La Sindone, segno materiale della potenza dello Spirito. La Sindone guida alla fede e conferma la fede di chi ce l'ha già.

 

La Sindone, segno materiale della potenza dello Spirito

La Sindone guida alla fede e conferma la fede di chi ce l'ha già

 

Nell’Avvenire del 15 settembre u.s. è apparso un articolo del Prof. Gian Maria Zaccone, Direttore del Centro Internazionale di Studi sulla Sindone (CISS https://www.sindone.it/)[1].

Tale articolo interviene nella discussione sulla Sindone, sempre attuale ed interessante[2].

Con questo mio articolo entro in discussione col Prof. Zaccone.

Vorrei cominciare col dire che la Sindone ricompare nel 1350 a Lirey. Vuol dire che si era conservata memoria di essa, scomparsa nel 1204 nel sacco di Costantinopoli ad opera dei crociati, tra i quali una forza di primo piano erano i Templari.  

Secondo un’ipotesi, che ho formulato in un mio precedente articolo, si potrebbe pensare che i Templari se ne fossero impossessati illegalmente tenendola nascosta. Può meravigliare che non abbiamo notizia di reclami da parte dell'autorità ecclesiastica per la restituzione della Sindone al culto pubblico. Ma ciò potrebbe essere il segno dell'enorme potenza, anche economica, che allora avevano i Templari nella Chiesa. Il loro potere potrebbe essere paragonato a quello dei modernisti di oggi, che intimidiscono anche i Vescovi e frenano l'azione stessa del Papa.

Un’altra ipotesi, forse più probabile, è che la Sindone sia rimasta nelle mani di privati, a cominciare da Othon de la Roche e dei suoi discendenti[3]. Al riguardo di questa ipotesi riporto un brano di Alessandro Piana:

«Esistono tre elementi che dimostrano la presenza della Sindone ad Atene a partire dall'estate del 1205. In primo luogo vi è la lettera che il primo agosto del 1205 Teodoro Angelo Comneno, nipote di Isacco II imperatore di Bisanzio all’epoca del saccheggio del 1204, invia a papa Innocenzo III. In questa missiva Teodoro implora il Santo Padre che siano ritrovate al più presto le preziose reliquie disperse più di un anno prima e segnala la presenza del Sacro Lenzuolo ad Atene. In aggiunta abbiamo anche la testimonianza del legato papale Benedetto di Santa Susanna che, nell’estate del 1205 si trova ad Atene per partecipare ad un colloquio interreligioso. Infine, possiamo contare sulla testimonianza di Nicola d’Otranto, abate di Casola, il quale, nell’anno 1207, scrive sulle reliquie saccheggiate nel 1204 e cita i tessuti impiegati nella sepoltura che afferma di aver visto in un secondo tempo con i propri occhi. Nicola d’Otranto era effettivamente stato nel 1206 ad Atene e quindi non può che essere in questa città che ha visto il Lenzuolo. Considerando nel loro complesso questa serie di indizi, otteniamo quello che Gian Maria Zaccone ha definito: “panorama complessivo piuttosto significativo” al punto da rendere ammissibile il suddetto passaggio.»

(https://www.sindone.info/PIANA.PDF )

Così nessuno per un secolo e mezzo (dal 1204 al 1350) pensò più alla Sindone, o per lo meno non ci sono giunti documenti, anche perché qualcuno può avere pensato che essa fosse andata distrutta. Il fatto drammatico della soppressione dei Templari nel 1312, potrebbe far pensare che la Sindone fosse in loro possesso. Infatti la Sindone ricompare in Francia a Lirey, precedentemente in possesso del pio crociato Barone Othon de la Roche[4].

Un fatto significativo da tenere presente è la disposizione del Concilio Lateranense IV del 1215, secondo la quale la vendita di reliquie era punita con la scomunica. Una ragione per la quale forse la famiglia nobile, che era in possesso della Sindone, ha taciuto per lungo tempo, circa il proprio possesso della Sindone, può essere proprio quella di tenersi al riparo da eventuali scomuniche a causa di atti di transazione della preziosissima reliquia.

Riporto il testo del Concilio Lateranense IV relativo alle reliquie:

“Le reliquie dei santi devono essere esposte in un reliquiario, le nuove non possono essere venerate senza autorizzazione della chiesa Romana.

Poiché dal fatto che alcuni espongono le reliquie dei santi per venderle, si è spesso presa occasione per detrarre la religione cristiana, perché ciò non avvenga in futuro, col presente decreto stabiliamo che le reliquie antiche da ora in poi non siano messe in mostra fuori del reliquiario, né siano poste in vendita. Quelle nuove nessuno si azzardi a venerarle, prima che siano state approvate dall'autorità del Romano pontefice. Per l'avvenire i prelati non permettano che chi va nelle loro chiese per venerare le reliquie sia ingannato con discorsi fantastici o falsi documenti, come si usa fare in moltissimi luoghi per lucro.”[5]

Comprensibilmente l'autorità episcopale di allora, colta di sorpresa dall’improvviso apparire della Sindone, si mise in sospetto, attesa la diffusione di false reliquie. Ma successivamente l'onore alla Sindone, a livello di culto pubblico, ridivenne autorizzato. Essa, nel 1453, passò in proprietà della Casa Savoia[6], fino al 1983, quando Umberto II ne fece dono alla Chiesa[7].

Chiedersi se la Sindone è una reliquia autentica del Corpo e del Sangue del Signore è una domanda più che legittima, perchè ogni fedele sensato vuol render culto a una reliquia autentica e non a una falsa. A questa domanda però ormai, in base alle più recenti verifiche scientifiche, è stata data una risposta ben provata, sicura, inconfutabile e definitiva. Non esistono alcune controprove. Questa risposta, comunque, si badi bene, non è venuta dalla Chiesa, ma dalla scienza e dalla storia.

