Il Mistero Eucaristico - III Conferenza del Servo di Dio P. Tomas Tyn - Parte Seconda (2/2)

 

Il Mistero Eucaristico

III Conferenza del Servo di Dio P. Tomas Tyn

 Parte Secona (122)

Ho il piacere di presentare questa terza conferenza del Servo di Dio Padre Tomas Tyn, dedicata ad una analisi teologica dell’atto della Consacrazione Eucaristica nella Messa, nonché della presenza reale di Cristo nell’Eucarestia e all’esame di alcune delicate questioni che nascono dalle riflessioni sul Mistero dell’Eucarestia.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 21 luglio 2025

I Conferenza:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/2025/03/il-mistero-eucaristico-conferenza-del.html

https://padrecavalcoli.blogspot.com/2025/03/il-mistero-eucaristico-conferenza-del_2.html

II Conferenza:  

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-mistero-eucaristico-ii-conferenza.html

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-mistero-eucaristico-ii-conferenza_30.html

III Conferenza:  

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-mistero-eucaristico-iii-conferenza.html 

 *****

 

III Meditazione - Eucarestia S.Messa - Bologna, 16 - 30 marzo 1985

III Meditazioni sul Sacrificio della Santa Messa per il Terzo Ordine Domenicano presso la Basilica di San Domenico in preparazione alla Santa Pasqua del 1985 - N. 3 Meditazioni


Audio:   6c) http://youtu.be/kzq4SFU6K3I

Cf. : http://www.arpato.org/testi/lezioni_dattiloscritte/Sacrificio-SMessa.pdf

Terza Meditazione

 Registrazione e custodia dell’audio a cura di diverse persone

 

Però è giusto che i fedeli siano attenti a ciò che si compie sull’altare, proprio perché questa azione è una azione sacramentale, cioè un segno che significa qualcosa. Però sarebbe esagerato e assolutamente sbagliato mettere in contrapposizione quasi queste due devozioni. Ci sono alcuni che hanno così frainteso il Concilio, come di solito capita. Allora, non è che il Santo Rosario sia un qualcosa che oscuri la Santa Messa. No. Tutto al contrario.

          Proprio in questa nostra unione a Gesù, a quel Gesù che è presente lì sull’altare, Gesù è presente, l’abbiamo visto, nella e con quella gloria di cui attualmente gode presso il Padre.

Ebbene, tutto questo ci unisce alla croce del Salvatore, al dolore che ci ha salvati. E quindi questi due generi di misteri gaudiosi e dolorosi devono essere vissuti anche eucaristicamente in attesa che si compiano anche in noi i misteri gloriosi, che ci attendono nella patria celeste e che quindi possediamo nella speranza.

Però è estremamente importante vivere proprio l’Eucaristia in questa chiave mariana. Abbiamo visto come la Madonna è la Vergine sacerdotale per eccellenza; è colei che più perfettamente di ogni altro cristiano si è unita al sacrificio di Gesù sulla croce; è colei che della Santa Messa, come sacrificio di Cristo, capisce molto di più di quanto noi stessi possiamo capire.

Vedete allora come è importante lasciarci ammaestrare dalla Beata Vergine, Madre del Salvatore, proprio per vivere bene la nostra unione eucaristica a Cristo, nei suoi misteri gaudiosi e dolorosi, in attesa dei misteri gloriosi.

Poi un’altra cosa molto importante, che il Padre Garrigou-Lagrange, da buon tomista caldamente raccomanda, è una fruttuosa Comunione. È evidente, perché il sacrificio del Signore è un sacrificio sia di offerta al Padre, che di comunione[1].

Come nell’Antica Alleanza c’erano questi sacrifici dove la vittima non veniva totalmente divorata dal fuoco; c’erano alcune parti che erano bruciate ed altre erano distribuite tra sacerdoti e popolo, cosicché praticamente tutti si sentivano uniti in questa unica celebrazione.

Così anche il sacrificio del Salvatore è un sacrificio di comunione. Perciò dobbiamo pensare a questo, che in ogni nostra santa Comunione Gesù, veramente, e realmente presente, viene ad abitare, stabilisce la sua dimora in noi. E non è una cosa da poco. Perché viene a stabilire una dimora veramente obiettiva, reale, fisica, sostanziale, dentro all’uomo.

