Teilhard de Chardin
I pregi e i pericoli
Parte Seconda (2/2)
Corpi e spiriti
Teilhard, ponendosi in contrasto col dogma del Concilio Lateranense IV del 1215, con la sua distinzione fra i corpi e gli spiriti, (visibilia e invisibilia) come due sostanze o realtà o cose distinte, comportasse un’inaccettabile separazione fra materia e spirito e una svalutazione della materia, comportando l’affermazione dell’esistenza di un puro spirito, mentre per Teilhard lo spirito, fosse Dio stesso, non può esistere senza la materia. Inoltre Teilhard si rifiuta di attribuire al corpo e allo spirito caratteri opposti, ma pretende che lo spirito abbia in sé qualcosa di materiale e la materia sia in qualche misura spirituale.
Tutto il sistema teilhardiano ruota attorno a due nozioni metafisiche fondamentali: la materia e lo spirito. Egli affronta la questione della realtà sulla base di due princìpi: quello dell’unità, riconducibile al monismo parmenideo e quello del divenire o dell’evoluzione, riconducibile ad Eraclito. L’unità è perseguita come superamento della molteplicità, che per Teilhard, è un freno allo spirito proveniente dalla materia. L’evoluzione, teoria che Teilhard ricava dalla paleoantropologia, la estende a tutta la realtà.
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Per Teilhard il peccato non appare come una disobbedienza alla volontà di Dio, un’infrazione al comando divino, un’offesa a Lui fatta, punita con la morte, offesa che viene riparata con l’offerta espiatrice che Cristo fa di Sé stesso al Padre al nostro posto. La morte non sembra in lui una contraddizione alla vita e all’evoluzione, ma un fattore di vita e uno stimolo all’evoluzione. Egli parla sì della morte di Cristo, ma sembra che per lui la morte sia via alla vita in quanto morte e non in quanto morte di Cristo. La stessa cosa si trova nella cristologia di Rahner.
Infatti per Teilhard l’uomo peccando resta sempre, benché suo malgrado, nel dinamismo produttivo ed ascendente dell’evoluzione finalizzato a Dio, affinchè Dio sia tutto in tutti. Quindi Cristo in Teilhard non svolge un’opera redentiva, ma solo perfettiva dell’intera creazione.
Così il peccato non è una colpa che necessiti di essere cancellata dal sacrificio di Cristo, per cui non occorre neppure che sia perdonata, perché essa si estingue nel momento in cui si pone, essendo, il peccato, un’azione fallita che si distrugge da sé e fallisce nel suo stesso intento. Questa idea si trova anche in Rahner.
De Lubac qualifica Teilhard come «mistico». Un autentico conoscitore della mistica come Maritain si guarda bene dal qualificare in tal modo Teilhard. Certo è un entusiasta, è un poeta, un creatore di miti, è geniale. Ha capito molto bene la cristologia paolina della ricapitolazione e di Cristo re dell’universo.
Immagine da Internet:
- Homo erectus
- Cristo Pantocratore, Sophia, Istanbul, Turchia
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