13 gennaio, 2024

Trattato sugli Atti umani - P. Tomas Tyn - Lezione 6 (1/2)

 

 Trattato sugli Atti umani

P. Tomas Tyn

Lezione 6 (Parte 1/2)

P.Tomas Tyn, OP - Corso “Atti Umani” - AA.1986-1987 - Lezione n. 15 (A-B)

Bologna, 3 marzo 1987

http://www.arpato.org/corso_attiumani.htm

Le vicende sono giunte ai triarii, che erano le truppe proprio di ultima risorsa. Siamo giunti, se ricordo bene, alla I-II, della Prima Secundae appunto alla questione 18, che è veramente di un carattere fondante, direi. Lo sono un po’ tutte le questioni, anche le precedenti, soprattutto quella del fine ultimo, ma questa diciottesima è fondante per il passaggio, se volete, o per la fondazione, diciamo così, della morale nella metafisica, nell’ontologia. Per il passaggio dall’ontologia: dall’essere alla deontologia, al dover essere, ossia all’essere finalizzato, all’essere in quanto è buono.

S.Tommaso, il nostro celeste amico, ci aiuta in queste meditazioni, partendo proprio dall’analisi, diciamo così, del trascendentale che è il bonum. Voi sapete bene che ci sono quei concetti cosiddetti trascendentali, perchè non restringono l’ambito dell’ente, ma coincidono con l’ente in quanto tale. Quindi, per esempio, qualsiasi cosa esistente, in quanto esiste, è vera, nel senso di intelligibile. Cioè ogni cosa che esiste, in quanto esiste, è un possibile oggetto di intelligenza, e comunque di conoscenza Similmente ogni cosa esistente è, in quanto esiste. è un possibile oggetto di appetito. Bonum est quod omnia appetunt, il bene è l’oggetto dell’appetito. 

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 https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/trattato-sugli-atti-umani-p-tomas-tyn_13.html

 

Notate bene questo sdoppiamento della finalità connaturale e del dominio della finalità da parte della ragione e della volontà umana. Facciamo un esempio, preso da quel tema tanto discusso al giorno di oggi, come l’uso della sessualità. Che la sessualità abbia un fine procreativo, su questo non ci sono dei dubbi, mi pare, no? Quindi, da quel lato il Padre Eterno le ha assegnato un fine, che non è in nostro dominio. Possiamo riconoscerlo, possiamo rifiutarlo, ma il fine è sempre quello. La verità delle cose è quella.
 
Ora, in qualche modo, dandoci questa dimensione procreativa, Dio ci invita a usarne, ma usarne sempre rispettando i suoi fini. Ebbene, è in potere della nostra libertà rispettare quel fine oppure no; si può usarne senza il rispetto di quel fine, che però comunque c’è per natura. Allora è la cosiddetta relazione trascendentale dell’atto umano libero al fine dovuto connaturale, ossia alla legge naturale, è questa relazione al fine dovuto secondo natura, secondo la legge naturale, che costituisce la bontà dell’atto umano. Se c’è relazione di conformità, l’atto è buono; se c’è relazione di difformità, cioè un venir meno, una privazione rispetto a questa conformità, allora siamo nella malizia morale.

La morale è una cosa difficilissima da esprimere. Ma qui S.Tommaso tocca un punctum dolens anche della filosofia moderna. Cioè si tratta in qualche modo dell’ontologia della intenzionalità umana.

È una cosa interessantissima vedere come nella interiorità, nella vita interiore spirituale dell’uomo, si dischiude una dimensione dell’essere, che va al di là della pura fisicità dell’essere. È diverso il mio essere fisico dal mio essere morale. L’essere fisico è quello che già comunque ho; l’essere morale invece è quello che in qualche modo riesco a dare a me stesso. Ma è terribile, questo. Capitemi bene.

È quasi come se l’uomo - il Padre Eterno mi perdoni -, fosse come un Padre Eterno in miniatura. Ciò si collega con quello che la Bibbia dice riguardo all’imago Dei, ossia che egli è l’immagine di Dio.

