Un ricordo di Padre Tomas Tyn
Ho il piacere di pubblicare una testimonianza su Padre Tomas Tyn da parte del Padre Massimo Negrelli, Confratello e amico di vecchia data, il quale visse per alcuni anni insieme con il Servo di Dio nel convento domenicano di Bologna.
Il Padre Negrelli ha svolto per incarico della Nostra Provincia Domenicana l’ufficio di promotore delle Cause dei Santi e in questo ufficio ha prodotto alcuni pregevoli pubblicazioni.
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 28 giugno 2025
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Servo di Dio Padre Tomas Tyn, OP - Roma, 29 giugno 1975 |
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P. TOMAS TYN O.P.
1975 – 29 giugno – 2025
Amarcord, mi ricordo[1]. 1975. Anno Santo. 29 giugno, domenica, solennità dei Santi Pietro e Paolo, nella Piazza di San Pietro, antistante la Basilica Vaticana.
«La cerimonia della grande ordinazione, che stiamo celebrando, non ci consente il tempo necessario per un'adeguata omelia, che nella cerimonia stessa avrebbe tante cose da commentare e da offrire alla vostra meditazione, come la composizione pentecostale di questa assemblea di Diaconi, finora non mai eguagliata, la festa odierna dei santi apostoli Pietro e Paolo; l'occasione, cioè la presente straordinaria celebrazione giubilare»[2]. Tra i numerosi, centinaia[3], candidati al sacerdozio, ordinati da Sua Santità, il Papa Paolo VI, santo, è fra Tomas Tyn[4], nato in Cecoslovacchia, a Brno, oggi Repubblica Ceca, il 3 maggio 1950.
L’avevo incontrato, amarcord… ero novizio, nell’ottobre 1972, nel convento di San Domenico quando giunse, già religioso domenicano per essere assegnato cioè divenire membro della Provincia Utriusque Lombardiae che a Bologna, custodisce nell’Arca le spoglie del Santo Patriarca Domenico, il fondatore dell’Ordine dei Predicatori. Mi colpì, soprattutto, per il fatto che giungeva da lontano, un paese, il suo, che quasi non sapevo che esistesse, se non per averlo sentito nominare e letto sulla carta geografica dell’Europa. O, piuttosto, sorpreso che per farsi domenicano si giungesse così da lontano; io, che non avevo compiuto che tre fermate di autobus, nella città di Bologna, dal quartiere natale di Borgo Panigale.
da lontano… a proposito…
«La vita cristiana di ciascuno viene da lontano, è un dono che abbiamo ricevuto nella Chiesa e che proviene dal cuore di Dio, il quale desidera fare di ciascuno di noi un capolavoro del creato e della storia»[5].
viene da lontano: l’ordinazione sacerdotale, quel giorno, a Roma, è la meta dei giorni di P. Tomas e della sua formazione umana e religiosa.
da lontano: sono gli anni trascorsi nella sua patria che, dapprima, lasciò per adempiere degli studi in Francia, lui così particolarmente dotato. A motivo della situazione nel suo paese, satellite, al potere il governo comunista, perché nell’orbita della Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, convinto della necessità di abbandonare il modello sovietico, il governo di Alexander Dubcek[6] riunì intorno a sé un folto gruppo di politici e intellettuali riformatori, diventando il maggiore interprete di una linea antiautoritaria – definita socialismo dal volto umano – e di una feconda stagione politica: la Primavera di Praga. L’uno e l’altra furono represse nel sangue dall’invasione sovietica (20 agosto 1968) e, perciò, il riparo, nella Germania Occidentale, della Famiglia Tyn: i genitori, entrambi medici e la sorella Helena e il fratello Pavel e il Nostro, il primogenito.