Cosicché l’uomo, appena dopo essersi comunicato, è veramente come un ostensorio vivente, come si diceva una volta. Questo è un pio pensiero per invogliare i cristiani a ringraziare il Signore per la Santa comunione. Bisogna sentirci così. Proprio sapere che il Signore dimora in noi.

E allo stesso tempo, Gesù vuole con questa sua presenza in noi, trasformarci in Sé. Ricordiamo quello che Gesù disse a Sant’Agostino, che quando egli mangiava il corpo del Salvatore, non era lui uomo che assimilava a sè Gesù, ma era Gesù che assimilava a Sé, santificandolo, l’uomo.

Quindi, il Padre Garrigou-Lagrange dice che bisogna tendere a questo continuo progresso della nostra vita eucaristica. Ogni santa comunione dovrebbe essere un pochino più fervorosa di quella di prima. Vi confesso che non è una cosa facile da realizzare. Però non spaventatevi. Tendete veramente anche a questo, soprattutto con una buona preparazione alla Santa Messa, con una fruttuosa partecipazione alla medesima e con un ringraziamento dopo avere ricevuto l’Eucaristia.

C’è da dire questo. Alcuni talvolta si sentono un po’ sconvolti per il fatto che nel momento stesso della Comunione non sentono nulla di particolare[2]. Questo non è grave. È grave se l’Eucaristia, alla quale ci comunichiamo, non porta proprio nessun miglioramento nella nostra vita morale e nella nostra vita spirituale. Ma il fatto della sensibilità coinvolta o meno, non è decisivo.

E non c’è nemmeno bisogno che questo progresso si veda nel momento stesso della Comunione. Se c’è, è meglio. Ma se non c’è, non è una tragedia, perché spesso il Signore queste grazie le elargisce anche a distanza di tempo. Quindi è già presente nel momento in cui ci comunichiamo, ma spesso però questa sua grazia si rende visibile in qualche modo anche dopo.

Perciò, non pensate che le vostre Comunioni siano inutili, quando in quel momento non vi sentite particolarmente legati al Signore. Però è giusto prepararsi bene alla Santa Comunione e poi curare anche bene il nostro ringraziamento e tutta la pietà eucaristica, le visite al Santissimo, eccetera.

È cosa importante anche questa: sentirci sacerdoti, nel senso equilibrato. Naturalmente anche in questo campo, di nuovo come al solito ci sono state delle abominevoli esagerazioni nell’interpretazione non sempre giusta del Concilio. Bisogna sentirci sacerdoti della Nuova Alleanza. Discorso molto giusto. Il Concilio lo fa con molto coraggio, ma anche con molta sapienza.

Quindi bisogna che anche noi siamo coraggiosi, ma pure prudenti e sapienti in questo. Il Concilio stesso dice che il sacerdozio dei fedeli è il sacerdozio comune, che si distingue da quello ministeriale non solo di grado, ma per la sua stessa essenza. Vi è un qualcosa di analogico, non un qualcosa di univoco.

Tuttavia questo sacerdozio, sia che si dica del sacerdozio comune dei fedeli, sia di quello ministeriale dei sacerdoti sacramentalmente consacrati, è sempre una sacra potestas, un potere sacro di offrire sacrifici al Signore. E non solo, ma anche di essere offerti sacramentalmente e realmente. C’è anche questo aspetto, di essere offerti al Signore.

Quindi il nostro sacerdozio comune dev’essere vissuto proprio così, come una nostra attitudine a essere offerti a Dio, ad offrire noi stessi come sacrificio gradito a Dio. È in questo senso che S. Pietro dice nella sua Prima Lettera. Ve lo cito, perché è un brano molto chiaro, che ci aiuta proprio molto ad immedesimarci come sacerdoti della Nuova Alleanza nel sacrificio del Salvatore. Dice appunto S. Pietro nella Prima Lettera: “Stringendovi a Lui”, cioè a Cristo, “pietra viva rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo”. È esplicito e chiaro, no?

Noi tutti siamo pietre vive di questo Tempio Santo del Signore, che non è un tempio costruito da mano d’uomo, ma che è Dio stesso. E’ Dio, che per partecipazione, si rende presente nell’anima nostra. È così che diventiamo noi pietre vive di questa oikonomia, di questa costruzione del tempio del Signore.

