05 aprile, 2025

Il punto di contatto fra cristianesimo e idealismo- Seconda Parte (2/3)

 

Il punto di contatto fra cristianesimo e idealismo

Seconda Parte (2/3)

L’interiorismo agostiniano si accorda con il realismo tomista

contro l’idealismo cartesiano

Un’accusa che Pio X nella Pascendi fa al fenomenismo idealista è quella di immanentismo, ossia di non salvare la trascendenza divina: Dio non si rivela dal di fuori dell’uomo, ma nell’intimo dell’uomo (n.10). Il Papa naturalmente non nega una presenza di Dio alla coscienza, ma si riferisce al principio idealista secondo il quale nulla è esterno al pensiero. Il pensiero, come dice Bontadini, è «intrascendibile» e questo per la semplice ragione che l’essere è l’essere pensato. Al n.80 il Papa pone chiaramente la questione:

«Domandiamo: siffatta immanenza distingue o no Dio dall’uomo? Se lo distingue, che differisce dunque tal dottrina dalla cattolica? Se poi non la distingue, eccoci di bel nuovo nel panteismo. Ma di fatto l’immanenza dei modernisti» (cioè degli idealisti) «vuole ed ammette che ogni fenomeno di coscienza nasca dall’uomo in quanto uomo. Dunque di legittima conseguenza deduciamo che Dio e l’uomo sono la stessa cosa; e perciò il panteismo».

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La verità che abita nell’anima di Agostino non è la res in anima di Tommaso. Questa è l’ente di ragione, prodotto della ragione, rappresentazione del reale esterno. La verità interiore di Agostino invece non è affatto prodotta dalla mente umana, ma è, come in Platone, la luce intimamente trascendente dell’ideale divino che brilla al di sopra dell’anima e illumina l’anima.

Né ciò che è fuori dell’anima per Agostino è esattamente ciò che è l’extra animam di Tommaso. Per Agostino dalla conoscenza di noi stessi possiamo salire alla scoperta di Dio, ma Agostino non nega che le cose esterne siano prove dell’esistenza di Dio.

Senza abbandonare l’idealismo, Bontadini pensò di togliergli quella protervia che faceva dell’atto del pensiero il produttore di sé stesso e dell’essere inteso come divenire alla maniera di Hegel. Con buona pace di Cartesio, che comunque considerava il fondatore della filosofia moderna come vero filosofare, il cattolico Bontadini non seppe fare a meno di vedere la verità anche nella metafisica classica dell’essere.

Solo che invece di trovarne la fondazione in Platone ed Aristotele, credette di trovarla in modo ancor più radicale in Parmenide, tanto poi da arrivare alla conclusione che la vera anima della metafisica di San Tommaso non è Aristotele, ma Parmenide.

L’errore di Platone, scoperto poi da Aristotele, è stato quello di confondere l’essenza dell’ente con la sua perfezione ontologica o morale. Platone capì che l’ideale trascende il dato di fatto spesso difettoso e ne costituisce il modello di perfezione. Ma l’essenza della cosa non trascende la cosa, ma le è immanente: è ciò che la cosa è e la costituisce in sé stessa; è la forma stessa della cosa.

Ma anche in Aristotele la prospettiva del vedere, idein, o theorein, da cui idea, visione, dal sanscrito vid che vuol appunto dire vedere, resta in perfetta conformità col vedere o la visione (eb. hazon) della Bibbia e del cristianesimo. Ecco dunque la metafora biblica e platonica della luce per simboleggiare la verità della conoscenza. L’errante viceversa è un cieco. 

 
Immagini da Internet: Sant'Agostino e San Tommaso d'Aquino