01 giugno, 2021

Che rapporto intercorre fra lo Spirito Santo e il demonio? La dinamica del cristianesimo - Seconda Parte (2/4)

Che rapporto intercorre fra lo Spirito Santo e il demonio?

La dinamica del cristianesimo

Seconda Parte (2/4)

Lo Spirito Santo conciliatore della grazia col peccato in Lutero

Lutero credette erroneamente che lo Spirito Santo operi una riconciliazione di Dio con l’uomo nel senso di una conciliazione della grazia col peccato. Ma questo è un grave errore, che offende la giustizia e la bontà divina e non fa che confermare l’uomo nel peccato, perché alla fine, come intuirono prima Böhme e poi Hegel, ciò finisce per condurre alla conciliazione in Dio del bene col male. D’altra parte, il castigo divino non è crudeltà e la misericordia non è legittimazione del peccato o complicità col peccato. La misericordia non toglie solo la pena, ma anche la colpa.

Il fatto è che Lutero – quasi a rinnovare l’eresia di Marcione - non riuscì a risolvere il contrasto che egli immaginava tra un Deus absconditus, prima dell’Incarnazione, terrificante ed inaffidabile, col dolce Deus revelatus di Gesù Cristo, perché, anche quando Lutero si convinse di essere predestinato, gli restò sempre l’angoscioso dubbio di non esserlo, perché dietro il velo della coscienza gli restava sempre il fantasma del Deus absconditus

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Il fatto è che Lutero – quasi a rinnovare l’eresia di Marcione - non riuscì a risolvere il contrasto che egli immaginava tra un Deus absconditus, prima dell’Incarnazione, terrificante ed inaffidabile, col dolce Deus revelatus di Gesù Cristo, perché, anche quando Lutero si convinse di essere predestinato, gli restò sempre l’angoscioso dubbio di non esserlo, perché dietro il velo della coscienza gli restava sempre il fantasma del Deus absconditus.

Lutero tenta di rimediare a questa lacerazione interiore accentuando, nella linea agostiniana, l’aspetto immanentistico ed interioristico della presenza di Dio nella coscienza.

 

Ma egli restava lontano dalla serenità del «cor inquietum» agostiniano, così umilmente zelante di quello spirito di penitenza, di quella docilità intellettuale e comunione ecclesiale, che Lutero aveva invece tragicamente respinti e compromessi per il suo orgoglioso amor proprio e il suo ostinato aggrapparsi a una vana confidenza in Dio senza sincero pentimento dei propri peccati.  


Questo tragico dualismo teologico ricompare in modo più radicale nel ‘600 nel mistico luterano Jakob Böhme, il quale, nel contempo, come osserva Hegel, si affanna a rimediarvi col creare un monismo assoluto, che assomiglia al panteismo di Spinoza, questi pure ammirato da Hegel, con la differenza che mentre in Spinoza, spirito freddo e glaciale, Dio è Sostanza unica, statica ed assoluta, che nega l’oggettività del male dissolvendolo in Dio, Böhme, spirito tormentato,  non nega affatto la realtà del male né si vergogna di porlo in Dio, come spiega lo stesso Hegel. Secondo questi infatti la grande scoperta di Böhme è stata quella di capire che «il male è contenuto nel bene»  

Immagini da internet:

L’apostolo Giovanni e Marcione di Sinope in una miniatura dell’XI secolo
Sant'Agostino di Ippona
Jakob Böhme

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