E questo nostro essere impiegati come pietre vive non è solo una presenza nostra nel tempio del Signore, ma è anche una presenza sacerdotale. Non è una presenza qualsiasi, un solo essere lì nel luogo sacro. È un essere lì da sacerdoti. Ci è data una potestà sacerdotale. Cioè, come dice S. Pietro, una potestà di sacrificare, di offrire dei sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo. E questo perché per lui era ancora molto chiaro questo rapporto sacerdozio-sacrificio.

Vedete quindi la nostra abilitazione a partecipare alla Santa Messa unendoci al sacrificio del Salvatore. E per tutti noi sacerdoti, sia sacerdoti nel senso del sacerdozio comune, cioè i battezzati e i cresimati, sia i ministri, per noi tutti ci dev’essere questa profonda convinzione che dobbiamo essere non solo sacerdoti della nostra Vittima, ma anche vittime del nostro sacerdozio.

Pensate sempre a queste bellissime parole, che, se non sbaglio, sono attribuite a Sant’Ambrogio, cioè essere sacerdoti della nostra Vittima, porre Gesù sull’altare. È tutta la Chiesa. Il sacerdote nel senso comune assieme al sacerdote ministro, sono tutto il popolo, tutta la Chiesa che pone la vittima sacrificale sull’altare.

Quindi siamo tutti i sacerdoti della nostra Vittima. Sentiamo di essere anche vittime del nostro sacerdozio, cioè sacrificati, offerti assieme a Gesù. È in questo senso che i Padri della Chiesa raccomandano, per una fruttuosa partecipazione alla Santa Messa, soprattutto di meditare queste parole del Signore: “Se qualcuno vuole seguirmi, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”.

Quando ci avviciniamo alla Santa Messa è come se noi incontrassimo veramente Gesù sulla croce. E per incontrarlo spiritualmente e non solo esteriormente, bisogna proprio dire: “Gesù, per amore di Te, anch’io voglio seguirTi sulla croce”, e cioè aderire proprio a questo precetto del Signore, che chi vuole seguirLo deve rinnegare sé stesso giorno per giorno, caricarsi della sua croce e solo così, portatore di una croce, deve seguirLo.

Così anche S. Paolo fa una offerta di sè proprio per completare come dice nella Lettera ai Filippesi, ciò che manca ai patimenti di Cristo. E lo fa. E’ cosa interessantissima, e molto importante per la vita di ogni sacerdote, sia per i sacerdoti ministri che per i sacerdoti nel senso del sacerdozio comune. Ebbene, è questo aspetto, che è importante soprattutto per noi Domenicani. È per questo che insisto su questo aspetto.

È il legame strettissimo tra la partecipazione sacramentale alla croce del Salvatore e l’apostolato. Non c’è nulla che possa rendere l’apostolato fruttuoso all’infuori di questa croce del Signore. Gesù stesso fa bene alle anime con la sua parola, ma la sua parola è sostenuta dal sacrificio, non solo per il riferimento finalistico al sacrificio futuro, che offrirà al Padre sulla croce, ma anche in ogni momento, per tutte le avversità che Gesù subisce.

Pensate. Lui, il Figlio di Dio, nella sua umanità, Gesù rivela il mistero del Padre, il mistero dell’amore, il mistero della redenzione dell’uomo. E l’uomo - cosa terribile solo a pensarci - l’uomo rifiuta la rivelazione di questa verità, di questa unica verità che può liberarlo.

Quindi pensate alla sofferenza interiore del Salvatore, alla sofferenza nel sapere di essere Lui il Salvatore dell’uomo, e nel desiderarne la salvezza. Pensate alla passione del Signore, passione nel senso di desiderio ardente, come quando dice: “Quanto vorrei già ricevere questo battesimo”. Si vede lì tutta la sua ansia per la salvezza dell’uomo.

Pensate alla sua sofferenza quando vede che questo suo messaggio, questo suo annuncio profetico di una passione, di una morte e di una resurrezione, che libererà l’uomo dai suoi peccati, quando vede tutto questo messaggio rifiutato dagli uomini stolti o ottusi!

