Chiunque è dalla verità ascolta la mia parola (Gv 18,37) - Seconda Parte (2/3)

 

Chiunque è dalla verità ascolta la mia parola (Gv 18,37)

Seconda Parte (2/3)

 La nozione di verità, come bene insegna San Tommaso, dice corrispondenza o proporzione o adeguazione reciproca fra intelletto e realtà con eventuale mediazione di rappresentazione concettuale o ideale, cosicchè se è il reale che si adegua all’intelletto, la verità è una verità pratica, l’idea o progetto o piano che può o dev’essere attuato o realizzato. E qui abbiamo l’idea divina creatrice o l’idea umana, il progetto umano nel campo della morale, della tecnica, dell’arte o del lavoro.

Oppure la verità è adeguazione della mente umana alla realtà mediante una rappresentazione concettuale o immaginativa, e qui abbiamo la verità speculativa sensibile o intellettuale, sperimentale o mediata.  La verità in quanto è la stessa realtà si dice verità ontologica; in quanto è un giudizio della mente, abbiamo la verità ideale o gnoseologica o logica. La verità è atto dello spirito, ma è fondata sulla realtà.

In realtà da nessuna parte nella Scrittura si riscontra la nozione di verità che quei dizionari vorrebbero attribuirle, concezione che semmai è quella kabbalistica, gnostica, luterana, cartesiana, fichtiana, blondeliana, heideggeriana o bultmanniana.

Se la Scrittura si basasse realmente su questi concetti errati di verità, non ci condurrebbe affatto alla comprensione della divina rivelazione, ma al materialismo, al soggettivismo, allo gnosticismo, all’idealismo, al panteismo, all’ateismo, all’incredulità e l’empietà.

Oltre a ciò questi dizionari suppongono una sorprendente ignoranza della filosofia greca, nella quale esistono diverse e contradditorie concezioni della verità: non solo quella giusta platonico-aristotelica della adeguazione concettuale dell’intelletto alla realtà, ma anche quella empirista, soggettivista, scettica, materialista, idealista, gnostica, pragmatista.

La Bibbia connette la nozione della verità con la nozione dello spirito. Lo Spirito Santo è lo Spirito della verità. Come in Aristotele, anche per la Bibbia, l’ente, il reale, la cosa, la res, la creatura non dice ancora il vero. Il vero si dà solo quando si dà il rapporto fra lo spirito e la realtà. Se la realtà è vera, lo è perché conforme al pensiero e alla volontà dello spirito, sia quello divino, sia quello angelico o sia quello umano.

La verità per la Bibbia è un prodotto dello spirito, è originata, concepita e compresa dallo spirito, è immanente allo spirito, è praticata dallo spirito, è finalizzata allo spirito. Gli animali, le piante, le rocce e i sassi per la Scrittura sono creature estranee all’interesse per la verità, benché in quanto realizzazione di un’idea divina, abbiano una loro verità e siano per noi sorgente e fondamento di verità.

In sintesi possiamo dire che la Bibbia distingue quattro atteggiamenti dello spirito nei confronti della verità:

1. La conoscenza della verità, prodotta dall’esperienza, dalla sensazione e dall’intellezione, che producono a loro volta la fede e la sapienza, e quindi l’esperienza, il ragionamento, la scienza, la dottrina, il dogma, la filosofia e la teologia;

2. Il dire la verità, che comporta il retto parlare, la virtù della sincerità, del dialogo e della veracità; che si esprimono nel magistero, nella profezia, nell’educazione e nella predicazione;

3. La pratica della verità, che comporta le virtù morali e l’acquisto della santità:

4. L’amore per la verità, che comporta l’ascolto, la lettura, la meditazione, lo studio, la ricerca, l’apprendimento, la scuola, la contemplazione mistica e la visione beatifica.

Il vero insegnamento della Scrittura

La Scrittura connette chiaramente la nozione della verità con quella dell’intelletto: essa è oggetto dell’intelletto. È falsa dunque la tesi di certi esegeti, secondo la quale la nozione biblica di verità sarebbe estranea all’intellettualismo greco. Esattamente come per Platone ed Aristotele, anche per la Bibbia la verità è l’oggetto dell’intelletto ed anche i sensi possono conoscere la verità.

