Gesù personaggio scandaloso (Prima Parte)

Gesù personaggio scandaloso

Perchè l’insegnamento di Cristo viene rifiutato

 

             Beato colui che non si scandalizzerà di me

               Mt 11,6               

Vi scandalizzerete per causa mia

Mt 26,31

Tutti rimarrete scandalizzati

Mc 14,27

Si scandalizzavano di   lui

Mc 6,3

Prima Parte

 

Vari motivi per i quali Gesù è stato rifiutato

 

Come sappiamo bene dai racconti evangelici e dall’esperienza storica di 2000 anni, gli uomini rifiutano Cristo per vari motivi, tra i quali i principali, ai quali Gesù stesso accenna nella parabola del seminatore, sono: o perché disturbati nel loro egoismo e attaccamento al mondo; o perchè, gonfi della loro saccenza e della loro superbia, hanno giudicato spregevole l’insegnamento di Cristo; o perché per pigrizia lo hanno considerato troppo impegnativo; o perché incapaci di essere costanti o di soffrire per esso; o perché, pur attaccati a grandi valori, hanno creduto che Gesù li tradisse e si sono scandalizzati.

Alcuni infatti disprezzano Gesù considerandolo un demente (Freud); i suoi stessi parenti lo considerano impazzito (Mc 3,21). Altri lo considerano un illuso o un visionario (Loisy) o un idiota (Nietzsche), per altri è un impostore o un mago o un indemoniato (farisei), per altri è un megalomane (Schillebeeckx), per altri è un mago guaritore (Kasper), per altri del suo insegnamento non si sa nulla di certo, dato che non esistevano i registratori (Arturo Sosa Abascal).

Volendo riassumere i principali motivi per i quali molti si sono rifiutati e si rifiutano di accogliere l’insegnamento di Cristo, credo che potremmo elencare i seguenti: perché Gesù appare come un ingenuo, sognatore, un personaggio urtante, pericoloso, spregevole e scandaloso. Ci fermeremo in questo articolo su quest’ultimo punto.

Gesù appare un sognatore inaffidabile, uno spaccone che si vanta di cose impossibili, fa promesse che poi non si sono realizzate, perchè sono irrealizzabili, prospettando all’uomo mortale una felicità non in questa vita, ma in una vita futura dopo la morte, per quella che egli chiama «vita eterna», che consisterebbe nella visione beata e diretta dell’essenza di Dio e nella resurrezione del corpo alla fine del mondo.

In tal modo Gesù sembra creare una sfiducia nelle forze della giustizia umana in questa vita e pare quindi distrarle dall’impegno nella vita presente, per spingere gli oppressi ad una vana attesa di un compenso divino futuro dopo la morte, compenso che in realtà non esiste per il semplice fatto che Dio non esiste. Se, per Marx, si può parlare di «Dio», ossia di un soggetto assoluto che libera sé stesso, questo non è altro che l’uomo collettivo (il Gattungswesen), nella figura della classe oppressa, la quale, mediante la rivoluzione, libera se stessa e l’intera umanità da ogni forma di oppressione. È la famosa teoria di Karl Marx. 

Gesù è urtante per coloro che sono attaccati al mondo, ai piaceri carnali e a se stessi, perché esorta all’odio per il mondo, alla rinuncia alla carne che fa guerra allo spirito e al distacco da se stessi. Ma Gesù, con la sua onestà e limpidezza nel parlare («sì,sì, no,no») è urtante anche per le persone doppie ed opportuniste, che vogliono servire a due padroni. Oppure è urtante per i dittatori che non riconoscono nessuna autorità divina al di sopra di loro e si vedono contrastati da Cristo che afferma la sua autorità su di loro.

Gesù appare pericoloso, perché sembra un sovversivo per coloro che sono attaccati al proprio potere politico, spirituale o economico, agli sfruttatori ed oppressori del prossimo; perché minaccia con castighi divini i ricchi e potenti della terra, crea ostacoli e nemici ai tiranni e a coloro che vogliono dominare gli altri e quindi impedisce loro di soddisfare le loro brame di onnipotenza, il loro egoismo, la loro sete di potere e la loro volontà di potenza.

Gesù è apparso ad un tempo urtante e pericoloso all’Impero Romano e a tutti i dittatori che non riconoscono alcuna autorità divina al di sopra dello Stato o sono quindi a capo di un regime totalitario e liberticida, come fu per esempio Mussolini col suo motto: «niente al di sopra dello Stato, niente fuori dello Stato, niente contro lo Stato». Queste idee di Mussolini derivavano da Gentile, che le aveva prese da Hegel, la cui concezione dello Stato fu alla base del nazismo e dalla quale deriva lo Stato ateo dei regimi comunisti. 

