La creazione divina secondo Gustavo Bontadini
Quinta Parte (5/5)
Per Hegel la contradditorietà del divenire
non infirma il principio di identità
Hegel, dopo aver notato che «il puro essere degli Eleati e la loro dialettica distrugge tutti i rapporti finiti» e che per loro «il mondo è in se stesso parvenza e soltanto il puro essere è vero»,
«il progresso necessario, afferma, consiste nell’essere Eraclito passato dall’essere come primo pensiero immediato alla determinazione del divenire, come secondo termine; abbiamo così il primo concreto, l’Assoluto, in quanto in esso si realizza l’unità degli opposti. Mentre dunque il ragionare di Parmenide e di Zenone era puro intelletto astratto, in Eraclito incontriamo per la prima volta l’Idea filosofica nella sua forma speculativa; perciò egli fu sempre ritenuto, e talora anche denigrato, come filosofo profondo. Qui vediamo finalmente terra: non v’è proposizione d’Eraclito ch’io non abbia accolto nella mia Logica».
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È encomiabile l’acutezza di giudizio di Hegel circa il panteismo parmenideo. Tuttavia ciò non impedisce ad Hegel di essere egli stesso panteista per un altro verso; se egli rifiuta giustamente del panteismo parmenideo dell’essere, non disdegna affatto, anzi è il sommo sostenitore del panteismo del divenire.
Hegel viene a combaciare con Parmenide nel principio idealistico parmenideo: «la stessa cosa è il pensare e l’essere». Importa poco che l’oggetto del pensare sia eterno come temporale o temporale come eterno.
Nel sistema di Hegel l’essere può identificarsi col nulla perché Hegel si pone sul piano dell’ente di ragione, che per lui s’identifica con l’essere reale («il razionale è il reale»).
Nell’orizzonte dell’ente di ragione gli opposti si collocano sempre nell’orizzonte dell’ente di ragione e si richiamano a vicenda. Infatti per definire il nulla occorre il concetto dell’essere, ma anche per definire l’essere occorre il concetto del nulla.
Come in Hegel, il tanto bistrattato divenire, scandalo della ragione e stoltezza del dogma cristiano, ricompare in Severino più che mai nelle vesti dell’Assoluto e all’interno dello stesso Assoluto, sulle orme di Hegel. Non abbiamo più adesso il puro essere di Parmenide, opposto al non-essere. Abbiamo un essere talmente comprensivo da includere in sé anche il non-essere.
Il Dio di Severino ha nella sua essenza la coesistenza dell’essere col nulla, del bene col male, della vita con la morte.
Dunque in Severino, tutto è uno, tutto è eterno, tutto è adesso, tutto è immutabile, tutto è bene.
Immagini da Internet: Hegel e E. Severino
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