05 agosto, 2019

Arte e prudenza

Arte e prudenza
Importanza della questione
La questione del rapporto dell’arte con la morale è sempre di attualità. L’arte, infatti, tende ad assumere pretese eccessive sino a sconfinare nella magia o nella convinzione che l’uomo possa lecitamente plasmare tecnicamente la propria natura. C’è la tendenza a perder di vista l’essenza creaturale della natura, con la conseguenza di violarne le leggi in nome di un falso ideale estetico di dominio sulla natura.  
Oppure l’arte viene prostituita ed impiegata per favorire ogni genere di vizio e corruzione morale, sotto pretesto dell’amore per il bello o della libertà di espressione. Per converso, c’è sempre la possibilità, grazie a Dio, che l’arte, proprio dando il meglio di se stessa, favorisca la virtù, la cultura, la scienza, il progresso morale e civile, la giustizia e la pace, la vita spirituale e religiosa. È possibile salvare il mondo dell’arte solo nel clima costruttivo di quella virtù che deve governare gli atti umani: la prudenza. Ma per il cristiano ciò non basta: l’arte dev’essere espressione della carità.
La carità infatti propone alla prudenza un fine superiore, che non è quello della semplice perfezione umana, ma è la figliolanza divina, con la prospettiva della visione beatifica di Dio nella vita eterna. Secondo tale prospettiva, l’arte non è ordinata solo alla prudenza, ma, al di là di essa, alla carità, e quindi alla santità. Per questo dall’artista cristiano si chiede non solo che sia prudente, ma che sia santo. E quanto al fruitore dell’opera d’arte, anch’egli, per poterla gustare e trarne profitto spirituale, dev’essere santo o quanto meno disponibile a farsi santo. Per questo, il Beato Angelico diceva che «per dipingere le cose sante, occorre essere santi». Ed egli stesso ne è un esempio.
  
Roma: mostra di un disegnatore ancora bambino, Gianni Cavalcoli.  

Roma, 17.6.1948

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