06 giugno, 2022

Il sacrificio espiatorio - Prima Parte (1/3)

  Il sacrificio espiatorio

Prima Parte (1/3)

Una nozione che sta al cuore del cristianesimo

Nella Sacra Scrittura troviamo un concetto di sacrificio cultuale che assomiglia a quello dell’antica religione romana e che si trova in qualche modo in tutte le religioni, perché caratterizza e fonda la religione come tale. Senza sacrificio espiatorio non esiste religione. Si tratta dunque di un importante tema dell’attuale dialogo interreligioso.

In entrambi i casi, infatti, sia del cristianesimo che delle altre religioni e in particolare dell’antica religione romana, il sacrificio è l’offerta a Dio di una vittima o il compimento di un’azione riparatrice al fine di «espiare» il peccato[1], ossia di compensare Dio per l’offesa arrecatagli, di placare l’ira divina ed ottenere il suo perdono, e con lui riconciliazione e pace.

Infatti il termine latino ex-piatio, corrispondente all’ebraico kippur, è connesso con il termine pius, pietas, che è la virtù di religione, per la quale viene reso culto ed onore a Dio e si compie ciò che è giusto davanti a lui per ottenere il suo favore e il suo perdono. 

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La salvezza è oggetto della speranza; non è un possesso presente. Se vogliamo effettivamente salvarci dobbiamo operare per la nostra salvezza con l’aiuto della grazia e mossi dalla grazia.  

Se non facciamo nostra la croce di Cristo, che Egli sia morto per noi non ci giova per niente, ma ci lascia nei nostri peccati.

Noi sì siamo salvati, ma dobbiamo nel contempo salvarci. Quindi, se vogliamo effettivamente salvarci, dobbiamo, come Egli espressamente ci comanda, unirci al suo sacrificio soprattutto nella Santa Messa ed unendo alle sue le nostre sofferenze, fino alla nostra stessa morte.

È questo il significato e il valore della morte cristiana, sicchè per salvarci non basta il puro e semplice morire, come crede Rahner, quasi che la morte fosse da sé produttrice di vita, quasi che avesse un potere salvifico in se stessa e da se stessa, sì da essere una specie di «compimento» o di liberazione. 

 Dobbiamo invece dire a chiare lettere, contro ogni morbosità tanatofila, che la morte in se stessa è un male ripugnante, è pura distruzione e cessazione della vita. 

Se il cristiano apprezza la morte come via di salvezza, non l’apprezza in quanto morte; in quanto morte gli fa ribrezzo, ma l’apprezza solo perchè è stata assunta da Cristo per la nostra salvezza.


Immagini da Internet:
Opere di Edvard Munch

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