Il Mistero Eucaristico
Conferenza del Servo di Dio P. Tomas Tyn
Parte Seconda (2/2)
Ho il piacere di presentare questa conferenza del Servo di Dio Padre Tomas Tyn, dedicata ad una analisi teologica dell’atto della Consacrazione Eucaristica nella Messa, nonché della presenza reale di Cristo nell’Eucarestia e all’esame di alcune delicate questioni che nascono dalle riflessioni sul Mistero dell’Eucarestia.
Questi pensieri appaiono oggi particolarmente opportuni in un clima ecclesiale segnato purtroppo da diverse parti da una tendenza liturgica che non riconosce al Mistero Eucaristico, e quindi alla Santa Messa la sua vera dignità, riducendola ad una semplice memoria dell’Ultima Cena e ad uno stimolo di carità sociale, mentre nel contempo purtroppo dispiace dover constatare in certi ambienti un’attenzione all’essenziale del Mistero Eucaristico, ma in un contesto spirituale di dissidio nei confronti di una piena comunione ecclesiale.
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 28 febbraio 2025
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P.Tomas Tyn, OP - I Meditazione - Eucarestia S.Messa - Bologna, 16 - 30 marzo 1985
Conferenza sul sacrificio della Santa Messa per il Terzo Ordine Domenicano presso la Basilica di San Domenico in preparazione alla Santa Pasqua del 1985 - N. 3 Meditazioni
Audio: 6a) http://youtu.be/xgbBROL5XfY
Cf. : http://www.arpato.org/testi/lezioni_dattiloscritte/Sacrificio-SMessa.pdf
Prima Meditazione - Parte Seconda
Registrazione e custodia dell’audio a cura di diverse persone
A differenza però della creazione, nella quale prima c’è un puro nulla, e dopo c’è tutto l’ente, nella transustanziazione c’è il passaggio, diciamo così, dal pane e dal vino soggetti ai loro rispettivi accidenti, al corpo e al sangue di Cristo sotto accidenti che non sono suoi propri. Non nel senso che gli accidenti del pane e del vino ineriscano al corpo e al sangue di Cristo. Questo è impossibile. Però mentre nella creazione prima non c’è nulla e dopo c’è tutto, nella conversione sostanziale prima c’è una sostanza e dopo c’è un’altra sostanza con altri accidenti, che non sono i suoi.
San Tommaso, che è sempre molto delicato e raffinato nelle sue analisi filosofiche, dice che la transustanziazione si colloca tra la generazione sostanziale, di cui abbiamo esempi nella natura, e un atto che solo Dio può compiere che è appunto la creazione. È un qualche cosa di quasi più vicino alla creazione che alla generazione delle cose.
Allora, in questo senso solo Dio agisce. E anche qui, come in generale nella creazione, Dio non si serve di strumenti. Non può neanche. Perché non c’è nessuno strumento creato che possa essere per così dire previo alla creazione, in quanto ogni creatura è oggetto di creazione, perciò non può essere uno strumento. Perciò Dio, come nella creazione non si serve di strumenti, così anche la transustanziazione non è suscettibile di una causalità strumentale.
Allora ci sono le parole, che sono quelle stesse di Gesù, che il sacerdote pone per così dire nello spazio e attraverso queste Dio produce questo prodigio, che è il passaggio sostanziale del pane e del vino nella sostanza del corpo e del sangue di Cristo.
C’è il sacerdote eterno, il sacerdote principale, Gesù. Poi ci sono i poveri sacerdoti ministri, i quali prestano la loro voce a Gesù stesso. E poi soprattutto, al di là di queste parole, c’è l’anima del sacerdozio, c’è l’anima del sacrificio, c’è l’anima di Gesù piena di questa carità oblativa che vuole sacrificarsi, che vuole espiare. Cose che approfondiremo adesso seguendo il Padre Garrigou-Lagrange.
Poi c’è l’unione del sacerdote ministro a questa oblazione interiore di Gesù. E c’è l’unione del popolo a questa oblazione, sia del sacerdote ministro che soprattutto del sacerdote Cristo. E poi c’è l’azione sacramentale, cioè l’oblazione che gli uomini fanno a Dio, la quale però non è più un’oblazione semplicemente di elementi materiali, ma diventa, in virtù della transustanziazione, oblazione di Cristo stesso.
E[1] non è solo presentare Gesù al Padre. E’ presentare Gesù anche alla Trinità Santissima, in quanto è sottoposto, nel senso che vi ho spiegato, sacramentalmente, ma come vedete perciò stesso realmente, alla realtà della sua morte in croce. Ora, come vedete, per questo la Santa Messa è lo stesso sacrificio della croce. Bisogna sempre vedere questo.
Nella Santa Messa noi abbiamo la grazia unica di partecipare, al di là dei secoli, e della distanza spaziale, al mistero del Calvario. Bisogna proprio essere lì come se stessimo davanti alla croce di Cristo Signore, storicamente piantata sul Golgota. Bisogna partecipare a questo sacrificio con gli stessi sentimenti di Maria Santissima e di San Giovanni davanti alla croce di Gesù.
