08 giugno, 2022

Il sacrificio espiatorio - Terza Parte (3/3)

 Il sacrificio espiatorio

Terza Parte (3/3) 

Rahner attinge da Heidegger, a sua volta eco di Hegel

L’essere-per-la-morte heideggeriano, se vissuto autenticamente, non disperdendosi nella quotidianità del «si dice», ma concentrandosi nel proprio esistere senza illusioni e quindi accettando l’«angoscia» e la «cura», garantisce all’Esserci, ossia all’uomo in situazione, la sua «possibilità più propria», vale a dire l’«esistenza autentica» di «casa» e «pastore» dell’essere.

È lo stesso tema hegeliano, come vedremo: la vita sorge dal concentrarsi sulla morte. Occorre «stare presso il mortuum». Heidegger ha espressioni di assonanza evangelica, come quando Cristo dice: «chi perde la propria vita per Me, la trova» e così Heidegger parla della «rinuncia a se stesso», ma, non essendo cristiano, egli non pensa per nulla al sacrificio cristiano, ed essendo stato filosofo del nazismo, c’è piuttosto da pensare che egli si riferisse alla dedizione allo Stato nazista.

Dai seguenti brani di Heidegger, tratti da Essere e tempo, possiamo vedere da dove Rahner ha tratto ispirazione e il suo concetto della morte come pienezza della libertà.

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-sacrificio-espiatorio-terza-parte-33.html

Hegel, che notoriamente riduce tutta la realtà alla logica, estende all’intera realtà la forma dialettica di affermazione-negazione.

Da qui l’estensione delle dualità degli opposti nell’orizzonte dell’Assoluto stesso, per cui in Dio c’è l’essere e il non-essere, il vero e il falso, il sì e il no, il bene e il male e, per quanto riguarda il nostro tema, la vita e la morte. 

Hegel ha indubbiamente la percezione di che cosa è lo spirito, legandolo francamente all’intelletto, al pensiero, alla coscienza, alla persona, alla scienza, alla libertà, all’eterno, all’universale, nella sua padronanza sullo spazio-tempo.

La domanda, però, conturbante, che nasce davanti a questo «spirito», è la seguente: qual è il rapporto di questo spirito col bene e col male?


In Hegel non troviamo le parole dell’inno pasquale. «Vita et mors mirando conflixere duello», perché tutto sommato, vita e morte, senza smettere di litigare, coesistono nella sintesi dialettica, che non toglie il conflitto, ma lo supera e lo copre, come la grazia luterana, che non toglie il peccato, ma lo assoggetta. Da qui una legalizzazione, anzi una divinizzazione della morte.

Anche la morte vuole la sua parte nel concetto dello Spirito e della divinità. Da qui viene l’essere-per-la-morte heideggeriano, dal quale scaturiscono l’essere autentico e la vita (l’«incondizionato» e l’«insuperabile»). Da qui viene per Rahner la morte di Cristo, dalla quale scaturisce la vita non perchè morte espiativa, un mito superato, ma perchè nella morte stessa c’è la vita e la vita viene dalla morte. Ma non siamo davanti a un altro mito e questa volta assurdo e blasfemo?


Immagini da Internet:
- Pericle Fazzini, Deposizione, bronzo, 1946
- Quirino De Ieso, Il mistero della vita e della morte, olio su tela, 2000

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