Gesù inoltre appare un personaggio spregevole, perché appare ai superbi, ai gradassi e agli scaltri uno sprovveduto poco furbo, che non approfitta dei piaceri di questo mondo, non cura i propri interessi, non pensa ad arricchire, a far carriera, non sa godere di questa vita, non  sa farsi strada nella società, accetta le umiliazioni, non si difende dagli attacchi dei nemici, si lascia beccare come un quaglione fino a lasciarsi crocifiggere, chiama beati i miti, i poveri, i piccoli, i sofferenti, gli oppressi, i disgraziati, i falliti della vita, gli scarti della società, i figli di nessuno, le persone inutili.

Gesù è guardato con aria di sufficienza dagli gnostici, dai panteisti, dagli esoterici e dagli induisti, i quali si ritengono in possesso in vari modi di un sapere divino fondato sull’autocoscienza del proprio Io divino, per cui Gesù è un semplice apparire empirico e contingente dell’Io Assoluto, tra altre apparizioni storiche dell’Io, tutte allo stesso livello empirico, tra le quali si dà a ciascuno libera scelta, essendo tutte vie empiriche alla propria presa di coscienza di essere l’Assoluto.

Costoro guardano a Gesù non propriamente come personaggio spregevole, ma con sussiego, dall’alto al basso, e con una certa accondiscendenza o benevolenza che si usa per le persone che non ci sono tutte. Per loro infatti è evidente che l’uomo è Dio. È vero che notano che Gesù si presenta come Dio. Ma quello che non accettano è l’umiltà di Gesù, base del suo realismo gnoseologico, per il quale Gesù è pronto ad imparare dall’esperienza sensibile delle cose esterne e dagli altri. Essi riesumano l’antica eresia del docetismo, che riteneva che l’umanità di Gesù fosse un’umanità solo apparente e non l’accettavano nella sua realtà.

Quanto poi agli illuministi e i massoni, essi si preoccupano di ricondurre Gesù al livello della «ragione», escludendo dal suo insegnamento tutto il soprannaturale e il miracoloso, considerato come irrazionale e superstizioso. Gesù allora, come pensa Kant, appare solo come un semplice maestro di etica naturale e razionale, il cui insegnamento è certo utile e saggio, ma che nulla possiede che non possa essere compreso dalla semplice ragion pratica e dal comune senso del dovere. Il resto va visto come pericolosa fantasia.

Quanto a noi, che amiamo il Signore, non sentiamoci troppo sicuri di non scandalizzarci mai di Lui, facendo gli spacconi come Pietro (Mt 26,33), ma teniamoci pronti ad affrontare la prova con umiltà e fiducia nel Signore. Dobbiamo infatti ricordare che Cristo può sempre scandalizzarci per certe sue parole o certe sue scelte o nei suoi ministri o negli eventi del mondo e della Chiesa. E il demonio è abilissimo nel presentarci un Cristo e una Chiesa che ci scandalizzano, ma che non sono il vero Cristo e la vera Chiesa.

 

Gesù è urtante e pericoloso per i prepotenti

Ciò che ha urtato in Gesù nei potenti di questo mondo, come per esempio è avvenuto per l’Impero Romano, è stato il fatto di presentarsi come unico Dio ad esclusione di tutti gli Dèi romani, da Lui considerati idoli. Roma conosceva già il monoteismo ebraico, che destava lo stupore di Tacito: «Iudaei mente sola unumque numen intelligunt»[1]. Ma i Giudei lo tenevano per sé come fosse la loro divinità nazionale e si guardavano per convenienza dall’avvertire l’Imperatore che doveva assoggettarsi al Dio d’Israele.

Invece i cristiani, consci del mandato di Cristo di predicare il Vangelo a tutte le genti, e del fatto che come aveva detto Gesù, ogni potere Gli era stato conferito dal Padre in cielo e in terra (cf Mt 28, 18), non potevano non rifiutare all’Imperatore il titolo di divus, il che non li portava affatto a negare sottomissione all’Imperatore in ea quae sunt Caesaris. Ma facevano comprendere apertamente all’Imperatore che egli non poteva fruire di quel titolo di divus, spettante solo a Cristo, il vero Dio che governa l’umanità e che quindi era superiore all’Imperatore, il cui potere era limitato alle cose di questo mondo.

Cristo stesso, dal canto suo, aveva assicurato a Pilato che il suo regno non è di questo mondo (Gv 18,36). E lo stesso Pilato, a queste parole, benché perplesso circa quanto Gesù gli aveva detto della sua regalità, non aveva avuto nulla da ridire: «non trovo in lui nessuna colpa» (Gv 18,38). Tuttavia gli Imperatori romani non videro bene il fatto che i cristiani li avessero avvertiti che in caso di conflitto, essi avrebbero obbedito a Cristo piuttosto che all’Imperatore (cf At 4,19).

