13 marzo, 2022

Dignità e limiti del pensiero - Quarta Parte (4/4)

 Dignità e limiti del pensiero

Quarta Parte (4/4)

Confusione fra pensiero in generale e pensiero divino

L’idealista dichiara di parlare del pensiero «in senso metafisico» descrivendolo però con caratteristiche proprie del pensiero divino. Ma ecco che poi egli passa ad attribuire al proprio pensare queste caratteristiche. Parla del pensiero, ma lascia capire che si riferisce al suo pensiero. Occorre scoprire - dice un idealista - la solitudine del pensiero, che chiude in sé tutto. Nel guardare dentro noi stessi noi scopriamo la dimensione solitaria e onninclusiva del pensiero. Ciò che è solo non manca di nulla. L’atto del pensare è intrascendibile. Non c’è un fuori del pensiero. Il pensiero come atto o il pensare è l’estensione infinita dell’essere. Il pensiero e l’essere sono la stessa cosa.

L’idealista non parte da una nozione generale del pensiero veramente metafisica, come presenza dell’ente alla mente o come atto per il quale la mente conviene intenzionalmente con ogni cosa, distinguendo tra pensiero umano e pensiero divino, ma, come abbiamo visto, definisce il pensiero che chiama «metafisico» nei termini del pensare divino, cosicchè, quando si tratta di definire il pensare umano, egli non ha altra scelta: o identificarlo col pensare divino, dove non c’è un dentro e un fuori, oppure avvilirlo e degradarlo su di un piano meramente psicologico sensitivo o cosmologico, il che comporta effettivamente il dentro e il fuori del pensiero, ma su di un piano rozzamente ed esclusivamente spaziale. 

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San Tommaso d'Aquino

 

Vi sono idealisti che, per sostenere la loro tesi della precedenza del pensare rispetto al conoscere, pretendono di utilizzare addirittura la dottrina di San Tommaso, quando, se c’è un filosofo che spiega chiaramente come il pensare ha origine dal conoscere, questo è proprio San Tommaso.

Ora, come si sa, l’Aquinate spiega l’attività conoscitiva con la funzione dell’intelletto agente, 

che è l’intelletto in quanto, illuminando le immagini tratte dai sensi, evidenzia la loro intellegibilità in modo tale che il medesimo intelletto, nella sua funzione illuminante, astrae l’essenza universale intellegibile della cosa, (quidditas rei materialis), dal concreto dell’individuale percepito dal senso,

mentre l’essenza viene colta dall’intelletto ricevente o «possibile», il quale pertanto è l’intelletto nella sua funzione propriamente conoscitiva. 

L’intelletto agente, dunque, non conosce, ma fa conoscere.

Per San Tommaso l’intelletto agente è la condizione d’intellegibilità dei contenuti intellegibili sensibili, è la luce che li rende visibili. Questa condizione non è fondamentalmente l’essere, ma è la luce che permette di vedere l’essere. L’intelletto agente, quindi, non coincide affatto con l’essere. Per cui non è affatto vero che nell’intelletto umano pensiero ed essere si identificano. 

Immagini da Internet

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