Così si comporta il Signore nell’accettare questa umiliazione, nell’accettare questa immensa sofferenza, perché, per capire la grandezza di questo dolore, bisogna proprio immedesimarci nella mentalità del Signore, che è tutta sacrificale, tutta protesa alla salvezza dell’uomo.

Gesù, accettando questo sacrificio del rifiuto, accettando questo dolore, questo immenso strazio, Gesù con questo d’altra parte fa tanto bene alle anime. Il Padre proprio benedice l’opera di Gesù, come uomo si sottintende e la rende fruttuosa.

Così, come ha agito Gesù, evidentemente devono agire anche i suoi apostoli. S. Paolo aveva ben imparato questa lezione. Non è che oggettivamente manchi qualcosa al sacrificio della croce. Ciò che manca è l’applicazione a noi.

Gesù ha questa ansia di essere accettato dall’uomo. Infatti questa è l’unica cosa nella quale Gesù[3] non ci fa nessuna violenza. Da ciò viene tutto il resto. Ci colma di ogni bene.

 Però il bene è lì, in attesa che noi ce ne appropriamo, perché il Signore non prevarica in nessun modo contro la nostra libertà.

Quindi non tutto dipende dal Signore. D’altra parte, il Signore ha già fatto tutto. Nello stesso tempo, tutto dipende da noi, da un unico piccolo sì di adesione a questi benefici di salvezza, che già ci sono copiosamente offerti. E il Padre Garrigou-Lagrange dice che se Gesù potesse soffrire nella gloria di cui gode attualmente presso il Padre, la sua più grande sofferenza sarebbe questa: vedere ancora oggi, come ai tempi suoi i farisei, degli uomini che non vogliono applicare a sè i frutti infiniti della sua Redenzione.

Quindi si tratta di questo: rendere fruttuosa la passione del Salvatore, che è già in sé forza di vita nuova ed eterna, ma che dev’essere ancora applicata volta per volta a noi. E questo avviene proprio dalla nostra partecipazione al sacrificio della Santa Messa. Quindi dobbiamo essere delle anime unite al sacrificio eucaristico e così delle anime apostoliche, perché non c’è altro modo di essere fruttuosi sul piano apostolico.

Questa offerta di sé da parte dei sacerdoti e dei fedeli dev’essere vista anche come un momento particolarmente significativo nella lotta contro le potenze del male: un’altra cosa che noi oggi, che noi tendiamo ad ignorare, con questo cristianesimo, come si dice, all’acqua di rose, un po’ superficiale e facile.

Invece, per quanto riguarda le forze del male, avviene una cosa curiosa: quando la storia è relativamente serena, l’umanità crede moltissimo al diavolo, per cui il diavolo può fare relativamente poco. Ma quando i tempi non vanno mai del tutto bene, paradossalmente succede che il maligno si scatena, e proprio fa quello che gli pare.

In questo momento la cristianità è piatta[4], non ci crede, è tutta piena di questi dubbi di tipo illuministico, agnostico. Si dice: ma, insomma, non è molto moderno parlare di queste cose. È Nefas. Guai a noi se accenniamo a questo, perché allora gli altri che cosa penseranno? È una cosa poco elegante accennare a cose così brutte. Non si può pensare così, carissimi. Anzi, al giorno d’oggi, dobbiamo proprio renderci conto con molto coraggio di questo fatto.

Infatti, c’è gente che non ha capito l’insegnamento della Santa Pasqua[5], che in fondo è molto semplice, seppure stupendo.  È l’insegnamento di una gioia che vince la sofferenza. Ma questo legame della croce e della resurrezione è un legame inscindibile. Cioè Gesù, con la sua Pasqua, ci insegna che non possiamo risorgere se non moriamo e non possiamo morire nel senso santo della parola se non destinati alla risurrezione.

Queste due cose si appartengono a vicenda. E così, carissimi, la nostra gioia non è autentica, non è piena, se non è una gioia sofferta. Non sarebbe una vera vita. Oggi si parla tanto della vita cristiana, della vita nuova. Cose belle, certo. Ma questa nostra vita con Cristo, la nostra vita proprio cristica, cristiforme, questa nostra vita non può essere veramente vita di Cristo, se non è, come la vita di Cristo, una vita che ha inghiottito la morte.