Poi approfondiremo questa esemplare unione oblativa di Maria al sacrificio del Signore, proprio perché Maria Santissima ci dà l’esempio della nostra partecipazione al sacrificio della Santa Messa. Bisogna però essere sempre consapevoli di questo. Quando si celebra la Santa Messa noi assistiamo alla presenza di Gesù crocifisso.
E’ questo sacrificio della croce, che dovremo meditare appunto quest’oggi. Lo vedremo adesso. Questo è molto importante. Questo sacrificio della croce non è moltiplicato nell’essere. È molto importante, questo. Ma, come si dice in filosofia, è lo stesso individualmente e numericamente, cioè è lo stesso identico sacrificio della croce, che nella sua modalità storica Gesù ha offerto in quel momento e in quel luogo al Padre per espiare tutti i delitti della umanità. Ed è lo stesso sacrificio che è riproposto in un’altra modalità, ma sempre nella sua identità, sugli altari dove si celebra la Santa Messa.
Vedete allora l’obiezione capziosa dei protestanti contro la teologia del sacrificio della Santa Messa. Era appunto questa: “Voi cattolici, con la vostra idea che la Messa sia un sacrificio, non rispettate le Sacre Scritture, perché è stato scritto, che Egli ha offerto questo sacrificio una volta per tutte, efapax, una volta per tutte”. E allora noi cattolici non rispettiamo quello che dice la Scrittura? No, carissimi. Certamente non c’è mancanza di rispetto.
Ci[2] sarebbe se si trattasse di due sacrifici diversi, ma essendo un unico ed identico sacrificio, si può dire forte che Gesù, efapax, una volta per tutte ha offerto questo identico sacrificio per noi. Il quale non è numericamente moltiplicato, ma è sempre di nuovo riproposto, lo stesso ed identico sacrificio. È anche questo un bel mistero, ma finalmente bisogna spiegare.
Però il Concilio di Trento si premura proprio, di chiarire questo punto, nel quale i protestanti al limite potrebbero avere ragione, no? A dirci: “Insomma, se voi cattolici dite che la Messa è un sacrificio a se stante, allora vuol dire che Gesù offre tanti sacrifici”. No, ne ha offerto uno solo. Però, perdonate il mio scarso ecumenismo, se mi vanto del nostro cattolicesimo. A differenza dei protestanti, noialtri abbiamo qualcosa di prodigioso e cioè che quest’unico sacrificio della croce non è un evento storico remoto nei tempi. Questo unico sacrificio è sempre all’opera, sempre operoso nella storia della umanità, sempre davanti ai nostri occhi. Noi teniamo sempre presente il nostro Dio rivestito della sua debolezza, della sua umanità, della sua forma di servo. Ebbene, noi abbiamo il nostro Dio sempre presente davanti a noi.
E San Tommaso quando scrive l’Ufficio del Corpus Domini esclama appunto, ricorrendo al Salmo: “Qual è quel popolo che abbia un Dio così vicino a sè più del popolo cristiano?”. Il nostro Dio ci è vicino nel Sacramento Eucaristico. Il nostro Dio crocifisso è vicino a noi in ogni Santa Messa.
Dedicheremo tutta una meditazione anche a questo, ispirandoci al Padre Garrigou: Adesso ho dimenticato il dépliant, intitolato Al di là delle leggi dello spazio e del tempo. E sarà una meditazione non facile, carissimi. Di nuovo metterò a dura prova la vostra pazienza. Però è veramente una meditazione molto importante vedere come la presenza reale di Cristo, essendo sostanziale, avviene in virtù della sostanza e non degli accidenti. Ora, tra gli accidenti ci sono anche quelli del tempo e dello spazio.
Perciò, la presenza di Gesù avviene non accidentalmente, nemmeno localmente e temporalmente. Cioè è al di là del luogo e del tempo. Ed è per questo che può avvenire questo prodigio, che Gesù è compresente su diversi altari ed è allo stesso tempo presente in cielo, perché non abbandona il luogo dove il Padre lo ha posto alla sua destra.
Perciò Gesù è presente. È una cosa tremenda. Potremmo dire quasi metaforicamente così: è presente con un pezzettino di cielo, nell’Eucaristia. Non so se rendo l’idea. San Tommaso lo dice esplicitamente. Gesù è collocato nel luogo celeste e, con il luogo celeste, si rende presente in un altro luogo, ma non localmente. Gesù non è contenuto nel luogo terrestre. È contenuto sempre nel suo luogo celeste, ma si rende presente sostanzialmente, e quindi non localmente, anche su questa terra. Comunque dopo dovremo approfondire tutto questo.
