La Madonna ha conosciuto la morte?
Terza Parte (3/3)
La rappresentazione del corpo femminile
Il cimento dei sommi artisti
Il nudo femminile è un genere pittorico, fotografico o scultoreo di tutto rispetto, normale materia di apprendimento in qualunque Accademia di Belle Arti, finalizzata al piacere estetico, e se suscita il piacere sessuale, esso è moderato dall’esperienza estetica, che è un’esperienza spirituale.
Questo genere artistico è antichissimo e connesso col politeismo. La dea nuda non è necessariamente stimolo di lussuria, ma può essere occasione per rendere onore alla bellezza femminile, come è evidente nell’arte greco-romana. Pensiamo per esempio nell’ambito della pittura alle famose maya vestida e maya desnuda di Goya o alle famose stupende statue, come la Venere di Milo, la Venere de’ Medici, la Venere Capitolina e l’Afrodite Cnidia. Si tratta evidentemente di una glorificazione del corpo femminile, che nulla ha a che vedere con la sollecitazione della concupiscenza, a meno che non ci accostiamo ad esse con desideri impuri. Altra cosa invece è il nudo intenzionalmente finalizzato suscitare la lussuria.
Come narra la Scrittura, Dio ha voluto la veste per Adamo ed Eva dopo il peccato (Gen 3,21) come difesa contro la concupiscenza, come espressione del pudore e come oggetto di produzione tecnica per riparare dal freddo e come produzione artistica al fine di aumentare la bellezza della donna e di suscitare il piacere del maschio. Da questa cura del vestire femminile è nata l’arte della moda femminile.
Esiste un abbigliamento femminile atto a suscitare la concupiscenza maschile, come quello della prostituta. Si danno abbigliamenti semplicemente finalizzati a suscitare un piacere estetico per la loro eleganza, come quelli delle donne laiche. L’abito della Religiosa richiama ai valori della religione ed eleva alle cose spirituali. Ed esistono indumenti finalizzati a suscitare la concupiscenza maschile.
Lo Spirito Santo che si manifesta nel buon gusto ispira le raffigurazioni edificanti, l’arte sacra e liturgica, l’iconografia mariana, la sacra rappresentazione. Il demonio, raffinato ingannatore e seduttore, abilissimo artista, ispira la letteratura e ogni opera d’arte oscena e scandalosa, la pornografia, l’arte ammaliatrice della prostituta, la maliarda, la seduttrice; la letteratura, il teatro e la cinematografia osceni hanno nel demonio il grande regista ed ispiratore.
È chiaro che la Madonna viene rappresentata in modo tale da non suscitare la concupiscenza. Ma non è male se suscita quel piacere naturale che si prova nel vedere la più bella di tutte le donne. Al riguardo non possiamo non ricordare la raffigurazione della Madonna che allatta il Figlio, la cosiddetta Glicofilùsa. Dispiace però di constatare che a volte, per una inopportuna preoccupazione puritana, la mammella di Maria non è rappresentata nelle sue naturali dimensioni, ma viene innaturalmente rimpicciolita.
Benchè Maria sia la donna edenica, è chiaro che noi peccatori, privi dello sguardo edenico e infetti della concupiscenza, dobbiamo rappresentarla vestita. Qual è la veste di Maria? Come andava vestita? Con quale veste ce la immaginiamo in cielo? Abbiamo qui un principio essenziale dell’iconografia mariana, accanto a quello della bellezza eccelsa del suo corpo virginale e del suo sguardo materno.
Abbiamo qui la splendida tradizione iconografica bizantina, tuttora fiorente nell’Europa orientale, e sorgente di ispirazione e di imitazione anche per noi occidentali. Noi peraltro, con l’avvento dell’Umanesimo, abbiamo cominciato a rappresentare la Madonna abbandonando i canoni bizantini e basandoci sulla realtà concreta del corpo femminile. Purtroppo si è passati dal rigorismo alla sensualità.
