Da Papa Francesco a Papa Leone
Sviluppare e riassettare
Aumentare il bene fatto da Francesco
Papa Francesco è stato un Papa operosissimo fino agli ultimi anni ad età molto avanzata affrontando in carrozzella viaggi faticosi in terre lontanissime. Con la sua sollecitudine pastorale per i grandi temi della misericordia, della giustizia sociale, della solidarietà umana, della libertà religiosa, del riscatto dei poveri, ha conferito al Papato un prestigio unico in campo internazionale, tanto che tutti ad Occidente e ad Oriente hanno guardato a lui come garanzia della pace nel mondo.
Francesco ha compiuto alcuni atti di tale importanza ed originalità, che ci obbligano a grande gratitudine e riconoscenza per il bene che ci ha fatto: la straordinaria insistenza sul tema della misericordia, che meglio ci ha fatto conoscere dove e come oggi opera la misericordia divina; l’accordo di Abu-Dhabi, dove per la prima volta nella sua storia l’Islam ha accettato l’ideale della fratellanza universale; la condanna dello gnosticismo, apoteosi della tracotanza, una condanna che finora nessun Papa aveva mai pronunciato; la rinnovata raccomandazione del pensiero di San Tommaso, Dottore Comune della Chiesa.
Esiste tuttavia una serie di punti dottrinali e pastorali, dove occorre che Papa Leone metta ordine. Occorre soprattutto colmare delle lacune. Francesco ha insistito molto su alcuni temi, ma ha lasciato in ombra altri. Occorre recuperarli. Ne faccio un elenco.
1. L’ufficio proprio del Papa
Dal Papa ci attendiamo la soluzione di problemi che solo lui può risolvere e la risposta a domande alle quali solo lui può dare risposta. Che un Papa si metta in confessionale a confessare, che accarezzi un bambino, che raccomandi l’amore del prossimo e specialmente per i poveri, che raccomandi di accogliere gli immigrati o la cura del creato o di vaccinarsi, certo sono cose buone, ma non è necessario un Papa per fare o dirci queste cose. Dal Papa ci attendiamo che ci indichi nel nome di Cristo quel cammino che nessuno riesce a vedere, che ci infonda quella speranza che nessuno riesce a concepire, quell’amore che nessuno riesce ad avere, che ci difenda da quei pericoli dai quali nessuno riesce a ripararsi.
2. Linguaggio appropriato ed inequivocabile
Nella predicazione del Vangelo bisogna evitare delle espressioni ambigue, che possono avere un doppio senso, possono prestarsi all’equivoco ed essere strumentalizzabili. Occorre evitare che una medesima frase possa essere interpretata o in senso cattolico o in senso luterano, perché altrimenti tutti penseranno che si può dare alla frase il senso che si preferisce, oppure i cattolici penseranno che hanno ragione i luterani e costoro crederanno di aver ragione loro. Ma occorre precisare il senso cattolico e respingere il senso luterano. È bene adottare i termini usati dal Magistero della Chiesa, che poi, se non sono perspicui, devono essere spiegati.
3. La fede è conoscenza della verità
Bisogna tornare a dire, seguendo il Concilio Vaticano I, che la fede è una virtù teologale che comporta un’adesione intellettuale volontaria ad un insieme di proposizioni, rivelate da Dio, che noi prendiamo per vere sull’autorità di Cristo per la mediazione della Chiesa.
4. L’ufficio del pastore
Il buon pastore (I Gv 34,10) per ottenere la conciliazione tra i due contendenti modernisti e passatisti, deve proporre i valori comuni che creano l’unità. Deve fare da giudice e mediatore con imparzialità tra di esse onde farsi rispettare da entrambe le parti in conflitto. Deve inoltre saper cogliere il buono esistente in ciascuna delle due parti, sintetizzando gli elementi positivi e redarguire i loro difetti, espellendo gli elementi negativi, senza rispetto umano e senza stare dalla parte del più forte.
