La giustizia del Padre
Seconda Parte (2/3)
Che
cosa vuol dire soddisfare a Dio?
La parola «soddisfazione» è d’uso molto comune, per esempio: «Ho avuto molte soddisfazioni dalla vita», «sono soddisfatto di ciò», per dire: sono contento. Il termine soddisfare viene dal latino satis-facere, che vuol dire «fare abbastanza», ma fare abbastanza in che senso? A quale scopo? Per render contento, e quindi soddisfatto qualcuno.
Per questo il verbo soddisfare lo si usa con l’accusativo: soddisfare qualcuno. Lo si può usare anche col dativo, per esempio: soddisfare alle richieste, andare incontro a certe esigenze. Il verbo è meno usato nel senso giudiziario o giuridico: pagare il fio o scontare la pena per onorare la legge e riparare al danno fatto, oppure «dare soddisfazione a qualcuno per un’offesa subita», così da offrirgli un compenso o un risarcimento o una riparazione. In questo caso non si dice soddisfare qualcuno, ma soddisfare a qualcuno o per qualcuno o per qualcosa.
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Il dogma tridentino parla della soddisfazione operata da Cristo al nostro posto, data al Padre per la nostra salvezza: «satisfecit pro nobis», ove quel pro non vuol dire solo al nostro posto, ma anche a nostro vantaggio. Come infatti insegna il Concilio di Trento, l’uomo, «peccando, incorse a causa dell’offesa della prevaricazione, nell’ira e nell’indignazione di Dio e quindi nella morte» (Denz. 1511).
Naturalmente l’ira divina qui non è una passione, ma è una metafora che rappresenta l’odio della volontà divina per il peccato commesso dall’uomo. Non odia invece certamente l’uomo, perché Egli è amore e bontà infiniti. Tuttavia, col linguaggio biblico, possiamo dire che Dio è adirato nei confronti dell’uomo che pecca contro di lui.
Quanto al satisfecit pro nobis, Rahner non accetta l’interpretazione secondo la quale Cristo ha soddisfatto al nostro posto, perché imposta male la questione. Egli immagina che il dogma tridentino supponga che Cristo liberi o esima l’uomo dal compito che gli viene richiesto davanti a Dio e che «egli tuttavia non è in grado di realizzare».
Ebbene, nulla di tutto questo. Il pro nobis tridentino è una verità di fede che entra nel dogma della Redenzione e suppone la consapevolezza che l’uomo dopo il peccato si è procurato un danno che con le sue sole forze non è in grado di riparare. Data questa incapacità, Cristo sopperisce con la sua potenza sanatrice divina dando al posto dell’uomo al Padre quella soddisfazione che l’uomo da sé non riesce ad operare. Dunque Cristo non fa quello che l’uomo dovrebbe fare e non fa, come crede Rahner, ma semplicemente fa per l’uomo e al suo posto, ciò che l’uomo non è capace di fare, il che evidentemente è un atto di amore e di misericordia e non un’umiliante sostituzione, deresponsabilizzazione o prevaricazione, come crede Rahner.
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