e la tranquillità dello sguardo, essi comunicano nella pienezza dell’umanità, che si manifesta in loro come reciproca complementarità proprio perchè maschile e femminile. Al tempo stesso comunicano in base a quella comunione delle persone, nella quale, attraverso la mascolinità e la femminilità essi diventano dono vicendevole l’uno per l’altra. In questo modo essi raggiungono nella reciprocità una particolare comprensione del significato del proprio corpo. L’originario significato della nudità corrisponde a quella semplicità e pienezza di visione, nella quale la comprensione del significato del corpo nasce quasi nel cuore stesso della loro comunità-comunione»[5].
Il peccato distrugge questa serenità dello sguardo; la concupiscenza trascina la volontà; il piacere viene ad occupare lo spazio riservato a Dio; lo spirito si spegne al fuoco della libidine e della lussuria: il suo sguardo si offusca annebbiato dalla passione sregolata.
La nudità non introduce più alla spiritualità, ma balza in primo piano in modo violento, assorbente e prepotente, si scatena il fomite della concupiscenza; l’animo, persuaso che sia un bene ottimo, è irresistibilmente attratto dall’intenso piacere, il piacere più intenso che Dio ha creato, osserva il castissimo Tommaso d’Aquino.
Col peccato originale sorge la vergogna: non più il piacere di mostrarsi e di guardare, ma la vergogna di mostrarsi e il ritegno a guardare, la coscienza proibisce di mostrarsi e di guardare. Ecco allora Dio pietoso rimediare col coprire i corpi con una veste. Non più il piacere di mostrarsi, ma la premura di coprirsi e nascondersi per non indurre l’altro in tentazione, per non provocare la sua libidine. Sorge la figura della prostituta: la donna che si guadagna da vivere accontentando nel contempo il suo desiderio di godimento.
La prostituzione è di sé per è un costume biasimevole, benchè tollerato dalla legge civile. Per questo il parlare che alcuni fanno di «prostituzione sacra» è una contraddizione in termini. Si trattava della convinzione che il rapporto sessuale con la sacerdotessa o donna consacrata alla divinità mettesse in comunione con quella divinità. Accanto alla doverosa riprovazione di una simile pratica, oggettivamente considerata, sembra bene tuttavia salvare l’eventuale buona fede di chi si dedicava a tale pratica, tenendo conto del concetto in sé giusto che l’esperienza sessuale può essere una via di accesso alla comunione con Dio.
Fine Seconda Parte (2/3)
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 8 luglio 2025
L’assunzione di Maria al cielo è stata l’effetto di uno specialissimo intervento divino, privilegio unico di Maria, per il quale Dio nei suoi imperscrutabili disegni, ha voluto portare termine al percorso terreno di Maria - e qui Maria è stata uguale a tutti noi -.
Salire al cielo vuol dire ricevere la gloria celeste.
Inoltre dove è andata Maria? Occorre infatti un luogo che ospiti il suo corpo allo stesso modo di quanto è richiesto da quello di Cristo glorioso. È chiaro che sarebbe ridicolo ipotizzare una specie di viaggio spaziale. Paradiso, inferno e purgatorio devono essere necessariamente luoghi extraterreni, perché le anime dei defunti sono sostanze; ma è chiaro che non possono essere luoghi fisici come lo sono i luoghi del nostro mondo o del nostro universo.
Come ci suggerisce la Scrittura, possiamo immaginarli in senso analogico come luoghi trascendentali sempre ovviamente appartenenti al creato, ma esterni al nostro universo empirico.
Maria è la donna edenica e messianica. Se il corpo di Maria è stato assunto in cielo, non è affatto scandaloso pensare al corpo bellissimo di Maria e gustarne la bellezza, evitando però che sorga la concupiscenza. Maria ristabilisce nella sua persona la perfezione edenica perduta da Eva e con la sua assunzione in cielo precorre già nella vita terrena la perfezione sessuale femminile escatologica.
A proposito della nudità edenica, non sarà male allora considerare alcuni preziosi insegnamenti di San Giovanni Paolo II. La nudità edenica, come spiega bene il santo Pontefice nelle sue catechesi, rappresentava la condizione di possibilità della comunione umana interpersonale tra uomo e donna su di un piano di uguaglianza di natura, pari dignità personale e complementarità reciproca.
Immagine da Internet: Assunzione di Maria, Guido Reni
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