Il tema della verità nella Scrittura è connesso con l’atto del vedere e con la metafora della luce. L’esperienza della verità coincide con l’atto del vedere; chi vede è nella verità. Viceversa il cieco è colui che si trova nell’errore. Se la luce è il simbolo della verità, le tenebre sono il simbolo dell’errore, Questa simbologia è particolarmente evidente in Giovanni. Egli dice che Dio è luce per dire che è la verità assoluta, sussistente.

Hanno ragione gli esegeti invece quando dicono che l’idea biblica della verità è connessa con quella della fedeltà, della saldezza, della solidità e della sicurezza. Essa richiama all’immutabile, all’eterno e all’assoluto, che è il divino. Ciò dà occasione alla fede ed alla fiducia sia tra gli uomini che verso Dio.

Gli esegeti hanno ragione anche nel rilevare che la Bibbia parla non solo di verità speculativa, ma anche della verità morale, per cui essa connette la verità anche con l’autenticità, la purezza, la sincerità, la santità, la giustizia e la misericordia.

È invece completamente estraneo alla Bibbia l’artificioso e innaturale dubbio cartesiano che i sensi non diano la verità, o che esistano cose fuori della mente, benchè certamente la Bibbia ammetta la fallibilità della conoscenza umana intellettuale e sensibile e la possibilità che l’intelletto o il senso o l’immaginazione, oscurate dalle conseguenze del peccato originale e da peccati personali, errino sotto il dominio delle passioni o perché accecati dall’orgoglio o dalla superbia o dall’odio. Dio viceversa è verità assoluta che non sbaglia, Dio fedele ed affidabile, che non mente e non inganna nessuno, ma tutto conosce perché tutto ha creato.

L’intelletto e il senso per la Bibbia, possono conoscere le cose come sono, il falso è dato dal concepire o dal dire o far apparire le cose come non sono. L’intelletto concepisce o pensa o intende le cose morali, spirituali e divine, il senso o l’immaginazione intendono o sentono quelle materiali. Essi tuttavia sono fallibili o per fragilità involontaria o per volontaria malizia. Nel primo caso sono scusati e il soggetto che sbaglia resta innocente. Nel secondo caso l’uomo commette il peccato nel quale l’errore o il falso è voluto.

Per la Bibbia l’uomo disonesto, per interessi egoistici, vuol far apparire agli altri quello che non è, affetta una finta virtù, dice cose grate al mondo e così inganna il prossimo. Ed allora diventa un impostore, un bugiardo, un eretico o un ipocrita.

Cristo è molto severo con chi manipola la verità, vuol darsi le arie di sapiente senza esserlo, colui che è cieco e vuol far da guida agli altri. Cristo insorge minaccioso con sdegno e severità senza misericordia contro questi atteggiamenti mentali e morali, associati al vizio della superbia, dell’empietà e di altri vizi. Consideriamo tutta la sua polemica contro i farisei, gli scribi e i sacerdoti, i quali, non sopportando le sue accuse e i suoi duri rimproveri e non intendendo affatto pentirsi, gli procureranno per vendetta e per invidia la morte sulla croce.

Cristo invece è dolcissimo, misericordiosissimo, comprensivo e pronto a perdonare ed anzi a ultrabeneficare (vedi il buon ladrone o il figliol prodigo) verso chi, anche se ha peccato gravemente, riconosce tuttavia umilmente, veracemente, oggettivamente, sinceramente ed onestamente il proprio peccato e se ne pente, verso chi riconosce la verità della propria miserabile condizione e gli chiede aiuto e pietà e anche verso chi, pur avendo oggettivamente commesso un peccato gravissimo (la sua stessa uccisione), non se ne rende conto.

Il dovere della verità intesa come sincerità per Cristo è il dovere di riconoscere le cose come sono con semplicità e schiettezza e dire sì a ciò che è sì e no a ciò che è no. Si tratta dello stesso principio di non-contraddizione del quale parla Aristotele e che lo porta ad accusare Protagora di protervia (apaideusìa) per avere l’audacia di negarlo, scavandosi peraltro da sé la fossa sotto i piedi. I farisei del Vangelo corrispondono alla sofistica di Protagora[1].

