Dialettica e diabolica
Il progetto di Hegel
Prima Parte (1/4)
Il vostro parlare sia sì, sì, no, no.
Il resto appartiene al diavolo
Mt 5,37
Dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore
Sap 13,5
La strana corrispondenza fra due parole
Nessuno pensa ad accostare la dialettica al diavolo. In un trattato sul diavolo non troverete mai un capitolo dedicato alla dialettica. Così per converso i filosofi che trattano di dialettica facilmente non credono neppure all’esistenza del demonio.
Eppure l’etimologia delle due parole, estremamente significativa, ci mette sulla strada per scoprire il nesso che esiste tra l’attività dialettica, in particolare quella hegeliana e l’attività del diavolo.
Il significato delle due parole si arricchisce e s’illumina accostandole ad una terza, di simile etimologia: analogia, da cui il termine analettica. In due di esse è presente la particella dià che comporta divisione; in una la particella anà che dice congiunzione; in due è presente il logos, la ragione; in una è presente il verbo diaballo, verbo composto da dià e ballo, dove ballo vuol dire: lancio, colpisco, getto addosso, mentre dià fà da rafforzativo, sicchè diaballo vuol dire: metto male tra due persone; disunisco; calunnio; scredito; rendo odioso. Diabolè è la falsa accusa, la calunnia, la denigrazione. Si tratta di tutte attività proprie del diavolo E si capisce allora perché lo si chiami così. E la Scrittura, del resto, lo chiama l’Accusatore. Gesù lo chiama il Menzognero.
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Don Giovanni un giorno mi disse. «San Tommaso ed Hegel s’incontrano sulla questione dell’essere. Ma poi sorge tra loro un abisso, perché mentre Tommaso distingue l’essere dal pensiero, Hegel li identifica». Era detto tutto. Mi pose in mano il bandolo della matassa che mi permise di orientarmi nell’affascinante e indisponente labirinto hegeliano e di scoprire l’anima di Hegel nei suoi più profondi intenti, perché il mio grande desiderio, oltre a quello di Dio, è sempre stato, ed oggi più che mai come sacerdote, quello di capire l’anima del mio prossimo. E ogni anima è un mistero diverso dall’altro. Ho sempre fatto mio il detto di San Giovanni Bosco: «da mihi animas, caetera tolle». E quale gusto più grande che capire l’anima dei filosofi?
Dunque, dopo sessant’anni di letture hegeliane seguendo il filo datomi da Don Buzzoni, sono giunto alla conclusione che l’anima di Hegel si trova in una pagina della Fenomenologia dello Spirito. Qui scopriamo come intende la filosofia, che cosa è la sua dialettica e in che senso egli nega il principio di non-contraddizione.
Di quale «spirito» parla Hegel? Sono io e al contempo è Dio. Tuttavia restiamo perplessi, perché questo «spirito», sembra solo; non parla mai di una molteplicità di spiriti; e poi questo spirito, che Hegel chiama «Spirito del mondo» (Weltgeist), sembra essere tutto, sempre e solamente dedito ad una sistematica, metodica ed irresolubile conflittualità, col pretesto del «progresso» e nel nome stesso della «riconciliazione». È interessante che Hegel, che pur si diceva cristiano luterano, non dà mai allo Spirito l’attributo di «santo».
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