Ma Gesù appariva specialmente urtante e allarmante agli occhi degli Imperatori romani per il modo monoteistico col quale concepiva la divinità, un modo contrastante con quello politeistico del romano pagano. E non si trattava neppure di un monoteismo puro e semplice come quello ebraico, che, come ho detto, i Romani già conoscevano.

Fu però necessario un duro sforzo di purificazione del concetto della divinità da quello politeistico a quello monoteistico. Il Romano era già un uomo religioso e possedeva già l’ideale di una civilizzazione dell’umanità. Basti pensare ai concetti romani religiosi della religio, del sacrum, della pietas, dell’expiatio, di ara, del sacrificium, di sacerdotium, di hostia, del templum, del cultus, della prex, ecc. nonché ai concetti dello ius, di iustitia, di lex naturalis, di officium, di clementia, di res publica, di societas, ecc.

Mancava solo la suddetta sublimazione. Il Romano concepiva il deus non come puro spirito, come è nella Bibbia e per la ragione naturale, come una persona umana immortale, celeste e sublimata, ma con difetti umani, come il Dio di Luigino Bruni, che ho più volte criticato nei suoi articoli su Avvenire. 

Perché molti dèi e non uno solo? Il motivo è semplice. Perché il Romano concepiva bensì dei valori che possono essere divini, come la sapienza, la giustizia, l’amore, la concordia, la benevolenza, la magnanimità, la provvidenza, la fertilità, la fortezza, la medicina, ecc., ma non si rendeva conto che assegnando ciascuno di questi valori a una divinità particolare, veniva a svilire il concetto stesso della divinità, giacché così si verificava una sconveniente reciprocità fra l’uomo e il dio, mentre ogni dio non possedeva quello che possedeva l’altro e viceversa. Ora dovrebbe essere evidente che questi limiti derogano a quella che dev’essere l’infinita perfezione del vero Dio.

 

Ma oltre a ciò, Cristo si presentava all’Impero romano come Persona trinitaria, come Figlio di Dio Padre e Signore dell’Universo, quindi il cristianesimo sembrava voler sostituirsi all’Impero di Roma. Ma così non era, se già Cristo aveva distinto ea quae sunt Caesaris ed ea quae sunt Dei. Eppure all’inizio, lo scontro fu durissimo e costò, come sappiamo, migliaia di martiri, i Romani fattisi cristiani, che avevano capito il mistero di Cristo. Ci volle tuttavia tutto lo sforzo degli apologisti per far capire agli Imperatori che, come recita l’antico inno dell’Epifania, Non eripit mortalia, qui regna dat cealestia, finchè Costantino capì che appunto credendo in Cristo avrebbe trovato forza e fondamento il suo Impero. Fu così che Roma si aprì al cristianesimo e realizzò per divina Provvidenza in modo insospettato quanto aveva vaticinato Virgilio: Tu regere imperio populos, Romane, memento:hae tibi erunt artes, pacisque imponere morem, parcere subiectis et debellare superbos[2].

 

Che cosa è lo scandalo

 

Molti ne resteranno scandalizzati

Mt 24, 10

È inevitabile che avvengano gli scandali

Lc 17,1

Quanto allo scandalo, esso è in linea di principio un peccato di menzogna contro il prossimo, per il quale chi scandalizza mette il prossimo in pericolo di peccare prendendo per buono quel che gli vien detto o mostrato. Per esempio, una donna che mostra le forme per indurre alla lussuria o un Vescovo che insegna un’eresia per sembrare moderno o per attirare seguaci. E precisamente lo scandalo è atto imprudente o esibizionistico, forse a volte inconscio e involontario, col quale chi dà scandalo sembra permettere o incitare o provocare in modo seducente al peccato sotto specie di bene, atto che quindi turba il prossimo e lo spinge a peccare, in quanto proposto, si suppone, da uno che era antecedentemente autorevole od oggetto di stima da parte del prossimo scandalizzato.

Tuttavia lo scandalizzare in certi casi può essere lecito o addirittura necessario, se è necessariamente connesso alla propria missione o per salvare alcuni valori, trascurando i quali gli scandalizzati potrebbero ricevere danni gravissimi o mettere in pericolo la loro salvezza. È il motivo per il quale Gesù non temette di scandalizzare a prezzo della sua buona fama o della sua stessa vita.

Gesù peraltro è severissimo, come sappiamo, contro chi scandalizza senza motivo ragionevole in maniera incurante o provocatoria i piccoli (Mc 9,42), ossia gli innocenti, deboli o impreparati a capire l’intento dello scandaloso, magari in se stesso onesto, ma che può comunque turbare o scandalizzare. Perché questa severità? Perché il piccolo, cioè il debole che viene scandalizzato, cade nel pericolo di dannarsi. Non pecchiamo invece se agiamo davanti a chi sappiamo che ha abbastanza forza o maturità morale per non scandalizzarsi. 