Il 13 novembre 1988 nell'ambito delle celebrazioni del IX Centenario dell'Università, viene assegnata la laurea honoris causa in Scienze politiche ad Alexander Dubcek, statista protagonista della Primavera di Praga del 1968. Ad alcuni, non parve vero di sapere che, nel convento di San Domenico, c’era un cecoslovacco… il Padre Tomas, così che si rivolsero a lui tramite il priore, P. Patrizio Pilastro e il confratello, P. Michele Casali, direttore del Centro San Domenico perché P. Tomas fosse a disposizione per incontrare Dubcek non soltanto per la traduzione della lingua ma, singolare, l’opportunità che, però, P. Tomas rifiutò: «È un comunista, comunque» dichiarò la ragione della sua decisione e questo gli costò incomprensione; tuttavia a realizzare la scrittura: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini»[7].
Quando, gli fu assegnata, nel convento, la camera – allora, indicata: cella[8] - e constatando che era prospiciente un palazzo, le abitazioni civili a fronte, il P. Tomas domandò al padre priore la cortesia che potesse alloggiare in una stanza ma all’interno del convento e fu trasferito in un’altra su un detto chiostrino dei morti perciò riservato l’alloggio, sottratto alla vista dall’esterno e dagli estranei; tanto era ancora vivido perché opprimente il tenore della vita sua, per anni, nella società comunista. «E ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di proclamare con tutta franchezza la tua parola»[9] a comprendere la narrazione e ancora le note che ci presentano il mondo e il contesto dell’essere di P. Tomas.
La sua camera, già sappiamo, richiesta in uno spazio interno del convento; ancora ci parla di lui. Infatti, essenziale nell’arredamento, funzionale alla sua presenza: per abitarvi e la sua condizione di religioso: la preghiera, lo studio. Il letto, alla parete di sinistra, entrando; poi, la scaffalatura con i libri. Al centro, la scrivania, tra le due finestre che illuminano la stanza; a lato, un tavolino che, sopra la macchina da scrivere, lo vedeva metodico, ogni giorno; anche, impiegò dieci anni, alla scrittura di un’opera poderosa che, uscì, postuma (1991), pubblicata dalle ESD – Edizioni Studio Domenicano, dal titolo: Metafisica della sostanza. Partecipazione e analogia entis. Per altro, nella camera, a sapere di lui, una traccia ancora della sua persona: la pipa. Si, Padre Tyn fumava, accompagnandosi alle volute del fumo e profumate assaporarle, liberate, la miscela di tabacco combusto nel fornello a riempire, gradevole l’aroma, la cella che per ciò non era meno vera e autentica a dire l’identità del Padre. Tomas.
D’estate, al rientro dalla vacanza presso la famiglia, in Germania, a Neckargemünd, siamo nel mese di settembre 1989, Padre Tomas lamentava una febbriciattola, costante così ci riferiva a mensa e che persisteva da giorni avendo già ascoltato il parere del medico e provveduto secondo le sue indicazioni. Tuttavia la situazione era così sempre. Noi, interessati ma del tutto ignoranti, amarcord… anch’io a dirgli che magari era una febbre a seguito del suo camminare e a passo svelto dal convento fino alla parrocchia di San Giacomo fuori Le Mura; là, giunto, non aveva modo di asciugarsi o meglio cambiarsi perciò, forse, come ci si esprime, ritirato il sudore e rappreso che non fosse la causa del suo malessere. A proposito. Chi lo conosceva, vedendolo a piedi e magari, a volte, il sole e il caldo com’è d’estate, gli proponeva di accompagnarlo in auto ma lui declinava, cortese, l’invito volendo camminare; una sorta di tempo dedicato per il movimento e, pure, di pregare il rosario, la corona, appesa nella cintura dell’abito, tra le dita.
