Sostanza e relazione nella filosofia della persona
Bisogna distinguere nella persona la relazione dall’azione
La relazione è un esser ad che non dice necessariamente un esser con o un esser per, e neppure esser contro. Queste forme di essere conseguono all’agire. Ma la relazione riguarda semplicemente l’essere. Essa di per sé non ci dice se l’agente sia a favore di un altro o contro un altro, se lo ami o lo odii, se viva con lui in pace o se siano in guerra, se vanno o non vanno d’accordo.
Semplicemente la relazione mette in campo in logica due cose, per cui io so che cosa è l’una solo se so che cosa è l’altra. Si noti bene: non dico che debbano esistere entrambe, ma parlo solo della concepibilità di quelle due cose. Per sapere per esempio che cosa è il bene, bisogna che si sappia che cosa è il male; ma il bene, per esempio Dio, può esistere benissimo senza il male.
Certamente, quando parliamo di relazioni fra persone, supponiamo per lo più che si tratti d’amore o di concordia. Così, se diciamo che due persone hanno relazioni, intendiamo che si vogliano bene o quanto meno vanno d’accordo o vi è tra loro un dialogo. E così parliamo di relazioni affettive o di amicizia. Se due persone rompono un’amicizia, diciamo che interrompono le relazioni. Non parliamo mai di una relazione di odio o d’invidia. Così se due Stati sono in guerra, se due persone sono in conflitto fra di loro, se una fa violenza all’altra, se un tiranno opprime il popolo, non diciamo che le due parti sono in relazione. Tutt’al più diciamo che intercorrono cattive relazioni. Così distinguiamo le buone dalle cattive relazioni.
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Nella Santissima Trinità l’unica distinzione reale tra due diverse volontà è quella tra la volontà umana del Verbo incarnato e la volontà divina, unica nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo.
La volontà delle Persone non è altro che la volontà dell’unica natura o sostanza divina, dove peraltro il volere coincide con l’essere. Per cui il relazionarsi di Dio col mondo è un puro atto libero del suo amore per quel mondo che ha liberamente creato e tale atto coincide con lo stesso essere divino, sebbene Dio per essenza non sia relativo al mondo, ma esista da sé ed a sé, anche se il mondo non ci fosse.
Sant’Agostino, basandosi su quanto insegna la Scrittura a proposito della differenza e dell’identità propria di ciascuna delle tre divine Persone, fa un riferimento metafisico molto interessante, anche se noi possiamo propriamente distinguere le Persone solo secondo l’origine. Ha paragonato la sacra Triade alla triade spirituale esse-nosse-velle.
C’è chi disdegna questa interpretazione definendola «psicologica». In realtà l’anima umana non c’entra niente. Agostino parla del puro spirito, che è l’orizzonte d’essere proprio anche degli angeli, puri spiriti.
Ora può sorprendere che nella Santissima Trinità, sommo e perfettissimo Essere, la relazione abbia tanta importanza. Infatti, dal punto di vista metafisico, nei gradi dell’essere l’esse ad occupa il penultimo gradino verso il basso. L’ultimo è la materia prima, il posse esse. E tuttavia l’esse ad può essere spirituale. E la fede ci dice che in Dio è divino: è la Persona trinitaria. Vediamo allora quel Dio a proposito del quale Maria dice: exaltavit humiles. Dio ha scelto di unire il suo essere massimo, l’ipsum Esse, all’essere minimo, certo non poteva scegliere la materia prima, perché Egli è Spirito, sebbene ne sia il creatore e la contenga virtualmente-eminentemente nella sua Essenza.
Dunque il mistero trinitario ci ha fatto scoprire una dimensione relazionale dell’essere, che Aristotele non ha immaginato né poteva immaginare. Non si tratta, beninteso, di relativismo alla Auguste Comte, che nega l’assoluto, ma del fatto che l’essere è effettivamente relazionale, ossia che l’assoluto non esclude ma comporta la relazione reciproca.
Immagini da Internet: Beato Angelico
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