E’ così pure evidentemente al di là del tempo, così che Gesù può essere compresente allo stesso tempo in diversi altari e in diversi tabernacoli. Comunque è molto giusta questa osservazione, che molti fanno. Praticamente noi dobbiamo proprio in qualche modo rinunciare a queste categorie spazio-temporali, per capire questa continuità nel tempo dell’unico sacrificio di Cristo lungo tutti i secoli e i giorni della nostra vita.
Il Garrigou sottolinea soprattutto quella che egli chiama l’anima del sacrificio della Santa Messa. E questa anima è la stessa anima del sacrificio della croce. Non ci sono due anime. Ce n’è una sola. Ed è sempre questa carità oblativa di Cristo. Allora bisogna far vedere - ecco il compito del teologo -, come questo atteggiamento sacrificale di Cristo rimane in eterno. Rimane sempre.
Anche adesso Gesù è lì, evidentemente non più con il sacrificio della croce, perché questo è passato. Gesù non muore più. Però Egli è lassù in cielo semper intercedentem pro nobis, sempre per intercedere per noi. È per questo che il Padre Garrigou dice: “L’immolazione cruenta è cessata”. Gesù non muore più, non è più crocifisso. “Ma l’oblazione interna, l’anima del sacrificio, rimane per sempre”. Non è più meritoria. Questo è molto importante. Il merito si ha solo quando non c’è ancora il premio. Quindi Gesù era viatore e comprensore allo stesso tempo. Conoscete questi termini? Comprensore vuol dire quello che è già nella beatitudine eterna. Viatore è quello che è ancora in via, verso la patria del cielo. Quindi Gesù[3] - come dice San Tommaso e tutta la teologia cattolica -, è simul viator et comprehensor.
E quindi Gesù, dal primo istante della sua esistenza, è allo stesso tempo dotato di visione beatifica. Quindi, sotto questo aspetto, è già in paradiso. Ma sotto un altro aspetto, quello della sua corporeità, che è destinata a morire e a subire la terribile passione, è ancora in cammino verso la glorificazione del suo corpo. E quindi è anche viatore. È sia comprensore che viatore.
Quindi Gesù, una volta diventato del tutto comprensore e non più viatore, non può più meritare nulla, perché ormai è nella patria del cielo. Così anche noi, meritiamo su questa terra. Ma, una volta che abbiamo reso l’ultimo respiro a Dio, carissimi, non si merita più. Vedete come è importante la nostra vita su questa terra in vista di una santa morte.
Quindi nemmeno la preghiera di Gesù, questa oblazione di Gesù, è meritoria. Perché Egli è già nel possesso dei beni divini. Quindi non è più meritoria, perché il Cristo non è più in via verso la patria celeste. Ma è una preghiera, notate bene, sempre di adorazione, di rendimento di grazie, di riparazione e di supplica, che continua ad applicare alle generazioni, che si susseguono, i meriti del Calvario.
Quindi Gesù continua a pregare il Padre, soprattutto sotto l’aspetto della supplica, però non bisogna ridurre questa sua orazione per noi solo a questa dimensione. C’è tutto[4]. C’è l’adorazione soprattutto, c’è il rendimento di grazie, c’è l’espiazione e c’è anche l’impetrazione. Quindi questa supplica di Gesù in cielo, il Quale prega per noi, si riferisce a tutte le generazioni umane che si susseguono su questa terra; tutte sono beneficate da questa supplica. E che cosa chiede al Padre?
Gesù chiede al Padre una sola cosa e cioè che i meriti del suo sacrificio della croce, i meriti della sua vita santa, della sua morte e risurrezione, siano applicati a noi volta per volta. Gesù chiede al Padre questa effusione delle grazie che Egli ha offerto a tutti noi, una effusione efficace, una applicazione in concreto a ciascuna delle nostre anime.
E il Padre Garrigou ricorre evidentemente a questo stupendo versetto 25 del VII capitolo della Lettera agli Ebrei,, dove San Paolo dice: “Gesù è sempre vivente, per intercedere per noi, semper vivens ad intercedendum pro nobis”. È il nostro avvocato in cielo, che continua a sacrificarsi interiormente, non più esteriormente, ma l’anima del sacrificio rimane sempre questa.
La preghiera di supplica, osserva il Padre Garrigou, la preghiera di supplica nell’anima santa di Cristo cesserà alla fine del mondo, ma fino a quel momento Cristo prega per noi, affinché i suoi meriti e la sua espiazione ci siano applicati. È la stessa cosa la dice anche S. Tommaso nella II-II, Questione 83, articolo 11, nel trattato della virtù della religione e in particolare del sacrificio di Cristo. Tale preghiera è di valore infinito e si esprime soprattutto nel sacrificio della Santa Messa, di cui il nostro Signore è il sacerdote principale.
