La gnoseologia dello gnosticismo
Terza Parte (3/4)
Struttura essenziale del metodo gnostico.
Potremmo parlare di un’«anagogia gnostica». È quella che propone il Padre Giuseppe Barzaghi, storpiando il senso che a questo termine avevano dato i Padri della Chiesa, i quali intendevano l’arte pedagogica del maestro spirituale che eleva gradatamente la mente del discepolo dall’esperienza delle cose terrene al gusto delle realtà celesti.
Invece per Barzaghi l’anagogia è l’atto coscienziale col quale l’io empirico si eleva al di là di se stesso ed acquista lo «sguardo di Dio»[1] e, superando il piano «umano» e «psicologico» del realismo gnoseologico, raggiunge l’autocoscienza assoluta dell’«io trascendentale» e vede che «tutto è eterno» e che l’io è Dio.
Lo gnosticismo distingue un sapere originario assoluto ed immediato, incontrovertibile ed inconfutabile, il sapere della totalità o dell’assoluto, privilegio dello gnostico, dal sapere empirico, approssimavo, derivato, psicologico, proprio del pensare comune, mediato e relativo, immerso nelle apparenze e falsificabile.
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Kant, mantenendo la cosa in sé esterna alla coscienza, conserva un residuo di realismo, al quale egli era molto attaccato. E per questo non accettò l’eliminazione della cosa in sé fatta da Fichte. Ma si tratta di un realismo incompleto, perché della cosa resta solo l’esistenza, ma l’essenza è ignota. È vero che c’è il fenomeno come manifestazione della cosa, per cui Kant afferma che le cose esistono, ma noi le conosciamo solo come appaiono a noi. Il che comportava che l’intelletto non si limitava a produrre i concetti, ma, utilizzando il materiale dell’esperienza, veniva a produrre la forma stessa dell’oggetto.
Dunque sotto questo aspetto l’attività dell’intelletto umano usurpa la funzione dell’intelletto divino, vero ed unico ideatore dell’essenza delle cose.
Ed ecco dunque qui spuntare un principio di gnosticismo.
Fichte si aggancerà qui al discorso kantiano e, invece di condurlo a un pieno realismo, spinse oltre la tendenza idealistico-gnostica, chiudendo totalmente l’io in se stesso e respingendo l’esternità e l’indipendenza della cosa.
Ecco che allora l’io diventa Io assoluto. Ecco allora il pieno gnosticismo.
Lo sbaglio di Cartesio fu quello di mettere in dubbio il principio della filosofia già esistente, fondata sull’accoglienza della verità delle cose esterne, del corpo proprio e delle altre persone, per cercare una filosofia meglio fondata, che per la verità non esiste, col risultato di fondare una falsa filosofia, che non è altro che lo gnosticismo, ossia l’assolutizzazione del proprio io pensante come oggetto della scienza assoluta.Inoltre Cartesio dimentica che per poter pensare, bisogna esistere, per cui il primo oggetto del pensare non è il pensare ma l’esistere. Per poter pensare il pensiero o il pensato, occorre aver già conosciuto e pensato quell’ente reale esterno, che è stato oggetto del pensiero e che adesso è pensiero pensato. Prima di poter pensare all’uomo pensato, occorre pensare all’uomo, altrimenti il pensare è vuoto.
Immagini da internet: Kant, Fichte, Cartesio
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