Il Beato Giuseppe Girotti testimone di Cristo davanti ad Hitler - Seconda Parte (2/2)

 

Il Beato Giuseppe Girotti

testimone di Cristo davanti ad Hitler

Seconda Parte (2/2)

Hitler dietro suggerimento di un certo Lanz Von Lebenfels, ex-monaco apostata, fu indotto a rovesciare il rapporto biblico: il popolo eletto era la razza tedesca; il vero Dio non era il puro Essere della Bibbia, ma era il Dio essere-non-essere, il Dio manicheo, quello di Hegel, che – guarda caso – riprendeva quello della Kabbala; il popolo malvagio erano gli Ebrei, il cui Dio era il Dio del male. Il vero Messia non era Cristo, ma era lui.

Il vero Dio per Hitler è la ruota della vita, antichissimo simbolo indiano, una successione infinita di vita-morte-vita, presente anche nella massoneria esoterica, senza che mai la vita prevalga definitivamente sulla morte, perché Dio non è pura vita, ma vita e morte entrano nella sua stessa essenza di Dio. La vita procura la morte e la morte procura la vita. Il Dio di Hegel non è altra cosa. Si identifica con la Storia, che è mescolanza inestricabile di essere e non essere, vero e falso, bene e male, vita e morte.

Hitler aveva capito che Cristo era la pienezza dell’ebraismo, cosa che non capivano da 19 secoli tanti ebrei che restavano fermi a Mosè e rifiutavano Cristo come Messia d’Israele e dell’umanità. E per questo Hitler capì che il perseguitare gli ebrei implicava come conseguenza logica perseguitare i cristiani, benché tanti ebrei non si riconoscessero nel cristianesimo, ma fossero infedeli a Mosè corrotti come Spinoza, dalla tradizione Kabalistica.

L’ostilità di Hitler nei confronti dei cristiani non aveva pertanto niente a che vedere con quella della tradizione mosaica e rabbinica. Hitler, che aveva avuto un’educazione cattolica, sapeva bene meglio degli ebrei che Cristo è la pienezza di Israele e il Salvatore dell’umanità. E questo è il motivo fondamentale per il quale Hitler perseguitò il popolo ebraico perché si sentiva lui il Messia e salvatore dell’umanità e tale i nazisti lo consideravano.

D’altra parte Hegel forniva la concezione totalitaria dello Stato; Nietzsche la dottrina della volontà di potenza, Darwin una concezione delle razze umane dove l’uguaglianza era sostituita da una concezione gradualistica ed evolutiva materialistica della natura umana, per cui al superuomo, il tedesco, corrispondeva il sotto-uomo, l’ebreo. Lutero forniva la concezione immanentistica di Dio col fattore anticattolico. Cartesio forniva la coscienza dell’io come io assoluto. Fichte forniva l’idea magica dell’io come creatore di sé stesso. Heidegger fornì al nazismo il concetto del sacro preso non dal cristianesimo, ma dal paganesimo greco di Hölderlin e di Rudof Otto.

Hitler affetta di ammettere Dio e ne parla spesso nei suoi discorsi. Lo chiama anche Herr Gott. Egli si dichiara convinto di aver ricevuto da Dio la missione di promuovere la grandezza del popolo tedesco sopra tutti gli altri popoli. Ma chi è Dio per lui? È chiaro che non è il Dio trascendente del cristianesimo, ma è il Dio cosmico di Hegel immanente all’io ed espansione infinita dell’io. Hitler si sente posseduto, invasato ed ispirato da questo Dio, che lo fa parlare e lo rende eccitatore, trascinatore ed ipnotizzatore delle folle oceaniche pendenti dalle sue labbra. Hitler si sente il messaggero, il profeta e il vate di questo Dio immanente o, come lo chiama, «essere superiore», strumento di salvezza.

Hitler si ritenne e fu ritenuto da milioni di tedeschi come il Messia, l’interprete e la guida ispirata del popolo tedesco, della razza eletta, della razza dei signori e dominatori dell’umanità, popolo divino e Dio esso stesso, del quale egli era la guida unica ed assoluta, la sostanza di questo popolo, mentre i singoli individui ne erano emanazioni contingenti e fugaci, che solo nel Führer avevano la sostanza del loro essere. Si direbbe che siamo stati davanti ad un’imitazione diabolica della Chiesa come corpo mistico di Cristo, dove al posto di Cristo c’era Hitler.

Quello che egli proclamava pubblicamente aveva le sue fonti segrete, come sua volgarizzazione, nelle sue conoscenze esoteriche tratte da società segrete ed occultiste che attingevano sia all’antica mitologia germanica[1] che alle antiche tradizioni gnostiche iraniche.