I giorni trascorrono e si consiglia di sottoporsi a degli esami clinici e poi, dal riscontro, al ricovero nell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna per ulteriori accertamenti. La diagnosi è di cancro e diffuso e incurabile: fulminante; perciò il desiderio suo di rientrare in famiglia, i genitori sono medici; nel volgere di due mesi, il 1° gennaio 1990… come non ricordarlo, giunse la notizia del decesso, che il priore trasmise alla Comunità. Come si diffuse, anche fuori dalle mura conventuali, in città, spontaneamente, la basilica di San Domenico si animò di tante persone, sospinte dall’affetto riconoscente per il Padre Tomas e assieme a pregare. In seguito si stabilì, il giorno 5 gennaio 1990, la celebrazione della Santa Messa di suffragio; informati, per tempo, di voce in voce, le persone così raggiunte si ritrovarono ancora nella basilica di San Domenico, dove Padre Tomas aveva per tanti anni e per tante persone, dedicato e compiuto il ministero sacerdotale; si adunò l’assemblea, raccolta e dolente, serena per la testimonianza al P. Tyn e grata perché ciascuno, si riconosce il destinatario della sua umanità, della sua personalità, della sua gratuità sacerdotale; la basilica, se fosse di utilità l’immagine e il criterio, colma come la notte di Natale, piena, affollata che si era.
Amarcord… dicevo, la prima volta che l’ho visto, nell’ottobre 1972, a Bologna, quando, a refettorio, veniva presentato alla Comunità e si leggeva l’atto – assegnazione – che lo incardinava nella Provincia e lo riconosceva membro, perché accolto, della comunità conventuale. Lui, in piedi accanto al tavolo, entrando a refettorio, sulla sinistra, prima dell’ambone da dove veniva proclamata la Sacra Scrittura. Divenimmo commensali al desco che, ancora adesso, quando lo osservo, di P. Tomas, risento le sue parole, il gesto sempre amabile e il volto sorridente, attento e faceto e disponibile anche a conservazioni e risposte su argomenti che ci si portava dalla scuola e dalle sue lezioni; se non parlava lui, per primo, ultimo rimaneva a soddisfare ogni attesa dei suoi interlocutori.
Convitati che eravamo, il P. Tomas, nel tempo, si rivolgeva a me chiamandomi Massimelli contrazione del nome Massimo e cognome Negrelli. Così naturale, semplice e schietto, di relazione e di affetto si rivolgeva ai Confratelli; scherzoso. Quando morì, amarcord che un confratello, fra Dario Signorelli, anche lui alla mensa con P. Tyn, per suo ricordo prese a conservare l’anello portatovagliolo di P. Tomas a permanere, quotidiano, in quel segno, non il ricordo ma la compagnia e la comunione con il Confratello… passato ad altra Mensa… sì, quella definitiva perché autentica e veritiera.
Ancora, amarcord, alla televisione, dopo il pranzo e la cena, lui a vedere il telegiornale, ascoltare le notizie e con interesse che giungevano, quando fossero, dalla Sua patria, oltre la cortina di ferro, in quel periodo storico di blocchi contrapposti, della così detta guerra fredda. A volte, la circostanza di una ricorrenza si tratteneva, sorrideva e partecipava faceto, con lo sguardo, il cuore e perciò la sua parola; sorbiva, offerto il bicchierino per festeggiare e si intratteneva interamente in relazione all’interlocutore.
Poi, sorridente, spesso silenzioso e, come d’abitudine, riservato, si ritirava dalla sala comune non senza avere sfogliato il giornale che, anzi, lo teneva, aperte le braccia, all’altezza del viso, lui in piedi, imponente la figura. Ogni volta che lo si incrociava nei corridoi o negli spazi conventuali, sempre, cortese, il sorriso e il cenno del capo: attento, senza formalismi e leziosità, lo sguardo dolce, al suo prossimo.
Il medesimo che si incontrava nel suo compito di docente, nello Studio Teologico Accademico Bolognese svolgendo i corsi che gli erano affidati di filosofia e di teologia. Rivolto agli studenti, premuroso, a rispondere alle loro domande e con amabile partecipazione ai dubbi e alle osservazioni che gli erano rivolte, a soddisfare il loro desiderio di sapere nell’atteggiamento del maestro dedicato alla formazione del discepolo affinchè, altrettanto, potesse apprendere sapere la materia, possederla e viverne. Anche fuori dall’orario scolastico durante la giornata si lasciava interrogare e ben volentieri si tratteneva.
