O Tommaso o la fine
Bisogna urgentemente che l’Ordine domenicano riassuma in pienezza il suo compito essenziale nella promozione avanzata della teologia, se non vuol tradire il mandato della Chiesa e subordinarsi agli attuali piani mondiali dei nemici di Cristo e dissolversi nella babele ideologica del mondo contemporaneo
Il difficile rinnovamento dell’Ordine
tentato dal modello rahneriano
Il discorso su San Tommaso del Santo Padre al recente convegno tomistico internazionale all’Angelicum di Roma costituisce un richiamo di estrema importanza fatto a tutta la Chiesa, ma con particolare riferimento all’Ordine Domenicano a riprendere il suo ruolo guida nel campo del progresso della teologia.
È interessante che la pressante esortazione sia venuta da un Papa Gesuita, quasi riconoscimento da parte dei figli di Sant’Ignazio ai figli di San Domenico che spetta a costoro e non ai primi di essere nella Chiesa all’avanguardia nelle ricerche e nelle proposte più avanzate del sapere teologico sia di tipo teoretico che nella sua applicazione nel campo della formazione sacerdotale.
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Un teologo che, pur non essendo domenicano, era un eminente discepolo della sapienza tomistica, il Maritain, già prima del Concilio per decine d’anni dette prova di aver trovato l’equilibrio intellettuale auspicato dal Concilio, per il quale la certezza della verità dogmatica si sposava perfettamente con un’apertura misericordiosa nei confronti della modernità.
Ancor oggi noi Domenicani possiamo trovare in Maritain i criteri e l’esempio di quel rinnovamento intellettuale che il Concilio ci chiese, improntato a quella carità che sa congiungere sapientemente e fruttuosamente, secondo le circostanze, il momento della misericordia con quello della severità. Così ritroveremo in pienezza la peculiarità del nostro carisma.
Il Santo Padre, da vero e fedele Gesuita, con la sua autorità di Successore di Pietro, ci indica la strada per mettere le cose a posto: non Rahner, ma San Tommaso è il Doctor communis Ecclesiae.
È pertanto urgente
che Domenicani e Gesuiti si stringano fra loro, nella reciproca complementarità
dei loro carismi, in un patto solido e fraterno di azione energica per il bene
della Chiesa lacerata fra il lassismo e il rigorismo, fra il lefevrismo e il
modernismo.
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