La questione della razza

Oggi questioni come quella dell’identità di razza o della conservazione o difesa  o promozione della razza o quella della purezza o impurità della razza, non interessano quasi nessuno, ed anzi in molti suscitano un moto di ripugnanza, di scetticismo e di disgusto, dopo che le teorie razziali ad opera soprattutto dei nazisti avevano portato agli orrori immani della seconda guerra mondiale, dopo che nei primi decenni del secolo scorso e negli ultimi dell’800 si era diffuso un interesse enorme e abnorme per il problema a livello di nazioni, popoli e razze, mentre nugoli di studiosi o intellettuali e persino esoteristi ed occultisti fantasticavano su mitiche razze ancestrali di origine divina. 

Oggi che è molto percepito il valore dell’uguaglianza umana e il fatto che ognuno dev’essere valutato per quel che dice e fa e non in base al colore della pelle, le suddette questioni sulla razza appaiono il residuo di una mentalità incapace di capire il valore della libertà e della convivenza umana, benché resti sempre vero che le diversità delle razze, a parte la diversità delle lingue, non è una conseguenza del peccato originale, ed appare come una pluralità di valori voluta da Dio. L’elezione del popolo ebraico è un dato rivelato che durerà fino alla fine del mondo. Essa ha avuto origine da Abramo, così come altri popoli hanno avuto origine da altri capostipiti.

Invece sembra incredibile come queste questioni polarizzarono l’attenzione di folle enormi a livello di popolo come di intellettuali come se si trattasse di problemi fondamentali della vita o verità scientifiche, mentre bene spesso si trattava di costruzioni arbitrarie, dove le invenzioni più improbabili venivano spacciate per verità assolute.

Ma il fatto è che dopo la terribile esperienza del razzismo nazista è nata quasi dappertutto una reazione istintiva di rigetto, tanto che oggi molti dubitano che il concetto stesso scientifico di razza sia possibile e quindi dubitano del valore scientifico dell’etnologia. Si tratta certo di un’esagerazione in senso opposto, che contrasta con quel pluralismo e quella diversità dei quali oggi siamo giustamente innamorati.

Invece – sembra oggi incredibile – in quegli anni numerosi uomini politici, etnologi, storici, filosofi, scienziati, biologi, psicologi in Europa e fuori facevano di questo problema una basilare questione di principio, come se da certe teorie sulla razza dovesse dipendere il destino dell’umanità.

Da qui la produzione di una imponente letteratura o di piani politici in merito, infinite discussioni fino ad arrivare a contrasti fra Stato e Stato. Non c’è dubbio che una delle cause della seconda guerra mondiale fu lo spropositato concetto che i tedeschi avevano della propria razza, fino a ritenere che essa avesse il diritto di dominare il mondo.

Così la missione della quale Hitler si sentiva investito, largamente accettata e condivisa dal popolo tedesco per una forma di impressionante accecamento ed autoesaltazione, fu sostanzialmente quella di far girare tutto il senso della sua lotta contro il male nella volontà ostinata che il popolo tedesco distruggesse il popolo ebraico, considerato una razza impura che contaminava quella ariana.

Che certe razze favoriscano di più la cultura e la virtù di altre, questo è vero. In tal senso si può parlare di razze superiori e razze inferiori, a patto però che non si approfitti di ciò per maltrattare le razze inferiori. Ciò che invece non ha senso è distinguere fra razze pure e razze impure come si distingue il vino genuino dal vino adulterato. È chiaro che il vino misto ad acqua non è più vino puro. È chiaro che le razze devono aver cura della propria identità, perchè essa proviene da Dio. Ma non è lecito ad alcuna razza designare come impura un’altra razza, anche se è tenuta a non mescolarsi con quella.

Le razze quindi non si possono paragonare al vino sia perché le razze non sono distinte tra loro in modo netto, a compartimenti stagno o come si distingue il vino dall’acqua. ma tra una razza e l’altra esistono forme intermedie. È giusto cercare e ottenere e difendere il vino puro, ma non ha senso trattare le razze a questo modo.

Conservare la purezza di una razza non è un dovere morale. È una materia libera dove le società possono regolarsi come vogliono. Basta che non si perseguiti una razza diversa. Incroci di razze, scomparsa e comparsa di razze nella storia dell’umanità sono da considerarsi come cose del tutto normali, che avvengono soprattutto in occasione di immigrazioni o invasioni.

Non c’è quindi nessun motivo per parlare di una razza «impura», perché la razza non è è una questione morale dove ci può essere il puro e l’impuro, ma la razza è un fatto naturale, dove l’impuro sarà semmai ciò che è corrotto da qualche patologia. Non è proibito costruire razze artificiali mediante incroci, come è successo in America Latina. La razza ebraica è di per sé pura ossia naturale come tutte le altre. Si può parlare semmai di certe razze impure in quanto vanno soggette a certe malattie, come il gozzo e certe popolazioni alpine.