Quindi, vedete, quest’anima, che è in paradiso, perché è sempre l’anima di Cristo. È sempre la sua mentalità sacrificale. È la preghiera che sempre Gesù rivolge al Padre, questa preghiera, che è l’anima, che è stata l’anima della Santa Croce, l’anima del sacrificio della Santa Croce, questa preghiera continua in cielo e anima volta per volta ogni Santa Messa, che viene offerta.
E questo in virtù della identità del sacerdozio di Cristo. E il Concilio di Trento ha sottolineato molto bene questa verità. Cioè è sempre lo stesso sacerdote, che ha offerto Se stesso immediatamente sulla croce e che adesso offre sempre Se stesso per la mediazione dei sacerdoti ministri. Ma è sempre lo stesso Offerente, lo stesso sacerdote con la stessa anima del suo sacrificio, che è la carità nell’obbedienza, che vuole sacrificarsi, che vuole morire per la salvezza dell’uomo. E lo vuole per sempre.
Lo voleva nel momento del Calvario e lo vuole per tutta l’eternità. E’ per questo che vi cito i passi direttamente dagli atti del Concilio di Trento, citati a loro volta dal Padre Garrigou, il quale dice così: una enim, eademque est hostia, si tratta sempre della stessa ed identica ostia, cioè vittima offerta, Idem nunc offerens, e lo stesso è anche l’offerente, Colui che offre, sacerdotum ministerio, per mezzo del ministero dei sacerdoti, qui seipsum tunc in cruce obtulit, Colui che allora si è offerto sulla croce, sola offerendi ratione diversa, con la sola diversità, con la sola differenza della ratio offerens.
E questa è appunto la diversità tra il modo in cui Gesù è stato offerto sulla croce con l’uccisione fisica e il modo in cui viene offerto nella Santa Messa evidentemente non più con l’uccisione fisica, ma in maniera incruenta, sacramentale, eppure altrettanto se non più reale.
Nella immolazione sacramentale si tratta di vera immolazione, di vero sacrificio, ma non c’è l’aspetto cruento, il modo cruento della immolazione. Ora, questo modo cruento era costituito da due aspetti. Uno era l’aspetto attivo dell’immolazione cruenta. L’altro era l’aspetto passivo. L’aspetto attivo non solo non è sacrificio, ma è il più grande crimine che si possa concepire.
San Tommaso dice non fuit sacrificium sed potius maleficium. Quindi il più grande delitto concepibile, cioè il mettere a morte il vero uomo e il vero Dio, è stato piuttosto il più grande crimine. Naturalmente non è da ripetersi in nessun modo la oblazione cruenta nel senso attivo della parola.
Che cosa è invece l’oblazione passivae? Questa sì che fa parte del sacrificio della croce. L’oblazione cruenta passiva è la sottomissione di Gesù alla sua uccisione. Ci sono due aspetti. Ci sono i soldati, che uccidono Gesù. E c’è Gesù che si offre. È cosa interessante. Gesù ha sempre il potere di riprendersi la vita, ha il potere di dare la sua vita. Quindi la dà liberamente. Gesù si è liberamente sottoposto alla uccisione.
Perciò, vedete, non è che - cosa orribile solo a dirsi -, Gesù si sia dato la morte, evidentemente, o abbia subìto la morte per opera di altri. Allora, questa opera delittuosa, criminale degli altri, è l’immolazione cruenta attiva. E questa non fa parte del sacrificio. Perché? Perché è un crimine, un delitto. Per di più coloro che hanno ucciso Gesù non intendevano per nulla offrire un sacrificio a Dio. E se avessero inteso questo sarebbe stata una cosa assolutamente assurda. Invece Gesù sì, sottomettendosi passivamente, ha compiuto un’oblazione cruenta, ma passiva, sottomettendosi passivamente alla sua uccisione, Gesù invece ha praticato questa obbedienza sacrificale, anima del sacrificio della Santa Messa.
Allora, l’immolazione cruenta passiva rientra nel sacrificio, però nel sacrificio della Santa Croce. Non rientra invece nel sacrificio della Santa Messa. E voi capite il perché. Perché nel sacrificio della Santa Messa, Colui che opera attivamente è ancora Cristo stesso. Allora, in questo caso, se ci fosse l’immolazione cruenta, sarebbe non solo il sacerdote ministro, ma addirittura il sacerdote in eterno, cioè Cristo, a dare la morte a se stesso. Cosa evidentemente assurda e da escludersi.
Quindi, vedete, nella Santa Messa non c’è in nessun modo l’immolazione cruenta. Non c’è l’immolazione cruenta attiva, che è sempre da escludersi in ogni sacrificio, perché è solo l’occasione del sacrificio della croce. Quindi non è la vera causa, ripeto, perché questi delinquenti non volevano offrire il sacrificio, ma semplicemente uccidevano Gesù con malizia.
Però, del sacrificio della croce, faceva parte organicamente ed integralmente questa obbedienza di carità di Gesù alla volontà del Padre, quando si è lasciato passivamente uccidere. Questo lasciarsi uccidere passivamente, e quindi cruentemente, cioè in maniera tale da versare sangue, non c’è nella Santa Messa. Perché non c’è? Proprio perché allora sarebbe Gesù stesso in qualche modo a fare male a sè. Cosa assurda.