Docente, a lezione, ascoltava i discepoli attento e le domande che gli erano rivolte, senza lasciare trasparire, può essere, disappunto e fastidio dalle questioni poste malamente e anche inopportune. Sempre accogliente e mettendosi per così dire dal punto di vista del dialogante, lo accompagnava a meglio precisare la domanda, a suggerire la parola giusta per meglio farsi comprendere e riceverne la risposta attesa; docente, accostevole, vicino, dalla parte della persona che vuole apprendere; mai egli ha inteso gli studenti come semplici destinatari del suo sapere.
Amarcord… mi ricordo che mi trovai, dopo la sua morte, a continuare, nella Parrocchia di San Giacomo fuori Le Mura, il servizio che lui aveva compiuto per tanti anni, fedele, costante, diligente. Ancora il prossimo. Quanti, tutti lo ricordavano e di un personale rapporto, a esprimerne nostalgia, affetto, riconoscenza: le lacrime calde e profuse ma di più, amarcord, mi ricordo che rimasi stupito come erano numerosi gli individui che, commossi, ne riferivano di lui ma erano delle più differenti condizioni di età e di estrazione sociale: il bambino, l’uomo adulto, la mamma, il professionista, la giovane e il professore… l’operaio e la casalinga, il nonno: trasversalmente si mostrava il popolo di Dio destinatario della cura e del ministero sacerdotale di P. Tomas.
Viene spontaneo il confronto del suo ministero con quello di sacerdoti e religiosi, ora defunti, che avevano attirato fedeli per il loro zelo sacerdotale e per l’apostolato che ne avevano esercitato. Mai, tuttavia, come nell’attività sacerdotale di Padre Tomas, era stato così ampio e variegato il numero e l’identità degli individui. Un popolo, il popolo di Dio che, fosse vera l’osservazione, mi sorprendeva e illustrava del Padre Tomas l’originalità, l’unicità e la, irripetibilità; sua la capacità di dare a tutte le persone che incontrava l’attenzione che meritavano.
A compiersi, così, nella sua persona, la parola ricevuta nell’omelia della sua ordinazione sacerdotale: «Sappiate ascoltare il gemito del povero, la voce candida del bambino, il grido pensoso della gioventù, il lamento del lavoratore affaticato, il sospiro del sofferente e la critica del pensatore! Non abbiate mai paura! Nolite timere! ha ripetuto il Signore[10]. Il Signore è con voi [11]. E la Chiesa, madre e maestra, vi assiste e vi ama, e attende, mediante la vostra fedeltà e la vostra attività, che Cristo continui la sua edificatrice opera di salvezza».
Infatti, a Bologna, il sacerdote Padre Tomas esegue un vasto e diversificato lavoro, un intenso apostolato negli ambienti ecclesiali, civili, culturali. Per citarne alcuni: il Rotary Club e i Boy-Scouts. Talvolta, invitato all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, tenere delle lezioni di filosofia e perciò sarà Adriano Bausola[12], Rettore dell’Università, a scrivere la prefazione al volume di metafisica del Padre Tomas, opera poderosa di 1000 pagine, che Padre Tomas aveva scritto, mi disse e già lo sappiamo, in dieci anni di metodico, quotidiano lavoro, alcune pagine ogni giorno, lavoro che, in ultimo Padre Tomas consegnò al confratello Padre Vincenzo Benetollo, Direttore della Casa Editrice Studio Domenicano in Bologna per la pubblicazione che uscì postuma nel 1991.
Codesti gli impegni, per citarne alcuni e amarcord, stante la sua riservatezza, che del suo molteplice ministero sacerdotale si venne a sapere molto dopo la sua morte.