5. La questione dell’astrazione
Il termine «astratto» non va usato solo un senso spregiativo, ma occorre ricordare l’importanza del pensiero astratto, speculativo e metafisico come condizione di intellegibilità della dottrina di Cristo e della Chiesa, degli articoli di fede e dei dogmi cattolici. La capacità di astrarre l’essenza universale dal singolo concreto, denota la dignità del pensiero che si eleva a concepire le realtà eterne, incorruttibili, spirituali e divine sulla limitatezza dei sensi e dell’immaginazione, legati alle cose temporali, materiali e caduche. Impossibile concepire l’universalità e l’immutabilità della natura umana e della legge morale, nonchè l’uguaglianza e la fratellanza umana, se non ci vagliamo del pensiero astratto, che prescinde dagli individui particolari e tutti li abbraccia senza distinzione.
6. La questione dei castighi divini
Occorre spiegare con chiarezza che cosa intende dire la Scrittura con l’espressione «ira divina», che cosa significa che Dio punisce o castiga il peccato e perchè il peccato merita punizione. Bisogna dire che Dio premia o castiga secondo i meriti di ciascuno e che la giustizia divina consiste nel fatto che Dio rende a ciascuno secondo le sue opere.
7. Sulla nozione del peccato
Bisogna parlare non solo del peccato di fragilità, ma anche di quello di malizia. Non tutti hanno buona volontà, ma esiste anche la cattiva volontà. Ci sono sì i figli di Dio, ma ci sono anche i figli del diavolo. (I Gv 34,10). Non ci sono solo le famiglie ferite, ma anche quelle scandalose. Il peccato di fragilità può essere tollerato a compassionato, ma quello di malizia dev’essere punito.
8. Le opere della misericordia
Sono più importanti le opere della misericordia spirituale che quelle materiali. È più importante sfamare chi ha fame di verità che di pane. È più importante illuminare la mente che gli occhi. È più importante far camminare lo spirito che il corpo. È più importante far parlare di Dio che favorire il dialogo umano. È più importante ascoltare la parola di Dio che quella degli uomini. È più importante liberare dal peccato che dal tiranno. È più importante guarire l’anima che il corpo.
9. La questione dello scandalo
La Parola di Dio non è scandalosa in sé stessa; lo è solo per gli ipocriti e per chi è in malafede. Essa può sembrare contradditoria, ma un’opportuna operazione esegetica scioglie l’apparente contraddizione. Può esser doveroso scandalizzare i farisei e gli ipocriti, ma è peccato grave scandalizzare i piccoli e i semplici e coloro che senza loro colpa non sono in grado di capire e fraintenderebbero.
10. La questione della guerra giusta
Bisogna tornare a dire che la guerra in quanto scatenamento di odio è sempre ingiusta e da rifiutare, ma l’operazione militare che consiste nell’uso delle forze armate da parte di uno Stato nei confronti di un altro, è giusta se lo Stato aggressore o difensore fa valere un suo diritto, altrimenti è ingiusta. Dio non vuole l’ingiustizia, ma la giustizia. Per cui non è proibito dire che una guerra giusta è voluta da Dio, come insegna la stessa Scrittura. Occorre tuttavia assolutamente evitare la guerra atomica con un opportuno disarmo bilaterale.
11. Convertitevi e credete al Vangelo!
Occorre tornare ad esortare, date le circostanze opportune e con la dovuta carità, i non-credenti a convertirsi a Cristo secondo il formale precetto ed esempio del Vangelo.
12. Lo scopo dell’ecumenismo
Bisogna dire, seguendo il decreto Unitatis redintegratio, che lo scopo dell’attività ecumenica è quello di aiutare i fratelli separati, sotto la guida dello Spirito Santo, ad entrare nella piena comunione della Chiesa cattolica.
13. Tutti salvi?
Bisogna ricordare, con riferimento al Vangelo e alla dottrina della Chiesa (Denz.623 e 1523), che non tutti si salvano.
14. Fratellanza naturale e fratellanza cristiana
Bisogna distinguere una fratellanza naturale universale, data dal fatto che noi uomini siamo tutti membri della medesima specie umana, basata sull’essenza dell’uomo come animale ragionevole o sostanza vivente composta di anima spirituale e corpo, creata ad immagine e somiglianza di Dio. L’enciclica Fratelli tutti parla della fratellanza universale, sottoscritta nella Convenzione di Abu-Dhabi con i musulmani.