Quindi dei cristiani pavidi, i cristiani che dicono: “Ma insomma, io voglio evitare le nevrastenie o le nevrosi, voglio evitare i sensi di colpa, quindi al maligno non ci penso, e neppure anche ai peccatucci, senza fare troppi esami di coscienza”, ebbene, sono cristiani che non hanno capito questa lezione del Signore nella sua Santa Pasqua. Capite che la situazione è tragica.

Allora, il Padre Garrigou-Lagrange, da quel cristiano profondo che era e Domenicano zelante, dice appunto con coraggio che bisogna vedere la nostra offerta sacrificale eucaristica in chiave di questa lotta contro il maligno scatenato nel mondo di oggi.

E allora, voi capite che non c’è altra arma che possa sconfiggerlo. Egli è stato sconfitto già una volta per tutte. E la nostra fede in Cristo crocifisso e risorto è proprio la nostra vittoria sul mondo, che è sotto il potere del maligno. Il maligno è già precipitato. Infatti Gesù vede come già presente questa caduta del maligno. Quindi è già sconfitto una volta per tutte.

Adesso però si tratta di stringerci attorno a questa roccia, che ci accompagna nel deserto spirituale, attorno a Gesù, la pietra angolare, per combattere quest’ultima e decisiva battaglia. E in questa battaglia, bisogna stare dalla parte giusta, cioè bisogna aderire a Cristo crocifisso e risorto per sconfiggere proprio queste trame del maligno.

E non pensate che al giorno d’oggi queste potenze delle tenebre non si manifestino. Si manifestano in primo luogo in queste cose allucinanti, di cui anche voi siete tutti siete a conoscenza, cioè queste Messe nere, queste profanazioni della eucarestia, queste cose orribili che sono accadute persino qui vicino a Bologna, tutte cose spaventose, questi vari riti magici e satanici, che proliferano continuamente.

In secondo luogo, Satana non è più potente in queste cose. C’è di peggio. Il suo agire è molto peggiore di quando agisce di nascosto, come sono in fondo questi sciocchi, che si abbandonano a queste forme esterne. Certamente compiono qualcosa di orribile.  Però Satana conosce e ha dei modi di agire molto più subdoli. E allora il Padre Garrigou-Lagrange per esempio accenna a questo dilagare dell’ateismo, che è la rovina delle anime.

Un Domenicano non può rimanere insensibile davanti a fatti del genere, altrimenti saremmo veramente figli degeneri del Nostro Padre, perché San Domenico aveva questa passione per le anime da condurre a Cristo. Che cosa avrebbe detto di un mondo d’oggi, travagliato dall’ateismo, persino da un ateismo militante, trionfante travagliato dallo agnosticismo, dallo scetticismo, dal criticismo, dall’illuminismo in tutte le sue forme velenose, dominato dalla ribellione, proprio dal rifiuto istituzionalizzato?

Pensate a queste forme di violenza che proliferano, violenza soprattutto con i compagni rivoluzionari. Pensate al fenomeno della stessa massoneria. È una cosa orribile. Ma proprio oggi ho visto delle cose spaventose. Penso a quando ero novizio, tanto per attualizzare il discorso e vedere che la nostra lotta è qualche cosa che si riferisce ai giorni d’oggi e non al medioevo. Proprio oggi ho visto persino un sacerdote - cosa spaventosa - pronunciare un discorso all’insediamento di un Gran Maestro o come lo chiamano nella loggia massonica.

Sono cose spaventose. Perché la massoneria è quello che è sempre stata. E la Chiesa con la sua autorità suprema, dichiara ancor oggi che la massoneria mantiene questa sua volontà satanica di allontanare le anime da Cristo, sotto il pretesto della tolleranza, del pluralismo, eccetera; di allontanare le anime da quella mentalità sacrificale, che sottopone ogni intelligenza all’obbedienza di Cristo, perché la fede è questa: obbedire, ossia redigere in oboedientiam, sottomettere la nostra intelligenza a Cristo Signore, alla verità di Cristo, a quella verità che è unica, la sola che ci può salvare.