Oltre la Comunità parrocchiale sopra menzionata, anche le Comunità religiose lo videro presente a svolgere il suo ministero: le Suore Domenicane Insegnanti e Infermiere di Santa Caterina da Siena, in via Palestro a Bologna, le Suore Domenicane della Beata Imelda, a Villa Pace come a Villa Imelda; anche le Monache domenicane del Monastero di San Giuseppe in Fontanellato (PR) dove si recava per la formazione permanente e, richiesto, parimenti dai Confratelli del convento, adiacente, nel Santuario della Beata Vergine Maria del S. Rosario. Veniva da Bologna, in treno, abito completo della cappa e del cappuccio neri e lui medesimo ci informò che, in stazione a Fidenza, alla pensilina in attesa del convoglio per ritornare a Bologna, ne giunse uno affollato di tifosi del calcio, in trasferta a seguire la propria squadra del cuore; il lettore può immaginare come presero, alla vista del frate, a deriderlo e a schernirlo sorriderlo e con frizzi e lazzi. Padre. Tomas ci raccontò, confratelli di Fontanellato, quanto gli era accaduto e da sé rideva dell’episodio senza alcun risentimento e con buon senso, lieto sempre nella sua volontà di non lasciarsi non turbare e neppure scomporre in una circostanza imprevista come quella.
A codesto proposito, amarcord: crucciato ma non impressionato: non sempre fu accolto anzi a volte respinto nell’annuncio evangelico che sereno proponeva e perciò altrettanto lui evangelico ne accettava il rifiuto come possibile e preventivato; siamo negli anni ’70 con, in Italia, accesi i dibattiti su temi anche il divorzio e l’aborto. La sua identità era limpida e adamantina, forte e suadente; lo sguardo di luce con gli occhi azzurri e chiari come acqua marina o di cielo che sembrava, a un tempo, manifestare il mondo che lui viveva interiormente. Tutto il suo esterno manifestava il sentimento dell’anima sua; come in un’altra dimensione perché tutto era assorto in Dio e così reale e presente, che lo rendeva perciò attento alle cose materiali. In ogni situazione e circostanza, nonchè nelle relazioni alle persone, esse stesse si percepivano, ciascuna, singolarmente incontrata e da lui accolta e curata, a incarnare l’indicazione ricevuta dal Papa Paolo VI, il 29 giugno 1975, che ascoltiamo:
«Un'affinità, una simpatia, una necessità, congenita alla coscienza del suo proprio essere di sacerdote, costringe il ministro della Parola, della Grazia, della Carità, non solo a rendersi disponibile ad ogni dialogo, ad ogni invito che gli sia onestamente rivolto, ma altresì a prendere lui stesso l'iniziativa pastorale della ricerca di chi, volente o no, abbia bisogno di lui. Questo atteggiamento attivo ed apostolico deve oggi più che mai emergere nella figura del Sacerdote: una carità manifestamente soprannaturale, sensibile e premurosa, deve caratterizzare il suo ministero»[13].
Così, dopo esser stati incontrati, da lui: il buon Dio: era il saluto, l’intercalare e il congedo sulle labbra di Padre. Tomas; come pure l’altra interiezione: Dio ti benedica. E, in particolare, nella predicazione e nell’omelia, il titolo, l’espressione: Nostro Signore Gesù Cristo. A un tempo affettuoso e riverente il suo personale, battendo, per così dire, se non la singola lettera ma la parola con il timbro suo, la voce forte e calda di affetto, la nota del Suo cuore a suonare lo spartito, la buona novella, l’evangelo di Nostro Signore Gesù Cristo.
Lieto, Lui di incontrarsi e il prossimo di essere incontrato da tanto personaggio. Tuttavia, l’effetto era di ritrovarti come attirato, sospinto perché assimilato a partecipare del suo mondo interiore, oltre cultura, umanità, preparazione, spiritualità sue, sei invitato oltre, alla conoscenza di te, tramite la sua persona, alla medesima appartenenza alla vita cristiana. Padre. Tomas diviene il segno e lo strumento cioè il sacramento nella sua identità sacerdotale; consacrato nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo il 29 giugno 1975, perciò inviato al popolo di Dio, come gli aveva indicato nell’omelia il Papa, santo:
«Ed ecco allora che, quasi per scuoterci dall'ebbrezza, che il mistero sacramentale ha ora in noi generato, sopraggiunge questo ordine programmatico e travolgente: «Andate e portate il Vangelo a tutte le genti»[14]. Anche a questo riguardo un permanente e progressivo atto di coscienza dovrà fare parte della spiritualità sacerdotale. Ognuno di voi dovrà ripetere a sé stesso: io sono destinato al servizio della Chiesa, al servizio del popolo. Il sacerdozio è carità. Guai a chi coltivasse l'opinione di poterne fare un utile egoismo. Il dono totale della propria vita apre davanti al Sacerdote generoso una nuova meraviglia: il panorama dell'umanità»[15].