Chi scandalizza può essere colpevole, se non si cura di evitare di scandalizzare. Per questo Gesù ha ogni cura di evitare di scandalizzare. Eppure il suo dovere di insegnare integralmente tutto ciò che il Padre gli ha comandato di insegnare, non può evitargli di crear scandalo, per quanto ovviamente ciò gli dispiaccia e sarà anche uno dei motivi che lo condurranno alla croce.

Ma anche chi si scandalizza può essere colpevole. E questo è il caso dei farisei. Soltanto di questo tipo di scandalo Gesù non si cura (Mt 11,6), perché a nulla varrebbe rassicurarli o far qualcosa di obbiettivamente non scandaloso: essi la prenderebbero sempre in male, perché essi non sono mossi da sincero desiderio di imparare, ma da odio ed invidia.

 

Occorre altresì notare che l’insegnamento di Gesù presenta alla nostra ragione un duplice aspetto: alcuni insegnamenti appaiono di ovvio buon senso, del tutto ragionevoli, comprensibili, rispondenti e proporzionati alle esigenze e ai bisogni della nostra ragione, sia in campo speculativo che in campo morale.

Altri, invece, appaiono, ostici, inimmaginabili, incomprensibili, strani, misteriosi, addirittura assurdi, immorali o scandalosi. La nostra ragione sente che gli sfuggono, si trova smarrita, non sa a che cosa appigliarsi, non sa a cosa paragonarli, benché Gesù sia prodigo di paragoni, di parabole, di immagini, di simboli e di analogie.

Se poi la nostra ragione, come spesso accade, non è del tutto onesta, è offuscata dalle passioni, ama la doppiezza, è indocile, è carnale, attaccata al vizio o superbia, soprattutto davanti agli insegnamenti più sublimi ed agli obblighi morali più vincolanti e perentori, restiamo ciechi, prevale l’indifferenza, la ripugnanza e la ribellione sono ancora maggiori, fin quasi ad arrivare al disprezzo, alla derisione, allo scandalo e all’odio e tiriamo fuori mille pretesti per rifiutare e disobbedire.

Può accadere che chi incontra nell’insegnamento di Cristo un qualcosa che lo scandalizza o gli ripugna, sia portato d’impulso, sotto la spinta dello sdegno, attaccato ai propri pregiudizi, e forse non con piena sincerità, ma approfittando dell’occasione che gli si offre, a respingere in blocco tutto il Vangelo come inaffidabile, per quanti segni di credibilità, per quanti insegnamenti lodevoli, saggi e di buon senso e ragionevoli esso contenga.

Invece costui, se fosse veramente saggio e avveduto, onesto ed oggettivo, dovrebbe fare alla rovescia. Quando s’imbatte in un qualcosa che gli sembra assurdo o immorale o lo scandalizza, dovrebbe fare questo ragionamento: ma se un uomo saggio, onesto e ragionevole come Gesù, che mi ha dato tante prove di affidabilità, mi viene fuori improvvisamente con qualcosa che mi sembra assurdo o scandaloso o immorale o contro certe idee o sentimenti ai quali sono abituato sin da bambino o che mi hanno instillato certi preti, non sarà forse che sono io a non saper capire ed apprezzare? Beati coloro cha hanno l’umiltà e la fiducia di mettersi in questo atteggiamento di ascolto, che è vera saggezza, sforzandosi di capire e capiranno!

Gesù stesso ha voluto patire scandalo per insegnarci come ci dobbiamo comportare con le persone che ci scandalizzano. E ce lo mostra nella sua reazione severa all’atteggiamento di Pietro che lo rimproverava: «Lungi da me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (Mt 16,23).

Qui possiamo vedere con quanta severità il Signore giudica l’atto dello scandalizzare: può essere ispirato addirittura del demonio. Con tutto ciò resta che ci possono essere circostanze nelle quali – e Gesù stesso ce ne dà l’esempio -, non possiamo evitare di scandalizzare nel compiere la missione che Dio ci ha affidata. -

 




Gesù è scandaloso perché si presenta come Dio

 

Tu che sei uomo, ti fai Dio

Gv 10,3

È inevitabile che avvengano gli scandali

Lc 17,1

 

Lo scandalo di coloro che si scandalizzano davanti alle parole di Gesù, con le quali Egli afferma implicitamente o indirettamente di essere Dio, è lo scandalo che merita maggior comprensione e va eliminato con la massima cura, perché è lo scandalo delle persone più religiose e ragionevoli, che sanno bene che la natura umana, pur essendo stata creata ad immagine di Dio, è nettamente distinta ed immensamente differente o infinitamente distante dalla natura divina; sanno che la natura divina trascende infinitamente la natura umana e che quindi il pareggiarle o il confonderle è panteismo e somma empietà.