Per di più, in genere nessuno può fare male a Gesù nel sacramento dell’Eucaristia. Perché la sua presenza è quella propria di un corpo perfettamente impassibile. E quindi è concepibile solo una immolazione non più cruenta, ma incruenta. Perciò vedete questa diversa ratio offerendi. È questo il punto delicato. Tutto è identico. È identica l’anima del sacrificio, cioè questa preghiera di Cristo, questa obbedienza di Gesù, questo volersi sacrificare, che continua per tutta l’eternità.
Padre Garrigou dice molto giustamente: “In ogni momento Gesù ha questa mentalità nella sua anima, che è stata resa eterna dalla sua esaltazione alla destra del Padre”, questa mentalità sacrificale, di voler soffrire e morire in ogni momento, se questo fosse stato necessario e possibile. Non è possibile e nemmeno necessario, perché una volta che Cristo è morto, ha offerto il sacrificio che espia tutti i peccati possibili ed immaginabili.
Però la sua mentalità è sempre quella del sacrificio. Come per dire: se il Padre avesse bisogno ancora che lui morisse per noi, Gesù lo farebbe con molta carità, come lo fece già una volta. Quindi rimane quest’anima del sacrificio nella Santa Messa. Quello che cambia è solo il modo esterno di offrire questo sacrificio. Non c’è più il modo cruento, passivo della oblazione; c’è il modo incruento.
Che cosa è il modo incruento? È appunto il modo sacramentale, il modo mistico. Ma, come abbiamo visto, è altrettanto reale il modo di offrirsi in questa duplice, consacrazione, che separa sacramentalmente ma realmente il corpo e il sangue di Gesù. Così Gesù impassibile, glorioso, una volta che è risorto, non muore più. Gesù vivente in eterno, è reso presente sull’altare appunto come se fosse morto. Ma questo come se, non è un puro simbolo. È una realtà, vedete, significata e resa presente in questa duplice consacrazione.
Questa realtà sacrificale individualmente è l’unica sostanza del sacrificio, che è offerta, in due modi diversi, senza che essa perda la sua identità individuale. Perciò il Padre Garrigou si esprime molto giustamente, spiegandosi con un esempio. Dice che non è come se si trattasse, dell’identità di una pianta, mettiamo una pianta di rose, le quali rifioriscono ogni primavera; come per dire: “Io nel mio giardino ritrovo le stesse rose dell’anno scorso”. No, non è lo stesso. Perché, queste rose sono specificamente le stesse, ma individualmente sono diverse, non come pianta, ma come singolo fiore sì. I fiori sono diversi. Invece nella Santa Messa non c’è diversità individuale[5]. Ma è lo stesso sacrificio, con la sola diversità del modo di offrire.
Il Padre Garrigou fa un’ultima considerazione. E così poi termino e vi dò subito la parola. Egli fa un’altra osservazione. Da buon teologo mette in analogia il sacrificio della Santa Messa con la Cristologia. E dice: “In fondo la Santa Messa presenta questa somiglianza con la stessa realtà di Cristo”. E cioè Gesù può essere presente nella sua corporeità solo in due modi. una volta in un modo passibile, fino alla sua resurrezione; una seconda volta, dopo la risurrezione, e per tutta l’eternità, in una maniera impassibile. Ma è sempre lo stesso identico corpo del Salvatore.
Voi sapete che San Tommaso insiste, molto giustamente, con Aristotele, su quella profonda dottrina, seppur non facile da capire, secondo la quale l’individuazione, ovviamente, si capisce, delle realtà corporee, avviene per opera della materia. La forma è identica in tutta la specie. Per esempio, l’anima umana è la stessa in tutti gli uomini. Ciò che differenzia le singole anime è il fatto che ogni anima è fatta per il suo corpo particolare.
Quindi, l’individualità stessa del Salvatore, quanto alla sua umanità, si capisce, come ogni altra individualità umana, deriva dalla sua corporeità. Ora, il corpo di Gesù può essere presente solo in due modi. O in maniera passibile o in maniera impassibile. Però questa diversità di modo non cambia l’identità del corpo di Cristo. In altre parole, Gesù quando risorse, si riprese il suo corpo, quello stesso identico corpo fisico che era stato crocifisso.
Bisogna che noi ci erigiamo sdegnati ad alta voce contro tutte queste tendenze un tantino ereticali, che ripropongono sempre certe sciocchezze gnostiche. Nihil novum sub sole. Almeno questi eretici dovrebbero sforzarsi di essere un po’ più originali. E invece ripropongono sempre le solite storie, dicendo - pensate a Bultmann - che praticamente questa risurrezione del Salvatore è un puro simbolo. Gesù sarebbe risorto nella predicazione degli apostoli; di fatto invece il Gesù della storia è morto sic et simpliciter. Insomma, cose del genere.