Le razze non sono differenti le une dalle altre come le rose sono distinte dalle violette. Ma gli incroci e le mescolanze nel campo delle razze non produce nessun inconveniente. Un congolese può benissimo sposare una norvegese e avere figli. Non c’è nessuna impurità di cui ci si dovrebbe vergognare.  È solo una questione di gusti e di estetica. Ad ogni membro di un dato popolo o razza normalmente piacciono i membri di quel medesimo popolo o razza.

Quello che non cessa di stupirci e di lasciarci increduli è come abbia potuto il popolo tedesco, di antica civiltà cristiana, ricco di qualità morali ed intellettuali lasciarsi convincere in modo così fanatico e compatto da un progetto di tale follia, contrario non solo all’etica cristiana, ma alle basilari norme della convivenza civile tra i popoli.

I veleni non sono estinti

Occorre una buona volta che il popolo tedesco aiutato dalla comunità internazionale chiarisca in modo definitivo, alla luce della rivelazione cristiana, qual è la sua identità, quali le sue ricchezze, quali le sue risorse, quali i suoi difetti., quale la sua missione a servizio dell’umanità.

I tedeschi si considerano il popolo filosofico per eccellenza. Ma il loro è uno spirito troppo turbolento ed agitato perché si possa parlare veramente di filosofia. Le aspirazioni filosofiche certamente le hanno, e sanno anche andare molto a fondo e salire molto in alto o scendete nell’intimo dell’io. Ma è sconveniente il metodo per affrontarle, perchè manca in loro la lucidità del ragionamento filosofico.

A voler coinvolgere tutto l’uomo nel filosofare: sensi, mente, ragione. intelletto, cuore, coscienza, immaginazione, passioni, volontà e sentimento, turbano anziché pacificare, creano un’enorme confusione, tendono ad immergersi nelle passioni e il loro bisogno di assoluto tende a confondere Dio con l’assolutizzazione dell’io.

Tale autostima proviene soprattutto dal fenomeno grandioso dell’idealismo da Kant fino ad Hegel, fenomeno che a sua volta è la conclusione del cammino iniziato dai mistici tedeschi del sec. XIV, ma che è degenerato. Ma come negare la importanza di Nietzsche, Husserl e di Heidegger?

Ora non c’è dubbio che nel campo del pensiero il tedesco ha una forza straordinaria, ci aggredisce, sicchè a volte ne restiamo offesi ma a volte ci fa riflettere. Ci attira ma senza svelarci quello che ci vuol dire, tenta scalate impossibili, evoca lo spirito delle tenebre, mostra un’aspirazione mistica. Un carattere irruente e travolgente, eccitatore di passioni e di alti ideali ad un tempo, sembrerebbe capace di navigare nell’oscurità per farci intravedere energie cosmiche nascoste, forze divine o diaboliche radicali, grandezze impressionanti ed entusiasmanti.

La cosa che desta preoccupazione è che i tedeschi, fatti sì saggi dalla terribile sconfitta subìta nella seconda guerra mondiale, non pensano più ad imporre la loro egemonia intellettuale sugli altri popoli con i metodi militari, ma hanno trovato un metodo più sottile ed efficace per esercitarla: quello del dominio sugli spiriti grazie alla loro efficientissima attività filosofica e teologica.

Ma le cose non si fermano qui: il guaio è che le idee che oggi essi diffondono sono sempre quelle che già in passato hanno condotto all’immane disastro della seconda guerra mondiale. Il potere che su di noi essi hanno raggiunto non è un potere militare, ma un potere spirituale di persuasione e di seduzione avente comunque lo scopo di assoggettare i nostri spiriti a loro. Che fare allora?

Occorre da parte nostra una grande forza spirituale. Hegel diceva giustamente: solo lo spirito può opporsi allo spirito. Esistono grandi ricchezze e valori nel pensiero tedesco. Occorre saper metterli in luce con estrema decisione, lealtà e lucidità ed essere parimenti così avveduti da saper individuare, smascherare e respingere gli errori. Così la Germania troverà finalmente nel consesso dei popoli quella grandezza alla quale ha sempre aspirato, ma che finora non ha potuto trovare perché la cercava fuori e non dentro l’ovile di Cristo.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 1 Febbraio 2025


 
 
 Immagine da Internet:-  Dachau (1933-1945)

[1] René Alleau, Le origini occulte del nazismo. Il terzo Reich e le società segrete, Edizioni Mediterranee, Roma 1989.

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