15. Tutti figli di Dio?
Possiamo intendere questa espressione nel senso che siamo tutti sue creature personali capaci di intendere e di volere, viventi di vita semplicemente naturale. Ma se con quella espressione ci riferiamo all’annuncio dato da Giovanni nella sua Prima Lettera (3,1-2), allora figli di Dio sono solo i battezzati, viventi della vita della grazia di Cristo.
16. Parlare dei meriti
Bisogna tornare a dire che non ci si può salvare senza meriti, intendendo i meriti soprannaturali, che sono dono della grazia. Non ci dobbiamo presentare a Dio a mani vuote. Bisogna tornare a dire che per salvarsi occorre osservare i comandamenti. Bisogna ripresentare le parabole che insegnano che il paradiso è meritato e guadagnato dalle buone opere, che il regno d Dio è oggetto di coraggiosa e ardua conquista, che per entravi occorre passare dalla porta stretta, che il paradiso è la mercede del nostro lavoro, che dev’essere comperato come una perla preziosa vendendo tutto quello che abbiamo, che dobbiamo guadagnarlo con sforzo e fatica, che è il premio delle buone opere. Bisogna tornare a parlare del santo timor di Dio, che ci fa fuggire il peccato per amore del suo santo nome.
17. Tornare a parlare della predestinazione
Bisogna tornare a parlare degli eletti. Dio sceglie nell’umanità perduta coloro che salva, sebbene in linea di principio voglia salvare tutti. Ma non tutti corrispondono alla sua grazia. Dio predestina gli eletti muovendo la loro volontà alla scelta del bene. Come dice il Concilio di Trento (Denz.1540), non sappiamo, salvo speciale rivelazione, se siamo predestinati, ma dobbiamo sperarlo operando il bene giorno per giorno. Salvarsi è meritorio ed è dono della divina misericordia. Perdersi è colpa propria.
18. Lex orandi et lex credendi. Il Novus Ordo non esclude il Vetus Ordo.
Il Papa dovrebbe ricordare che la Messa come tale, quale che sia il rito nel quale viene celebrata, è lex credendi. Ma il Pontefice ha la facoltà di determinare i vari modi di celebrare, ossia l’Ordo Missae, ordinando che si celebri quel dato rito da lui prescelto, il quale, sotto questo profilo, diventa lex credendi, senza per questo togliere alla Messa come tale il suo esser lex credendi per istituzione dello stesso Gesù Cristo.
19. Il primato del cristianesimo
Occorre ribadire il primato del cristianesimo su tutte le religioni. Tutte convergono verso Cristo e tutte traggono da Cristo i valori che posseggono.
20. Il sacrificio di Cristo
Bisogna ribadire i titoli cristologici relativi all’opera della redenzione: il Padre ha voluto che il Figlio si sacrificasse per la salvezza dell’umanità espiando per i peccati, dando soddisfazione al nostro posto al Padre per i nostri peccati. riparando ai danni provocati del peccato, pagando al Padre il prezzo del nostro riscatto.
Per questo occorre ricordare che la Messa è un sacrificio offerto a Dio dal sacerdote e che l’ufficio del sacerdote è l’offerta di un sacrificio a Dio per la remissione dei peccati. Occorre tornare a spiegare che cosa è la religione, il cui atto principale è l’offerta a Dio del sacrificio cultuale. Bisogna quindi tornare a spiegare che cosa è il sacrificio cultuale, da sacrum-facio, da cui la nozione della consacrazione, del sacramento e del sacerdote, sacrum-dans.
21. Sul mistero eucaristico
Bisogna tornare a parlare della transustanziazione, spiegando di che cosa si tratta. Infatti non si crede più che dopo la consacrazione il pane non è più pane, ma corpo di Cristo. Alla Comunione non si crede di mangiare la carne di Cristo, ma solo del pane benedetto. Si è diffusa infatti l’idea luterana che dopo la consacrazione il pane resta pane e che Gesù è nel pane.