Costoro sono i monoteisti e quindi sono le tre religioni monoteiste delle quali parla il Concilio Vaticano II, la cristiana, la musulmana e l’ebraica. Ora i cristiani, dopo un sofferto travaglio durato tre secoli e culminato nei Concili di Nicea del 325 e di Calcedonia del 451 sono arrivati a capire come sia possibile che Gesù, pur essendo un’unica Persona, possa avere una umana e una divina.

Ma sui nostri fratelli Ebrei, come dice San Paolo (II Cor 3,15), è, come «steso un velo sul loro cuore», sicché ancora oggi dopo 2000 anni, non riescono a vedere in Gesù il Messia Figlio di Dio, Dio Egli stesso, ma alcuni ritengono che sia stato giustiziato giustamente come un illuso autoincensatore, un bestemmiatore ed un impostore. 

Per essi, come dice San Pietro, «la pietra scartata è diventata pietra di scandalo» (I Pt 2,8), perché è stato scandaloso per loro che uno sprovveduto come Gesù, lasciatosi turlupinare persino da uno dei suoi, abbia osato presentarsi come Messia, che essi s’immaginavano come trionfatore terreno, mentre Gesù fu riprovato dalle autorità e condannato a morte.

E badiamo bene nel contempo al fatto che l’Ebreo, discepolo di Mosè, ha un concetto perfettissimo di Dio come ipsum Esse per se subsisxzatens, per dirla con San Tommaso. Diverso discorso va fatto invece per il monoteismo islamico. Anche il Corano accetta l’esistenza di un solo Dio, che è il vero Dio, accolto anche da cristiani ed ebrei, ma occorrerebbe fare qualche riserva sulla coerenza di questo concetto, perché il concetto di Dio islamico pare essere la convergenza del Dio biblico padre ragionevole, liberale e rispettoso della persona umana, con un dio pagano irrazionale, violento e dispotico oppressore della persona. Comunque, come insegna il Concilio, non si tratta, come alcuni dicono, di un «falso dio», come se fosse un idolo, ma è il vero Dio, concepito in modo imperfetto.

Certamente Gesù non scandalizza i panteisti, per i quali ogni uomo è essenzialmente Dio. Anzi, Gesù suscita le loro lodi, perché a loro dire, Egli sarebbe stato il primo uomo che ha avuto il coraggio di dirci che ognuno di noi è Dio. In certo modo Gesù piace anche agli atei, perché lo vedono come il primo uomo che ha preso coscienza della sua infinita dignità e libertà senza riconoscere alcun dio al di sopra di sé. 

Ma Gesù è scandaloso, per coloro che sentendo anche troppo i limiti della natura umana, ed adagiandosi in essi, giudicano una vana millanteria o presunzione fare discorsi o assumere atteggiamenti, che essi ritengono a priori al di sopra delle capacità umane.

Sono quelle persone che, quando vedono un loro simile elevarsi per diverse ragioni al di sopra della media o del comune o dell’ordinario, invece di rallegrarsi o congratularsi e trar profitto dai suoi talenti, provano invidia ed incredulità, fino al punto di negarne l’autenticità.  

Sono i concittadini di Gesù, che, come narra Matteo (13, 53-57), lo conoscevano bene come figlio di Giuseppe e di Maria, insieme con i suoi parenti. Essi riconoscono o sembrano riconoscere le virtù di Gesù e appunto si domandano «da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli» (v.54). Ma non lo fanno con la sincerità di chi vuol proprio scoprire le origini di tali virtù, perché in tal caso avrebbero capito che Gli venivano da Dio, ma evidentemente dubitano o vogliono dubitare dell’autenticità di quelle virtù. E per questo si scandalizzano (v.56).

Così avviene anche in altre circostanze che Gesù, con le affermazioni che fa circa il suo essere, la sua missione, i suoi poteri, le sue origini, il suo sapere, il suo rapporto con Dio, insieme con la pretesa che il destino dell’umanità dipenda da lui, con le mirabolanti promesse per chi lo segue, con la sua pretesa di possedere la pienezza della verità su Dio, di conoscere solo lui i segreti della divinità, di possedere un’autorità assoluta su tutta l’umanità, addirittura pretendendo di essere Dio e, di essere l’unico salvatore dell’umanità, dichiarando di non essere soggetto ad alcuna autorità umana, dichiarando di avere il potere di far risorgere da morte l’intera umanità, di poter donare ad essa una vita eterna, di avere il diritto di comandare a tutti i popoli della terra e di obbligare tutti a obbedire alle sue leggi, affermando che tutti i popoli devono presentarsi davanti tal suo tribunale alla fine del mondo, minacciando la dannazione eterna a chi non obbedisce a lui, pretendendo che la sua religione sia al disopra di tutte le altre, non tollerando chi ha idee diverse dalle sue, non riconoscendosi mai alcun torto o alcun errore, non chiedendo mai scusa a nessuno, fondando una comunità di discepoli, alla quale assicura che con la sua assistenza sarebbe durata fino alla fine del mondo, appare un gran millantatore, un esaltato, un presuntuoso, un impostore e un megalomane a coloro che sanno che Dio è al di sopra dell’uomo, conoscono le debolezze umane e il dovere della modestia riguardo alle possibilità dell’uomo in confronto con l’onnipotenza divina, per cui ad essi tutte queste vanterie paiono insensate, intollerabili, inaccettabili ed incredibili e per questo, scandalizzati e forse anche sdegnati, si rifiutano di dar credito a Gesù come Dio. 

