Come si concilia la speranza
con la coscienza che non tutti si salvano?
Prima Parte (1/2)
«Larga e spaziosa è la via che conduce alla perdizione
e molti sono coloro che entrano per essa» (Mt 713)
Nel corso del presente Anno Santo della Speranza, è più che mai in circolazione quel famoso detto di Von Balthasar «sperare per tutti», che, come sappiamo, è stato inteso da molti come fede che tutti si salvano, per cui la dannazione infernale è un’effettiva possibilità, ma che di fatto non si realizza per nessuno, per cui l’inferno è vuoto o quanto meno non sappiamo se c’è o non c’è qualcuno.
Ora per la verità questa credenza, che può sembrare attraente e veramente propria di un Dio onnipotente e misericordioso che vuole tutti salvi, è una tesi contraria alla convinzione comune nella Chiesa sin dalle sue origini, perché basata sulla divina rivelazione contenuta nella Bibbia.
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Ogni verità di fede è motivo di gioia per il nostro spirito, perchè è luce che ci illumina sulla bontà divina e accende il nostro cuore di riconoscenza a Dio e di amore per Lui e per le sue opere.
Ora possiamo effettivamente domandarci come può avere nel nostro spirito questi effetti il sapere che esistono creature personali, uomini e angeli, create per la visione di Dio, le quale invece per il loro peccato sono punite con una pena eterna e per la salvezza delle quali, se uomini, il sangue di Cristo è stato inutile.
Dobbiamo considerare che la punizione divina è un atto di giustizia, e quindi un atto buono. Un atto buono non può che dar gioia. Ciò non toglie che noi abbiamo dispiacere per la pena dei dannati non in quanto giusta pena, ma in quanto dolore e privazione di quel bene infinito del quale per colpa loro si sono privati per accontentare la loro superbia.
Immagine da Internet: Inferno, Michelangelo