Però, si potrebbe dire che già nell’ordine naturale, l’uomo ha in sé una similitudine formale di Dio, l’uomo è datore di essere come Dio è datore di essere, però diversamente. Mi raccomando, miei cari. Perchè lì è il punto. Capitemi bene. Perché, se uno pretende di essere il Padre Eterno sul serio, gli dirò: ma va! Diventa ex nihilo omnia … diventa un dio fallito, come ammette con una rara capacità introspettiva anche l’amico Jean Paul Sartre. Insomma, l’uomo che pretende di essere Dio, riesce ad esserlo solo nella modalità fallimentare.

Tanto vale quindi non pretenderlo satanicamente. Però c’è la tendenza in qualche modo ad atteggiarsi superbamente da dei. Essere divinizzati per rapinam, come dice S.Anselmo, proprio contro Dio. Questa tendenza trova un appoggio in noi, perchè siamo veramente imago Dei.

Cioè quello che Dio è, ossia datore dell’essere sul piano fisico, noi quasi lo siamo sul piano dell’essere intenzionale: i nostri pensieri lì ce li diamo noi a noi stessi. Anche lì però fino ad un certo punto. Diciamo, le nostre azioni libere. Lì veramente abbiamo in qualche modo la possibilità di autodeterminazione.

Ovviamente si tratta di un’azione non dell’essere reale, fisico, ma dell’essere intenzionale, è il dominio dell’ultimo giudizio pratico-pratico, che regolerà la nostra azione. Però bisogna sempre vedere questa analogia dell’uomo con Dio. Lì in fin dei conti senza analogia non si fa neanche un passo. Ci vuole una cultura analogica. Cioè bisogna vedere questa analogia tra Dio e l’uomo, ciò che Dio è nella donazione dell’essere come actus essendi, l’uomo lo è nella determinazione del suo atto deliberato.

Però questa stessa determinazione dell’atto deliberato avviene, cosa importante, nell’ambito della partecipazione dell’atto di essere. Perché dico questo? Perché ci sono alcuni errori spaventosi …

Quello che è paradossale nella soggettività umana, intellettiva voglio dire, è che effettivamente noi siamo dei portatori ontologicamente finiti di una intenzionalità infinita. È questo il fatto curioso.

Quindi, l’errore degli esistenzialisti è comprensibile, perché effettivamente essi non fanno altro che porre l’accento su quello che dice anche il beato Aristotele, ossia che anima est quodammodo omnia, l’anima è tutti gli enti. C’è quasi una specie di coincidenza tra l’anima e tutto l’essere, perché non c’è essere, che non sia conoscibile dall’anima.

Ma questo non vuole ancora dire che l’anima sia ontologicamente l’actus purus essendi. Perché l’anima umana sarà aperta a tutti gli enti intenzionalmente, ma fisicamente è una entità a sua volta limitata. Vedete quindi come S.Tommaso fa un discorso estremamente profondo, in cui ci fa vedere, anche senza esplicitarlo, ci fa quasi toccare con mano che la nostra stessa autodeterminazione avviene sempre nella partecipazione dell’essere comunicato da Dio.

Immagini: Padre Tomas Tyn, OP

1 commento:

  1. Un competente in letteratura latina, il Prof. Giuseppe Russo, mi ha fatto notare che la parola “triani” o “traiani” va sostituita con “triarii”.
    Riporto qui il testo della lettera che ho ricevuto, in data 13 gennaio 2024, ringraziando l’Autore.

    «Caro Padre, nell'incipit della trascrizione della lezione 6 di P. Tyn sugli atti umani, da lei appena pubblicata sul suo blog, si legge: "Le vicende sono giunte ai traiani, che erano le truppe proprio di ultima risorsa". Nel pdf della stessa lezione pubblicato già da tempo su arpato.org è scritto invece dubitativamente "triani", seguito da un punto interrogativo. In realtà, occorrerebbe correggere sia "traiani" sia "triani" in "triarii", che erano la terza e ultima fila della fanteria romana di età repubblicana, costituita dai soldati più esperti, che entravano in azione quando le prime due file erano state ormai sbaragliate. Da qui l'espressione proverbiale "res ad triarios redit" (Tito Livio, VIII, 8, 11), impiegata nel senso che una certa situazione diviene tanto critica che si rende necessario ricorrere alle estreme risorse disponibili. Nella sua lezione, P. Tyn traduce in italiano questa espressione latina intendendola proprio nel suo senso proverbiale. Dunque, non "traiani" o "triani", bensì "triarii". Se ritiene di correggere, lo faccia pure tacitamente. Un caro saluto. Giuseppe Russo».

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