Per questo San Tommaso ha opportunamente commentato la logica aristotelica come perfettamente conforme al modo di ragionare di Cristo, mentre Lutero ha sbagliato gravissimamente a rifiutare la metafisica e la logica aristoteliche accusandole di essere sofiste, mentre egli stesso non si è accorto di quanto sofista fosse lui nell’adulterare gli insegnamenti del Vangelo, favorendo una morale lassista e pretendendo di salvarsi senza merito, come gli rimproverarono Leone X e il Concilio di Trento. Gli esegeti cattolici che vorrebbero contrapporre la visione biblica della verità a quella aristotelica sono in realtà dei luterani sotto la veste di cattolici.

Certamente per Cristo l’apertura alla verità non dev’essere ingenuità o semplicioneria, per non lasciarsi ingannare dal demonio, dagli astuti e dai lupi travestiti da agnelli o dai falsi cristi e falsi profeti. Ma occorre saper congiungere la semplicità con la prudenza, l’avvedutezza, l’accortezza, la riflessione, la cautela, la vigilanza, l’acume critico e il discernimento.

Verità, per la Scrittura non è solo atto dello spirito, ma anche contenuto di conoscenza. La verità è la Parola di Dio e del Vangelo, verità è la sana dottrina, verità è il magistero della Chiesa, sono i comandi di Dio, i contenuti e i dogmi della fede.

Dal punto di vista dei contenuti la Scrittura distingue verità naturali, umane o di ragione da verità rivelate, soprannaturali, di fede. Quando Gesù afferma che ascolta la sua parola chiunque è dalla verità, si riferisce a chi sul piano naturale ama e conosce la verità. Costui è preparato e disposto ad ascoltare la rivelazione delle verità divine e soprannaturali, che riguardano i misteri della fede. Ma è chiaro che chi è scettico o sofista sul piano naturale o non ama quella verità che è attingibile dalla ragione, non può essere disposto ad accogliere la verità divina e rivelata del Vangelo.

La verità, per la Scrittura, è virtù intellettuale, ma presenta anche l’aspetto di virtù morale, in quanto l’amore e il rispetto per la verità sono un preciso dovere morale, né l’uomo attaccato al peccato può raggiungere la verità soprattutto quella morale.

La verità intesa come vera conoscenza e veracità implica nella Scrittura quell’obbedienza al reale quindi a Dio, creatore del reale, che nasce dall’umiltà. Chi è umile permane nella verità. Il superbo invece cade nell’errore e tende alla menzogna, all’inganno, alla prepotenza, alla doppiezza e all’ipocrisia.

Fine Seconda Parte (2/3)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 21 aprile 2025


La Bibbia connette la nozione della verità con la nozione dello spirito. Lo Spirito Santo è lo Spirito della verità. Come in Aristotele, anche per la Bibbia, l’ente, il reale, la cosa, la res, la creatura non dice ancora il vero. Il vero si dà solo quando si dà il rapporto fra lo spirito e la realtà. Se la realtà è vera, lo è perché conforme al pensiero e alla volontà dello spirito, sia quello divino, sia quello angelico o sia quello umano.

La Scrittura connette chiaramente la nozione della verità con quella dell’intelletto: essa è oggetto dell’intelletto. È falsa dunque la tesi di certi esegeti, secondo la quale la nozione biblica di verità sarebbe estranea all’intellettualismo greco. Esattamente come per Platone e Aristotele, anche per la Bibbia la verità è l’oggetto dell’intelletto ed anche i sensi possono conoscere la verità.

Il tema della verità nella Scrittura è connesso con l’atto del vedere e con la metafora della luce. L’esperienza della verità coincide con l’atto del vedere; chi vede è nella verità. Viceversa il cieco è colui che si trova nell’errore. Se la luce è il simbolo della verità, le tenebre sono il simbolo dell’errore, Questa simbologia è particolarmente evidente in Giovanni. Egli dice che Dio è luce per dire che è la verità assoluta, sussistente.

Immagine da Internet: Guarigione del cieco nato, Orazio de Ferrari

[1] La nozione di verità e il concetto che Cristo ha dell’essere e della realtà sono perfettamente conformi alla logica e alla metafisica di Aristotele e per questo San Tommaso le ha utilizzate per spiegare la Parola di Dio. Vedi il mio libro: Gesù Cristo fondamento del mondo, inizio, centro e fine ultimo del nostro umanesimo integrale Edizioni L’Isola di Patmos, Roma 2019.

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