22. Ateismo e panteismo
Il Papa dovrebbe riprendere a parlare degli attributi divini nella loro completezza e mostrate i nessi esistenti fra di loro. Sulla misericordia ha insistito anche troppo. Invece ha lasciato in ombra l’attributo della severità. Così è successo che si è diffusa l’idea che oggi Dio non castighi più nessuno ma perdoni tutti, con la conseguenza del diffondersi, sotto pretesto della misericordia e della «diversità», di un pauroso lassismo morale, specie in campo sessuale, basato sul luterano pecca fortiter et crede firmius. Quanto all’ateismo, esso continua a tutt’oggi ad essere diffusissimo. Perchè non ricordare e mostrare con buoni argomenti che esso è irragionevole stoltezza? (Sal 53,2). Perchè non riprendere la critica fatta all’ateismo dal Concilio?
Anche il panteismo, già condannato dalla Chiesa nel sec. XIX (Denz.2901), un tempo ristretto a circoli intellettuali, oggi si sta diffondendo anche tra la gente, o nella forma dell’idealismo tedesco o sotto l’influsso del buddismo e dell’induismo. Ed infatti fa comodo a molti immaginare, liberi dai vincoli di qualunque concettualità o legge morale, di essere un’apparizione fugace del divino destinata a scomparire nell’Assoluto.
23. Riabilitare l’apologetica
Occorre ripristinare l’opera del ragionamento e l’arte della persuasione finalizzati a condurre l’interlocutore a comprendere i motivi di credibilità del messaggio evangelico e a mostrare quindi il dovere di credere in Cristo (lac «credendità» del messaggio evangelico) e nella Chiesa, rispondendo adeguatamente alle accuse e alle obiezioni, superando le difficoltà, rimuovendo gli ostacoli, allontanando pregiudizi e dissipando equivoci, che vengono opposti dagli increduli e dai nemici della Chiesa contro la ragionevolezza, la bontà, l’utilità e la necessità dell’atto di fede.
24. Natura madre e natura matrigna
Bisogna affrontare e risolvere la tremenda questione di come mai la natura spesso si scaglia contro l’uomo in vari modi e misure provocando periodicamente ed inaspettatamente disastri e calamità immani. Dio non è il creatore e il governatore della natura? Si tratta anche qui delle conseguenze del peccato originale, secondo quanto Dio dice ad Adamo peccatore: «Maledetto sia il suolo per causa tua! Spine e cardini produrrà per te» (Gen 3,17-18).
25. Rigidezza e fermezza
Occorre distinguere nella pastorale e nella condotta morale la rigidezza dalla fermezza. I princìpi devono essere saldi e bisogna essere fermi nell’attenersi ad essi. La saldezza non è rigidezza. Essa si ha quando si manca di duttilità o elasticità o flessibilità, laddove è bene lasciar liberi, esser comprensivi o non sono in gioco i princìpi, ma occorre sapersi destreggiare o adattare alle circostanze o cedere laddove non sono in gioco valori essenziali o irrinunciabili.
26. Indietrismo e conservazione
Occorre guardare al passato quando esso ci offre valori perenni o ancora attuali. Dobbiamo ritornare sui nostri passi, se ci siamo accorti di avere imboccato una strada sbagliata, ma non ha senso voler tornare a posizioni ormai superate dal progresso. Occorre tornare al passato a volte per recuperare valori che abbiamo dimenticato. «Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto al regno di Dio» (Lc 9,62).
Bisogna invece sottolineare l’importanza e la necessità di conservare intatto e immutato il deposito della fede (cf I Tm 6,20), senza decurtazioni motivate da scelte arbitrarie o false interpretazioni e senza aggiunte tratte da rivelazioni private. Occorre distinguere fra la Tradizione apostolica, fonte della divina Rivelazione insieme con la Scrittura, immutabile, soggetta a continua esplicitazione da parte del Magistero della Chiesa, dalle tradizioni ecclesiali caduche, deperibili o superate.