Noi invece diciamo con chiarezza: la risurrezione del Salvatore è qualche cosa che riguarda il suo corpo, cioè è qualcosa di fisico, riguarda il corpo di Cristo e lo riguarda nella sua individualità. Questo è importante. Non è che Gesù abbia assunto un corpo astrale, dopo la risurrezione. Si è ripreso quel suo corpo crocifisso, dandogli la sua gloria, e in qualche modo inghiottendo la morte nella vita di quel corpo risorto. Questa è la nostra fede cristiana. Non ce ne sono altre.
E così, come Gesù non cambia nella sua identità corporea e umana dal modo di essere passibile a quello di essere impassibile, così non cambia nemmeno nel modo di offrirsi cruentemente sulla croce e incruentemente sull’altare. Finisco qui.
Gesù ha istituito il sacramento dell’Eucaristia e quindi il sacrificio della Santa Messa nell’Ultima Cena. E invece è morto solo il giorno dopo, il Venerdì Santo. Quale significato ha questo lasso di tempo, che c’è tra i due eventi?[6]
Ebbene, è molto importante pensare sempre a questo. E qui San Tommaso pure fa un’analisi molto raffinata della situazione Dice: in tutti i sacramenti istituiti da Cristo e soprattutto nel sacramento della Santissima Eucaristia è attiva e operante la virtus passionis Christi, la virtù della sua passione.
Non c’è sacramento, carissimi, che non agisca in virtù della passione di Cristo. Tutti i sacramenti, il battesimo, la cresima, l’estrema unzione, il matrimonio, il sacerdozio, tutti, tutti i sacramenti sono operosi in virtù della passio Christi. Se non c’è la croce di Gesù, i sacramenti non hanno nessuna efficacia.
Quindi, se i sacramenti agiscono in virtù del sangue di Cristo sparso sulla croce,. tanto più il sacramento dell’eucaristia, perché voi sapete che è proprio il sacramento della presenza pasquale di Cristo, cioè la presenza di Cristo crocifisso e risorto. E’ quell’agnello - è bellissimo -, che è descritto nell’Apocalisse. È un modo di dire paradossale, ma così profondo e così vero.
Quell’agnello è stato ucciso ed ecco che vive. È un paradosso. Un agnello ucciso non vive più. E invece, no. E’ un agnello ucciso;, eppure vive. E’ quello che avviene sull’altare. E’ Gesù crocifisso, che pure vive e vive per tutta l’eternità impassibile, glorioso alla destra del Padre. Questo avviene nel sacrificio della Santa Messa.
Allora, come è possibile che Gesù l’abbia istituito il giorno prima? Che cosa è avvenuto in quella prima consacrazione, quando Gesù ha pronunciato per la prima volta queste parole, istituendo questo grande sacramento? Ebbene, S.Tommaso dice che in quel momento Gesù - questo è importante - si riferiva finalisticamente, teleologicamente, come si suol dire, appunto al sacrificio della croce[7]. Ed è in vista di questo sacrificio, che istituiva nell’Ultima Cena il sacramento del suo corpo e del suo sangue.
E San Tommaso si chiede ulteriormente: come Gesù era presente[8]? E risponde: sempre il Gesù storico, cioè di quel momento in cui Egli celebra la Santa Messa. Quindi, in questa prima Santa Messa, che non era mai stata celebrata su questa terra, è accaduto qualcosa di unico, perché in tutte le nostre Sante Messe è presente Gesù glorioso. Invece in quella prima Santa Messa è stato presente quello stesso Gesù, che offriva, e distribuiva Se Stesso ai suoi discepoli. Un prodigio stupendo.
Ma appunto anche lì la cosa è spiegabile solo al di là delle leggi dello spazio e del tempo. Cosicché lo stesso Cristo storicamente presente lì a mensa con i suoi discepoli, è presente sacramentalmente, realmente e sostanzialmente sotto le specie del pane del e del vino, che dà ai suoi discepoli.
Questo è ciò che è importante. Torno a ripetere, perché è una cosa molto difficile da capire. Lo so. C’è questo. Cioè si distingue una duplice presenza. Una in virtù del sacramento e l’altra in virtù del reale accompagnamento, chiamiamolo così, in questo senso. Infatti Gesù è sempre presente tutto, così come è nella totalità del suo essere.
Ora, Gesù così come adesso è presente nella gloria del Padre è un insieme di parti diverse. “Parti” tra virgolette. C’è divinità e umanità. L’umanità è composta ancora dall’anima e dal corpo. Il corpo è composto dalla carne, dalle ossa, dalle vene, dai nervi, dal sangue e da tutto il resto. Ora, Gesù presente sull’altare è Gesù tutto. Solo che alcune parti sono presenti in virtù del sacramento, altre sono presenti in virtù di questo reale accompagnamento, quello che i teologi chiamano la reale concomitanza. Allora, in virtù del sacramento è presente solo ciò che è significato nelle formule consacratorie: corpo e sangue, rispettivamente per il pane e il vino.