P. Tomas mostrava l’amore di Dio. La buona novella, sorprendente, vera, bella, in sé e per sé stessa; mai sulle labbra di Padre Tomas la relazione o peggio opposizione e contrapposizione; tantomeno la polemica, era piano il suo dire, a rivelare, appunto, la gratuità dell’amore di Dio a tutti, ciascuno, nessuno escluso, tutti destinatari del cuore del Padre Tomas e del suo impegno e servizio sacerdotale.
«Oseremo indicare con accento profetico il panorama apostolico che sta davanti a ciascuno di voi: il mondo ha bisogno di voi! il mondo vi attende! anche nel grido ostile ch'esso lancia talora verso di voi, il mondo denuncia una sua fame di verità, di giustizia, di rinnovamento, che solo il vostro ministero potrà soddisfare», così la parola del Papa Paolo VI, ancora a penetrare il sacerdozio di Padre Tyn.
Infatti, la vita di P. Tomas dell’Ordine dei Predicatori, che oggi, 29 giugno, anniversario della sua ordinazione sacerdotale, ricordiamo, viene da lontano. È stato portato dallo Spirito di Dio, sempre fantasioso e imprevedibile. Lo Spirito di Dio lo spinge a lasciare il piccolo mondo della sua esistenza per entrare nell’Ordine domenicano. E dopo qualche anno lo stesso Spirito lo guida a entrare nella Provincia Utriusque Lombardiae, a Bologna, accanto al fondatore, San Domenico e, poi, lo lancia nel mare aperto dell’apostolato.
Padre Tyn non comincia la sua straordinaria avventura mosso da una personale ispirazione o per rispondere a un suo proposito. Chierico, prima, sacerdote, poi, all’inizio non ha progetti propri, diversi dall’impegno della professione religiosa e della fedeltà alla Chiesa. Sono proprio la comunione e il servizio di amore alla Chiesa a ispirare la sua vita nell’Ordine dei Predicatori.
Ricordiamo la parola di Papa Francesco, per comprendere il P. Tomas e la sua vita:
«La vita cristiana di ciascuno viene da lontano, è un dono che abbiamo ricevuto nella Chiesa e che proviene dal cuore di Dio, il quale desidera fare di ciascuno di noi un capolavoro del creato e della storia. Ogni tappeto va tessuto secondo la trama e l’ordito. Solo con questa struttura l’insieme risulta ben composto e armonioso. Così è per la vita cristiana: va ogni giorno pazientemente intessuta, intrecciando la trama della fede e l’ordito del servizio. Quando alla fede si annoda il servizio, il cuore si mantiene aperto e giovane e si dilata nel fare il bene»[16].
Infine, importante. Osserviamo. La fotografia dell’ordinazione, in piazza San Pietro, la data che conosciamo, Padre Tomas inginocchiato dinanzi al Papa Paolo VI[17] e i due cerimonieri: Orazio Cocchetti[18] e Virgilio Noè[19].
Amarcord, io ricordo entrambi i due cerimonieri, cambiato il Pontefice, ora Giovanni Paolo II e lo scenario, non la piazza ma all’interno della Basilica Vaticana di San Pietro, 4 anni dopo, il 24 giugno del 1979, io ho ricevuto l’ordinazione sacerdotale – eravamo 88 i diaconi provenienti da differenti Paesi – la prima che il Papa compì essendo stato eletto il 16 ottobre 1978.
