05 agosto, 2024

Idealismo e castità - La superbia conduce alla lussuria

 

Idealismo e castità

La superbia conduce alla lussuria

Molto fumo e poco arrosto È interessante come gli storici dell’idealismo tedesco che ha i suoi fondatori in Lutero e Cartesio e passa per Berkeley, Böhme, Kant, Fichte, Schelling, Hegel, fino ad Husserl, Gentile, Heidegger, Rahner, Severino e Bontadini, presentano i loro eroi come geni dello spirito, della coscienza, della libertà, dell’io trascendentale, del pensiero, araldi della verità, maestri della scienza rigorosa, di dialettica e dell’acume critico, filosofi dell’identità, della certezza, dell’universale, dell’assoluto e dell’infinito, rivelazioni e apparizioni di Dio, dell’essere e dell’eterno e sorvolano sistematicamente sulle vicende della loro condotta morale con particolare riferimento alla loro considerazione della castità e soprattutto alle conseguenze pratiche dei loro princìpi riguardo alla pratica della castità.

L’idealismo tedesco è distinto da quello platonico, abbracciato dai Padri della Chiesa e da Sant’Agostino ed apprezzato con riserva da San Tommaso. Infatti nell’idealismo platonico l’idea è visione interiore e rivelazione beata della verità divina, al di là delle vane, fuggevoli ed ingannevoli apparenze e delle opinioni, è modello, paradigma, esemplare divino, assoluto trascendente, spirituale ed immutabile, regola e fine del nostro essere, pensare ed agire. Accogliere ed accettare l’ideale nella nostra vita è segno di umiltà, sincerità e saggezza, sorgente di salvezza, di perfezione, di libertà e di felicità.

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Tommaso è ben lontano da ignorare che di fatto, a seguito del peccato originale, l’uomo, all’occasione, deve saper rinunciare alla carne per salvare lo spirito, e tuttavia Tommaso non accetta assolutamente l’opposizione dualistica platonica anima-corpo, che richiede addirittura l’abbandono del corpo per salvare l’anima, ma sceglie invece la concezione aristotelica, conforme all’antropologia biblica, dell’anima forma sostanziale del corpo, dottrina che sarà dogmatizzata dalla Chiesa nel Concilio di Vienne del 1312. Egli sa bene che volontà di Dio per l’uomo animale ragionevole è la congiunzione della felicità spirituale con la felicità sessuale.

L’idealista tedesco, nonostante le sue roboanti affermazioni, non ha in realtà affatto l’idea del puro spirito, ma per lui lo spirito non è in fin dei conti, per sua stessa dichiarazione, altro che lo «spirito del mondo». Non è, per usare il linguaggio di San Paolo, altro che il «dio di questo mondo», un «dio», che, «senza il mondo», per dirla con Hegel, «non è Dio».

La vera spiritualità e la vera nostra grandezza, e per conseguenza la vera affermazione della dignità dell’uomo, si raggiungono con l’umile consapevolezza dei limiti della natura umana e in particolare della nostra animalità 

e la necessità pertanto che abbiamo di trarre le nostre idee, anche le più elevate, da un’adeguata e intelligente elaborazione di ciò che ci danno i sensi, governando le passioni con la buona volontà, comprendendo la dignità della distinzione e congiunzione tra uomo e donna voluta da Dio, realizzata nell’eden, perduta col peccato, riconquistata con la grazia di Cristo mediante il sacrificio e l’astinenza, pregustata come primizia dello Spirito nella vita presente, destinata a pienezza nella futura vita  della risurrezione gloriosa.

Immagine da Internet: Resurrezione dei morti, Victor Mottez

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