Separatamente. È ciò che costituisce il sacrificio della Messa. È come se sacramentalmente Gesù ancora spargesse il sangue. Però di fatto, per la reale concomitanza, è compresente con il corpo, anche il sangue,e l’anima e la divinità, e con il sangue anche il corpo, l’anima e la divinità,.
C’è una complementarità, nel senso che in virtù del sacramento c’è la reale separazione e quindi il sacrificio. In virtù della reale concomitanza c’è la presenza di Cristo tutto. Ora, nel tabernacolo la presenza di Gesù non è una presenza di separazione dal sangue, è una presenza semplicemente sotto la specie del pane e lì c’è Gesù tutto intero. Quindi è presente Gesù sacrificato nella Santa Messa, ma non più in quanto è sacrificato attualmente.
Servo di Dio Padre Tomas Tyn, OP
Trascrizione da registrazione di Suor Matilde Nicoletti, OP – Bologna, 6 luglio 2015
Testo con note rivisto da Padre Giovanni Cavalcoli, OP – Varazze, 15 settembre 2017; Fontanelalto, 28 febbraio 2025
San Tommaso, che è sempre molto delicato e raffinato nelle sue analisi filosofiche, dice che la transustanziazione si colloca tra la generazione sostanziale, di cui abbiamo esempi nella natura, e un atto che solo Dio può compiere che è appunto la creazione. È un qualche cosa di quasi più vicino alla creazione che alla generazione delle cose.
In questo senso solo Dio agisce. E anche qui, come in generale nella creazione, Dio non si serve di strumenti.
Ci sono le parole, che sono quelle
stesse di Gesù, che il sacerdote pone per così dire nello spazio e attraverso
queste Dio produce questo prodigio, che è il passaggio sostanziale del pane e del
vino nella sostanza del corpo e del sangue di Cristo. C’è il
sacerdote eterno, il sacerdote principale, Gesù. Poi ci sono i poveri sacerdoti
ministri, i quali prestano la loro voce a Gesù stesso. E poi soprattutto, al di
là di queste parole, c’è l’anima del sacerdozio, c’è l’anima del sacrificio,
c’è l’anima di Gesù piena di questa carità oblativa che vuole sacrificarsi, che
vuole espiare.
Nella Santa Messa noi abbiamo la grazia unica di partecipare, al di là dei secoli, e della distanza spaziale, al mistero del Calvario. Bisogna proprio essere lì come se stessimo davanti alla croce di Cristo Signore, storicamente piantata sul Golgota. Bisogna partecipare a questo sacrificio con gli stessi sentimenti di Maria Santissima e di San Giovanni davanti alla croce di Gesù.
Immagine da Internet: Il trionfo del mistero eucaristico, Pietro Paolo Vasta
[1] Sottinteso: questo sacrificio.
[2] Questa mancanza di rispetto per le Scritture.
[3] Terreno.
[4] Sott’inteso: nella preghiera.
[5] È chiaro che ciò che avviene sull’altare è materialmente altro da quanto materialmente avvenne sul Golgota 2000 anni fa.
[6] Gesù nell’ultima Cena offre come nutrimento di vita eterna quel suo corpo, che avrebbe offerto in sacrificio al Padre il giorno dopo. Questo significa che Cristo all’ultima Cena offre il suo corpo sacrificato. Ma ci si domanda: come ciò fu possibile, se Gesù sarebbe morto solo il giorno dopo? La risposta è che qui ci troviamo di fronte a un sacrificio eterno, per cui siamo al di sopra del tempo, per cui il futuro diventa presente. Per questo Gesù all’ultima Cena ha potuto presentare il suo corpo come se fosse morto, mentre doveva ancora morire.
[7] Certo Gesù quando pronuncia le parole della consacrazione pensa alla sua morte che sarebbe avvenuta il giorno dopo. Per cui certamente nella mente di Gesù c’era l’intenzione di offrirsi vittima il giorno dopo. Tuttavia non sembra spiegare sufficientemente il fatto che quando dice: “questo è il mio corpo”, Gesù si riferisce al suo corpo morto e risorto. Per questo l’unica spiegazione di questa attualità della sua morte non è data se non dal fatto che si tratta del sacrificio divino ed eterno col quale Dio utilizza la morte per renderla via alla vita.
[8] Nell’ultima Cena.
