L’etica di Karl Rahner
Alle radici
della crisi
Per
comprendere le cause dell’attuale degrado morale e delle deviazioni dottrinali
nella Chiesa in fatto di morale, un grave fenomeno che crea forte
preoccupazione in quei cattolici, laici, pastori e teologi, che zelano il bene
delle anime, il progresso morale e l’avanzamento delle virtù, nonchè
l’estirpazione dei vizi e la vittoria sulle forze del male, è molto utile
conoscere le idee morali di Karl Rahner, senza per questo togliergli gli
indubbi meriti.
L’etica
rahneriana è evidentemente la conseguenza della sua antropologia[1],
che abbiamo esposto in un precedente articolo. Se l’uomo è per essenza spirito
nella storia, termine della grazia perdonante, soggetto dell’esistenziale
soprannaturale, giusto e peccatore, aprioricamente, ed inconsciamente e
preconsciamente orientato a Dio come orizzonte della trascendenza umana, ne
viene che l’atto morale fondamentale in base all’esperienza trascendentale[2]
è l’opzione fondamentale per Dio come
assoluto ed innominabile Mistero che si autocomunica nella grazia.
Da questa
antropologia scaturisce, come si può immaginare, un’etica tracotante ed
autoreferenziale – ne vedremo gli aspetti essenziali - basata sulla convinzione
del soggetto di essere espressione permanente dell’Assoluto e quindi
autorizzato a considerare la natura e il prossimo come massa di manovra delle
sue manipolazioni ecclesiali e platea che gli fornisce gli applausi per la soddisfazione
del suo protagonismo.
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Karl Rahner
e
Joseph Aloisius Ratzinger
(Immagine da internet)
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