Oggi l’iconografia mariana, influenzata dal protestantesimo e dal populismo, è spesso miserevolmente insipida e banale. Bella invece è la Madonna di Medjugorje. Continuano ad essere belle le rappresentazioni della Madonna di Fatima e di Lourdes. Assai lodevole è la diffusione delle icone russe, come per esempio quella splendida della Madonna di Vladimir, protettrice della Russia.
Come sappiamo, nel volto delle Madonne bizantine gli occhi sono voluminosi con sguardo nobile, naso lungo e affilato, bocca piccola e carnosa. Le vesti non lasciano intravvedere nulla delle forme femminili. Invece le Madonne del Rinascimento italiano hanno lineamenti realistici di donne paffutelle, la veste lascia intravvedere la forma dei seni e a volte persino il capezzolo.
Le immagini delle Madonne bizantine sono sempre maestose, in piedi o sedute in trono. Quelle rinascimentali sono sempre a sedere e si dividono in due classi. Ci sono le Madonne popolari e le Madonne Regine, come per esempio nel Santuario di Fontanellato: abbiamo una Madonna per il popolo, che lascia intravvedere i seni, con sguardo materno. E sull’altar maggiore c’è la statua in abiti regali riccamente adorni, testa incoronata, con il seno appena accennato, volto maestoso, lo sguardo benignamente accondiscendente.
Una questione speciale è quella di come debbano essere interpretate le apparizioni mariane. Appare la Madonna in persona? Ciò che il veggente vede è proprio la Madonna così come è in sé stessa? Come mai allora nei paesi latini appare con i capelli neri, mentre nei paesi nordici appare bionda, in Africa appare africana e in Sudamerica appare sudamericana?
Non abbiamo alcuna raffigurazione o alcun ritratto di come fosse effettivamente la Madonna. Nessun testimone del tempo ci ha lasciato un ritratto o una descrizione del suo volto o della sua persona. Inoltre non ha senso ipotizzare che Maria lasci il suo luogo celeste per scendere nel luogo dell’apparizione. Dunque occorre trovare una spiegazione di come possano avvenire le apparizioni mariane. Possiamo pensare che il corpo di Maria che appare sia una materia plasmata dagli angeli.
Bisogna tenere accuratamente separate queste due rappresentazioni entrambe vere, ma incompatibili fra di loro. Questo fatto può sembrare molto strano e addirittura assurdo. Ma non è necessario che tentiamo di conciliare le due rappresentazioni. Il loro contrasto dipende solo dal fatto che la nostra mente limitata, tutt’ora abitante in un corpo mortale ferito dal peccato, non riesce a vedere come quelle due cose coincidono in Gesù e Maria. Sappiamo che coincidono, e tanto ci deve bastare. In cielo capiremo meglio questo mistero.
Il Significato spirituale del corpo femminile.
Semplicità senza falso pudore
Come insegna San Giovanni Paolo II nei brani che ho citato, le forme, le emozioni, le percezioni, le inclinazioni, gli atti e i gesti del sesso sono a tempo e a luogo, conformi a ragione, espressione dello spirito o quanto meno devono essere tali. Diventano peccaminosi ed illeciti, quando il piacere viene divinizzato e cercato per se stesso, quasi che fosse il culmine della felicità, al di fuori del suo ordinamento al piacere dello spirito.
Così l’abito, gli sguardi, i movimenti corporei, il parlare, il gestire, gli ornamenti, l’abbigliamento esterno e quello intimo, la stessa acconciatura dei capelli, tutte queste risorse sono nelle mani della donna soggette alla sua responsabilità, utili o dannose a seconda dell’uso che ne fa, mezzi per offrire al maschio un piacere sano o un piacere morboso, per farlo cadere e per assoggettarlo alle sue voglie o per edificarlo ed ottenere da lui vantaggi spirituali.
La donna sa esprimere in modo efficacissimo, col suo volto e in particolare col suo sguardo, più di noi maschi, senza parlare, i suoi sentimenti, pensieri, emozioni, volontà, desideri ed intenti. Con lo sguardo sa esprimere da una parte il suo intensissimo amore e il suo più tenero affetto materno e filiale, ma dall’altra il suo cordiale disprezzo e l’odio più feroce; da una parte lo sguardo complice, ammiccante e malizioso, dall’altra lo sguardo più semplice e ingenuo di bambina; la sua seduzione di maliarda come la sua più nobile amabilità di donna consacrata, la sua castità come la sua lussuria, la sua pietà religiosa come l’empietà più spavalda e sfrontata.