Si, certamente la Santa Messa è un opera di Dio in mezzo agli uomini. Il modo per capire che è un solo ed unico Sacrificio ( quindi ogni Messa non aumenta numericamente il sacrificio) è quello di comprendere che, essendo un opera divina, il Santo Sacrificio è al di fuori del tempo e dello spazio, che vengono considerati come due accidenti. Sottolineare l'essenza della Messa, cioè il Sacrificio, è oggi molto importante. Infatti purtroppo in molte celebrazioni non si riesce a vivere bene questa ( vera ) dimensione perché la Santa Messa viene presentata ( con i canti, ecc.) Come se fosse una riunione conviviale tra amici. Come una festa. Invece, come spiega molto bene il Padre domenicano Tyn, dobbiamo parteciparvi con gli stessi sentimenti di Maria Santissima e di San Giovanni. Certamente la festa è nel cuore che si apre a un Amore così grande, infinito, sublime. Però bisogna ricordare che è un Sacrificio e, dunque, atteggiarsi nel modo giusto. Anche alla fine della Messa, tante volte, le persone si fermano in Chiesa a ridere e parlare: dovrebbero invece ringraziare di quello che hanno ricevuto e portare rispetto. Purtroppo tante volte non è così, sembra una piazza..Per tutto questo è molto importante continuare a sottolineare la grandezza della Santa Messa, presenza reale dell'unico e vero Sacrificio che ci redime e ci dona la vita. Se un parroco vuole attirare i giovani e portarli a partecipare alla Messa, dovrebbe spiegargli cosa significa la Messa e non " cammuffarla" da riunione tra amici dove si sta insieme, si battono le mani, si canta e, alla fine, si fanno quattro risate e una bella chiacchierata in Chiesa. Comunque ci sono anche bravi sacerdoti e parroci attenti a questo. Detto questo, avrei una domanda da farle Padre Cavalcoli. La Messa ha un valore oggettivamente infinito. I manuali di teologia ci spiegano che ci sono diversi frutti che derivano dal Santo Sacrificio: generale, speciale, ministeriale ( qualcuno annovera anche quattro frutti). Ho sentito e letto diversi pareri dove è sostenuta la tesi che il frutto ministeriale se applicato a più intenzioni ( per esempio applicato a due o più defunti anziché a un solo defunto) viene diviso, cioè ogni defunto riceve meno benefici dalla Messa che gli viene destinata. Spero di essermi spiegato bene. Questa tesi è sostenuta, per esempio, anche da Charles Journet nel suo libro " la Messa". Cosa ne pensa ? Grazie. Pierpaolo Paolini
RispondiEliminaAnonimo3 marzo 2025 alle ore 11:36
EliminaSi, certamente la Santa Messa è un opera di Dio in mezzo agli uomini. Il modo per capire che è un solo ed unico Sacrificio ( quindi ogni Messa non aumenta numericamente il sacrificio) è quello di comprendere che, essendo un opera divina, il Santo Sacrificio è al di fuori del tempo e dello spazio, che vengono considerati come due accidenti. Sottolineare l'essenza della Messa, cioè il Sacrificio, è oggi molto importante. Infatti purtroppo in molte celebrazioni non si riesce a vivere bene questa ( vera ) dimensione perché la Santa Messa viene presentata ( con i canti, ecc.) Come se fosse una riunione conviviale tra amici. Come una festa. Invece, come spiega molto bene il Padre domenicano Tyn, dobbiamo parteciparvi con gli stessi sentimenti di Maria Santissima e di San Giovanni. Certamente la festa è nel cuore che si apre a un Amore così grande, infinito, sublime. Però bisogna ricordare che è un Sacrificio e, dunque, atteggiarsi nel modo giusto. Anche alla fine della Messa, tante volte, le persone si fermano in Chiesa a ridere e parlare: dovrebbero invece ringraziare di quello che hanno ricevuto e portare rispetto. Purtroppo tante volte non è così, sembra una piazza..Per tutto questo è molto importante continuare a sottolineare la grandezza della Santa Messa, presenza reale dell'unico e vero Sacrificio che ci redime e ci dona la vita. Se un parroco vuole attirare i giovani e portarli a partecipare alla Messa, dovrebbe spiegargli cosa significa la Messa e non " cammuffarla" da riunione tra amici dove si sta insieme, si battono le mani, si canta e, alla fine, si fanno quattro risate e una bella chiacchierata in Chiesa. Comunque ci sono anche bravi sacerdoti e parroci attenti a questo. Detto questo, avrei una domanda da farle Padre Cavalcoli. La Messa ha un valore oggettivamente infinito. I manuali di teologia ci spiegano che ci sono diversi frutti che derivano dal Santo Sacrificio: generale, speciale, ministeriale ( qualcuno annovera anche quattro frutti). Ho sentito e letto diversi pareri dove è sostenuta la tesi che il frutto ministeriale se applicato a più intenzioni ( per esempio applicato a due o più defunti anziché a un solo defunto) viene diviso, cioè ogni defunto riceve meno benefici dalla Messa che gli viene destinata. Spero di essermi spiegato bene. Questa tesi è sostenuta, per esempio, anche da Charles Journet nel suo libro " la Messa". Cosa ne pensa ? Grazie. Pierpaolo Paolini