Perché Buonaiuti fu scomunicato?

 

Perché Buonaiuti fu scomunicato?

Il caso Buonaiuti

Ancora una volta Avvenire dell’8 giugno scorso ci sorprende con la pubblicazione di un articolo[1] di Luigino Bruni dal titolo «La buona battaglia di Ernesto Buonaiuti», il famoso modernista scomunicato da Pio XI  e da Pio XII, del quale Bruni dà un giudizio assolutamente positivo («uno studioso, un prete e un uomo di talento eccezionale e di valore assoluto»), del quale occorrerebbe «cancellare la scomunica», inflittagli perchè «ricordava la natura comunionale e comunitaria dell’eucaristia dei primi cristiani».

Da qui Bruni prende occasione per affermare che quella cancellazione andrebbe «estesa alla numerosa schiera di preti e laici modernisti, le cui vite, a partire da Pio IX fino a Pio XII furono sconvolte e rovinate. Sarebbe questo il tempo per chiedere perdono per aver usato il Vangelo, la fede, la teologia e la dottrina come armi improprie per colpire e ferire a morte altri cristiani».

Dopodiché Bruni passa a mettere in discussione l’istituto stesso della scomunica: «la faccenda è davvero seria e ci costringe veramente a porci la domanda: qual è, oggi, la ragione per tenere in vita lo strumento della scomunica?». Sarebbe come dire: dato che i giudici commettono errori nelle sentenze e i chirurghi ne fanno nelle loro operazioni, a che pro tenere in piedi la professione di giudice o quella di chirurgo?

Le lodi che Bruni riserva per Buonaiuti riguardano la maniera con la quale egli concepiva la Messa. Bruni riporta queste parole estremamente significative di Buonaiuti:

«storicamente i sacramenti sono la solidificazione progressiva del concetto di grazia applicato alle principali contingenze della vita: l’eucaristia, per esempio – e accenno ad essa perché la sua evoluzione è più visibile - ha preso il luogo del banchetto in cui i primi cristiani simboleggiavano la fratellanza che li attendeva nel regno. Col tempo si è venuta formando la dottrina della presenza reale e più tardi quella della transustanziazione.   Si è smarrito, attraverso questa trasformazione, il valore etico primitivo del rito».

Bruni non si accorge di quanto è falsa questa interpretazione che Buonaiuti dà della Messa e di quanto tale falsificazione è dannosa per quella fraternità cristiana che essa finge di promuovere e simboleggiare e di quanto quindi questa tesi sia distruttiva della Chiesa e del cristianesimo.

Essa è ancora peggiore di quella di Lutero, il quale, benché si limitasse a vedere anche lui nella Messa una semplice memoria dell’Ultima Cena, almeno sosteneva la presenza reale di Cristo nell’eucaristia, benchè la intendesse in modo sbagliato. Cristo infatti è realmente presente non nel senso che si trovi nel pane, ma sotto le specie del pane. Da qui la necessità di spiegare questo fatto col dogma della transustanziazione.

La celebrazione della Messa, già fin dall’inizio del cristianesimo, è stata concepita e praticata dalla Chiesa non solo come memoria dell’Ultima Cena, ma anche e soprattutto come riattualizzazione o ripresentazione incruenta dell’offerta che Cristo ha fatto di sé sulla croce al Padre per la salvezza del mondo. Infatti in ciò la Lettera agli Ebrei è chiarissima: Cristo è il sommo sacerdote della Nuova Alleanza, che finalmente offre a Dio un sacrificio veramente efficace, pienamente a Lui gradito e definitivo in quanto non è più il semplice sacrificio di animali, ma è il sacrificio che Cristo ha fatto di Sé stesso come vittima offerta Dio in quanto suo atto sacrificale sacerdotale.

Bruni, sulla scorta di Buonaiuti, ha un bel parlare di celebrazione liturgica della fraternità cristiana. In realtà egli si dimentica che la fraternità cristiana si edifica e si costruisce sulla base della sinassi eucaristica, che non è semplice ricordo dell’Ultima Cena, ma riattualizzazione incruenta del sacrificio di Cristo che ci nutre col suo corpo e col suo sangue, che non sono solo simboleggiati nella consacrazione eucaristica, ma sono realmente presenti sotto le specie eucaristiche.

La mancanza di fede in questo mistero di salvezza che è alla base della Chiesa come può conciliarsi con l’appartenenza alla Chiesa? Dunque Buonaiuti si esclude da sè dalla Chiesa nel momento in cui nega la sua fede in quel mistero. La scomunica canonica che gli fu inflitta non fu che la presa d’atto da parte di Roma di una posizione di estraneità alla Chiesa che Buonaiuti aveva già fatto sua per conto proprio.

