Il principio della guerra
I guasti del pensiero conflittuale
Il pensiero conflittuale, che potremmo chiamare antinomico[1] per la sua simpatia per l’antinomìa, non sostiene solo che il pensare è in se stesso contradditorio e che la contraddizione è la legge del pensare, ma concepisce la realtà come contradditoria in se stessa. È la visione di Hegel. L’ente è opposizione di essere e nulla. E questo vale anche per Dio. Dio è essere-non-essere, è quindi vero e falso, buono e cattivo. Dio non è Colui Che È, ma Colui Che È e non È. Non è l’ipsum Esse, ma Colui Che diviene. Non è Dio del sì, ma del sì-no. Approva il bene, ma anche il male. Non è immutabile, ma mutabile. Non sovrasta la storia, ma s’identifica con la storia. Questo è il Dio della Kabbala, poi ripreso da Hegel e dalla massoneria gnostica ed esoterica. È il Dio della coincidentia oppositorum del Cusano[2], il Dio di Böhme, il quale, col pretesto che Dio è misericordioso ma anche castiga, sostiene che in Dio c’è la crudeltà accanto alla bontà. Così in Dio c’è il sì e il no, non nel senso che Dio dica sì a Se stesso e no a ciò che è contro di Lui, ma nel senso che Dio stesso è sì e no.
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L’uomo ingannato di Satana crede che l’identità, la precisa ed univoca determinazione del suo io e delle cose sia principio di divisione, mentre in realtà essa è la condizione prima dell’accordo, dell’armonia, della giustizia, dell’ordine e della pace. La pace infatti nasce quando ognuno sta al suo posto, quando ha il suo e si accontenta del suo, ossia di ciò che gli spetta, di ciò di cui ha realmente bisogno e diritto, nel rispetto dell’identità di ciascuno.
La contraddizione già posta in Dio introduce nel pensiero un principio di autonegazione, di falsità e di incomunicabilità.
Esso è connesso, come fa notare San Tommaso, col principio protagoreo che il vero è ciò che sembra a me. Ma è in questo modo, osserva l’Aquinate riprendendo la critica che già Aristotele aveva fatto a Protagora, che le contradditorie vengono ad essere vere simultaneamente, perché se io che ho il gusto sano sento la dolcezza del miele, tu che hai il gusto infetto avverti il miele come amaro.
Se dunque vale il relativismo nella conoscenza, succederà che il miele è allo stesso tempo dolce e amaro. È chiaro come qui ci troviamo davanti ad un principio di discordia e quindi di conflitto sul piano pratico: io amerò il miele e tu odierai il miele e se l’uno vorrà imporre all’altro la propria idea, finiremo per farci guerra.
La pace si costruisce solo sulla base di un pensare che sappia da una parte rispettare il principio di non-contraddizione così da evitare la doppiezza e il servizio a due padroni (aut-aut) e dall’altra tenga conto della diversità (et-et). Questo metodo del pensare che ottiene questa sintesi fra il valore del diverso e l’onestà del pensare è il pensare per analogia o il metodo analogico, per il quale sappiamo cogliere e rispettare le diversità nell’ambito dell’unità e dell’universalità.
Immagine da Internet: Le api e il miele, Tacuinum sanitatis
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