Il serpente mi ha ingannata
La questione dell’errore in metafisica
Prima Parte (1/2)
Un caso paradigmatico
Secondo il racconto biblico, quando Eva cerca di giustificarsi davanti a Dio per il peccato commesso, dice: «il serpente mi ha ingannata». È vero che l’ha ingannata, ma lei si è lasciata ingannare. E per questo viene punita. Certamente questo episodio chiave di tutta la storia dell’umanità suscita in noi alcune riflessioni e alcune domande.
È innanzitutto sorprendente la grandissima responsabilità di Eva, la quale, perfettamente consapevole della gravità destinale del comando divino e del tutto libera da quella spinta al peccato che sarebbe stata la conseguenza in noi del peccato della coppia primitiva, muta la sua volontà da buona a cattiva dando ascolto al demonio. Non sapeva che era il demonio? Come mai ha preferito credere a lui piuttosto che a Dio?
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Il racconto biblico narra che il demonio avvicinò anzitutto la donna. Per quale motivo? La donna è più suggestionabile? È più capace di contattare gli angeli? Qui è difficile distinguere ciò che è rivelazione da quanto dipende dalla mentalità dell’agiografo. Oggi sappiamo con certezza che uomo e donna sono di pari dignità nell’intelletto e nella volontà, nella coscienza e nella responsabilità.
La questione che ci poniamo qui è quella di sapere se è possibile sbagliarsi in buona fede, ossia senza volere, in metafisica e nel giudizio morale. Gli errori in metafisica sono sempre colpevoli o possono essere scusati? È possibile in metafisica o nell’agire morale confondere la certezza oggettiva con quella soggettiva? Pare di sì, altrimenti come potremmo commettere un’azione oggettivamente cattiva, ma scusabile perché soggettivamente ritenuta o creduta buona e quindi commessa in buona fede?
Col termine allucinazione intendo non solo quel fenomeno psicopatologico per il quale il malato di mente a causa di un disturbo della sensibilità o dell’immaginazione o delle funzioni cerebrali crede di vedere o sentire ciò che in realtà non esiste, ma in generale intendo il fatto di prendere per vero e reale ciò che non esiste, lo scambiare il sentito o l’immaginario o la rappresentazione o l’ideale col reale. Questo scambio può essere involontario o volontario.
Immagine da Internet: illusione ottica, Fata Morgana
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