Il Medioevo non possedeva gli strumenti e i metodi d'indagine e di verifica dei quali disponiamo oggi. Allora pertanto i dubbi, anche da parte dei Vescovi, potevano essere comprensibili o giustificabili, data la difficoltà di distinguere le reliquie autentiche da quelle false. Ma oggi gli strumenti dei quali disponiamo ci consentono di ottenere piena certezza.

Ricordiamo che la scienza non si ferma alle ipotesi o alle opinioni, ma mira alla certezza. Ognuno di noi, certamente, se non è persuaso dalle prove oggi addotte, resta libero in coscienza di accettarle o non accettarle. Ma una posizione, se solo soggettiva, non è certo in grado di infirmare la verità e l'oggettività di un fatto appurato dalla scienza.

L'atto di fede è libero, ma non è facoltativo privo di conseguenze, come se si trattasse di scegliere fra le mele e le pere. Quando ci si accorge che ci sono prove innegabili di credibilità, l'atto di fede, benchè sia formalmente motivato dall'autorità di Dio rivelante e quindi dono della grazia, diventa un preciso e grave dovere, mancando al quale Dio ci richiama, come appare evidente dal comportamento di Cristo verso coloro che si rifiutano di crederGli e che non vogliono capire il significato dei suoi miracoli.

Che poi la Sindone possa essere considerata una "icona", oggetto di devozione, nessun problema, anzi, pieno consenso ed approvazione; ma sarebbe grave mancanza di rispetto per la Sindone abbassarla al livello delle semplici icone. Come mai nessuna icona russa riceve tanto onore quanto la Sindone di Torino? È noto comunque che la Chiesa ha autenticato la reliquia della Sindone con la istituzione, nel 1506, nella persona di Papa Giulio II, della Messa in onore della Sindone[8]. 

D'altra parte l'autenticazione di una reliquia di per sé non è di competenza dell'autorità ecclesiastica, che peraltro in tale materia può anche sbagliare, ma dello storico e dello scienziato.

Se nel Medioevo si potevano avere dubbi circa l'autenticità della Sindone, data l'arretratezza delle scienze di allora, oggi, dopo gli accertamenti scientifici più recenti circa la formazione dell'impronta sindonica, non vi sono più dubbi circa la perfetta corrispondenza dei dati della Sindone alle narrazioni evangeliche della passione, morte e resurrezione di Cristo. In tal modo la Sindone può diventare una prova di credibilità delle verità di fede.

La fede non è un'intuizione atematica, immediata e apriorica come se io fossi un puro spirito dispensato dall'uso dei sensi e del corpo, ma è ad un tempo sofferta conquista e illuminazione divina raggiunti dopo un cammino che può essere lungo e faticoso di esercizio delle nostre facoltà naturali della ragione e della volontà.

La fede cristiana non è l'esperienza dell'induista, che per attingere a Brahman si lascia morire d'inedia, ma ci impegna in tutte le nostre forze umane, benchè l'atto di fede superi indubbiamente i limiti della ragione e della volontà, per attingere al mistero di Dio che si rivela in Cristo.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 19 settembre 2025 

 

 

 

 

Nel 1453 la Sindone passò in proprietà della Casa Savoia, fino al 1983, quando Umberto II ne fece dono alla Chiesa.ù


Immagine da Internet:

- Papa Giovanni Paolo II e Umberto II di Savoia



3 commenti:

  1. Così nessuno per un secolo e mezzo (dal 1204 al 1350) pensò più alla Sindone, o per lo meno non ci sono giunti documenti, anche perché qualcuno può avere pensato che essa fosse andata distrutta

    In realtà la cristianità dell'epoca ha sempre avanzato come prima ipotesi quella della sottrazione, a partire dal famoso elenco di reliquie, precedente il saccheggio, redatto dal crociato Robert de Clari<7a>. Il settore di Costantinopoli era sotto il diretto controllo di Othon de la Roche, duca di Atene e Tebe. E' impossibile che un oggetto del genere sfuggisse alla sua attenzione.. A. Piana nel 2007-2010 ha ricostruito le possibili tappe del sacro lino e ha potuto visitare anche il castello di Ray sur Saone. Nonostante tutti i tentativi di smentita sia da parte templarista che razionalista , esistono molti elementi a sostegno della tesi. Pupi Avati nel 2001<7a>, pur con i limiti della trasposizione cinematografica, disse praticamente tutto..

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  2. Così nessuno per un secolo e mezzo (dal 1204 al 1350) pensò più alla Sindone, o per lo meno non ci sono giunti documenti, anche perché qualcuno può avere pensato che essa fosse andata distrutta

    In realtà la cristianità dell'epoca ha sempre avanzato come prima ipotesi quella della sottrazione, a partire dal famoso elenco di reliquie, precedente il saccheggio, redatto dal crociato Robert de Clari. Il settore di Costantinopoli era sotto il diretto controllo di Othon de la Roche, duca di Atene e Tebe. E' impossibile che un oggetto del genere sfuggisse alla sua attenzione.. A. Piana nel 2007-2010 ha ricostruito le possibili tappe del sacro lino e ha potuto visitare anche il castello di Ray sur Saone. Nonostante tutti i tentativi di smentita sia da parte templarista che razionalista , esistono molti elementi a sostegno della tesi. Pupi Avati nel 2001, pur con i limiti della trasposizione cinematografica, disse praticamente tutto..

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    1. Caro Angheran,
      la ringrazio per le informazioni riguardanti lo studio di Piana.
      L’ho preso in considerazione e l’ho utilizzato per integrare quello che avevo già detto nel mio articolo.

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