Carissimi, vedete a quale punto siamo giunti, che persino dei sacerdoti disonorano se stessi e la Chiesa partecipando a simili cose. E’ ben peggio, sapete, di quei riti spaventosi che alcuni sciocchi compiono.

Allora il Padre Garrigou-Lagrange, invogliandoci alla battaglia pasquale, sotto la guida di Cristo che è il Dux Vitae, come dice l’inno pasquale Dux Vitæ mortuus, regnat vivus, ossia il Condottiero della Vita, morto, regna vivo. Allora bisogna seguire Gesù proprio nella morte per seguirlo anche nella vita. E bisogna combattere questa ultima battaglia proprio essendo anime sacrificate, anime che nella Santa Messa si uniscono alla croce del Signore, che si mettono a disposizione del Signore.

Questa offerta eucaristica dev’essere fatta proprio così. Essere lì, perché il Signore faccia di noi uno strumento del suo amore a beneficio nostro, perché dobbiamo espiare i nostri peccati, ma anche a beneficio, in virtù della communio sanctorum, delle altre anime. Pensate come è importante questa nostra adesione a Cristo nel suo mistero pasquale durante la Santa Messa, proprio per motivi apostolici domenicani.

L’apostolato a favore delle anime è sconfiggere le eresie. Non si possono sconfiggere le eresie, se non in questo modo. Perché, chi le sconfigge? Non certo l’uomo. Guardate che in questa lotta tra il maligno e l’uomo, il maligno ha sempre la meglio. L’unico che ci protegge è Dio, carissimi. Altrimenti il demonio ci avrebbe già sbranati.

Perciò bisogna farci forti di Dio. E ci facciamo forti di Dio quando aderiamo a Cristo crocifisso, quando offriamo la nostra anima come strumento di espiazione a Dio. Ma il Signore ci prende sulla parola.

Allora il Padre Garrigou-Lagrange dice che quando un’anima si unisce al sacrificio della Santa Messa, quando diventa eucaristica, quando un’anima si mette a disposizione del Signore per soffrire assieme a Gesù per il bene delle anime, con questa motivazione apostolica della dilatazione del regno di Cristo in tutte le anime, quando un’anima fa così generalmente non avrà una vita facile. E questo bisogna pur dirlo.

Però, carissimi, è una cosa bellissima, sapete. Di nuovo si rivela questo mistero della Pasqua, che è il mistero della morte, ma anche della risurrezione. E quindi l’uomo è messo alla prova, quando si offre eucaristicamente al Signore, ma è anche sostenuto in tutte queste prove dalla potenza sempre fedele di Dio.

Servo di Dio Padre Tomas Tyn, OP

Trascrizione da registrazione di Suor Matilde Nicoletti, OP – Bologna, 6 luglio 2015

Testo con note rivisto da Padre Giovanni Cavalcoli, OP – Varazze, 10 ottobre 2017; Fontanellato, 16 giugno 2025


 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Servo di Dio Padre Tomas Tyn, OP
 
 
 
 
 
 
 
 
 

[1] Col Padre e con i fratelli

[2] Il sentire spirituale dipende dalla volontà illuminata dall’intelletto; esso non è come il sentire fisico e emotivo che, se manca e l’organo, non funziona. Qui evidentemente l’atto del volere non può far nulla. Ma le gioie dello spirito nascono necessariamente quando la volontà compie un atto di amore nei confronti dell’oggetto adeguatamente conosciuto. Per esempio, come dice San Tommaso, l’eucaristia è un bene spirituale deliziosissimo, omne delectamentum in se habentem. Per questo, per fruire di questa gioia è sufficiente applicare il pensiero a quel cibo divino che è entrato in noi. Se Dio vuole, può concedere un diletto speciale di tipo soprannaturale mistico. Ma se la Comunione è ben fatta, non occorre pretendere questi stati eccezionali per poter gustare l‘ineffabile gioia che procura l’eucaristia.  

[3]  Padre Tomas intende dire che la proposta della croce è tra quelle che Egli ci fa, quella che maggiormente fa fronte alla nostra libera volontà, chiedendo un assenso supremamente libero e con ciò stesso supremamente responsabile.

[4] Terra terra.

[5] In quanto la Pasqua è vittoria contro Satana.

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti che mancano del dovuto rispetto verso la Chiesa e le persone, saranno rimossi.