P. Tomas rimanda sempre, oltre la sua persona, sacerdote, alla Chiesa e al mondo della grazia che lui, consacrato e domenicano, ha predicato con la Parola e la testimonianza; perciò affettuoso e sincero, grato con nostalgia, pungente… il mio amarcord… io ricordo di Te, caro Padre Tomas Tyn O.P. e, confido anzi certo, che sia altrettanto per tutti coloro che Ti hanno incontrato e Tu, accolti Tutti, Ciascuno in particolare e tuttora in Cielo!
fra Massimo M. Negrelli O.P.
Massimelli
[1] Voce dialettale romagnola: mi ricordo che si ritrova anche con impieghi non verbali e significa profondità o ironia o nostalgia di ricordi; dal titolo dell’omonimo film del 1973 di Federico Fellini (1920-1993). Le situazioni in grado di far riaffiorare nella mente vecchi ricordi del passato, non direttamente connessi all’evento e sopiti dalla memoria.
[3] Paolo VI, Angelus Domini, Festività dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, Domenica, 29 giugno 1975: «Al vespro di questa sera noi saremo felici di trasmettere le misteriose e umanissime potestà sacerdotali, qui, su questa Piazza a 359 Diaconi, provenienti da tutti i Continenti, comprese le Isole del Pacifico (uno mancherà, il Diacono Millard Boyer, richiamato in America per la morte dei Genitori e di due Zii, periti nel disastro aviatorio di New York; erano in viaggio per assistere qui all'ordinazione del Diacono stesso: pregate per lui, pregate per questi suoi Defunti; non sarà vana questa tragedia per i fini trascendenti della nostra cerimonia)».
[4] Con lui, il confratello Raul Vera Lopez, messicano, che studiava nel convento di San Domenico di Bologna, rientrato nella sua patria, sarà ordinato vescovo, sempre a Roma, il 6 gennaio 1988 da San Giovanni Paolo II, nella Basilica di San Pietro, per la Diocesi di Ciudad Altamirano, poi nel Chiapas, infine a Saltillo.
[5] Viaggio apostolico del Santo Padre Francesco in Georgia e Azerbaijan (30 settembre – 2 ottobre 2016). Santa Messa nella chiesa dell’Immacolata. Omelia del Santo Padre Centro Salesiano – Baku Domenica 2 ottobre 2016.
[6] Alexander Dubček (1921-1992), politico cocoslovacco. Già nel 1988, il 13 novembre, nell'ambito delle celebrazioni del IX Centenario dell'Alma Mater Studiorum, l’Università gli aveva assegnata – pur impedito di presenza - la laurea honoris causa in Scienze politiche e gli dedicherà, inoltre, il giardino di palazzo Hercolani, sede della Facoltà di Scienze Politiche, in Strada Maggiore.
[7] Atti degli Apostoli, 5, 29.
[8] Cella: “camera dei frati o delle suore in un convento”, così il vocabolario della lingua italiana; il termine, nell’ambito religioso, a nominare nel convento, il luogo di abitazione del religioso che semplice, essenziale, reale anche nell’arreda-mento e nelle suppellettili è il luogo e il modo di viverne la relazione con Dio e la vocazione ricevuta.
[9] Atti degli Apostoli, 4, 29.
[10] cfr. Mt 10, 23; Lc 12, 32.
[11] Mt. 28,20.
[12] Adriano Bausola (1930-2000) è stato un filosofo italiano; Rettore dal 1983 al 1993 dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
[13] Festività dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, Omelia del Santo Padre Paolo VI, 29 giugno 1975.
[14] Mt 28, 19.
[15] Festività dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, Omelia del Santo Padre Paolo VI, 29 giugno 1975.
[16] Viaggio apostolico del Santo Padre Francesco in Georgia e Azerbaijan (30 settembre – 2 ottobre 2016). Santa Messa nella chiesa dell’Immacolata. Omelia del Santo Padre Centro Salesiano – Baku Domenica 2 ottobre 2016.
[17] Paolo VI (Giovanni Battista Montini, 1897-1978).
[18] Orazio Cocchetti (1911-2006), a sinistra nella fotografia.
[19] Virgilio Noè (1922-2011), Cardinale (1991), Arciprete della Basilica Vaticana (1991-2002), a destra nella fotografia.
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