I «figli del
diavolo» in S.Giovanni
I buoni e i
cattivi
La predicazione corrente, che ci ricorda la
vocazione dell’uomo ad essere figlio di Dio, non può farci dimenticare che il
Nuovo Testamento parla anche di «figli del diavolo». Questa distinzione è uno
sviluppo cristiano della spontanea distinzione che facciamo sin da fanciulli
fra buoni e cattivi. Buono è l’uomo che fa il bene; cattivo è colui che fa il
male. Il problema semmai è quello di quali criteri usare per fare la
distinzione in linea di principio e nei casi concreti.
Come distinguere i buoni dai cattivi? Dai
loro frutti, dalle loro opere. Lo dice Cristo stesso (cf Mt 7,17). L’albero
buono dà frutti buoni, l’albero cattivo dà frutti cattivi. E se uno compie un
atto oggettivamente cattivo, pensando che fosse buono, come facciamo a saperlo?
Come facciamo a dirgli: tu hai peccato? Occorre che siamo certi che egli sapeva
che ciò che ha fatto era peccato.
L’esser buono e l’esser cattivo sono due
qualità permanenti nelle persone o un buono può diventare cattivo e viceversa?
Il cattivo può convertirsi e diventare buono; e il buono può corrompersi e
diventare cattivo. Bontà e malizia dipendono dalla libera volontà. Per questo,
sono possibili i suddetti passaggi. Ciò che invece è legato all’indole di
ciascuno, resta sempre quello, si tratti di una tendenza alla virtù o al vizio.
Un virtuoso in una data virtù può sempre peccare in quella data virtù e
viceversa un vizioso in un dato vizio, può compiere un atto buono contro quel
vizio.
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