27. Vera e falsa interpretazione del Concilio
Bisogna mettere in guardia i fedeli che non tutti coloro che affermano di rifarsi al Concilio lo interpretano rettamente e quindi lo applicano rettamente. Il Concilio si è fatto promotore di progresso ecclesiale, ma non di modernismo. Tanto i modernisti quanto gli indietristi credono che il Concilio sia modernista, i primi per esultare, i secondi per lamentarsi. In realtà il Concilio è l’antidoto al modernismo, per il suo promuovere il vero progresso o rinnovamento e una sana modernità nel rispetto della Tradizione, che esso non solo conferma, ma esplicita e sviluppa.
28, Progressismo e modernismo
Bisogna spiegare ai fedeli che dobbiamo essere moderni, secondo le direttive del Concilio, ma non modernisti. La sana modernità o sano progresso consiste nell’attuare sinceramente la riforma conciliare nell’interpretazione datane dai Papi. Il modernismo sta nel fare della modernità un idolo, così da assumere tutto un blocco, senza un vaglio critico alla luce del Vangelo e quindi senza distinguere il grano dal loglio.
29. Migranti accettabili e migranti pericolosi
Occorre un maggior discernimento nella valutazione delle intenzioni, delle condizioni materiali, morali e spirituali degli immigrati e in particolare islamici, nel loro stesso interesse e in quello del paese ospitante. Nel rispetto della loro fede islamica, occorre però trovare le vie per proporre loro il Vangelo.
30. Omosessuali e sodomitiBisogna che la pastorale per le persone e le coppie omosessuali sia impostata e condotta in modo da far loro comprendere con solidi e ragionati motivi che la pratica omosessuale è in contrasto con le vere esigenze della natura umana e l’ottenimento della vera felicità e che la posizione della Chiesa in questa materia, proprio per il bene che essa vuole all’uomo, non potrà mai cambiare e rendere legittimo ciò che finora ha proibito. Infatti come ciò che è bene per l’uomo non cambia, così ciò che è male. Se la Chiesa cambiasse, chiamerebbe bene il male.
31. La Comunione ai divorziati risposati
È bene lasciare ai confessori la libertà di scegliere tra la normativa di San Giovanni Paolo II (n.84 della Famliaris consortio) e quella di Papa Francesco (Amoris laetitia).
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 11 ottobre 2025
Immagini da : https://www.vatican.va/content/photogallery/it.html


All'inizio della lettura, ero perplesso, ma adesso posso dire, che sono d'accordo con tutto. La ringrazio padre Giovanni!
RispondiEliminaCaro Anonimo,
Eliminaun problema di oggi, diffuso tra i cattolici, è quello di come valutare l’operato e l’insegnamento di un Papa. Come il buon cattolico deve atteggiarsi davanti al Papa? Che atteggiamento deve assumere per avere con lui una buona relazione? Quello che oggi purtroppo si nota sono due atteggiamenti entrambi sbagliati: o gli si tira delle fucilate, come fanno i passatisti, o gli si leccano i piedi, come fanno i modernisti.
Lo so che non è facile sapere come ci si deve condurre. Bisogna imparare soprattutto dai santi. La tentazione invece è quella di assumere atteggiamenti ribelli, simili a quelli di Lutero. Oppure di evitare qualunque critica per una forma di rispetto umano.
Bisogna saper distinguere nel Papa il suo essere Papa, dove fruisce dell’infallibilità dottrinale, dal suo essere uomo, dove troviamo debolezze, peccati e difetti.
Cosa essenziale è quella di aiutare il Papa nel suo difficile ministero e di sostenerlo nelle sue iniziative. Altra cosa importante è quella di essere molto cauti nel suggerirgli che cosa deve fare, perché egli ha informazioni che noi non abbiamo. Per questo occorre avere generalmente un atteggiamento di fiducia. Il che non ci impedisce, quando certe cose sono evidenti, di avanzare con modestia una critica filiale con spirito costruttivo.
Caro padre Cavalcoli,
RispondiEliminagrazie per il vostro inestumable articolo, profondo e allo stesso tempo sintetico. Una buona guida per la valutazione del pontificato di Francesco e per ciò che possiamo desiderare e sperare dal pontificato di Leone, al fine di colmare le lacune del predecessore.