I modernisti, dal canto loro, ritenendo impossibile che un uomo possa essere Dio o respingendo addirittura il soprannaturale, e trovandosi davanti alle esplicite affermazioni del Signore o degli Evangelisti o davanti ai titoli divini successivamente attribuitigli dalla Chiesa primitiva e dai Concili cristologici, volendo salvare a loro modo la credibilità di Gesù, e pensando di fare opera storica, hanno ritenuto che i detti di Gesù siano aggiunte fatte o da S.Paolo o da S.Giovanni, specie nell’Apocalisse, mentre hanno cercato di spiegare i titoli con ampliamenti leggendari inventati dalla comunità primitiva come espedienti sul modello della propaganda commerciale, la quale, per rendere appetibile e vendibile il prodotto, ne ingrandisce a dismisura le qualità.

Probabilmente essi attribuivano alla Chiesa ciò che essi facevano con la propria pseudoteologia. L’impostore, infatti, per giustificare la propria impostura, considera anche gli altri come impostori e fa dell’impostura una legge del comportamento. Ma chi infanga la verità finisce con l’infangare sé stesso e San Pio X ha saputo svergognarli.

 

Ciò che di Gesù ha maggiormente scandalizzato i farisei, i sacerdoti e i dottori della legge è stato ciò che ha detto di sé stesso, dal che si deduce facilmente che Egli ha attribuito a Sé stesso l’essere Dio. Quando per esempio Gesù dice di Sé stesso di essere la Verità, è chiaro che implicitamente afferma il suo essere divino, giacché quella verità sussistente, fatta persona, che è il predicato del soggetto della proposizione è evidentemente la verità divina.

Il dire di sé stesso di essere la verità equivale ad affermare di essere Dio. Taluni si sono talmente spaventati di un’affermazione del genere, che hanno cercato di attenuarla, falsando però il contenuto della frase, come Ignace de la Potterie, il quale interpreta le parole del Signore come se dicesse: «io vi comunico la rivelazione divina»[3]. Si capisce allora come con una simile interpretazione Gesù viene declassato da Figlio di Dio a semplice profeta. Un’interpretazione del genere sarebbe stata accettata anche da Maometto. Ed è certamente conforme al pensiero di Schillebeeckx, che nega la divinità di Cristo e considera Gesù semplicemente come «profeta escatologico».

Ugualmente, quando Gesù dice «Io Sono», è chiaro che si riferisce al Nome col quale Dio chiama Sé stesso in Es 3,14. Anche qui si sono fatti vivi i soliti annacquatori del vino biblico, cercando in vari modi di indebolire la forza vigorosissima dell’espressione straordinaria e la sua intensissima carica metafisica col ricorso a banali soluzioni relativiste, come per esempio «Io sono con voi», «io sarò con voi», «io sono qui» e cose del genere.

Nella preghiera al Padre in Gv 17 Gesù parla della sua gloria «prima che il mondo fosse». Chi può esistere prima dell’esistenza del mondo, se non Dio?

Quale semplice uomo un giorno, alla fine del mondo, «verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra» (Mt 25, 31-33), facendo accedere i buoni alla beatitudine ed allontanando da sé i reprobi nell’inferno?

Quale semplice uomo può risuscitare i morti? Quale uomo senza essere un pazzo potrebbe dire cose del genere?

«Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole; il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio; ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità vi dico: è venuto il momento ed è questo, in cui i morti udranno la voce del figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso: e gli ha dato il potere di giudicare, perché è figlio dell’uomo. Non vi meravigliate di questo. Poiché verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna» (Gv 5, 2l-29).   

Solo Dio può rimettere i peccati, perché peccando l’uomo perde la grazia, dono divino. Una volta perduta la grazia l’uomo non può recuperarla con le proprie forze, che sono sproporzionate all’acquisto del bene che ha perduto.  Occorre che Dio distrugga la colpa e gli doni di nuovo la grazia con un atto di misericordia e di perdono. Ora Gesù afferma di rimettere i peccati (Mt 9,2).