Lo sguardo intenso e indagatore, amorevole e prudente della donna ci legge nell’intimo, intuisce o sa interpretare immediatamente situazioni interiori complesse, risolvere casi complicati, ci apre profeticamente orizzonti nuovi e meravigliosi, prospettive eroiche, sa suggerire imprese grandiose, sa incoraggiare ad affrontare situazioni difficili, sa leggerci nel più profondo del cuore, sa impadronirsi del cuore di un uomo e, se è santa, lo santifica; ma se è perversa lo manda alla rovina; sa segnare per sempre il nostro destino, ci sa rivelare la nostra missione, sa renderci disposti all’eroismo. Ogni donna o è Maria porta del cielo o è Eva tentatrice anticamera dell’inferno.
Abituata a farsi capire dal bambino ancora incapace di parlare e di capire le parole, la donna sa comunicare benissimo messaggi vitali, che noi maschi esprimiamo con lunghi ragionamenti e termini filosofici. Eccellente sia nel ruolo di saggia maestra come in quello di fiduciosa discepola, la donna conosce le asprezze del più duro orgoglio come la dolcezza della più commovente umiltà, la l’ira furiosa come la gioia incontenibile, il riso più sguaiato cime il pianto più straziante, il gaudio sublime come il dolore lancinante, l’entusiasmo sfrenato come l’abbattimento disperato. È capace di fredda crudeltà come di raggiungere le vette della più alta mistica.
Da notare inoltre che la Scrittura tratta con molto rispetto degli organi propri del corpo femminile: le mammelle, l’utero e l’organo genitale, questi due ultimi designati pudicamente con un solo termine: il seno o ventre (eb. beten, qereb, rehem, sinonimi).
Nel Cantico dei Cantici e in altri luoghi la Sacra Scrittura descrive la bellezza del corpo femminile sia per onorare la donna vergine e madre, sia per vedere nella donna il simbolo dell’anima e della Chiesa che si unisce a Dio. Così il Cantico tesse arditamente le lodi delle mammelle della donna amata con vari e graziosi paragoni (Ct 4,5;7,4.8.9; 8,10)[1]. E se Maria è la sposa di Dio, come non vedere Maria nella donna descritta dal Cantico? Come il dogma dell’Assunta non ci condurrebbe a questa conclusione?
Non vedere qui la Madonna e la Chiesa, della quale ella è modello, immagine e madre, vuol dire non aver capito il messaggio mariano ed ecclesiologico, nonché la poesia e la mistica del Cantico dei Cantici. Vuol dire non aver capito il dogma dell’Assunta.
Notevole è anche il paragone che Isaia fa di Gerusalemme con una madre dai seni abbondanti, che nutre i suoi numerosi figli: «succhierete al suo petto e vi sazierete delle sue consolazioni; succhierete deliziandovi, all’abbondanza del suo seno» (66,11). E di nuovo Gerusalemme è simbolo e prototipo della Chiesa, rappresentata da Maria madre della Chiesa. I seni di Maria sono i seni di Gerusalemme, madre di tutte le genti.
La mammella femminile per la Scrittura è cosa sacra[2], simbolo della divina bontà e misericordia. Gerusalemme, immagine della Chiesa, e quindi anche di Maria, è rappresentata come una madre dai seni abbondantissimi, che allattano tutta l’umanità.
La mammella femminile è segno stupendo della generosità della madre che nutre i figli con sostanza tratta dal suo stesso corpo. È vero che la vista della mammella femminile è sessualmente eccitante. Ma occorre recuperare lo sguardo edenico e soprattutto chiedere a Dio un anticipo, una primizia dello sguardo escatologico, quando uomo e donna torneranno a riunirsi per sempre nell’amore perfetto ed indissolubile.
