La giustizia
del Padre
Seconda Parte
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Che
cosa vuol dire soddisfare a Dio?
La parola
«soddisfazione» è d’uso molto comune, per esempio: «Ho avuto molte
soddisfazioni dalla vita», «sono soddisfatto di ciò», per dire: sono contento.
Il termine soddisfare viene dal latino satis-facere,
che vuol dire «fare abbastanza», ma fare abbastanza in che senso? A quale
scopo? Per render contento, e quindi soddisfatto qualcuno.
Per questo il
verbo soddisfare lo si usa con l’accusativo: soddisfare qualcuno. Lo si può usare
anche col dativo, per esempio: soddisfare alle richieste, andare incontro a
certe esigenze. Il verbo è meno usato nel senso giudiziario o giuridico: pagare
il fio o scontare la pena per onorare la legge e riparare al danno fatto,
oppure «dare soddisfazione a qualcuno per un’offesa subita», così da offrirgli
un compenso o un risarcimento o una riparazione. In questo caso non si dice
soddisfare qualcuno, ma soddisfare a qualcuno o per qualcuno o per qualcosa.
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Il dogma tridentino parla della
soddisfazione operata da Cristo al nostro posto, data al Padre per la nostra
salvezza: «satisfecit pro nobis», ove quel pro non vuol dire solo al nostro
posto, ma anche a nostro vantaggio. Come infatti insegna il Concilio di Trento,
l’uomo, «peccando, incorse a causa dell’offesa della prevaricazione, nell’ira e
nell’indignazione di Dio e quindi nella morte» (Denz. 1511).
Naturalmente l’ira divina qui non
è una passione, ma è una metafora che rappresenta l’odio della volontà divina
per il peccato commesso dall’uomo. Non odia invece certamente l’uomo, perché
Egli è amore e bontà infiniti. Tuttavia, col linguaggio biblico, possiamo dire
che Dio è adirato nei confronti dell’uomo che pecca contro di lui.
Quanto al satisfecit pro nobis, Rahner
non accetta l’interpretazione secondo la quale Cristo ha soddisfatto al nostro
posto, perché imposta male la questione. Egli immagina che il dogma tridentino
supponga che Cristo liberi o esima l’uomo dal compito che gli viene richiesto davanti
a Dio e che «egli tuttavia non è in grado di realizzare».
Ebbene, nulla di tutto questo. Il
pro nobis tridentino è una verità di fede che entra nel dogma della Redenzione
e suppone la consapevolezza che l’uomo dopo il peccato si è procurato un danno
che con le sue sole forze non è in grado di riparare. Data questa incapacità,
Cristo sopperisce con la sua potenza sanatrice divina dando al posto dell’uomo al
Padre quella soddisfazione che l’uomo da sé non riesce ad operare. Dunque
Cristo non fa quello che l’uomo dovrebbe fare e non fa, come crede Rahner, ma
semplicemente fa per l’uomo e al suo posto, ciò che l’uomo non è capace di
fare, il che evidentemente è un atto di amore e di misericordia e non
un’umiliante sostituzione, deresponsabilizzazione o prevaricazione, come crede
Rahner.
Immagine da Internet: Orazione di Cristo nell'orto di Getsemani, Carlo Picozzi