Sul concetto tomista della storia
Sfatiamo un grave pregiudizio contro la teologia tomista
In un articolo della rivista Études dell’aprile del 1946 il Card. Jean Daniélou lanciava contro il pensiero di Tommaso la grave accusa di «ignorare la nozione di storia». Sono passati quasi ottant’anni da allora, eppure ancor oggi c’è chi condividerebbe questa accusa.
Certamente l’Aquinate non ci dà un concetto di storia, non ci dà una definizione dell’essenza della storia. Ma egli sa benissimo comunque che cosa è la storia, quale ne è l’importanza come realtà creata e guidata da Dio ai fini che Egli ha fissato al divenire storico.
Non nego che nel tomismo scolastico seguente a Tommaso fino al tomismo francese del secolo scorso la riflessione filosofica e teologica sul senso cristiano della storia sia stata carente per un attenzione troppo esclusiva alla teologia dogmatica, mentre non si può negare nei protestanti una maggiore attenzione favorita dalla loro devozione alla Scrittura dove è evidente quanto le narrazioni storiche e il genere letterario della parabola e del racconto mitologico o parenetico offrono spunti e stimoli alla riflessione morale e sapienziale.
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Naturalmente Tommaso sa che cosa è la storia, ma non pensa a darne una definizione. Sa che cosa è la storia perchè conosce la Scrittura la quale racconta appunto come nel tempo Dio ha guidato, guida e guiderà l’umanità verso quei fini che corrispondono alla sua volontà di amore, di giustizia e di misericordia.
Così l’Apocalisse presenta la storia dell’umanità come la lotta lungo il corso dei secoli della Chiesa guidata da Cristo contro le forze demoniache con la vittoria finale di Cristo. In questo senso Tommaso sarebbe d’accordo con Bruno Forte nel parlare di teologia narrativa accanto alla teologia induttiva-deduttiva che forma la teologia dogmatica.
La gnoseologia realista che Tommaso desume da Aristotele gli consente di avere una percezione netta della dignità della realtà sensibile, concreta, materiale e temporale, umana e cosmologica, quindi storica, mentre capisce benissimo che questa realtà non basta a sé stessa e non esisterebbe se non fosse fondata su di una superiore e suprema realtà puramente intellegibile e spirituale, incrollabile e saldissima, libera dalla materia e dal tempo, ossia Dio. Contro Hegel Tommaso direbbe dunque che la storia non è tutta la realtà.
Tommaso dimostra il suo vivo senso della storia e del progresso umano basandosi sulla sua distinzione metafisica reale fra essenza ed essere applicata alla storia umana. Un conto infatti per lui è l’essenza di una cosa e un conto è il suo esistere o attuarsi nella realtà. L’essenza è un semplice pensabile mentale che è tale anche se non dovesse esistere alcun individuo reale di quella specie.
Immagine da Internet: Giudizio Universale, Giotto, Padova
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