L’organo genitale, che la Bibbia chiama «seno», è in Maria la porta del tempio, cioè l’utero di Maria, porta attraverso la quale è entrato il Figlio, tempio nel quale per opera dello Spirito Santo il Verbo si è incarnato e nel quale Maria ha concepito suo Figlio, tempio dal quale Cristo è uscito per salvare il mondo. Si comprende che questa porta sia celata ai nostri occhi di peccatori: ma che cosa impedirebbe che essa possa essere contemplata da uno sguardo puro o dallo sguardo di chi è puro nel cuore? Allo sguardo torbido, ciò che è puro appare torbido. Ma l’occhio puro sa vedere il puro nella sua purezza.
Il seno di Maria è porta chiusa e aperta, chiusa non come ci si chiude all’apporto di chi ci vuol migliorare, ma come quando chiudiamo i conti perché abbiamo fatto quello che dovevamo fare. Maria chiude nel senso di concludere, di chi è giunto a una conclusione. Ma ella è aperta a ciò che la trascende. Ella è chiusa all’umano non per grettezza d’animo o presunzione, ma perché lo ha superato. Ella è aperta a Dio non come lo siamo noi, bisognosi dell’umano, ma perché la sua umanità trabocca nella divinità.
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 8 luglio 2025
Gesù è ora in cielo alla destra del Padre e manda il suo Spirito alla Chiesa. Maria è al fianco di Cristo. L’uno e l’altra costituiscono la nuova coppia edenica e messianica, Gesù nuovo Adamo e Maria nuova Eva. Nel contempo Maria è la Madre di Cristo. Come accordare questi due schemi apparentemente contrastanti?
Bisogna tenere accuratamente separate queste due rappresentazioni entrambe vere, ma incompatibili fra di loro. Questo fatto può sembrare molto strano e addirittura assurdo. Ma non è necessario che tentiamo di conciliare le due rappresentazioni. Il loro contrasto dipende solo dal fatto che la nostra mente limitata, tutt’ora abitante in un corpo mortale ferito dal peccato, non riesce a vedere come quelle due cose coincidono in Gesù e Maria. Sappiamo che coincidono, e tanto ci deve bastare. In cielo capiremo meglio questo mistero.
Un’altra cosa da notare: la rappresentazione iconografica della maternità di Maria non ha mai costituito una difficoltà per gli iconografi: non si contano le raffigurazioni della Madonna col Bambino. Ma come rappresentare Maria assunta in cielo al fianco di Cristo? Michelangelo nella Cappella Sistina ha tentato di rappresentare Gesù accanto a Maria al Giudizio universale.
Sappiamo che Gesù e Maria lavorano per noi e a nostro nome rendono gloria a Dio nella liturgia celeste. Ma quale pittore o quale immaginazione potrebbero rappresentarci ciò che Gesù e Maria stanno facendo in cielo per noi? Benchè l’uno e l’altra siano due soggetti umani in carne ed ossa, maschio e femmina, la loro condizione gloriosa e celeste non è accessibile ai nostri occhi mortali. Come la cosa in sé kantiana, sappiamo che c’è, ma non sappiamo che cosa sia. Non ci resta che attendere la futura beata visione e cantare il bell’inno mariano «andrò a vederla un dì in cielo patria mia».
Immagine da Internet: Giudizio Universale, Michelangelo
[1] Il Cantico dei Cantici ebbe enormi difficoltà ad entrare nel Canone della Scrittura proprio per queste franche descrizioni dei membri femminili. Ma alla fine ci si rese conto che era bene inserirlo nel Canone come Parola di Dio, giacchè, se il corpo femminile è tentatore, non lo è per colpa di Dio, ma per colpa nostra.
[2] Il voto di castità non sopprime il sesso, ma lo trasfigura. Ricordo il caso a me capitato 40 anni fa di una aspirante monaca al monastero domenicano femminile di Bibbiena in provincia di Arezzo, che, credendo di praticare più rigorosamente la castità, voleva farsi asportare i seni: una versione di Origene al femminile. Naturalmente non fu accettata.
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