Che cosa è la scomunica?

Lo sdegno di Bruni per il provvedimento che prese il Sant’Uffizio  nei confronti di Buonaiuti dimostra che Bruni non ha capito che cosa significa appartenere alla Chiesa. Da qui la sua incomprensione di che cosa è la scomunica.

Chiediamoci allora seriamente che cosa è la scomunica. Essa è un atto giuridico che trae le sue origini e il suo fondamento nel Nuovo Testamento ed è sempre stata usata dalla Chiesa con frutti utili se non sempre per lo scomunicato, come appello alla resipiscenza, certamente per la comunità dei fedeli, i quali hanno sempre trovato in essa una maniera con la quale chiarire il significato di certe azioni di suoi figli che possono sembrare riformatori o benefattori, ma che in realtà arrecano danno alla fede e alla Chiesa.

La scomunica è atto giudiziario dell’autorità col quale essa, considerando  che un fedele agisce ostinatamente in modo contrario alla comunione ecclesiale, proibisce a quel fedele di svolgere uffici ecclesiali o di compiere atti di culto o di comunione che egli stesso rifiuta o falsifica e nel contempo proibisce ai fedeli di avere comunione con lui, con lo scopo che lo scomunicato si penta del male fatto, lo riconosca, si ravveda e si corregga così da poter essere riammesso alla comunione ecclesiale e da ottenere il permesso di compiere quegli atti di comunione che gli erano stati proibiti.

La scomunica è un atto di governo pastorale o provvedimento disciplinare preso allo scopo di correggere le idee e il comportamento di un fedele scandalosi e lesivi della comunione ecclesiale. Si tratta di una valutazione delle idee e del comportamento esterno e non di un giudizio circa lo stato di grazia o meno del fedele davanti a Dio, che pertanto può comunque restare in comunione con la Chiesa invisibile e celeste.

Il motivo della scomunica può essere o la deviazione dottrinale o un’ostinata azione disgregatrice dell’unità ecclesiale o la disobbedienza alle norme della pratica sacramentale o della liturgia o alle direttive del Papa concernenti il modo di vivere la comunione ecclesiale con lui. Deve trattarsi di un peccato oggettivamente grave, ma il Superiore ha competenza di giudizio solo relativamente all’atto esterno e non è in grado di determinare se il reo è o no  in stato di colpa mortale che lo ponga fuori della Chiesa invisibile.

Il prelato può sbagliarsi in questo giudizio in vari modi: può giudicare che  la scomunica sia utile al ravvedimento del reo e invece essa può provocare in lui una maggiore ostilità o gettarlo nella disperazione; può male interpretare il pensiero o la condotta del fedele senza capire il valore della sua posizione, che, per la sua novità, può sembrare sovvertitrice o per la sua fermezza, può sembrare reazionaria; può giungere a quel provvedimento non per una sana, ponderata ed oggettiva valutazione dei fatti, ma perché mosso  da invidia o animosità o pregiudizi verso il fedele o perché gli hanno parlato male di lui o perché il fedele gli rimprovera i suoi peccati.

Nella Chiesa possono esistere fedeli che meriterebbero di essere scomunicati e non lo sono. Altri possono essere scomunicati a causa di un’eccessiva severità da parte del Superore. Per questo il buon fedele deve sapersi regolare anche da sè a prescindere da chi è scomunicato e da chi non lo è. E questo lo può fare perché in base al principio della sinodalità anche lui riceve dallo Spirito Santo un fiuto soprannaturale che gli consente di distinguere i veri dai falsi profeti, i veri dai falsi cristi, i lupi travestiti da agnello, e gli agnelli che sembrano lupi.

Il quotidiano Avvenire per chi sta lavorando?

Indubbiamente Avvenire dà prove quotidiane della sua attenzione alla vita ecclesiale, segue con rispetto gli atti del Sommo Pontefice, dà notizie di nomine o lutti episcopali, di nuove beatificazioni o canonizzazioni, di congressi cattolici, di pubblicazioni di libri cattolici, di riunioni di capitoli di Istituti religiosi, di attività missionarie, di vite di Santi.

Quello che stupisce è il fatto che non di rado ospita articoli che sarebbe più logico vedere in un quotidiano luterano o massone o comunista o ebreo o mussulmano. La Chiesa oggi e in modo speciale la stampa cattolica devono affrontare e respingere molte forze avverse, denunciare molte menzogne, sventare molte insidie, confutare molti errori, smascherare molte illusioni, difendersi da molti nemici. 