Bisogna allora ricordare che accettare la divinità di Cristo ha sempre fatto difficoltà nella storia. Si inizia con gli ebioniti, già nel primo secolo. Essi apprezzavano l’umanità di Gesù, ma respingevano la divinità. Nel sec. III Ario cerca di sminuire la divinità di Cristo adottando una concezione gradualistica del divino, di tipo platonico, per cui il Figlio sarebbe una divinità inferiore al Padre. Nestorio non comprende come divinità ed umanità possano stare assieme in una stessa persona, ed ecco Gesù persona umana, semplicemente congiunto (synàfeia) alla Persona del Figlio, ma non una Persona con Lui. Fino a giungere nel secolo scorso a Schillebeeckx, che riprende Nestorio: Gesù «profeta escatologico abitato dal Verbo», da qui la formula di Schillebeeckx: non «Gesù è Dio», perché teme irragionevolmente il panteismo, ma «Dio è in Gesù». Schillebeeckx però vorrebbe mantenere Gesù come persona divina, ma nel contempo non vuol rinunciare a Gesù persona umana. Nasce allora la tesi assurda di Gesù una Persona in due persone, umana e divina».

Per confutare la tesi di Schillebeeckx, occorre distinguere natura e persona, tenendo presente il dogma di Calcedonia. In questa luce bisogna inoltre tener presente che la frase Gesù è Dio va intesa non secondo il modo della significazione di un’essenza, in questo caso l’essenza umana di Gesù, ma alla luce della communicatio idiomatum, ossia della comunicazione dei predicati, la quale consente di passare (communicatio) dalla predicazione dell’essenza a quella della persona. Dire quindi che Gesù è Dio non vuol dire che la divinità sia un predicato essenziale dell’umanità di Gesù, come se dicessi che Gesù è un maschio o un ebreo. Ma è predicato essenziale della persona divina di Gesù, per cui il predicato «Dio» si riferisce a Gesù non in quanto uomo, ma in quanto persona divina.

 

Gesù scandalizza per la sua dottrina trinitaria

 

Se uno mi ama, osserverà la mia parola

e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui

e prenderemo dimora presso si lui

Gv 14,23

 

È già difficile accettare la divinità di Cristo. Al sentire poi Gesù che si presenta come una Persona divina – quella che Egli chiama – il «Figlio» - distinta da un’altra Persona divina – il «Padre» - lo scandalo aumenta. Infatti Gesù in più occasioni, parlando di sé in terza persona, chiama sé stesso «Figlio» o «Figlio dell’uomo» inteso come Dio, che sarebbe, a quanto pare, in un rapporto interpersonale con un’altra Persona divina, che Egli chiama «suo Padre».

Il Figlio è Dio perché lo conosce solo il Padre (cf Mt 11, 27). Ora ciò che solo il Padre conosce non può che essere Dio. E poi Gesù aggiunge che «nessuno conosce il Padre se non il Figlio» (ibid.). E siamo daccapo: se è solo il Figlio che conosce il Padre ed il Padre è Dio, vuol dire allora che il Figlio è Dio.

Gesù manifesta la divinità del Figlio dicendo di essere «disceso dal cielo» (Cf 3,13; 6,42), per significare la sua nascita eterna dal Padre e la sua venuta nel mondo.

A questo punto si rimane sconcertati: un uomo che si proclama Dio. E questo sarebbe già troppo. Ma come se ciò non bastasse, salta fuori che quest’uomo aggiunge alla propria divinità quella di un altro Dio, che Egli proclama suo Padre. E poi, al colmo della follia, afferma di mandare nel mondo, insieme col «Padre», una terza Persona divina, un terzo Dio, che sarebbe lo «Spirito Santo».

Gesù ne promette l’invio da parte del Padre. Ne parla come di una Persona divina che Lo rappresenta: «Egli dimora presso di voi e sarà in voi» (Gv14,17). Gesù ha il potere di inviare lo Spirito Santo: «lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome. Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto» (vv.26-27). Gesù lo chiama il «Consolatore», che «manderà dal Padre, lo Spirito di Verità, che procede dal Padre. Egli Gli renderà testimonianza» (15,26). Promette di mandarlo quando se ne sarà andato (cf 6,7). Lo Spirito prenderà di ciò che appartiene al Figlio e l’annunzierà (cf v.15).

Nel parlare di «suo Padre» si capisce che Gesù si riferisce al Dio dell’Antico Testamento, che Egli chiama anche per i discepoli «Padre nostro». Ora che Dio sia genericamente padre, i pii ebrei lo sapevano già dall’Antico Testamento. Ma questa paternità suppone e accompagna l’idea di un Dio creatore dell’uomo e infinitamente trascendente l’uomo.

