12 settembre, 2024

Lo sbaglio di Cartesio - Seconda Parte (2/2)

 

Lo sbaglio di Cartesio

Seconda Parte (2/2)

 Il vero oggetto della metafisica

Cartesio ha un concetto sbagliato della metafisica. Nella metafisica non devo parlare di me stesso, ma dell’ente. Non devo dare fondamento al mio io, ma all’ente. Non devo parlare della mia esistenza, ma dell’esistenza dell’ente. Oggetto della metafisica non è l’io, ma l’ente.

In metafisica, non interessa un ente particolare, ma l’ente in universale, la totalità dell’ente, il principio di ogni ente. Il mio io m’interessa se devo curare la mia salute o compiere i miei doveri morali. Ma allora questo non è il campo della metafisica ma della mia condotta personale. 

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Aristotele intende dire che il nostro pensiero o le nostre idee sono misurate sulle cose o sugli enti. Non è, come credeva Protagora, che il nostro pensiero sia la misura delle cose, ma sono le cose ad essere la misura del nostro pensarle affinchè siamo nel vero.

Aristotele peraltro precisa che noi però possiamo misurare o calcolare le matematicamente le dimensioni delle cose, supponendole comunque già esistenti indipendentemente da noi. Così dunque Aristotele prosegue e conclude:

«non perché noi ti pensiamo bianco tu sei veramente bianco, ma per il fatto che tu sei bianco, noi, che affermiamo questo, siamo nel vero».

Bisogna distinguere le cose dalle idee delle cose. Le cose sono create da Dio; le idee le produciamo noi per conoscere le cose. La dottrina delle idee non serve per arrivare a cogliere le cose partendo dalle idee come oggetto immediato del sapere. Ma serve per spiegare come e perché conosciamo le cose: io mi rendo conto di conoscere quella data cosa e che essa è immaterialmente in me. Come è possibile questo? Perché mi formo un’idea della cosa, che è una similitudine immateriale della cosa nella mia mente.

Immagine da Internet: Minerva, Claude Michel (Clodion)

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