Condivido quasi tutto quello che dice. Tuttavia, nel numero 18, anche se condivido il contenuto del punto, quando lei dice: "Il Papa dovrebbe ricordare che la Messa come tale, quale che sia il rito nel quale viene celebrata, è lex credendi. Ma il Pontefice ha la facoltà di determinare i vari modi di celebrare, ossia l’Ordo Missae, ordinando che si celebri quel dato rito da lui prescelto, il quale, sotto questo profilo, diventa lex credendi, senza per questo togliere alla Messa come tale il suo esser lex credendi per istituzione dello stesso Gesù Cristo.", ma non vedo che il titolo rifletta il contenuto del punto.
Mi spiego, nel titolo lei dice che: "Lex orandi et lex credendi. Il Novus Ordo non esclude il Vetus Ordo.". Ma poi lei dice giustamente: "Ma il Pontefice ha la facoltà di determinare i vari modi di celebrare, ossia l’Ordo Missae, ordinando che si celebri quel dato rito da lui prescelto, il quale, sotto questo profilo, diventa lex credendi...".
Quindi il suo titolo è ambiguo, perché se il Papa può determinare che una determinata modalità del rito romano è l'unica lex orandi della Chiesa in un determinato momento, e per questo lex credendi; allora ogni precedente modalità del rito romano cessa di essere lex orandi della Chiesa.
Quindi il titolo del punto 18 è ambiguo. Non so come si debba riformulare, ma si dovrebbe chiarire che il Novus Ordo non esclude il Vetus Ordo in quanto entrambi esprimono la stessa lex orandi divina, ma, nella vita concreta della Chiesa di rito romano, il Novus Ordo esclude il vetus ordo come lex orandi ecclesiae, che può essere celebrata solo con speciale permesso o grazia del Papa.
Per il resto, un altro dettaglio: non solo tutto questo dovrebbe riferirsi alla Messa, ma agli altri sacramenti, ma all'Ordo o Rituale dei sacramenti.
Caro Dino,
Eliminanon è vero che il Novus Ordo esclude il Vetus Ordo. La loro celebrazione è determinata dal Pontefice in modalità diverse. Indubbiamente Papa Francesco ho sottolineato il dovere di tutti di accogliere il Novus Ordo come unica lex orandi di oggi.
Forse l’espressione non è molto felice, ma di fatto ci sono sacerdoti che hanno regolare permesso di celebrare nel Vetus Ordo, come per esempio il mio Priore Padre Riccardo Barile, il quale una volta al mese va a celebrare questa Messa in un dato luogo.
Con queste spiegazioni che le ho dato, credo che lei sia in grado di capire e apprezzare il senso delle parole che ho messo al n. 18.
Caro padre, non è corretto ridurre l'attuale disciplina liturgica, che regna da sessant'anni, all'espressione di papa Francesco nel 2021 (per inciso chiara e ferma). Sei decenni fa la nuova disciplina liturgica ha sostituito la precedente (tutto in base a quanto stabilito, in modo generale, per qualsiasi norma ecclesiale, dal CIC (Canone 20: Una legge successiva abroga la precedente, se lo stabilisce espressamente, se è direttamente contraria ad essa, o se riorganizza totalmente la materia della legge precedente. ), e le eccezioni non fanno altro che confermare la regola.
EliminaMa posso capire molto bene le sue ragioni personali per non considerare in profondità questo argomento.
Caro Dino,
Eliminasu questa questione della regolamentazione della celebrazione della Messa, io non sto affatto avanzando delle ragioni personali, ma mi sono semplicemente rifatto alle disposizioni di Papa Francesco, il quale nell’averle date non ha fatto altro che mettere in atto la sua autorità giuridica in campo liturgico.
Potremmo anche discutere sul contenuto del Motu Proprio del Papa, ma in ogni caso ogni buon cattolico è tenuto all’obbedienza.
Per questo l’andare continuamente a discutere su ciò che la Chiesa ha disposto sessant’anni fa, in questa materia soggetta a continua evoluzione, mi sembra una discussione che può diventare soltanto un motivo di divisione.