30 giugno, 2025

La transustanziazione eucaristica come principio della comunione ecclesiale

 

La transustanziazione eucaristica

come principio della comunione ecclesiale

 

L’espressione appropriata di un mistero ineffabile di salvezza

La ricerca di parole adatte per esprimere, interpretare, spiegare e chiarire quanto Gesù disse e fece nell’Ultima Cena relativamente al pane e al vino, che collegò al suo corpo e al suo sangue, parlando di «Alleanza», ha avuto una storia di secoli. Essa è narrata in forma riassuntiva da Mons. Antonio Piolanti alla voce corrispondente nell’Enciclopedia Cattolica. Qui basterà ricordare alcuni punti principali che riguardano i pronunciamenti della Chiesa.

Il Concilio di Trento dice che la conversione del pane e del vino nel corpo e sangue del Signore nel sacrificio della Messa è espressa in modo adattissimo (aptissime) col termine «transustanziazione» (transubstantiatio) (Denz. 1659).  Il termine è ufficializzato per la prima volta nel Magistero della Chiesa dal Concilio Lateranense IV del 1215, che si esprime così:


«Una sola è la Chiesa universale dei fedeli, al di fuori della quale nessuno assolutamente si salva, nella quale lo stesso e medesimo è sacerdote e sacrificio, Gesù Cristo, il cui corpo e sangue nel sacramento dell’altare è veramente contenuto sotto le specie del pane e del vino, transustanziati per potere divino, il pane nel corpo e il vino nel sangue, affinchè noi riceviamo da Lui ciò che Egli riceve da noi, perché si compia il mistero dell’unità» (Denz.802).

 

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Il mistero della transustanziazione ci dice che quando facciamo la Comunione noi mangiamo certo fisicamente le specie del pane, ma non mangiamo del pane: mangiamo la carne di Cristo; non beviamo del vino, ma il sangue di Cristo. C’è dunque un mangiare e un bere spirituali che vanno al di là del mangiare e bere fisico, e che rappresentano, producono e accrescono, se siamo ben disposti, la nostra incorporazione a Cristo, il nostro essere Chiesa e appartenere alla Chiesa, il nostro essere in Cristo e con Cristo, partecipi della sua stessa vita divina, così che possiamo dire con San Paolo: «non son più io che vivo, ma Cristo vive in me».

Immagine da Internet 

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