È utile, certo, far conoscere i nemici, gli impostori, gli eretici. Non però per dar loro campo libero o esaltarli come campioni della fede o maestri o profeti, bensì per insegnare ai lettori come riconoscerli, come difendersene e come evitarli. Assistiamo invece ad un’opera di autodemolizione e di autodistruzione, della quale già si lamentava San Paolo VI negli anni ’70 del secolo scorso. Lasciamo fare questo ai nostri nemici. Se no, che cosa ci stiamo a fare nella Chiesa?

È ormai da decenni che gli osservatori cattolici più fedeli alla Chiesa e alla vera riforma conciliare denunciano gli abusi, i disordini e le profanazioni in campo liturgico da parte dei modernisti e falsi riformatori, dando occasione a reazioni contrarie di stampo preconciliare. Attuando la vera riforma conciliare Non sarebbe ora di porre termine a questa sconcia sceneggiata e di sanare questa situazione insopportabile, che sta ammorbando l’aria, producendo sale insipido, dissanguando la Chiesa e portandola alla rovina?

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 12 giugno 2025


 

Le lodi che Bruni riserva per Buonaiuti riguardano la maniera con la quale egli concepiva la Messa. Bruni riporta queste parole estremamente significative di Buonaiuti:

«storicamente i sacramenti sono la solidificazione progressiva del concetto di grazia applicato alle principali contingenze della vita: l’eucaristia, per esempio – e accenno ad essa perché la sua evoluzione è più visibile - ha preso il luogo del banchetto in cui i primi cristiani simboleggiavano la fratellanza che li attendeva nel regno. Col tempo si è venuta formando la dottrina della presenza reale e più tardi quella della transustanziazione.   Si è smarrito, attraverso questa trasformazione, il valore etico primitivo del rito».

Bruni non si accorge di quanto è falsa questa interpretazione che Buonaiuti dà della Messa e di quanto tale falsificazione è dannosa per quella fraternità cristiana che essa finge di promuovere e simboleggiare e di quanto quindi questa tesi sia distruttiva della Chiesa e del cristianesimo.

La celebrazione della Messa, già fin dall’inizio del cristianesimo, è stata concepita e praticata dalla Chiesa non solo come memoria dell’Ultima Cena, ma anche e soprattutto come riattualizzazione o ripresentazione incruenta dell’offerta che Cristo ha fatto di sé sulla croce al Padre per la salvezza del mondo.

Immagine da Internet: La Passione, Beato Angelico, Firenze


2 commenti:

  1. Caro padre Cavalcoli,
    in seguito al suo interessante articolo, mi è venuta in mente una discussione che un tempo ho avuto (cercando di mantenere la calma e il rispetto per il mio interlocutore) con un passatista evidentemente imbevuto di idee lefebvriane.
    Cercando di fargli capire quello di cui sono convinto, che le sue idee sulla Messa attuale, del Magistero del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Papi del postconcilio così come la loro disobbedienza alle direttive pastorali comporta sospetti di eresia e segni di scisma, gli ho suggerito di riflettere sul fatto che la sua condizione personale potrebbe già essere quella di un auto-scomunicato.
    In altre parole, la mia idea è che esista una scomunica formale, che è proprio l'istituto giuridico di cui lei parla in questo articolo, come misura o procedimento disciplinare della Chiesa. Ma che io intendevo che si può parlare anche dell'esistenza di una scomunica virtuale, che è quella che esiste di fatto per volontà propria dell'escomuncato, senza che ci sia necessariamente una misura formale della Chiesa.
    Il mio interlocutore ha lanciato una risata verso la mia valutazione.
    Cosa ne pensa? Potrebbe essere accettabile questa distinzione tra scomunica formale e virtuale?
    Grazie.

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    1. Caro Dino,
      Già nel mio articolo avevo accennato a quei fedeli che vivono nella Chiesa, magari esercitando uffici ecclesiastici, ma che di fatto, a causa delle loro idee o del loro comportamento, sono presenti nella Chiesa solo abusivamente, similmente a colui, secondo la parola evangelica, che si trova ad un banchetto di nozze senza avere l’abito di nozze.
      Certi Pastori si accorgono di queste situazioni, ma non sono sempre tenuti ad intervenire, perché quel fedele può essere corretto anche in maniera diversa. Per questo sono d’accordo con lei nel distinguere una scomunica formale, come provvedimento giuridico che esclude o allontana dalla comunione ecclesiale, da una scomunica di fatto, che dipende dalla libera decisione del fedele di non essere in vera comunione con la Chiesa.
      Per questo si può avere il fenomeno per esempio di sacerdoti che celebrano la Santa Messa senza credere nella transustanziazione o di docenti di teologia che insegnano delle eresie o di vescovi che sono ribelli al Papa.

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