Essi allora, comprensibilmente restavano scandalizzati davanti ad un uomo che ai loro occhi non solo aveva l’audacia di proclamarsi Dio, ma, per meglio glorificare se stesso e ottenere credito presso gli allocchi, considerava il Dio di Mosè come suo padre esclusivo, come se fosse nato da Lui dall’eternità, come se Egli fosse una vera e propria Persona divina, distinta da Dio Padre, spacciandosi per unico suo Figlio, quindi Dio che proviene da un altro Dio, il «Padre», dando spazio al politeismo e all’idolatria.

Aggiungiamo poi il fatto che Gesù parla di uno «Spirito Santo», non come semplice ispirazione profetica, ma come una vera e propria Persona divina, mandata da Lui e da Dio Padre nel mondo e allora lo scandalo giunge al colmo, perché Gesù figura essere non solo un Dio, ma che ammetta accanto a sé insieme con sé altre due Persone divine: un «Padre» e uno «Spirito Santo» e quindi rinneghi lo stesso monoteismo per introdurre il politeismo.

Si comprende allora il rifiuto scandalizzato e sdegnato oppostogli dall’islamismo e dall’ebraismo in nome del monoteismo, benché il rifiuto islamico non sia uguale a quello ebraico. Entrambi, certo, respingono la Trinità in nome del Dio uno. Tuttavia Maometto è benevolo verso Gesù: rimprovera agli Ebrei di aver ucciso Gesù, mentre egli era un santo e un profeta, che riapparirà alla fine del mondo, quando Dio farà risorgere i morti e giudicherà tutte le genti. Inoltre, come si sa, Maometto crede nel parto verginale di Maria, al quale invece non credono gli Ebrei.

Comunque, noi cristiani oggi forse non ci rendiamo conto di questo dramma, di questo tremendo scandalo patito da moltissimi nei secoli, anche in buona fede. Abituati come siamo da 2000 anni a credere come verità di fede queste cose, per capire come mai gli ebrei da 2000 anni e i musulmani da 14 secoli rifiutino la divinità di Cristo, farebbe bene, credo, mettersi nei panni di uomini pii e religiosi, anche se poco illuminati, che nei secoli fino ad oggi si sono scandalizzati e non riescono a superare lo scandalo. E come fare per aiutarli? Occorre trovare il modo di persuaderli.  E come hanno fatto i barbari d’Europa a convertirsi a Cristo? Grazie ad una sapiente, diuturna e paziente opera missionaria. E perché questo non dovrebbe valere anche per gli Ebrei e i musulmani? Cristo non è morto anche per loro? Forse che la fiamma dello Spirito Santo si è spenta? O che lo Spirito Santo è il monopolio di Kiko Arguello?

Certo a tanti in questi 2000 anni è parso di esser davanti a un cumulo di assurdità e di bestemmie. Tanti, alla sola lettura delle parole di Gesù, reagiscono con orrore e non ne vogliono più sapere. Altri fanno lo gnorri, come quando ci si trova davanti ai deliri di un matto. Altri lo deridono, come se si trovassero davanti a un esaltato o a un raccontaballe.

Altri hanno bevuto tutte le parole di Cristo, ma con la testa nel sacco, senza minimante interrogarsi sul loro significato, ripetendo delle formule a pappagallo, per interessi puramente terreni, come se la fede consistesse nel ripetere delle parole e non piuttosto nell’esprimere dei concetti. Ma una fede del genere non è convinzione profonda, ma è solo un fatto sociologico e casuale, dipendente dal fatto che il cosiddetto credente si è imbattuto nel Vangelo piuttosto che in qualunque altro testo religioso.

Un tipo del genere, se fosse vissuto all’epoca degli antichi Romani, sarebbe stato con la stessa mentalità un devoto di Giove o se fosse un indigeno dell’Amazzonia, sarebbe un devoto di Pachamama. Una fede del genere non solo non è vera fede in Cristo, ma non è neppur fede in Dio. È piuttosto fede in un dio pagano, come il Dio di Luigino Bruni, un dio su nostra misura, che si manovra come si vuole e che mettiamo a posto come il sedile del barbiere per stare più comodi.

 Fine Prima Parte

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 26 luglio 2020

 


[1] Histor., V, 5.

[2] Virgilio, Eneide, VI 847-853; trad. di Carlo Carena, Torino, UTET, 1971.

[3] Cf il mio studio sulla questione: LA VERITA’ ETERNA IN S.AGOSTINO, I, Sacra Doctrina, 5, 1987, pp.590-611;  II, Sacra Doctrina, 6,1987 pp.665-687.

Busto di Cristo con l’alpha e l’omega, che indica la divinità di Cristo, VI secolo, catacomba di Commodilla, Roma.

Immagine da internet



 

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti che mancano del dovuto rispetto verso la Chiesa e le persone, saranno rimossi.